Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2012-02-08, n. 201200677
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N. 00677/2012REG.PROV.COLL.
N. 08219/2011 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
PARZIALE, CON CONTESTUALE ORDINANZA DI RIMESSIONE DELLA CAUSA ALL’ESAME DELL’ADUNANZA PLENARIA DEL CONSIGLIO DI STATO,
Sull’appello n. 8219 del 2011, proposto dal Codacons, in persona del legale rappresentante pro tempore, e dal signor C R, in proprio e quale legale rappresentante dell’Associazione per la tutela degli utenti dell'informazione, della stampa e dei diritti d’autore, rappresentati e difesi dagli avvocati L S, M R e C R, con domicilio eletto presso l’ufficio legale nazionale del Codacons in Roma, viale Giuseppe Mazzini, n.73;
contro
La Società Italiana Autori ed Editori, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Maurizio Mandel e Stefano Astorri, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Roma, viale della Letteratura, 30;
la Società per lo sviluppo dell’arte, della cultura e dello spettacolo;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. LAZIO - ROMA: SEZIONE III TER n. 4384/2011, resa tra le parti;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Società Italiana Autori ed Editori;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 20 dicembre 2011 il Cons. Claudio Boccia e uditi per le parti gli avvocati M R e Stefano Astorri;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Gli appellanti hanno chiesto al Ministero per i beni e attività culturali e alla Società italiana autori ed editori (in prosieguo Siae) l’ostensione dei seguenti documenti:
- copia delle delibere assembleari con le quali è stata disposta la proposizione di una azione di responsabilità nei confronti dei componenti il consiglio di amministrazione, che dispose di investire importi di notevole entità di titolarità della Siae nell’acquisto di obbligazioni emesse dalla società Lehman Brothers;
- copia degli atti afferenti il conferimento dell’incarico ad uno o più legali per la tutela dei diritti e degli interessi della Siae e, di riflesso, dei suoi soci in relazione alla procedura concorsuale a carico della società Lehman Brothers;
- copia degli atti introduttivi di giudizi o riguardanti eventuali trattative stragiudiziali, finalizzati alla tutela degli interessi e dei diritti della Siae e dei suoi associati relativamente al c.d. “crack Lehman Brothers”.
2. Con il ricorso n. 9528 del 2009, proposto al T.A.R. per il Lazio, il signor C R, il Codacons e l’Associazione per la tutela degli utenti dell’informazione, della stampa e dei diritti d’autore (in prosieguo Associazione per la tutela degli utenti) hanno impugnato il diniego emanato dalla Siae con la nota del 9 ottobre 2009.
3. Il T.A.R., con la sentenza n. 4384 del 2011, ha estromesso dal giudizio il Ministero per i beni e le attività culturali e la Presidenza del Consiglio dei Ministri, ha dichiarato inammissibile il ricorso, sia per difetto di notifica ai contro interessati, sia per difetto di legittimazione attiva e di interesse dei ricorrenti.
4. Il giudice di prime cure ha ritenuto che:
a) le intimate Amministrazioni centrali dovevano essere estromesse dal giudizio, dal momento che la parte ricorrente non aveva impugnato alcun atto da esse emanato;
b) in base al vigente quadro normativo (art. 3 del d.P.R. n. 184 del 2006 e art. 25, quinto comma, della legge n. 241 del 1990, come modificato dalla legge n. 15 del 2005) ed agli orientamenti giurisprudenziali (Cons. di Stato, Sez. IV, 21 novembre 2006, n.6792), il ricorso avverso il diniego di accesso agli atti deve essere notificato anche ai controinterssati;
c) non sussiste, per quanto riguarda la posizione del signor R, un interesse legittimante la richiesta di accesso agli atti da parte di un singolo associato, in quanto di tale interesse è titolare il rappresentante dei soci dai medesimi eletto nell’assemblea generale, anche con il compito di controllare il buon andamento della società e l’assolvimento dei compiti istituzionali da parte degli organi a ciò preposti della medesima società;
d) l’istanza di ostensione degli atti non può costituire uno strumento surrettizio di sindacato generalizzato sull’azione amministrativa, volto alla verifica della legittimità e dell’efficienza dell’azione amministrativa;
e) il diritto di accesso, per quanto riguarda il Codacons e l’associazione per la tutela degli utenti, trova un preciso limite nel fatto che il medesimo non può dar luogo all’esercizio di una azione popolare, in quanto “la titolarità o la rappresentatività degli interessi diffusi non giustifica un generalizzato e pluricomprensivo diritto alla conoscenza di ogni documento riferibile all’attività dell’ente, ma solo degli atti che hanno un diretta incidenza sui servizi rivolti ai consumatori e non in via meramente ipotetica e riflessa sugli interessi degli stessi.”
