Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2024-07-29, n. 202406804

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2024-07-29, n. 202406804
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202406804
Data del deposito : 29 luglio 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 29/07/2024

N. 06804/2024REG.PROV.COLL.

N. 00701/2023 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 701 del 2023, proposto da
-OMISSIS- rappresentato e difeso dagli avvocati C C D P ed E Q, con domicilio digitale come da PEC Registri di Giustizia;

contro

Comune di Verona, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dagli avvocati G M e F S, con domicilio digitale come da PEC Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato F S in Verona, piazza Brà, n. 1;

nei confronti

-OMISSIS-non costituita in giudizio;

per la riforma

della sentenza del T.a.r. per il Veneto, Sezione II, n.-OMISSIS- resa tra le parti.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Verona;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 18 giugno 2024 il Cons. Stefano Filippini;

Udito l’avvocato E Q;

Vista l’istanza di passaggio in decisione della causa depositata dall’avvocato F S;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. Con ricorso al TAR per il Veneto il sig. -OMISSIS- ha impugnato il provvedimento del 22 luglio 2020 con cui il Dirigente della Direzione Attività Edilizia SUAP – SUEP del Comune di Verona ha rigettato la sua istanza del 24 maggio 2019 per il rilascio del permesso di costruire in sanatoria relativamente agli interventi edilizi oggetto di una precedente ordinanza di demolizione e, in particolare, alla sopraelevazione del terrazzo adiacente il muro di confine con la proprietà della controinteressata e frontistante la loro parete finestrata.

A fondamento di tale rigetto il Comune ha essenzialmente posto la considerazione che la sopraelevazione aveva comportato il superamento del profilo del muro di confine e un incremento di volumetria del relativo corpo di fabbrica, sicchè, in presenza di una nuova costruzione, questa risultava trovarsi a distanza inferiore a mt. 10.00 da altri corpi di fabbrica, in violazione dell'inderogabile disciplina in materia di distanze prevista dall'art. 9 del D.M. n. 1444/1968.

2. Con la sentenza in epigrafe indicata l’adito TAR ha respinto il ricorso del-OMISSIS- sulla base delle considerazioni che possono così sintetizzarsi:

2.1. non era fondato il primo motivo di ricorso, con cui era stata contestata l’esistenza di una frontistante veduta, oltre alla presenza di corpi intermedi capaci di occluderla, perché smentito dalla documentazione in atti, da cui emergeva la presenza di una frontistante finestra nell’edificio dei vicini non ostruita dalla scala aderente al muro di confine con la proprietà del ricorrente;

2.2. non era fondata la censura di vizio della motivazione per mancata considerazione di un contrastante pronunciamento del giudice penale, atteso che l’archiviazione del GIP del procedimento penale per “insussistenza delle violazioni edilizie contestate posto che la disciplina delle distanze si applica solamente alle pareti finestrate”, riguardava opere edilizie realizzate dal ricorrente in difformità dalla SCIA n. 06.03/9744/2017, ulteriori rispetto a quelle specificamente interessate dal contenzioso in esame e si riferiva a differenti aperture;

2.3. neppure era fondato il terzo motivo di doglianza, con il quale il ricorrente assumeva che la sopraelevazione sarebbe rientrata nelle tolleranze costruttive, atteso che la sopraelevazione (che risultava anche superiore ai cm. 0,26 con cui sopravanzava il livello del muro di confine) aveva determinato pure un incremento di volumetria e di altezza dell'edificio, che quindi assumeva rilievo ai fini del computo delle distanze rispetto agli edifici contigui (Cons. Stato, Sez. II, 19 novembre 2021, n. 7741 e giurisprudenza ivi richiamata), rispetto alle quali vigeva il limite inderogabile di cui al DM n. 1444/68.

3. Avverso tale sentenza il signor-OMISSIS- ha proposto appello, chiedendone la riforma alla stregua dei motivi di gravame di seguito sintetizzati:

3.1. Error in iudicando in relazione al primo e al secondo motivo del ricorso introduttivo: travisamento di fatto ed errore di diritto;
violazione di legge, violazione e falsa applicazione dell’art. 9 c. 1 D.M. n. 1444/1968;
eccesso di potere per travisamento del fatto: l’errore di fatto in cui era incorso il TAR, che aveva individuato nella parete frontistante con apertura/vetrata il punto di riferimento ai fini delle distanze, consisteva nel non aver considerato i corpi interposti (scale in muratura) e che il muro che fronteggiava la cd. “finestra” del fabbricato Stanzial- Morandini non poteva in alcun modo considerarsi muro di cinta, ma muro di fabbrica dei vicini sul quale egli (appellante) aveva edificato in aderenza, evenienza legittima che escludeva qualsivoglia violazione dell’art. 9 del D.M. n. 1444/1968;
comunque la “finestra” de qua prospettava solo ed esclusivamente sul cortile interno di proprietà della controinteressata e risultava di fatto circondata da fabbricati ancora solo ed esclusivamente della medesima proprietà (così che si trattava di una finestra lucifera e non finestra-veduta);
erronea era poi la svalutazione del decisum penale, che si riferiva anche alla finestra in questione;

