Consiglio di Stato, sez. VII, sentenza 2022-12-05, n. 202210638

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VII, sentenza 2022-12-05, n. 202210638
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202210638
Data del deposito : 5 dicembre 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 05/12/2022

N. 10638/2022REG.PROV.COLL.

N. 10044/2020 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Settima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 10044 del 2020, proposto da
Ministero dell'Università e della Ricerca, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso ex lege dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;

contro

C V, rappresentata e difesa dagli avvocati M B, S D, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dei difensori in Roma, via S. Tommaso D'Aquino n. 47;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza) n. 10461/2020;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio della Sig.ra C V;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 11 ottobre 2022 il Cons. Paolo Marotta e udito per la parte appellata l’avvocato S D;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Con ricorso in appello, ritualmente notificato e depositato in giudizio, il Ministero dell’Università e della Ricerca ha impugnato la sentenza indicata in epigrafe, con la quale il Tar per il Lazio – Sez. III ha accolto il ricorso di primo grado proposto dalla Sig.ra Vola Carolina, avente ad oggetto la domanda di annullamento ( in parte qua ) della procedura selettiva per l’ammissione al corso di laurea in Veterinaria per l’anno accademico 2018/2019.

2.1. In estrema sintesi, il giudice di prime cure ha ritenuto fondato sia il motivo relativo all’erronea formulazione del quesito n. 33 (avendo per detto quesito l’Amministrazione considerate corrette sia la risposta A che la risposta B, senza che ciò trovasse alcun preciso appiglio nella lex specialis e senza considerare l’oggettiva incertezza che aveva ingenerato nei candidati la presenza di più risposte parimenti valide) sia il motivo relativo alla riduzione dei posti disponibili sulla base della complessiva offerta formativa proveniente dagli Atenei (il D.M. di programmazione precisava che la potenziale offerta formativa - così come deliberata dagli Atenei con espresso riferimento ai parametri di cui all’articolo 3, comma 2, lettere a), b), c) della legge n. 264/1999 - era pari a 890 posti;
mentre i posti banditi sono stati soltanto 759);
a tale ultimo riguardo, il giudice di primo grado ha ritenuto sussistente nell’attività amministrativa il dedotto difetto di istruttoria e di motivazione.

2.2. Il giudice di primo grado ha condannato il Ministero al pagamento in favore della ricorrente di primo grado (odierna appellata) delle spese di giudizio, liquidate in € 1.000,00, oltre accessori.

3. Il Ministero appellante ha contestato la sentenza impugnata sotto diversi profili che nel prosieguo del presente provvedimento saranno oggetto di specifica disamina.

4.1. Si è costituita in giudizio la Sig.ra Vola Carolina, eccependo in via preliminare l’inammissibilità dell’appello in quanto proposto dal Ministero e non anche dall’Ateneo.

4.2. La parte appellata ha proposto, poi, appello incidentale in ordine al capo di sentenza relativo alla mancata declaratoria della improcedibilità del ricorso di primo grado, in applicazione del principio del consolidamento, per effetto del superamento degli esami dei primi due anni di corso;
ha riproposto le censure non scrutinate dal giudice di primo grado (in quanto assorbite), relative al quesito n. 15.

5. Con ordinanza n. 603/2021, la Sesta Sezione del Consiglio di Stato, dando atto della acquiescenza da parte dell’Università sulla statuizione del primo giudice che aveva affermato la conservazione, in capo alla ricorrente, dello status di studente del corso di laurea in questione presso l’Università di Messina e della disponibilità del posto ormai occupato dalla appellata da più di due anni, ha respinto l’istanza cautelare formulata in via incidentale dal Ministero.

6. All’udienza pubblica dell’11 ottobre 2022 la causa è stata trattenuta in decisione.

7. In via preliminare, è da respingere l’eccezione di inammissibilità dell’appello (principale). Il Ministero è stato condannato al pagamento delle spese del giudizio di primo grado;
ha dunque evidente interesse a contestare il capo di sentenza relativo alla condanna alle spese di giudizio.