5. Avverso tale sentenza, gli originari ricorrenti hanno proposto l’appello in epigrafe n. 8219 del 2011.
5.1. Per quanto riguarda il profilo dell’inammissibilità del ricorso per la mancata notifica ai contro interessati, gli appellanti hanno dedotto che:
a) non vi sono, in relazione all’oggetto dell’istanza di accesso, terzi controinteressati, in quanto hanno chiesto di conoscere “gli estremi” degli eventuali atti posti in essere a tutela dei soci nei confronti dell’organo che ha adottato decisioni societarie dannose (v. p. 3 del gravame);
b) la richiesta di copia delle delibere assembleari con le quali è stata disposta in ipotesi l’azione di responsabilità nei confronti dei componenti il consiglio di amministrazione faceva sorgere al più un obbligo di informativa da parte della Siae, senza scalfire la posizione del singolo componente del medesimo consiglio.
5.2.Per quanto riguarda la legittimazione ad agire e l’interesse del signor R, gli appellanti hanno dedotto che:
a) i rapporti che il socio instaura con la Siae sono due, il primo riconducibile all’istituto del mandato, che fa nascere in capo alla Siae l’obbligo di percepire i diritti d’autore per poi ridistribuirli ai singoli associati, ed il secondo riferibile all’istituto della rappresentanza, utilizzato per consentire lo svolgimento delle attività di competenza dell’assemblea generale;
b) l’esercizio del diritto dell’accesso non ha alcuna dipendenza e relazione con il rivestire funzioni nell’assemblea generale, soprattutto quando, come nel caso di specie, tale esercizio è direttamente ed immediatamente riferibile alla posizione del socio stesso;
c) i soci rimangono liberi di poter esercitare personalmente i propri diritti, che non possono subire limitazioni dall’elezione dei rappresentanti nell’assemblea, quando - come nel caso in esame – si attivano per avere contezza della gestione delle somme incassate, frutto del lavoro creativo degli iscritti e delle perdite subite e cioè di una situazione economica direttamente e concretamente riferibile al singolo socio;
d) il diritto di accesso può essere esercitato dal socio che si ritiene danneggiato per una perdita economica, al fine di ottenere informazioni utili a valutare se il mandatario è venuto meno alle sue obbligazioni nei confronti del mandante e per consentire al mandante, come nel caso di specie (in cui la Siae svolge la sua attività anche nell’interesse dei soci), la tutela della propria situazione soggettiva, fortemente lesa dal “crack Lehman Brothers“, eventualmente con la proposizione di azioni di responsabilità nei confronti di coloro che hanno determinato il depauperamento delle risorse societarie.
5.3. Per quanto riguarda la posizione del Codacons e dell’Associazione per la tutela degli utenti, gli appellanti hanno rilevato che:
a) le medesime associazioni – nel chiedere gli atti riferibili alle iniziative intraprese dalla Siae per tutelare i propri interessi e quelli dei soci alla effettiva percezione dei dividendi - sono legittimate ad accedere ai documenti richiesti, in quanto portatrici di interessi diffusi collettivi o collettivi per la cui tutela è essenziale la conoscenza degli atti richiesti in ostensione, tenuto anche conto che esse possono agire in giudizio a tutela dei risparmiatori (le associazioni hanno invocato i principi desumibili dalle sentenze del Consiglio di Stato, Ad. Plen., 11 gennaio 2007, n. 1, e Sez.VI, 3 febbraio 2005, n. 280, e della Corte di Cassazione, 31 gennaio 2008, n. 2406);
b) la domanda di accesso (volta anche a conoscere le motivazioni delle scelte della Siae di acquistare titoli atipici fortemente speculativi e di non smobilizzare per tempo gli investimenti) è stata proposta dal Codacons quale associazione di promozione sociale, in coerenza con l’art.26 della legge n. 283 del 2000, richiamato a p. 11 dell’atto di appello e per il quale “ alle associazioni di promozione sociale è riconosciuto il diritto di accesso ai documenti amministrativi ” (comma 1) e “ ai fini di cui al comma 1 sono considerate situazioni giuridicamente rilevanti quelle attinenti al perseguimento degli scopi statutari delle associazioni di promozione sociale ” (comma 2), sicché rileva la posizione fatta valere a “tutela dell’informazione, della stampa e del diritto d’autore, nonché del risparmiatore e investitore, che ha un diritto immediatamente connesso all’equa, tempestiva ed effettiva ridistribuzione dei dividendi, oltre che al risarcimento dei danni”;
c) le associazioni non hanno inteso assumere la veste di “mero denunciante” di eventuali abusi in pregiudizio dei consumatori e degli utenti, ma intendono valutare la sussistenza dei presupposti tali da giustificare le proprie iniziative processuali consentite dalla legge;
d) le azioni esperibili dal Codacons e dall’Associazione per la tutela degli utenti costituiscono una misura di difesa aggiuntiva e non sostitutiva, poiché alle associazioni di promozione sociale e a quelle dei consumatori spetta una legittimazione autonoma fondata su posizioni giuridiche diverse da quelle individuali;
e) la natura dell’ente e la tipologia della documentazione richiesta non possono costituire un ostacolo alla domanda di accesso agli atti, rientrando la Siae negli enti di cui all’art. 23 della legge n. 241 del 1990, anche perché la documentazione richiesta, ancorché di natura privatistica, è correlata ad una attività amministrativa, posta in essere da soggetti gestori di servizi pubblici.