3.2,. Error in iudicando circa il motivo n. 3 del ricorso introduttivo;
travisamento dei fatti ed errore di diritto: secondo l’appellante non era dimostrato che il preesistente livello della terrazza, su cui era stata poi realizzata la soletta in questione, fosse inferiore a quello del muro posto sul confine tra le due proprietà e, conseguentemente, che quanto realizzato dal-OMISSIS- non rientrasse nella soglia del 2% prevista per le tolleranze esecutive dall’art. 34 bis del recente D.L. n. 76/2020, convertito con modificazione dalla legge n. 120/2020, che consentiva la deroga alle distanze minime (nella specie lo scostamento di volume realizzato è pari a 2,93 mc. a fronte di una tolleranza di mc. 11,99).

4. Ha resistito al gravame il Comune di Verona, deducendo l’infondatezza e chiedendone il rigetto, ribadendo in particolare che la parete finestrata, che determinava la violazione dell'art. 9 del D.M. n. 1444/1968, era quella dell'edificio della controinteressata, antistante rispetto alla sopraelevazione eseguita nell'edificio di proprietà di--OMISSIS-

5. Con ordinanza n. 2088 del 24 maggio 2023 è stata sospesa l’esecutività dell’impugnata sentenza atteso il sopravvenire dell’ordinanza di demolizione n. 272 del 23 febbraio/2023.

6. All’esito dell’udienza pubblica del 7 novembre 2023, giusta ordinanza n. 9743 del 14 novembre 2023, è stata disposta una verificazione affidata al direttore dell’Area Tutela e sicurezza del Territorio della Regione Veneto, con facoltà di delega, con il compito di: a) accertare e descrivere lo stato effettivo dei luoghi, con particolare riferimento alla consistenza dimensionale e volumetrica dell’abuso contestato nel provvedimento impugnato e alla distanza della sopraelevazione della proprietà appellante rispetto alle strutture adiacenti al muro di confine e alla parete finestrata frontistante;
b) accertare l’entità delle tolleranze di altezza, distacchi, cubatura o superficie coperta che nella specie possono rientrare nel limite del 2% di cui all’art. 34, comma 2 ter, e all’art. 34 bis del DPR 380\2001.

7. In data 29 marzo 2024 il verificatore ha depositata la propria relazione.

8. Le parti hanno depositato memorie difensive, con le quali hanno insistito sui rispettivi assunti.

9. Sulle difese e conclusioni in atti la controversia è stata trattenuta in decisione all’esito dell’udienza pubblica del 16 giugno 2024.

DIRITTO

10. Occorre premettere che in data 9 luglio 2024 il verificatore ha autonomamente provveduto a depositare una nota intitolata “Postilla alle osservazioni proposte dal Comune di Verona- ausilio volontario all’interpretazione della verificazione”.

Tale deposito deve considerarsi irrituale ed inammissibile e di esso non può tenersi conto ai fini della decisione, sia in quanto si tratta di una asserita integrazione o chiarimento alla verificazione che non era stato chiesto dal giudice, sia perché, a tutto concedere, tale nota è stata depositata successivamente al passaggio in decisione della controversia e su di essa pertanto non si è realizzato il necessario contraddittorio tra le parti.

In ogni caso, alla stregua di quanto di seguito osservato, la predetta nota non è determinante ai fini della decisione.

11. Nel merito i motivi di appello, che possono essere oggetto di trattazione congiunta attesa la loro stretta connessione, sono infondati.

11.1. Il decreto interministeriale 2 aprile 1968, n. 1444 detta i limiti inderogabili alla distanza tra i fabbricati prevedendo per le nuove edificazioni “…la distanza minima assoluta di m. 10 tra pareti finestrate e pareti di edifici antistanti”.

Secondo l’orientamento giurisprudenziale di legittimità (cfr., Cass., S.U., sentenza n. 14953 del 07/07/2011), l'art. 9, secondo comma, del citato decreto, essendo stato emanato su delega dell'art. 41-quinquies della legge 17 agosto 1942, n. 1150 (c.d. legge urbanistica), aggiunto dall'art. 17 della legge 6 agosto 1967, n. 765, ha efficacia di legge dello Stato, sicché le sue disposizioni in tema di limiti inderogabili di densità, altezza e distanza tra i fabbricati si impongono e prevalgono anche rispetto a eventuali contrastanti previsioni dei regolamenti locali successivi, ai quali si sostituiscono per inserzione automatica.

