Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2019-07-15, n. 201904933

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2019-07-15, n. 201904933
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201904933
Data del deposito : 15 luglio 2019
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 15/07/2019

N. 04933/2019REG.PROV.COLL.

N. 06371/2015 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 6371 del 2015, proposto da:
EREMO SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati G G, G C D G, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato G C D G in Roma, piazza G. Mazzini, n. 27;

contro

COMUNE DI MONTEROSSO AL MARE, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato P G L, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato G D G in Roma, via dei Parioli, n.74;
ENTE PARCO NAZIONALE DELLE CINQUE TERRE, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici è domiciliato in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

nei confronti

REGIONE LIGURIA, non costituita in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria n. 266 del 2015;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Monterosso al Mare e dell’Ente Parco Nazionale delle Cinque Terre;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 13 giugno 2019 il Cons. D S e uditi per le parti gli avvocati G C D G e Giovanni Corbyons, per delega dell’avvocato P G L;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1.– La società Eremo s.r.l., con il ricorso introduttivo del giudizio di primo grado, impugnava il provvedimento prot. n. 717 del 2 maggio 2013, con cui l’Ente Parco Nazionale delle Cinque Terre aveva negato il proprio nulla osta rispetto alla domanda avanzata dalla società stessa in data 8 febbraio 2010, avente ad oggetto «il mantenimento in sanatoria, ai sensi dell’art. 15 delle legge n. 47/1985 nonché ai sensi della L.R. n. 16/2008», dei seguenti manufatti (già realizzati) ricadenti nel Comune di Monterosso al Mare (SP):

i) battuto in cemento e posa di manufatto in legno di m. 2,00 x m. 2,00 con copertura a capanna di h. ml. 2,29;

ii) battuto in cemento e posa di piscina di dimensioni di ml. 5,66 x ml. 13,00 (mq. 73,58), h.ml. 1,36 dal basamento;

iii) posa di pavimentazione in pietra a spacco, adiacente la piscina, per circa 63 mq;

iv) realizzazione di n. 2scalinate in pietra, l’una di dimensioni ml. 3,25 x ml. 0,80, l’altra di dimensioni di ml. 4,50 x ml. 0,80;

v) una ringhiera in ferro di ml. 1,00.

La predetta istanza faceva seguito ad un sopralluogo eseguito sul sito (censito al foglio 6, mappali 344-259), in data 26 gennaio 2010, dagli agenti del Corpo Forestale dello Stato, unitamente al Responsabile dell’U.T.C. comunale, il quale aveva consentito di accertare che i manufatti erano stati realizzati senza i prescritti titolo abilitativi, ovvero in assenza dell’autorizzazione paesaggistica, del nulla osta dell’Ente Parco delle Cinque Terre, del “nulla osta” afferente il vincolo idrogeologico, nonché del permesso di costruire.

L’impugnazione era affidata ai seguenti motivi di impugnazione:

i) l’incompetenza dell’Ente Parco, in ragione dell’avvenuta revoca delle norme di piano del Parco Nazionale da parte della Regione Liguria con D.G.R. 10.12.2010, n. 1482, con conseguente applicazione dell’allegato A al d.P.R. 6 ottobre 1999 tra i cui divieti non rientravano le edificazioni contestate;

ii) violazione dell’art. 7 del d.P.R. n. 295 del 1999;

iii) violazione dell’art. 57 del P.T.C.P.;

iv) difetto di motivazione in relazione alle dimensioni e all’impatto delle opere realizzate ed alla loro specifica funzione;

1.1.– Con motivi aggiunti, la società appellante chiedeva l’annullamento anche del conseguenziale diniego di sanatoria, prot. n. 5484 del 28 maggio 2013, adottato dal Comune di Monterosso al Mare (SP), deducendo i seguenti vizi:

i) l’illegittimità derivata del diniego comunale in ragione del richiamo al precedente, illegittimo, diniego di nulla osta del 2.5.2013 emanato dall’Ente Parco;

ii) la violazione dell’art. 23 del P.R.G.;

iii) la violazione dell’art. 10- bis della legge n. 241 del 1990;

2.– Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria, con sentenza n. 266 del 2015, assorbite le questioni pregiudiziali, respingeva entrambi i ricorsi, introduttivo e per motivi aggiunti.

3.– La società Eremo s.r.l. ha quindi sollevato appello, riproponendo due censure in relazione al diniego di nulla osta dell’Ente Parco del 2 maggio 2013, e tre in relazione al diniego di sanatoria emesso dal Comune di Monterosso;

4.– Si sono costituiti in giudizio l’Ente Parco Nazionale delle Cinque Terre ed il Comune di Monterosso al Mare, insistendo per il rigetto del gravame.

5.– All’odierna udienza del 13 giugno 2019, la causa è stata discussa e decisa.

6.– Il “principio della ragione più liquida”, corollario del principio di economia processuale, consente di derogare all’ordine logico di esame delle questioni ‒ e quindi di tralasciare ogni valutazione pregiudiziale sulle eccezioni di irricevibilità e di inammissibilità sollevate dall’Amministrazione comunale ‒ e di risolvere la lite nel merito;

7.– Vanno prima esaminati i motivi di appello riproposti in relazione al diniego di nulla osta dell’Ente Parco del 2 maggio 2013, secondo il quale i manufatti in contestazione non erano assentibili, né alla luce della disciplina del Parco, né alla luce della disciplina paesaggistica.

Sul compendio immobiliare in contestazione insistono infatti plurimi vincoli: di interesse storico e paesaggistico (in forza del decreto del Ministero per i Beni Culturali ed Ambientali del 15 novembre 1983), di tutela del Parco Nazionale delle Cinque Terre, e idrogeologico.

7.1.– Secondo la società appellante, l’Amministrazione, avallata dal giudice di prime cure, avrebbe malamente interpretato il divieto di cui all’art. 5 dell’Allegato A del d.P.R. del 6 ottobre 1999, quale divieto impeditivo di qualsiasi costruzione e non dei soli edifici.

Per motivi analoghi, l’art. 57 del Piano territoriale di coordinamento paesistico della Regione Liguria (PTCP) sarebbe stato erroneamente inteso quale divieto assoluto alla realizzazione della piscina, ad onta della “deroga” espressamente prevista con riguardo alla possibilità di presentazione di uno «Studio Organico d’Insieme».

Entrambe i rilievi sono privi di fondamento;

7.2.– Le opere oggetto della richiesta di sanatoria ricadono all’interno del Parco nazionale delle Cinque Terre, istituito con decreto del Presidente della Repubblica del 6 ottobre 1999, con la conseguenza che, in forza dell’art. 13 della legge 6 dicembre 1991, n. 394, «[i]l rilascio di concessioni o autorizzazioni relative ad interventi, impianti ed opere all’interno del parco è sottoposto al preventivo nulla osta dell’Ente parco». L’atto di assenso ha evidentemente la funzione di consentire all’Autorità preposta di verificare «la conformità tra le disposizioni del piano e del regolamento e l’intervento».

Nel caso in esame, l’art. 5 dell’Allegato A del d.P.R. 6 ottobre 1999, recante la disciplina degli usi consentiti all’interno della Zona 2 del Parco – dove insistono piscina, casotto, muri, scale, ringhiere, e battuti in cemento – vieta la realizzazione di «nuovi edifici».

La locuzione normativa – come risulta anche dalla lettura combinata con l’art. 7 dello stesso Allegato A, che, con riguardo al regime autorizzativo della Zona 2, non contempla opere eccedenti la manutenzione ed il risanamento conservativo – va intesa come divieto di tutte le «nuove costruzioni», anche se non vi sia un volume da computare sotto il profilo edilizio (come quelli di natura tecnica) e, dunque, anche se si tratti di una piscina di dimensioni non trascurabili (nella specie, di mq 73,58), poiché le esigenze di tutela dell’area sottoposta a vincolo paesaggistico esigono qui l’immodificabilità dello stato dei luoghi.

7.3.– Tale assunto è confermato dal regime di conservazione dettato dalla disciplina paesaggistica. L’art. 57 del PTCP vieta infatti «ogni alterazione dello stato dei luoghi», a salvaguardia del profilo percettivo e storico-documentale dell’area.

La possibilità, prevista dalla stessa disposizione, di consentire nuove costruzioni subordinatamente alla elaborazione di uno «Studio Organico d’Insieme che ne documenti la compatibilità con gli obiettivi sopra indicati», è inutilmente invocato dall’appellante: trattasi infatti di proposta progettuale ad iniziativa privata (e non pubblica), la quale peraltro non può evidentemente essere utilizzata per la sanatoria di abusi edilizi già realizzati.

8.– Veniamo ora alle censure riproposte con riferimento al diniego comunale del 28 maggio 2013, n. prot. 5484.

8.1.– Va in primo luogo respinto il terzo motivo di appello incentrato sull’illegittimità derivata dai vizi del diniego di nulla osta del Parco Nazionale delle Cinque Terre, in quanto questi ultimi sono stati sopra tutti confutati.

8.2.– L’ulteriore censura – secondo cui il giudice avrebbe fatta errata applicazione dell’art. 23 n.t.a. del P.R.G. di Monterosso al Mare, la cui norma vieterebbe la realizzazione soltanto di nuovi edifici, e non di una mera pertinenza dell’immobile principale, quale deve qualificarsi la piscina – è infondata.

L’art. 23 del P.R.G., su cui si fonda il diniego comunale, dispone in relazione alla zona “E1” (al cui interno ricadono i manufatti abusivi) quanto segue: «dato il predominante interesse paesistico di tali zone, è vietata l’edificazione di costruzioni di qualsiasi tipo, fatta eccezione per la costruzione di rustici non abitabili (depositi per attrezzi o simili) per l’esercizio dell’agricoltura». Il senso letterale della disposizione è dunque chiaro nell’escludere qualsiasi costruzione, fatta eccezione soltanto per depositi attrezzi o simili.

8.3.– Da ultimo, la società appellante invoca la violazione del contraddittorio procedimentale, non avendo l’Amministrazione sufficientemente valorizzato le osservazioni da essa presentate.

Anche tale rilievo è destituito di fondamento.

In termini generali, l’art. 10- bis , della legge n. 241 del 1990 enuncia una regola fondamentale nello svolgimento delle funzioni ampliative o conformative della posizione giuridica del privato, anticipando in sede procedimentale il meccanismo dialettico che ha normalmente luogo nel processo, attraverso l’enunciazione anticipata delle motivazioni che si intendono porre a fondamento del rigetto. Il dovere della p.a. di esaminare le memorie prodotte dall’interessato a seguito della comunicazione del preavviso di rigetto da essa inviati non comporta tuttavia la confutazione analitica delle allegazioni presentate dall’interessato, essendo sufficiente, ai fini della giustificazione del provvedimento adottato, la motivazione complessivamente e logicamente resa a sostegno dell’atto stesso (ex plurimis: Consiglio di Stato, sez. IV, 24 febbraio 2017, n.873). Va pure precisato che la doverosa valutazione degli apporti infraprocedimentali risente inevitabilmente della natura degli stessi, nel senso che l’onere valutativo è maggiormente penetrante con riferimento alla prospettazione da parte del privato di elementi fattuali, mentre è attenuato, se non quasi inesistente, allorché le deduzioni del privato contengano valutazioni giuridiche, laddove è sufficiente che l'Amministrazione ribadisca il proprio intendimento.

Nel caso in esame, l’Amministrazione comunale, con nota n. prot. 11872 del 11 dicembre 2012, ha inviato all’interessata il preavviso di diniego, ai sensi dell’art. 10- bis legge n. 241 del 1990.

Ebbene, le ragioni giuridiche poste a fondamento del diniego e le risultanze dell’istruttoria – rendendo evidente la non verosimiglianza della tesi secondo cui la vasca avrebbe dovuto fungere anche da deposito di liquidi antincendio e da sede per un impianto rimovibile per la triturazione delle olive – non richiedevano all’Amministrazione di precisare ulteriormente la natura e la funzione dei manufatti abusivi oggetto della domanda di sanatoria.

9.– Per le ragioni che precedono, l’appello è infondato e va respinto.

9.1.– Le spese del secondo grado di lite seguono la soccombenza come di norma.

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