Consiglio di Stato, sez. VII, sentenza 2023-11-14, n. 202309764

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VII, sentenza 2023-11-14, n. 202309764
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202309764
Data del deposito : 14 novembre 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 14/11/2023

N. 09764/2023REG.PROV.COLL.

N. 09299/2022 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Settima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 9299 del 2022, proposto da
Fallimento Lido Toschi S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall'avvocato C B, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia

contro

Agenzia delle Dogane e dei Monopoli in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa ex lege dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda) n. 5800/2022, resa tra le parti


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 31 ottobre 2023 il Cons. M M e udito per le parti l’Avv. Filippo Lattanzi;

Viste le conclusioni della parte appellata come da verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue;


FATTO e DIRITTO

1. La sentenza appellata fa riferimento alle circostanze fattuali di seguito indicate.

La Lido Toschi s.r.l. svolge attività di gestione del gioco del bingo presso la sala bingo posta in Ancona, via della Ricostruzione, 1 ang. Via Valle Miano, 17, in forza della concessione n. 246/08/R, rilasciata dall’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, in regime di proroga ai sensi dell’art. 1, comma 636, della legge 27 dicembre 2013, n. 147 (legge di stabilità 2014).

Con provvedimento datato 21 giugno 2021, l’Agenzia ha ordinato la sospensione del suddetto titolo abilitativo non avendo il concessionario provveduto al deposito di “idonea cauzione a mezzo fidejussione bancaria a prima richiesta o polizza assicurativa equivalente” per l’anno 2021, ai sensi dell’articolo 9, comma 1, del decreto del Ministro delle Finanze 31 gennaio 2000, n. 29, e degli artt. 6 e 12, comma 1 della convenzione di concessione, comunicando altresì l’avvio del procedimento di decadenza dalla titolarità della concessione n. 246/08/R in proroga, come previsto dall’articolo 13 della stessa convenzione.

Con il successivo provvedimento datato 17 settembre 2021, l’Agenzia ha quindi disposto la decadenza della convenzione di concessione n. 246/08/R, “ ai sensi e per gli effetti dell’art. 3, comma 1, del D.M. 31 gennaio 2000, n. 29, e dell’art. 13, comma 1, della concessione ”, in quanto, non avendo il concessionario depositato la cauzione, era venuto meno nel corso del rapporto uno dei “ requisiti indispensabili per l’attribuzione della concessione di cui al regolamento e al relativo bando di gara ”.

La Lido Toschi s.r.l. ha impugnato i due provvedimenti dell’Agenzia del 21 giugno 2021 e del 17 settembre 2021 contestando sostanzialmente il difetto di motivazione del potere di sospensione del titolo abilitativo previsti nell’art. 12, comma 1 della convenzione ai sensi del quale “ nei casi di particolare gravità, ovvero quando se ne ravvisi l’opportunità ai fini dell’accertamento dei fatti e della tutela dei diritti e degli interessi dell’Amministrazione, può essere disposta la sospensione della concessione, con la conseguente chiusura della sala ”.

Lamenta in particolare che l’amministrazione non avrebbe considerato il grado di colpevolezza dell’istante e il contesto temporale in cui è maturata la trasgressione in quanto il “ mancato deposito della garanzia ” è “ avvenuto nell’ambito di una temperie di gravissima e straordinaria emergenza epidemiologica ” che ha determinato la sospensione per un lunghissimo lasso temporale delle attività di gioco pubblico la cui “ripartenza” è stata sancita soltanto a far data dal 1° luglio 2021. Peraltro, troverebbe applicazione l’art. 103, comma 2, D.L. n. 18/2020 (c.d. “ Decreto Cura Italia ”), che avrebbe disposto la conservazione di validità e di efficacia per “ l’intera gamma degli atti amministrativi con effetto ampliativo della sfera giuridica dei destinatari ”.

Sotto altro profilo lamenta la violazione dell’art. 21-quater L. n. 241/1990 poiché il provvedimento di sospensione non reca alcun termine finale di efficacia “ palesandosi così sine die ”.

Con un primo atto di motivi aggiunti ha integrato il ricorso introduttivo contestando, con riferimento al provvedimento di decadenza, la circostanza per cui l’amministrazione avesse disposto la decadenza laddove la ricorrente – dopo la sospensione dell’attività – aveva iniziato a porre in essere quanto necessario per regolarizzare la propria posizione e conservare quindi il possesso dei requisiti per il proseguimento del rapporto concessorio, nonché la violazione dei principi di proporzionalità nella scelta della sanzione da applicare in concreto. Sotto altro profilo deduce la violazione dell’art. 8, comma 2, della legge n. 241/1990, in quanto il provvedimento sarebbe stato adottato in assenza di una comunicazione di avvio del relativo procedimento.

In data 30 ottobre 2021, la ricorrente ha depositato una polizza fideiussoria prestata dalla Mutua Società di Mutuo Soccorso in data 8 ottobre 2021 in relazione all’anno 2021 del rapporto concessorio.

Con nota del 4 novembre 2021, l’Agenzia ha comunicato che la predetta fideiussione, prestata dalla ricorrente, “ non è una garanzia che possa essere accettata, in quanto emessa da Società che non rientra tra gli Istituti bancari o assicurativi previsti dall’art. 9, comma 1, del Decreto ministeriale 31 gennaio 2000, n. 29 e dalla convenzione della concessione del gioco del bingo all’art. 6, oltre che dalla normativa sulle garanzie da prestare alle Pubbliche Amministrazioni ”, aggiungendo che la fideiussione “ è anche giunta tardivamente dopo che lo scrivente Ufficio disponeva prima la sospensione della convenzione della concessione n. 246/08/R in proroga con provvedimento del 21 giugno 2021 prot. n. 206270/RU, poi, perdurando l’inadempimento del deposito di valida e idonea fidejussione, la decadenza della medesima con provvedimento del 17 settembre 2021 prot. n. 345091/RU … ”.

Con un secondo atto per motivi aggiunti Lido Toschi s.r.l. ha impugnato il provvedimento del 4 novembre 2021 contestandone i presupposti su cui la stessa nota era stata assunta, oltre che per violazione delle garanzie procedimentali.

Con ordinanza n. 6546/2021 il Tar ha respinto la richiesta di misure cautelari evidenziando, in particolare, come “ il gravame, alla luce della delibazione che caratterizza la presente fase del giudizio, non appare assistito da sufficiente fumus boni iuris poiché il provvedimento di decadenza impugnato accerta e dà atto della mancata prestazione da parte della ricorrente di una “cauzione a mezzo fidejussione bancaria a prima richiesta o polizza assicurativa equivalente”, che costituisce elemento essenziale per lo svolgimento per l’anno 2021 dell’attività di gestione del gioco del bingo ”.

Interposto appello avverso la predetta ordinanza, il Consiglio di Stato con ordinanza n. 217/2022 respingeva il gravame sottolineando come “ sia le censure procedimentali che sostanziali non appaiono assistite da una adeguata previsione di accoglimento, anche tenuto conto della dirimente circostanza che lo scrutinio di validità del provvedimento impugnato effettivamente lesivo (la decadenza dal rapporto concessorio) deve essere effettuato alla luce delle circostanze di fatto e diritto presenti al momento della sua emanazione ”.

Nelle more del giudizio di primo grado e, precisamente, in data 14 febbraio 2022, il Tribunale di Larino ha dichiarato il fallimento della società Lido Toschi s.r.l., decretando così l’interruzione del processo.

Con atto di riassunzione in primo grado del 7 aprile 2022 il Fallimento Lido Toschi s.r.l. ha formalmente manifestato la volontà di proseguire e riassumere il giudizio n. 8984/2021, insistendo per l’accoglimento del gravame.

2. La motivazione della sentenza appellata fa altresì riferimento alle seguenti circostanze in diritto.

Il ricorso principale proposto nei confronti dell’atto di sospensione del titolo concessorio è divenuto improcedibile sia perché ha ormai terminato i suoi effetti sia perché è stato sostituito dal provvedimento di decadenza. Poiché è sulla decadenza che si appunta l’attuale interesse a ricorrere, l’eventuale annullamento dei precedenti atti gravati con il ricorso introduttivo non sarebbe, in parte qua, più di alcuna utilità alla ricorrente.

Del resto, dall’esito del gravame proposto nei confronti dell’atto di decadenza adottato dall’ADM dipendono anche le sorti del secondo ricorso per motivi aggiunti poiché, ove i primi motivi aggiunti dovessero essere respinti, i secondi motivi (aggiunti) diverrebbero improcedibili in quanto la ricorrente non avrebbe più interesse per dolersi della successiva nota dell’amministrazione.