Quei limiti inderogabili di densità, altezza e distanza tra i fabbricati previsti dall'art. 9, comma 2, del d.m. 2 aprile 1968, n. 1444, trovano applicazione anche rispetto alle sopraelevazioni integranti nuove costruzioni (cfr., tra le tante, Cass. civile, Sez. 2, sentenza n. 3739 del 15/02/2018);
nello stesso senso è anche il consolidato indirizzo giurisprudenziale amministrativo (cfr., Cons. Stato, Sez. II, sentenza n. 7741/2021), secondo cui deve affermarsi l’applicabilità del D.M. 1444/1968 anche in relazione alle modifiche in altezza, in quanto anche la sopraelevazione deve essere considerata come nuova costruzione e può essere di conseguenza eseguita solo con il rispetto della normativa sulle distanze legali dalle costruzioni esistenti sul fondo confinante.

Sul punto questa Sezione ha, anche di recente, statuito che laddove vi sia una modifica anche solo dell’altezza dell’edificio sono ravvisabili gli estremi della nuova costruzione, da considerare tale anche ai fini del computo delle distanze, rispetto agli edifici contigui e che la regola delle distanze legali tra costruzioni di cui al comma 2 dell'art. 9 cit. è applicabile anche alle sopraelevazioni, dovendo essere rispettata anche in caso di recupero dei sottotetti (Cons. Stato, Sez II, 19/10/2021 n. 7029;
nello stesso senso, ex multis , Cons. Stato Sez. II, 25/10/2019, n. 7289;
18/05/2021, n. 3883).

Detta disposizione è inoltre applicabile anche nel caso in cui una sola delle due pareti fronteggiantesi sia finestrata e indipendentemente dalla circostanza che tale parete sia quella del nuovo edificio o dell'edificio preesistente, o che si trovi alla medesima altezza o ad altezza diversa rispetto all'altro (Cass., Sez. II, 1 ottobre 2019, n. 24471), senza alcuna deroga, neppure per il caso in cui la nuova costruzione sia destinata ad essere mantenuta ad una quota inferiore a quella dalle finestre antistanti (Cons. Stato, Sez. IV, 30 ottobre 2017, n. 4992). Conseguentemente la disposizione va applicata indipendentemente dall'altezza degli edifici antistanti e dall'andamento parallelo delle loro pareti, purché sussista almeno un segmento di esse tale che l'avanzamento di una o di entrambe le facciate porti al loro incontro, sia pure per quel limitato segmento (Cons. Stato, Sez. V, 11 settembre 2019, n. 6136).

11.2. L’applicazione degli accennati profili giurisprudenziali alla fattispecie in esame conduce ad affermare la contrarietà dell’intervento edilizio di cui si tratta al citato art 9 del D.M. 1444/1968, essendo incontestabile che la distanza tra la parete finestrata frontistante dell’edificio della controinteressata e la porzione in sopraelevazione della proprietà dell’appellante sia inferiore ai 10 metri.

Infatti, dalle stesse misurazioni emergenti dalla verificazione, che indica in 3,14 mt. la distanza tra detta sopraelevazione e la parete finestrata, emerge che il solaio della costruzione dell’appellante sopravanza il muro che separa le proprietà di cm. 26. Per contro la circostanza che prima dei lavori il livello della copertura della proprietà dell’appellante fosse più basso della sommità del muro di confine, lungi dall’apparire “una suggestione prospettica” di alcune immagini (come apoditticamente ipotizzato dal verificatore) risulta emergere in modo sufficientemente chiaro dalla documentazione fotografica in atti (cfr., in particolare, le "foto prima dei lavori” offerte dalla proprietà confinante e allegate al verbale di sopralluogo del 26 aprile 2018 - doc. n. 14 del fascicolo di primo grado del Comune;
come pure le ulteriori immagini ante opera, prodotte in primo grado dal Comune di Verona, della soglia di copertura del muro di confine che risulta sormontare nettamente la guaina di copertura della proprietà appellante).

Risulta dunque inequivocabilmente accertata una sopraelevazione dell’edificio dell’odierno appellante rispetto alla proprietà confinante;
come pure è accertato che, frontistante alla porzione in sopraelevazione, vi sia la parete finestrata della controinteressata posta ad appena 3,14 mt di distanza;
parete dotata di finestra che, per quanto è dato cogliere dalle immagini in atti e dalla verificazione, consente l’affaccio nel cortile e non è affatto occlusa dalle ulteriori strutture (scala e corrimano) che sono presenti nel cortile. Sul fatto poi che, ai fini del rispetto della distanza in questione, rilevino le pareti frontistanti, non possono nutrirsi dubbi (cfr. Cassazione Civile, Sez. II, n. 10580/2019;
Cons. Stato, Sez. IV, n. 6438/2023 e Sez. II, n. 4465/2020).