5.4. Per quanto riguarda, infine, il profilo (riscontrato dal TAR) connesso alla possibile configurazione dell’istanza di accesso come una forma di ‘controllo generalizzato’ sull’attività della Siae, gli appellanti rilevano che con la loro istanza non hanno chiesto un accesso indiscriminato ad una serie di atti non connessi con una precisa situazione giuridica, ma si sono limitati a chiedere gli estremi di atti concernenti una specifica vicenda e già posti in essere dall’Amministrazione.
5.5. Nel criticare le statuizioni del TAR (anche in ordine alla dichiarazione di inammissibilità per la mancata notifica ai controinteressati), gli appellanti hanno rimarcato che la loro richiesta è volta a far “comunicare gli estremi di una delibera, se esistente” (v. p. 3), non ponendosi dunque questioni di tutela della altrui riservatezza, e che con l’accesso “si chiedeva solo di sapere se nei riguardi dell’organo che ha fatto una scelta societaria dannosa è stata presa qualche azione” (v. p. 4).
6. La Siae, costituitasi in giudizio, ha chiesto che sia confermata la statuizione del TAR sulla inammissibilità del ricorso per difetto di notifica ai controinteressati, poiché gli appellanti hanno richiesto copia delle delibere assembleari con cui è stata disposta l’azione di responsabilità nei confronti dei membri del consiglio di amministrazione, che disposero di investire i fondi Siae nell’acquisto di obbligazioni Lehman Brothers, al fine di poter porre in essere le conseguenti iniziative giudiziarie, dunque potenzialmente lesive per “soggetti terzi”.
6.1. Per quanto riguarda la posizione del signor R, la Siae ha controdedotto che:
a) egli non ha né legittimazione né interesse a richiedere l’accesso agli atti dell’ente, poiché è un socio che non è titolare di una posizione qualificata;
b) nell’ambito dei rapporti tra il socio e la Siae, il mandato conferito a quest’ultima per la raccolta e la ripartizione dei provenienti delle opere d’ingegno va distinto dal mandato conferito all’assemblea generale in qualità di organismo rappresentativo;
c) l’investimento di una parte del patrimonio nelle obbligazioni emesse dalla società Lehman Brothers non riguarda la raccolta e la ripartizione dei proventi ai soci (su cui non vi è stato alcun rilievo), ma la ‘politica degli investimenti’, che come tutte le altre attività amministrative è di competenza dell’assemblea generale e, dunque, dei rappresentanti eletti dai soci;
d) la sentenza del T.A.R. non ha ignorato la differenza fra i due mandati, ma ha inquadrato correttamente la richiesta di accesso nell’ambito proprio dell’attività di vigilanza riservata all’assemblea generale ed ai suoi componenti, piuttosto che in quello della ripartizione dei proventi;
e) una ulteriore ragione - per ritenere che il signor R non abbia né la legittimazione né l’interesse all’accesso agli atti - consiste nel fatto che egli non ha maturato alcun provento e “non può aver subito alcun concreto, diretto ed attuale pregiudizio dall’investimento in titoli Lehman Brothers”.
6.2. Per quanto riguarda la posizione del Codacons e della Associazione per la tutela degli utenti, la Siae ha osservato che:
a) gli appellanti hanno richiamato disposizioni di legge e precedenti giurisprudenziali che non avrebbero attinenza con la fattispecie in esame, concernendo la problematica della tutela dei cittadini nel settore del consumo;
b) al contrario, l’insussistenza della legittimazione attiva del Codacons e dell’Associazione per la tutela degli utenti e l’inesistenza di qualsivoglia loro interesse in riferimento a provvedimenti riguardanti la Siae sono state già affermate in giurisprudenza (cfr. T.A.R. Lazio, sez. III, 14 febbraio 2006, n.1073).
6.3. Per quanto riguarda, infine, la qualificazione di ‘azione popolare’ dell’iniziativa degli appellanti, manca una posizione differenziata delle associazioni, in quanto gli atti richiesti non hanno incidenza diretta sui servizi rivolti ai consumatori.
7. Così sintetizzate le vicende che hanno condotto al secondo grado del giudizio, per il loro carattere preliminare vanno trattate le censure d’appello per le quali il ricorso di primo grado – contrariamente a quanto statuito dal T.A.R. - risulta ammissibile.
