Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2018-08-20, n. 201804985

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2018-08-20, n. 201804985
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201804985
Data del deposito : 20 agosto 2018
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 20/08/2018

N. 04985/2018REG.PROV.COLL.

N. 03008/2017 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3008 del 2017, proposto da
A.C.L.I. Coop. Societa' Cooperativa Onlus quale capogruppo dell’ATI costituita con Codess Sociale Soc. Coop. Sociale Onlus, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentate e difese dall'avvocato R T, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Giuseppe Avezzana, n. 3;

contro

Azienda U.L.S.S. n. 3 Serenissima del Veneto, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato S M, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. M P in Roma, via G. Ferrari n. 2;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (Sezione Prima) n. 1160/2016, resa tra le parti, concernente la revisione dei prezzi;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’Azienda U.L.S.S. n. 3 Serenissima del Veneto;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 21 giugno 2018 il Cons. S S e uditi per le parti gli avvocati Gianluca Calderara su delega dichiarata di R T e M P su delega di S M;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. - A seguito di gara pubblica, indetta con provvedimento n. 2009/0829 del 21/12/2009, l’ATI costituita dalla A.C.L.I. società coop. sociale onlus e dalla Codess Sociale società cooperativa sociale onlus, è risultata affidataria dell’incarico di organizzazione e gestione di servizi diurni rivolti a disabili della Azienda U.L.S.S. n. 13, per il periodo di tre anni, in forza di delibera del direttore generale della predetta U.L.S.S. n. 166 dell’8 marzo 2010.

Tale incarico è stato in seguito prorogato con successive delibere fino al 30 giugno 2014.

2. - Con il ricorso di primo grado, proposto dinanzi al TAR per il Veneto, la ricorrente ha chiesto l’accertamento del credito derivante dall’adeguamento ISTAT del canone complessivo annuo, come previsto dall’art. 9 del capitolato speciale d’appalto per l’esecuzione dei servizi resi, e quindi l'annullamento del provvedimento prot. 10967 del 11.02.2015, avente ad oggetto il diniego dell'adeguamento ISTAT delle condizioni economiche della convenzione per l'organizzazione e gestione di servizi diurni rivolti a disabili dell'Azienda Ulss. n. 13 nei termini individuati dalla stessa ricorrente, nonché il provvedimento prot. n. 30196 del 10.04.2015, a conferma del precedente provvedimento.

In particolare, la ricorrente ha lamentato che, sebbene la U.L.S.S. n. 13, con nota del 10 settembre 2014, avesse manifestato la disponibilità a riconoscere gli adeguamenti dei canoni spettanti per gli anni 2011, 2012 e 2013, per un totale dovuto pari a complessivi € 71.744,50, permaneva una divergenza sulle modalità di calcolo di tali aggiornamenti che gli uffici della ricorrente avevano quantificato in complessivi € 161.142,35, somma sulla quale andrebbero conteggiati gli interessi moratori ex art. 4 del D.lgs. 231/2002 con decorrenza dalla scadenza del termine per il pagamento.

3. - Nel costituirsi in giudizio l’Amministrazione resistente aveva eccepito l’infondatezza della pretesa azionata in considerazione:

- della normativa intervenuta in corso di rapporto (art. 15, comma 13, D.L. n. 95 del 6/7/2012) che aveva imposto alle Aziende Sanitarie la riduzione degli importi e delle connesse prestazioni relative ai contratti in essere;

- della rinuncia alla revisione di prezzi da parte della stessa ricorrente, da intendersi come riduzione del corrispettivo in base alla previsione di legge;

- alla equiparabilità del mancato adeguamento ISTAT al taglio del 5% del corrispettivo richiesto dalla normativa nazionale.

4. - Con la sentenza impugnata il TAR ha respinto il ricorso accogliendo la tesi difensiva della ULSS: il primo giudice ha ritenuto, infatti, che non essendosi raggiunto un accordo tra le parti in ordine alla rinegoziazione delle condizioni economiche contrattuali, doveva comunque applicarsi la riduzione del 5% del corrispettivo, e che la mancata revisione dei prezzi sarebbe stata comunque coperta dalla riduzione del 5% del canone imposta dalla legge.