11.3. Neppure sussiste il censurato difetto di motivazione del provvedimento impugnato con riferimento all’ordinanza di archiviazione del GIP presso il Tribunale di Verona data 17 gennaio 2020, atteso che non vi è dimostrazione in atti, come correttamente rilevato dal TAR, che la veduta di cui si è appena detto sia stata considerata in quel procedimento.

Emerge infatti che quel giudizio penale era stato originato da una notizia di reato del 2018 relativa ad una serie di opere edilizie realizzate dal-OMISSIS- in difformità dalla SCIA n. 06.03/9744/2017 presentata il 5.12.2017 ed in contrasto con la normativa sulle distanze, ove si discuteva, tra l’altro, della “mancata rappresentazione grafica di due aperture (luce/veduta), una delle dimensioni pari a metri 0.40 x 0.40 circa e posta ad un’altezza pari a metri 1.60 circa dal pavimento del piano terra, e l’altra delle dimensioni pari a metri 0.25 x 0.25 circa posta al piano primo e posizionate entrambe sul muro di confine con altra proprietà - prospetto Nord/Ovest)” (cfr. notizia di reato, doc. 39 del Comune): si tratta evidentemente di aperture diverse dalla finestra di cui si discute nel caso di specie.

Peraltro non può sottacersi che il provvedimento di archiviazione pronunciato in sede penale non impedisce che lo stesso fatto venga diversamente definito, valutato e qualificato dal giudice civile o amministrativo, poiché, a differenza della sentenza pronunciata all'esito del dibattimento, detto provvedimento ha per presupposto la mancanza di un processo e non dà luogo ad alcuna preclusione, non rientrando nemmeno tra i provvedimenti dotati di autorità di cosa giudicata giusta il disposto dell'art. 654 c.p.p..

11.4. Quanto infine al tema delle tolleranze, risulta evidente che la porzione in sopraelevazione (cm. 26) risulta eccedere ampiamente il 2% di tolleranza sia rispetto all’altezza di imposta del solaio originario (mt. 2,80 dal pavimento dichiarati dal progettista), sia rispetto al limite legale sui distacchi (violato del 68,60%, cfr. ultima pagina della verificazione).

Al fine della individuazione del limite di tolleranza nella specie astrattamente applicabile, nessuna rilevanza può darsi alla percentuale di incremento totale del volume realizzato dal-OMISSIS- rispetto a quanto prospettato nella SCIA: infatti la violazione che nella specie risulta posta a fondamento del provvedimento impugnato è quella relativa alla distanza ex art. 9 D.M. 1444/1968, tra la sopraelevazione e la parete finestrata frontistante (distacco).

Deve altresì considerarsi che la previsione relativa alle tolleranze costruttive di cui all’art. 34, comma 2 ter, del DPR n. 380/01, oggi disciplinate dall’art. 34 bis DPR n. 380/01, attiene al profilo della incidenza delle difformità (c.d. tolleranze di cantiere) dalle misure progettuali rispetto all’integrazione della “violazione edilizia”, non già rispetto alle regole civilistiche (quali quelle sulle distanze dai confini), come allo stato reso anche esplicitato dal tenore del comma 3- ter del richiamato art. 34-bis, secondo cui l'applicazione delle disposizioni contenute in detto articolo non può comportare limitazione dei diritti dei terzi.

Ciò posto, deve anche considerarsi tutt’ora valido e condivisibile l’orientamento (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, n. 223/2013) secondo cui, se è vero che la sanatoria edilizia regola i rapporti tra privato ed ente pubblico senza incidere sui diritti dei terzi pregiudicati dall'opera abusiva (i quali potranno comunque chiedere all'autorità giudiziaria la demolizione o il risarcimento del danno), è altrettanto vero che rilasciare il titolo edilizio per opere costituenti violazione certa di norme sulle distanze o sul diritto di veduta, e quindi ingiustamente lesive, significherebbe esperire un'azione amministrativa contrastante con i principi di correttezza e buona amministrazione ex art. 97 Cost., nonché col principio di economia dei mezzi giuridici, in quanto il terzo leso sarebbe di certo legittimato ad opporsi all'opera assentita, chiedendo al giudice ordinario la demolizione e rendendo così sostanzialmente inutile il titolo edilizio abilitante.

12. In conclusione l’appello deve essere rigettato.

13. Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come al dispositivo;
le spese di verificazione vanno definitivamente poste a carico dell’appellante soccombente e liquidate con apposito separato provvedimento.

Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi