Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2023-01-04, n. 202300127

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2023-01-04, n. 202300127
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202300127
Data del deposito : 4 gennaio 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 04/01/2023

N. 00127/2023REG.PROV.COLL.

N. 06707/2022 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 6707 del 2022, proposto da
M A V, rappresentata e difesa dall'avvocato G O, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Gestore dei Servizi Energetici – Gse S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati C M, A P, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza Ter) del 30 maggio 2022, n. 7034, resa tra le parti.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Gestore dei Servizi Energetici – Gse S.p.A.;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 13 dicembre 2022 il Cons. Fabrizio D'Alessandri e uditi per le parti gli avvocati G O e Maria Lucia Civello, in sostituzione dell’avvocato C M;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Parte appellante ha gravato la sentenza del T.A.R. Lazio Roma, Sez. III ter n. 7034/2022, che ha rigettato il ricorso proposto avverso la nota del Gestore dei Servizi Energetici – Gse S.p.A. (di seguito anche GSE), prot. n. GSE/P20200006228 del 12 febbraio 2020, con cui è stata comunicata la decadenza del diritto alle tariffe incentivanti di cui al d.m. 5 luglio 2012 e l’annullamento in autotutela del provvedimento di ammissione alle tariffe incentivanti del 15 luglio 2013, nonché avverso il provvedimento del 20 maggio 2020, con cui, in riferimento alla medesima procedura, è stata richiesta la restituzione degli incentivi per la somma totale di € 11.394,60.

Più nello specifico, la parte appellante, in seguito all’istallazione di un impianto di pannelli solari su un immobile di sua proprietà, in data 27 giugno 2013, presentava richiesta alla GSE per il riconoscimento delle tariffe incentivanti, spettanti, ai sensi del d.m. 5 luglio 2012, agli impianti ricadenti nella tipologia installativa “impianto su edificio”.

Il GSE, in data 15 luglio 2013, ha riconosciuto alla richiedente la tariffa omnicomprensiva richiesta, ritenendo che l’impianto fosse in possesso di tutti i requisiti previsti dalla normativa.

In data 11 settembre 2015, il GSE ha comunicato alla ricorrente l’avvio del procedimento di verifica, incaricando la società ICIM spa di effettuare un sopralluogo presso l’impianto, all’esito del quale, in data 20 novembre 2017, il GSE ha richiesto al Soggetto Responsabile di fornire osservazioni e/o integrazioni documentali rispetto alle risultanze emerse dal sopralluogo.

In particolare, il GSE ha contestato alla ricorrente: - la mancata produzione del titolo abilitativo alla realizzazione dell’impianto stesso;
- le modalità con cui erano stati posizionati i moduli fotovoltaici dell’impianto su edifici;
- l’origine e la conformità dei moduli fotovoltaici istallati per l’impianto, adducendo che gli stessi non fossero conformi al prodotto comunicato nella relazione tecnica.

Infine il GSE ha notificato i provvedimenti con i quali, a seguito delle presunte violazioni indicate, ha comunicato la decadenza dal diritto alle tariffe incentivanti e ha chiesto la restituzione di quanto percepito.

Parte odierna appellante ha impugnato i suddetti provvedimenti dinanzi al T.A.R. Lazio che, con la sentenza gravata in questa sede, ha rigettato il ricorso.

L’adito T.A.R. ha osservato che il provvedimento di decadenza è stato disposto in base a plurime ragioni, presentandosi come atto plurimotivato, relative all’inidoneità della certificazione dei moduli, alla difformità di marcatura CE, all’assenza dei requisiti con riferimento alla conformità alle norme CEI e dei requisiti di certificazione sulla qualità del processo produttivo;
al mancato rispetto della condizione che richiede impianti con componenti principali realizzati unicamente all’interno di un Paese che risulti membro dell’UE/SEE, al mancato rispetto delle condizioni di riconoscimento della tariffa, richiesta ed erogata, “su edificio” e alla mancata evidenza del titolo abilitativo alla realizzazione dell’impianto.

A fronte di ciò il T.A.R. ha rigettato le censure inerenti alla contestata inidoneità dei moduli, ritenendo che effettivamente l’odierno appellante non avesse dimostrato l’idoneità tecnica dei moduli fotovoltaici installati sull’impianto e che non fosse invocabile il principio dell’affidamento incolpevole dovendosi applicare il principio di autoresponsabilità.

Non risulterebbe, infatti, che i componenti principali siano stati realizzati unicamente all'interno di un Paese membro dell'UE/SEE, né che gli stessi siano conformi al rapporto contenuto nell’attestazione di conformità.

Il GSE ha quindi conseguentemente adottato il provvedimento di decadenza nell’esercizio dei poteri di verifica ad esso attribuiti dall’art. 42 più volte citato e dal d.m. 31 gennaio 2014.

La medesima sentenza ha, inoltre, ritenuto inapplicabile il sopravvenuto art. 56, comma 8, d.l. n. 76/2020. Ciò “ sia perché si tratta di censura avanzata per la prima volta con la memoria ex art. 73 c.p.a. del 5 marzo 2021;
sia perché questa Sezione ha già avuto occasione di rilevare come, in ragione del principio del tempus regit actum, “la legittimità del provvedimento amministrativo va valutata alla luce del quadro normativo vigente alla data della sua adozione” (cfr. T.A.R. Lazio, sez. III ter, 7 ottobre 2020, n. 10147)
”.

L’odierna parte appellante ha impugnato la sentenza formulando i seguenti rubricati motivi di appello:

1) “ Violazione e falsa applicazione dell’art.42 comma 1 del D.Lgs 28/2011 come modificato dall’art.56 del D.L. 76/2020 come convertito in Legge n.120/2020 – disposizioni di semplificazione in materia di interventi su progetti o impianti alimentati da fonti rinnovabili;
nonché della legge 29 luglio 2021 n.108 di conversione del D.L. 77/2021 (c.d. semplificazioni bis);
dell’art. 21 nonies della legge 241 del 1990;
Eccesso di potere per travisamento dei fatti, illogicità ed ingiustizia manifesta
”;

2) “ Violazione e falsa applicazione dell’art 42 commi 3, 3bis e 4bis del D.lgs. 03.03.2011 n. 28, come modificato in ultimo dal D.L. 101/2019 (c.d. decreto Romani) convertito con la legge 128/2019 e novellato dall’art 56, commi 7 e 8 della D.L. 16.07.2020 n. 76 convertito in Legge n.120/2020 – sproporzione nell’annullamento di tutti i benefici operati dal G.S.E., rispetto alla possibilità di riduzione degli stessi prevista dalla norma. Eccesso di potere per difetto di motivazione, illogicità e travisamento dei fatti ”.

Si è costituito in giudizio il GSE, resistendo all’appello.

L’appello è stato trattenuto in decisione all’udienza pubblica del 13.12.2022,

DIRITTO

1) L’appello si palesa infondato.

2) Infondato è il primo motivo di appello.

Parte appellante ha contestato la mancata applicazione da parte del T.A.R. dei principi di cui all’art. 21 nonies legge n. 241/1990, in seguito all’entrata in vigore dell’art.56, comma 8, d.l. n. 76/2020, nella parte in cui prevede che le disposizioni di cui al precedente comma 7 si applicano anche ai progetti di efficienza energetici oggetto di procedimenti giurisdizionali pendenti nonché di quelli non definiti con sentenza passata in giudicato alla data di entrata in vigore del citato decreto legge.

Al di là della questione della tempestività della censura formulata in primo grado (il T.A.R. in primo grado l’ha ritenuta inammissibile in quanto proposta per la prima volta con memoria ex art. 73 c.p.a.), tale modifica legislativa è entrata in vigore nel luglio 2020 e dunque in epoca successiva all’adozione dei provvedimenti impugnati.

Il Collegio rileva che l'atto gravato non assume conformazione di esercizio del potere di autotutela, bensì si presenta quale atto di natura decadenziale dai benefici (che nell'ipotesi in esame vengono ridotti), secondo i principi espressi dall'Adunanza Plenaria n. 18/2020, che ha escluso che i provvedimenti di decadenza del GSE siano riconducibili al paradigma dell'autotutela, in quanto espressione di un potere di verifica, accertamento e controllo, di natura doverosa ed esito vincolato (Cons. Stato sez IV 24/01/2022 n. 462 e 20/01/2021 n. 594;
sez VI 03/01/2022 n. 9 e 28/09/2021 n. 6516;
Corte cost., 13/11/2020, n. 237).

La decadenza dal beneficio e la richiesta di restituzione dei benefici già erogati non sono espressione di una distinta e automa volontà provvedimentale rispetto a quella oggetto dei provvedimenti di decadenza dai benefici concessi, bensì rappresenta un atto esecutivo, conseguente alla qualifica di indebito oggettivo assunta dalla somme erogate per effetto della determinazione di decadenza (Cons. Stato Sez. II, 12-04-2022, n. 2747;
Cons. Stato Sez. IV, 15/10/2020, n. 6241), con conseguente inapplicabilità dei principi dettati per l’esercizio del potere di autotutela dall’art. 21-nonies della L. n. 241/1990.

La natura di tale potere non è, peraltro, mutata nemmeno a seguito della modifica all'art. 42, comma 3, D.Lgs. n. 28 del 2011, introdotta dall'art. 56, comma 7, del D.L. n. 76 del 2020, che in ogni caso non è applicabile ratione temporis al caso in esame.

Quest'ultima disposizione, pur avendo previsto che l'esercizio del potere di decadenza si eserciti in presenza dei presupposti di cui all'articolo 21-nonies della L. 7 agosto 1990, n. 241, non ha mutato la natura del potere esercitato, che rimane di decadenza (cfr. Ad. Plen. 18/2020 e giurisprudenza sopra richiamata) e viene accomunato a quello di autotutela limitatamente ai presupposti per il legittimo esercizio.

Inoltre, il Collegio osserva che l'art 42, comma 3, D.Lgs. n. 28/2011, nel testo modificato dall'art 56, comma 7, del D.L. n. 76/2020, che disciplina i controlli del GSE ai fini dell'erogazione degli incentivi per gli impianti da fonti rinnovabili, non ha natura di norma di interpretazione autentica, né efficacia retroattiva , e per espressa previsione si applica ai procedimenti pendenti o, se già definiti, esclusivamente a seguito di apposita istanza dell'interessato, alle condizioni indicate dall'art 56 comma 8, D.L. n. 76/2020 (Cons. Stato Sez. II, 12/04/2022, n. 2743).

Infatti, le imprese destinatarie di provvedimenti del GSE di decadenza dagli incentivi ancora sub iudice al momento di entrata in vigore del D.L. 16 luglio 2020, n. 76 possono presentare apposita richiesta, volta a consentire l'applicazione, a regolazione del rapporto sostanziale, dello ius superveniens , come recato dall'art. 56, comma 7, dello stesso decreto legge (Cons. Stato, Sez. VI, 12/10/2022, n. 8719).

In sostanza, l’applicazione del suindicato ius superveniens presuppone l’instaurazione di un autonomo procedimento avente a oggetto la valutazione da parte dell’Amministrazione dei presupposti di applicazione della medesima normativa introdotta, che pertanto deve essere applicata all’esito di un distinto procedimento amministrativo, che differisce da quello inerente alla decadenza degli incentivi avendo quest’ultimo solo come presupposto.

Tale applicazione non può intervenire in sede giurisdizionale a opera del giudice, nel giudizio di impugnativa di decadenza dell’incentivo.

Quest’ultimo ha, infatti, a oggetto la legittimità dell’atto di decadenza, con riferimento alla legittimità dello stesso al momento della sua adozione, e non può riguardare lo ius superveniens, sul quale, si ripete, si deve pronunciare con un provvedimento autonomo l’amministrazione a seguito di una specifica istanza di parte in sede amministrativa.

La decisione sull’applicazione dello ius superveniens potrà poi avere ricadute sul processo avente o oggetto il provvedimento di decadenza solo nel caso in cui sia positiva e faccia eventualmente venir meno l’interesse dell’interessato alla coltivazione del giudizio.

Tale impostazione, secondo cui l’applicabilità dello ius superveniens è vicenda che dà luogo a un distinto autonomo procedimento amministrativo con una valutazione di competenza, in prima battuta e salvo successive impugnazioni, dell’Amministrazione, è confermata dalla giurisprudenza che ha sottolineato come rigettando l'istanza ex art. 56, comma 8, D.L. n. 76/2020 convertito in L. n. 120/2020, l'Amministrazione impedisce la modifica (in senso favorevole all'istante) del rapporto sostanziale in ragione dell'insussistenza dei presupposti di applicazione della disciplina sopravvenuta, ma non conferma la legittimità del provvedimento di decadenza all'esito di un riesame dello stato di fatto e di diritto originario - esistente al tempo della sua adozione - , con la conseguenza che tale ultimo atto non viene sostituito, continuando a conformare l'assetto di interessi divisato tra le parti.

Persistendo, quindi, un provvedimento lesivo efficace, fonte di regolazione del rapporto sostanziale, non può ravvisarsi una sopravvenuta carenza di interesse al suo annullamento, permanendo in capo all'operatore economico la possibilità di trarre un'utilità concreta da una sentenza di accoglimento dell'impugnazione, data dalla rimozione di un atto lesivo (di decadenza), ostativo alla conservazione degli incentivi economici per cui è causa (Cons. Stato, Sez. VI, 12/10/2022, n. 8719).

La pretesa applicazione retroattiva dello ius superveniens in via automatica comporterebbe, invece, una violazione del principio dell'irretroattività della legge, enunciato all'articolo 11 delle cd. preleggi al Codice Civile.

Di conseguenza, la legittimità dell’atto di decadenza adottato in data anteriore all’entrata in vigore della novella va valutata in forza del principio tempus regit actum alla luce del quadro normativo vigente alla data della sua adozione.

3) Anche il secondo motivo di appello è infondato.

Con questo motivo di ricorso parte appellante ha lamentato, in via subordinata rispetto alla prima censura formulata, che il GSE ha dichiarato la decadenza dal diritto alle tariffe incentivanti con la richiesta di restituzione di quanto fino ad ora erogato, mentre avrebbe dovuto adottare una decurtazione del 10% o, al massimo, del 50% ove fossero state accertate, anche in via giudiziaria, le violazioni di cui alle disposizioni in epigrafe.

Ciò in forza della disciplina di riferimento e, in particolare, ai sensi del D.L. n.101/2019 (cosiddetto decreto Romani) convertito in Legge n. 128/2019 che ha previsto la decurtazione degli incentivi nella misura ricompresa tra il 10% e, nel massimo, il 50%, oltre che introdurre il comma 4bis all’art. 42 del D.lgs.

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