5. - Avverso tale decisione la ricorrente ha proposto appello chiedendone la riforma.

Si è costituita in resistenza l’Amministrazione appellata.

Le parti hanno depositato memorie a sostegno delle rispettive tesi difensive.

6. - All’udienza pubblica del 21 giugno 2018 l’appello è stato trattenuto in decisione.

7. - L’appello è fondato in parte, nei limiti indicati in motivazione.

8. - Con il primo motivo di impugnazione l’appellante lamenta la violazione dell’art. 115 del D.Lgs. 163/06, rilevando, inoltre, che l’obbligo di revisione dei prezzi discendeva non solo dalla legge, ma anche dalla specifica previsione contenuta nell’art. 9 del capitolato speciale d’appalto, secondo cui “il corrispettivo di aggiudicazione, su domanda della Ditta, sarà sottoposto ad adeguamento in misura pari alla variazione annua ISTAT”.

La stessa ULSS, nella nota del 19 settembre 2014 prot. n. 65418, aveva riconosciuto la spettanza del compenso revisionale dissentendo, però, sul criterio di calcolo.

Il contrasto tra le parti riguardava, infatti, non la spettanza del compenso, ma solo l’applicabilità dell’incremento derivante dall’adeguamento ISTAT all’importo riconosciuto nell’anno precedente (già revisionato in base agli indici ISTAT) e non all’importo originario di aggiudicazione del servizio.

Pertanto, sebbene le parti fossero d’accordo sull’indice ISTAT da applicare per ciascun anno (1,8% per il periodo aprile 2010 – marzo 2011, 3% per il periodo aprile 2011-marzo 2012, 2,6% per il periodo aprile 2012-marzo 2013) l’importo revisionale variava di molto nei conteggi da loro eseguiti, essendo pari ad € 71.744,50 (secondo la ULSS) e ad € 132.332,08 (secondo l’ATI ricorrente).

Secondo l’appellante, però, il computo eseguito dall’Amministrazione sarebbe stato erroneo in quanto “un indice che fornisca la variazione annua dei prezzi esprime un rapporto (in aumento o diminuzione) del prezzo stesso rispetto al corrispondente periodo dell’anno precedente”.

Pertanto, l’adeguamento ISTAT del 2011 dovrebbe applicarsi al corrispettivo del 2010, quello del 2012 al corrispettivo del 2011 già aggiornato e così via.

8.1 - Occorre osservare prima di tutto che la posizione delle due parti diverge nella ricostruzione in fatto: l’appellante sostiene, infatti, che la ULSS avrebbe già riconosciuto la spettanza dell’adeguamento ISTAT, ma lo avrebbe erroneamente quantificato. La difesa della ULSS, invece, contesta non solo l’entità dell’adeguamento, ma la sua stessa spettanza.

Sussistendo contrasto tra le parti sulla spettanza della revisione dei prezzi, ritiene il Collegio di doversi pronunciare innanzitutto sull’an e solo dopo sul quantum debeatur.

8.2 - Prima di passare alla disamina della questione controversa, è opportuno richiamare i principi espressi dalla giurisprudenza della Sezione (cfr. Cons. Stato, Sez. III, 9 gennaio 2017 n. 25), secondo cui:

- l' art. 6, comma 4, della L. n. 537 del 1993, come novellato dall' art. 44 della L. n. 724 del 1994, prevede che tutti i contratti pubblici ad esecuzione periodica o continuativa devono recare una clausola di revisione periodica del prezzo pattuito;

- tale disposizione, ora recepita nell'art. 115 del codice dei contratti pubblici (D.Lgs. n. 163 del 2006) per quanto riguarda gli appalti di servizi o forniture, costituisce norma imperativa non suscettibile di essere derogata in via pattizia, ed è integratrice della volontà negoziale difforme secondo il meccanismo dell'inserzione automatica;