La questione centrale della controversia verte quindi sulla legittimità del provvedimento di decadenza datato 19 settembre 2021 poiché è in relazione permane l’interesse ad agire della ricorrente.

Il ricorso proposto contro il provvedimento di decadenza va respinto.

Sono infatti infondate le censure sollevate nei confronti del provvedimento di decadenza.

Il decreto del Ministro delle Finanze 31 gennaio 2000, n. 29, contiene le regole di disciplina del rapporto concessorio relativo al gioco del bingo.

L’art. 9 cit. stabilisce che “ il concessionario presta all'Amministrazione finanziaria cauzione, a mezzo di fidejussione bancaria a «prima richiesta» o polizza assicurativa equivalente, di lire 1 miliardo (pari a 516.456,89) per ciascuna sala, al fine di garantire l'adempimento dei propri obblighi ”.

Il precedente art. 3 cit. sancisce che “ il Ministero delle finanze dichiara la decadenza dalla concessione quando vengano meno i requisiti per l'attribuzione della concessione di cui al presente regolamento e al relativo bando di gara. La concessione è inoltre revocata:

… b) quando nello svolgimento dell'attività sono commesse violazioni delle disposizioni del presente regolamento;
c) quando vengono accertati gravi irregolarità amministrative o il mancato rispetto degli obblighi fiscali
”.

L’art. 6 della convenzione di concessione precisa inoltre che il concessionario presta all’amministrazione finanziaria cauzione, a mezzo fidejussione bancaria a “prima richiesta” o polizza assicurativa equivalente di € 516.459,89 per ciascuna sala, al fine di garantire l’adempimento dei propri obblighi.

L’art. 13 della convenzione ribadisce che la decadenza della concessione è disposta “ quando vengano meno i requisiti per l'attribuzione della concessione di cui al bando di gara ” e “ quando nello svolgimento dell’attività sono commesse gravi violazioni delle disposizioni del decreto ministeriale 31 gennaio 2000, n. 29… ”.

Dall’insieme delle diposizioni sopra esposte emerge come la prestazione della “ cauzione, a mezzo di fidejussione bancaria a «prima richiesta» o polizza assicurativa equivalente ” costituisce uno dei “requisiti per l'attribuzione” della concessione che, laddove vengano meno nel corso del rapporto, compartano la decadenza dal rapporto concessorio.

Nel caso di specie, si è appunto verificato questo.

La cauzione è prevista a garanzia dell’interesse dell’erario al corretto adempimento degli impegni presi dal concessionario per conto dell’amministrazione finanziaria.

Il concessionario non ha provveduto a fornire, nel corso del rapporto in essere per l’anno 2021, idonea cauzione, facendo così venir meno uno dei “requisiti per l'attribuzione” della concessione che, in quanto tali, devono sussistere al momento del rilascio del titolo e persistere per tutta la durata del rapporto.

La conseguenza del venir meno del requisito per l'attribuzione della concessione è la decadenza dal rapporto concessorio che è misura di carattere amministrativo che accerta il venir meno di un presupposto indispensabile per la prosecuzione del rapporto. Al ricorrere del presupposto per essa previsto, la decadenza si pone quale atto di natura vincolata che prescinde da ogni indagine sul profilo soggettivo del comportamento del concessionario, salvo ovviamente il limite dell’inesigibile.

Per opporsi alla decadenza non basta rilevare di essersi attivati per reperire la cauzione (già) prima di ricevere sanzione.

In relazione all’anno 2021, la cauzione andava prestata al momento dell’inizio dell’anno solare oppure, in mancanza, andava prestata prima che venisse disposta la decadenza la quale pertanto è legittimamente adottata ove assunta sul presupposto della mancanza del requisito previsto dall’ordinamento di settore per la continuazione del rapporto concessorio;
cosa che nella specie non è avvenuta avendo la ricorrente fornito la cauzione - al di là della validità della specifica cauzione prestata - nel mese di ottobre 2021.

Per opporsi alla decadenza inoltre non basta allegare la grave “emergenza epidemiologica” che ha interessato il Paese.