8. Pur senza rubricare specifici motivi di impugnativa, il Ministero appellante contesta il capo di sentenza relativo alla condanna del predetto Ministero al pagamento delle spese di giudizio, evidenziandone l’erroneità nella parte in cui il giudice di prime cure ha basato la condanna alle spese, sulla “erronea formulazione del quesito n. 33” e sulla presunta “condotta correttiva non condivisibile”.

Sostiene che gli adempimenti osservati dal Ministero sarebbero stati condizionati dalle ordinanze del T.A.R. Lazio n. 9187/2019 e n. 425/2020 in altro contenzioso, aventi ad oggetto identiche doglianze sul quesito 33 e identico adempimento istruttorio.

Fa rilevare inoltre che sia nel caso di eliminazione del quesito contestato a tutti i candidati sia nel caso di attribuzione del punteggio di 1,50 a tutti i candidati, anche considerando 890 posti disponibili (pari all’offerta formativa degli Atenei), l’odierna appellata comunque non si sarebbe collocata in posizione utile ai fini della ammissione.

A sostegno di quanto dedotto il Ministero richiama anche la sentenza n. 7908/2020 del T.A.R. Lazio nella quale, in fattispecie analoga, è stato stabilito che la ricorrente, ancorché avesse un punteggio superiore a quello della odierna appellata, non avrebbe avuto comunque diritto all’ammissione anche in caso di riformulazione della graduatoria.

9. L’appello principale è da respingere.

Le deduzioni della parte appellante si rivelano generiche e non condivisibili;
in estrema sintesi, l’Amministrazione sostiene che, indipendentemente dalla valutazione del quesito contestato (n. 33) e anche fissando in 890 il numero dei posti disponibili, la ricorrente in primo grado (odierna appellata) non si sarebbe collocata in posizione utile ai fini della ammissione al corso.

Orbene, il Collegio deve rilevare che, non essendo stato impugnato il capo di sentenza relativo alla “ conservazione, in capo alla ricorrente, dello “status” di studente del corso di laurea in oggetto, presso l’Università di Messina ” e quindi al riconoscimento della pretesa sostanziale azionata, deve ritenersi che il Ministero non possa dolersi della condanna alle spese, atteso che la condanna alle spese segue la soccombenza.

Oltre a ciò, rimangono aspetti non contestati gli elementi di fatto posti a base della sentenza impugnata (ossia la erroneità della formulazione del quesito n. 33 e il disallineamento del numero dei posti disponibili rispetto alla offerta formativa degli Atenei).

Nel processo amministrativo, la mancata compensazione delle spese processuali, attuando il principio generale per cui le stesse seguono la soccombenza e non investendo profili di legittimità, si traduce in una scelta insindacabile in appello e vale in riferimento sia alle statuizioni processuali che a quelle di merito;
il giudice di primo grado ha infatti amplissimi poteri discrezionali in ordine al riconoscimento dei pur eccezionali e tassativi motivi divisati dall'art. 92 c.p.c. per far luogo alla compensazione delle spese, con il solo limite, in pratica, che non può condannare alle spese di lite la parte risultata vittoriosa o disporre statuizioni abnormi (cfr. Consiglio di Stato, Sez. V, 7 gennaio 2019 n. 140;
10 settembre 2018, n. 5283;
30 novembre 2015, n. 5400).

Nel caso di specie il giudice di primo grado non ha oltrepassato gli indicati limiti al suo potere di fissare il regime delle spese processuali, atteso che in primo grado il Ministero è risultato soccombente e la statuizione sulle spese non presenta profili di abnormità.

10. L’appello incidentale diviene conseguentemente improcedibile, per difetto di interesse (avendo la parte ricorrente già ottenuto in primo grado il riconoscimento della pretesa sostanziale azionata).

11. Le spese del presente grado di giudizio, liquidate nel dispositivo, sono poste a carico della parte soccombente.

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