- la finalità dell’istituto è da un lato quella di salvaguardare l'interesse pubblico a che le prestazioni di beni e servizi alle pubbliche amministrazioni non siano esposte col tempo al rischio di una diminuzione qualitativa, a causa dell'eccessiva onerosità sopravvenuta delle prestazioni stesse, e della conseguente incapacità del fornitore di farvi compiutamente fronte (cfr. Consiglio di Stato, Sez. VI, 7 maggio 2015 n. 2295;
Consiglio di Stato, Sez. V, 20 agosto 2008 n. 3994), dall’altro di evitare che il corrispettivo del contratto di durata subisca aumenti incontrollati nel corso del tempo tali da sconvolgere il quadro finanziario sulla cui base è avvenuta la stipulazione del contratto (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 23 aprile 2014 n. 2052;
Sez. III 4 marzo 2015 n. 1074;
Sez. V 19 giugno 2009 n. 4079).

8.3 - Nel caso di specie, peraltro, la clausola revisionale era stata prevista nell’art. 9 del capitolato speciale di appalto: ne consegue che sussisteva l’obbligo per l’Amministrazione di avviare il procedimento istruttorio diretto a verificare la sussistenza dei presupposti per il riconoscimento del compenso revisionale.

L’Amministrazione, avviata l’istruttoria, con la nota del 10 settembre 2014 prot. n. 74385 aveva riconosciuto la spettanza del compenso revisionale stabilendone anche l’importo per ciascuna annualità.

Nella stessa nota, infatti, aveva chiesto lo storno delle fatture predisposte dalla ACLI in quanto emesse per un importo superiore a quello riconosciuto, non contestando affatto la spettanza dell’adeguamento dei prezzi.

La tesi dell’appellante, secondo cui vi era stato già il riconoscimento del diritto alla revisione del corrispettivo in base all’indice ISTAT da parte della ULSS è dunque pienamente condivisibile.

8.4 - La tesi dell’ULSS, secondo cui l’ACLI con nota dell’11/9/2012 (doc. n. 4 fasc. primo grado) avrebbe rinunciato al compenso revisionale in cambio della mancata riduzione del corrispettivo in applicazione della normativa sulla spending review, ed essa avrebbe accettato tale proposta tanto da non dar corso alla sua applicazione al contratto in questione, si scontra con il dato fattuale costituito dal riconoscimento dell’importo revisionale per l’intero periodo 2010-2013 effettuato con la nota già richiamata, del 10 settembre 2014.

Non può, infatti, condividersi la tesi dell’appellata secondo cui non vi sarebbe stato un vero riconoscimento dell’adeguamento, ma solo una dichiarazione di disponibilità a riconoscere l’importo ivi indicato: innanzitutto la “disponibilità a riconoscere” l’adeguamento dei corrispettivi presuppone la persistenza della pretesa creditoria, e dunque è incompatibile con la tesi dell’asserita rinuncia al compenso revisionale.

In ogni caso, dalla lettura dell’atto è palese che la ULSS avesse riconosciuto la fondatezza della pretesa e che le trattative riguardassero il solo importo del compenso: è del tutto evidente che se l’Amministrazione avesse effettivamente contestato la spettanza dell’adeguamento non avrebbe offerto alcunchè, non chiedendo “l’emissione di una fattura in linea con le cifre e i dettagli comunicati” (cfr. nota ULSS dell’11 febbraio 2015 prot. n. 10967).

8.6 - Ne consegue che – essendo stata riconosciuta la spettanza del compenso dalla stessa stazione appaltante - la questione controversa riguarda il solo quantum revisionale.

9. - In merito a questo specifico punto, la pretesa dell’appellante non può essere accolta.

Correttamente la ULSS ha applicato la clausola revisionale contenuta nell’art. 9 del capitolato speciale d’appalto secondo cui “il corrispettivo di aggiudicazione, su domanda della Ditta, sarà sottoposto ad adeguamento in misura pari alla variazione annua dell’ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati con decorrenza dall’anno successivo a quello di aggiudicazione, facendo riferimento alla media dei 12 mesi precedenti a quello di scadenza”.