La ricorrente non collega il factum principis allegato all’impossibilità di richiedere e acquisire un’idonea cauzione, fermo restando che il concessionario diligente è tenuto a sapere che ogni anno deve fornire idonea cauzione e che, peraltro, per l’anno 2021 l’Agenzia aveva sollecitato la cauzione con nota RU n. 420240/2020 del 18 novembre 2020 e quindi prima dell’esplosione dell’emergenza sanitaria (avvenuta nel corso del 2021).

Infine per opporsi alla decadenza non rileva il richiamo all’art. 103, comma 2, d.l. n. 18/2020 secondo cui, nel testo ratione temporis vigente, “ tutti i certificati, attestati, permessi, concessioni, autorizzazioni e atti abilitativi comunque denominati, compresi i termini di inizio e di ultimazione dei lavori di cui all'articolo 15 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, in scadenza tra il 31 gennaio 2020 e la data della dichiarazione di cessazione dello stato di emergenza epidemiologica da COVID-19, conservano la loro validità per i novanta giorni successivi alla dichiarazione di cessazione dello stato di emergenza … ”.

La disposizione invocata non riguarda, evidentemente, l’ultrattività di provvedimenti autorizzatori che vengono meno a causa dell’assenza di un requisito di attribuzione, ma l’ultrattività dei provvedimenti in scadenza - sotto il profilo temporale - nel periodo dell’emergenza sanitaria.

Non sussiste in ultimo la violazione delle garanzie procedimentali poiché come emerge dalla documentazione versata in giudizio e dalla stessa motivazione del provvedimento gravato, l’amministrazione ha ampiamente assicurato il contraddittorio procedimentale.

In conclusione, il Tar ha dichiarato l’improcedibilità del ricorso introduttivo per sopravvenuta carenza di interesse, ha respinto i motivi aggiunti proposti contro il provvedimento di decadenza del 17 settembre 2021 e ha dichiarato l’inammissibilità dei secondi motivi aggiunti formulati nei confronti della nota del 4 novembre 2021.

3.1 Parte appellante contesta la statuizione, contenuta nella sentenza d’appello, d’improcedibilità per sopravvenuta carenza di interesse del ricorso principale avanzato nei confronti del provvedimento di sospensione del titolo concessorio sia perché ha ormai terminato i suoi effetti sia perché è stato sostituito dal provvedimento di decadenza.

Secondo parte appellante la statuizione in rito resa dal primo Giudice si palesa errata in quanto l’odierna appellante, sia in sede di memorie difensive che di discussione in pubblica udienza, aveva esplicitamente manifestato interesse alla declaratoria di illegittimità del provvedimento di sospensione impugnato con ricorso principale in vista della proposizione delle più ampie azioni risarcitorie (l’appellante richiama la memoria difensiva del 1° aprile 2022).

Parte appellante chiede dunque di accogliere la domanda di accertamento dell’illegittimità del provvedimento di sospensione impugnato avanzata in primo grado con ricorso principale.

3.1 bis. La censura è infondata.

Il collegio condivide sul punto la sentenza appellata che ha osservato che il provvedimento di sospensione è stato sostituito dal provvedimento di decadenza. Ne consegue che l’infondatezza del ricorso nella parte in cui è impugnato il provvedimento di decadenza, determina l’improcedibilità del ricorso proposto avverso il provvedimento di sospensione.

Infatti, non potendo derivare alcun danno risarcibile per effetto del provvedimento di decadenza altrettanto non può derivare alcun danno risarcibile per effetto del provvedimento di sospensione.

Ne consegue la carenza d’interesse, anche avuto riguardo al profilo risarcitorio, a contestare la declaratoria di improcedibilità del ricorso proposto in primo grado nella parte in cui è stato impugnato il provvedimento di sospensione.

3.2 Con riferimento al provvedimento con cui è stata pronunciata la decadenza dalla concessione parte appellante ritiene che, a differenza di quanto affermato dal T.A.R., l’Amministrazione concedente, oltre a potersi dare cura di verificare l’esito degli adempimenti che l’odierna appellante aveva iniziato a porre in essere per regolarizzare la propria posizione, avrebbe dovuto espressamente motivare circa la sussistenza della “gravità” della violazione in conformità a quanto stabilito, oltre che dall’art. 3 L. n. 241/1990, dall’art. 13, comma 1, lett. d) della convenzione di concessione.

Fa riferimento all’art. 11, comma 1 dell’atto integrativo della convenzione di concessione che riserva ai soli “casi di grave inadempimento” la sanzione della “decadenza o revoca della concessione ai sensi dell’art. 3 del D.M. 31 gennaio 2000, n. 29”.

Richiama altresì l’art. 1, comma 78 L. n. 220/2010 e dell’art. 2, comma 2 D.L. n. 40/2010, conv. L. n. 73/2010, i quali prevedono l’introduzione di sanzioni a fronte di casi di inadempimento delle clausole della convenzione imputabile al concessionario, nonché la graduazione di tali sanzioni in funzione della gravità dell’inadempimento “ nel rispetto dei principi di ragionevolezza, proporzionalità e non automaticità ”.

Con riferimento alla fase pandemica l’appellante ritiene che l’Amministrazione, nel valutare gli inadempimenti del concessionario, deve tener conto non soltanto dell’elemento materiale ma anche del grado di colpevolezza del soggetto agente nonché del contesto spazio temporale in cui è maturata la trasgressione che di volta in volta viene in considerazione.

Richiama il D.P.C.M. 3 novembre 2020 - il quale, tra l’altro, confermava la totale sospensione dell’attività del gioco del bingo disposta con il precedente D.P.C.M. 24 ottobre 2020 e perdurata, senza soluzioni di continuità, fino al 1° luglio 2021 ossia anche quando (il 18 novembre 2020) l’Amministrazione concedente ebbe a richiedere alla società Lido Toschi il rinnovo della cauzione.

Secondo l’appellante se poi, da un lato, è certamente vero - come afferma il T.A.R. Lazio - che l’art. 103, comma 2 D.L. n. 18/2020, conv. L. n. 27/2020, non riguarda “ l’ultrattività di provvedimenti autorizzatori che vengono meno a causa dell’assenza di un requisito di attribuzione, ma l’ultrattività dei provvedimenti in scadenza - sotto il profilo temporale - nel periodo dell’emergenza sanitaria ”, dall’altro è parimenti innegabile come l’ambigua portata generale ed onnicomprensiva - della proroga sancita dal disposto di cui al citato art. 103, unita alla “moratoria” del pagamento dei canoni concessori sancita dal precedente art. 69 “ per tutto il periodo di sospensione dell’attività ”, abbia potuto concorrere a consolidare l’affidamento della ricorrente.

Parte appellante aggiunge, ad escludere a suo avviso sia l’elemento soggettivo che quello oggettivo della violazione grave - che le previsioni di riferimento non stabiliscono un termine, tantomeno perentorio, per l’estensione della richiesta cauzione (cfr., art. 1 comma 636 L. n. 147/2013;
art. 9 D.M. n. 29/2000;
art. 6 della convenzione di concessione), e che, in pendenza del procedimento, l’odierna appellante si era attivata per ottenere la garanzia.

3.2 bis. Le censure sono infondate.

Esse non sono infatti idonee a smentire la congrua motivazione espressa sul punto con la sentenza appellata.

L’art. 9 del decreto del Ministro delle Finanze 31 gennaio 2000, n. 29, stabilisce che “il concessionario presta all'Amministrazione finanziaria cauzione, a mezzo di fidejussione bancaria a «prima richiesta» o polizza assicurativa equivalente, di lire 1 miliardo (pari a 516.456,89) per ciascuna sala, al fine di garantire l'adempimento dei propri obblighi”.

L’art. 3 del citato d. m. sancisce che “ il Ministero delle finanze dichiara la decadenza dalla concessione quando vengano meno i requisiti per l'attribuzione della concessione di cui al presente regolamento e al relativo bando di gara ”.

Nello stesso modo l’art. 6 della convenzione di concessione stabilisce che

il concessionario presta all’amministrazione finanziaria cauzione, a mezzo fidejussione bancaria a “prima richiesta” o polizza assicurativa equivalente di € 516.459,89 per ciascuna sala, al fine di garantire l’adempimento dei propri obblighi.

L’art. 13 della convenzione ribadisce che la decadenza della concessione è disposta “ quando vengono meno i requisiti per l'attribuzione della concessione di cui al bando di gara ”.

Ne consegue che la prestazione della “ cauzione, a mezzo di fidejussione bancaria a «prima richiesta» o polizza assicurativa equivalente ” costituisce uno dei requisiti per l'attribuzione della concessione che, laddove vengano meno nel corso del rapporto, compartano la decadenza dal rapporto concessorio.

La cauzione è prevista a garanzia dell’interesse dell’erario al corretto adempimento degli impegni presi dal concessionario per conto dell’amministrazione finanziaria.

Il concessionario non ha provveduto a fornire, nel corso del rapporto in essere per l’anno 2021, idonea cauzione, facendo così venir meno uno dei “requisiti per l'attribuzione” della concessione che, in quanto tali, devono sussistere al momento del rilascio del titolo e persistere per tutta la durata del rapporto.

La conseguenza del venir meno del requisito per l'attribuzione della concessione è la decadenza dal rapporto concessorio che è misura di carattere amministrativo che accerta il venir meno di un presupposto indispensabile per la prosecuzione del rapporto. Al ricorrere del presupposto per essa previsto, la decadenza si pone quale atto di natura vincolata che prescinde da ogni indagine sul profilo soggettivo del comportamento del concessionario.

In relazione all’anno 2021, la cauzione andava prestata al momento dell’inizio dell’anno solare oppure, in mancanza, andava prestata prima che venisse disposta la decadenza la quale pertanto è legittimamente adottata ove assunta sul presupposto della mancanza del requisito previsto dall’ordinamento di settore per la continuazione del rapporto concessorio.

Per opporsi alla decadenza inoltre non giova, come ha fatto l’appellante, fare riferimento alla “emergenza epidemiologica” che ha interessato il Paese.

Sotto tale profilo che il provvedimento di decadenza è stato adottato in data 17 settembre 2021 ossia dopo che, in data 1 luglio 2021, veniva ripreso il gioco del bingo a seguito della sospensione del gioco per effetto della pandemia.

3.3 Secondo parte appellante sarebbero illegittimi anche i capi e sottocapi della sentenza appellata che negano la violazione delle facoltà procedimentali spettanti alla società appellante.

Osserva che la comunicazione relativa al provvedimento di sospensione, seppur emessa ai sensi dell’art. 7, comma 2 L. n. 241/1990, non indicava la data entro la quale il procedimento di decadenza della concessione avrebbe dovuto concludersi né i termini e le modalità attraverso le quali avrebbero potuto essere esercitate le facoltà difensive di cui all’art. 10 L. n. 241/1990 ed espressamente richiamate dall’art. 12, comma 1 dell’atto integrativo della convenzione di concessione.

3.3 bis. Le censure sono infondate.

Infatti la stessa appellante riconosce che il provvedimento di sospensione del 21 giugno 2021 assumeva anche la valenza di comunicazione di avvio del procedimento di decadenza.

L’appellante avrebbe potuto presentare controdeduzioni in tempo congruo, considerando che il provvedimento di decadenza è stato adottato in data 17 settembre 2021 e dunque le garanzie partecipative sono state soddisfatte.

3.4 Parte appellante ritiene errati anche i capi e sottocapi della sentenza appellata mediante i quali è stato dichiarato inammissibile per carenza di interesse il secondo ricorso per motivi aggiunti in conseguenza della reiezione del primo ricorso per motivi aggiunti.

Il Tar avrebbe ingiustamente omesso di pronunciarsi sulla validità della garanzia accesa dall’odierna appellante e che avrebbe alla medesima consentito, a differenza di quanto invece opinato dall’Amministrazione, di regolarizzare la propria posizione.

3.4 bis. Le censure sono infondate.

Infatti in seguito all’adozione, in data 17 settembre 2021, del provvedimento di decadenza l’appellante non aveva più la possibilità di presentare una nuova cauzione.

Invece in data 30 ottobre 2021, l’appellante depositava una polizza fideiussoria prestata dalla Mutua Società di Mutuo Soccorso in data 8 ottobre 2021.

Con nota del 4 novembre 2021, l’Agenzia ha comunicato tra l’altro che la predetta fideiussione, oltre a non poter essere accettata, in quanto emessa da Società che non rientra tra gli Istituti bancari o assicurativi previsti dall’art. 9, comma 1, del Decreto ministeriale 31 gennaio 2000, n. 29 e dalla convenzione della concessione del gioco del bingo all’art. 6, è anche giunta tardivamente dopo che l’Ufficio disponeva la decadenza dalla concessione.

Risulta pertanto corretta la declaratoria di inammissibilità per carenza d’interesse del secondo ricorso con motivi aggiunti pronunciata dal Tar.

In conclusione l’appello deve essere respinto.

Spese dell’appello compensate come in primo grado.

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