L’adeguamento del corrispettivo per ciascuna annualità in base all’indice ISTAT è commisurato, infatti, a quello di aggiudicazione, e dunque all’importo originario previsto nel contratto: il riferimento contenuto nella clausola “alla media dei 12 mesi precedenti a quello di scadenza” assolve alla sola identificazione della percentuale da applicare per la revisione.

Seguendo la tesi dell’appellante si avrebbe un’evidente duplicazione dell’adeguamento, in quanto per ogni annualità successiva alla prima si sommerebbero gli incrementi percentuali relativi agli anni precedenti, laddove, invece, la clausola prevede l’adeguamento del solo corrispettivo dell’aggiudicazione che resta immutato.

9.1 - Ne consegue che la pretesa dell’appellante di conseguire l’adeguamento in base al corrispettivo già rivalutato in base all’indice ISTAT relativo all’anno precedente, non trova riscontro nella clausola del capitolato speciale.

Il primo motivo di appello va, quindi, accolto solo nei limiti in precedenza indicati.

10. - Con il secondo motivo di appello l’appellante deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 15, comma 13, del D.L. n. 95/2012 rilevando che tale disposizione non impone la riduzione automatica del corrispettivo, ma impone di rinegoziare con gli affidatari una diminuzione del 5% sugli importi e le connesse prestazioni: pertanto, non sarebbe stato possibile giustificare il mancato adeguamento invocando tale disposizione, visto che le prestazioni sono state rese per intero, secondo le previsioni contrattuali.

10.1 - La tesi dell’appellante è condivisibile.

L’art. 15, comma 13, del D.L. n. 95/2012 prevede che: “gli importi e le connesse prestazioni relative a contratti in essere di appalto di servizi e forniture di beni e servizi, con esclusione degli acquisti dei farmaci, stipulati da aziende ed enti del Servizio sanitario nazionale, sono ridotti del 5 per cento [….] per tutta la durata dei contratti medesimi”.

Il Ministero della Salute, con circolare n. 106719 del 27 febbraio 2013 ha chiarito che “la norma è da interpretarsi nel senso che la prevista riduzione del 5 per cento degli importi dei contratti, per la fornitura di beni e l’appalto di servizi a favore degli enti ed aziende del Servizio sanitario nazionale, è da conseguirsi attraverso una corrispondente diminuzione del volume delle prestazioni contrattuali, cioè dei beni forniti o dei servizi resi da parte delle ditte titolari dei singoli contratti di fornitura o appalto”.

La disposizione, quindi, non impone la riduzione del corrispettivo tout court, a parità di prestazioni, ma impone la rinegoziazione dei contratti con possibilità di recesso da parte della stazione appaltante qualora il soggetto non sia disponibile alla rinegoziazione.

Nel caso di specie, non vi è stata rinegoziazione con riduzione delle prestazioni, in quanto la stazione appaltante, tenuto conto della particolare delicatezza del servizio oggetto di fornitura, ha ritenuto che non fosse possibile provvedervi;
le prestazioni sono state eseguite in toto, secondo quanto previsto nel contratto: tale disposizione non può quindi giustificare il rigetto della pretesa azionata dall’ACLI.

12. - Infine la pretesa relativa al riconoscimento degli interessi moratori non può trovare accoglimento in presenza di una controversia in ordine alla spettanza dell’adeguamento ISTAT e alla sua commisurazione, tanto più che l’interessata non aveva neppure emesso la fattura elettronica per l’importo indicato dall’Amministrazione.

13. - In conclusione, per i suesposti motivi, l’appello va accolto in parte, ed in riforma della sentenza di primo grado, va dichiarato il diritto all’adeguamento ISTAT nei limiti riconosciuti dalla ULSS e pari all’importo di € 71.744,50 oltre IVA.

14. - Le spese del doppio grado di giudizio possono compensarsi tra le parti in considerazione della particolarità della fattispecie.

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