8. Ritiene la Sezione che tali censure (quanto alla integrità del contraddittorio in primo grado) risultano fondate e vanno accolte.
8.1. In primo luogo, l’art.3, comma 1, del d.P.R. 12 aprile 2006, n. 184, dispone che, “ fermo restando quanto previsto dall’art. 5, la pubblica amministrazione cui è indirizzata una richiesta di accesso, se individua soggetti controinteressati, di cui all’art. 22, comma 1, lettera c ), della legge, è tenuta a darne comunicazione agli stessi, mediante invio di copia con raccomandata con avviso di ricevimento o per via telematica per coloro che abbiano consentito tale forma di comunicazione ”.
Come ha già avuto modo di rilevare questo Consiglio, da tale previsione normativa emerge che, in sede giurisdizionale, non può essere dichiarato inammissibile il ricorso per l’accesso, per omessa notifica al controinteressato, quando la stessa amministrazione non abbia ritenuto di far consentire la partecipazione di altri soggetti in sede procedimentale che potrebbero subire un pregiudizio dall’accoglimento della istanza di accesso e che acquisterebbero la qualifica di controinteressati nel caso di impugnazione del conseguente diniego (Cons. di Stato, Sez. IV, 16 novembre 2011, n. 2968;Sez. IV, 14 aprile 2010, n. 2093).
8.2. In secondo luogo, per la pacifica giurisprudenza, l’inammissibilità del ricorso giurisdizionale per mancata notifica ad almeno un controinteressato può essere dichiarata dal giudice quando le parti necessarie siano desumibili dall’atto impugnato, ciò che nella specie (come rilevato dagli appellanti) non è configurabile, poiché esse non sono state menzionate nel diniego impugnato in primo grado.
Ciò comporta che il TAR – ove fossero risultati nel corso del giudizio i nominativi di effettivi controinteressati e anche se essi fossero stati indicati nella istanza originaria – avrebbe dovuto ordinare l’integrazione del contraddittorio nei loro confronti, ma non avrebbe potuto rilevare l’inammissibilità del ricorso.
8.3. In terzo luogo, rilevano le deduzioni sostenute dagli originari ricorrenti già in primo grado e riproposte in questa sede, circa la sufficiente soddisfazione della loro pretesa nel caso di conoscenza degli estremi degli atti posti in essere dalla Siae per la tutela del patrimonio suo e di quello dei soci.
Il TAR – proprio perché i ricorrenti hanno rappresentato il loro interesse ad avere quanto meno l’indicazione della esistenza o meno degli atti richiesti con i relativi estremi – si sarebbe dovuto pronunciare sulla fondatezza di tale specifica pretesa, rispetto alla quale in radice non risultano sussistere posizioni di controinteresse.
8.4. Ciò comporta che, in riforma della sentenza appellata e sotto tale profilo, il ricorso di primo grado va dichiarato ammissibile.
9. A questo punto, osserva la Sezione che - se nel corso del giudizio d’appello fossero risultate posizioni di soggetti controinteressati in senso tecnico ed i loro nominativi – sarebbe dovuta discendere la conseguente statuizione di annullamento nella sua interezza della sentenza del TAR, con rinvio al primo grado, affinché vi fosse l’integrazione del contraddittorio nei confronti di coloro che avrebbero titolo a far decidere la causa nel rispetto, anche nei loro confronti, del principio del doppio grado del giudizio.
Peraltro, la Sezione ritiene di non dover disporre l’annullamento con rinvio, sia perché non risultano controinteressati in senso tecnico rispetto alla pretesa subordinata fatta valere nel giudizio (quella volta ad ottenere gli ‘estremi’ degli atti), sia perché – come si espone qui di seguito – rimette all’esame dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato le ulteriori questioni controverse tra le parti, riguardanti:
a) la sussistenza della legittimazione e dell’interesse degli appellanti a proporre il ricorso di primo grado (sicché – ove tale sussistenza vada esclusa dall’Adunanza Plenaria – la sentenza appellata dovrebbe essere confermata nel suo dispositivo, sia pure sulla base di una motivazione parzialmente diversa);
b) le conseguenze della eventuale riconosciuta ammissibilità della pretesa degli appellanti (qualora l’Adunanza Plenaria ritenga ammissibile anche sotto tale profilo il ricorso di primo grado), poiché essi mirano dichiaratamente ad ottenere copia degli atti posti in essere dalla Siae a tutela del patrimonio suo e di quello dei soci in conseguenza del sopra indicato ‘crack’ (accesso che potrebbe essere disposto – in ipotesi –con le più opportune modalità volte a non identificare chi sia stato destinatario delle iniziative della Siae), ovvero quanto meno per conoscerne gli estremi (anche per consentire ulteriori iniziative volte a chiedere l’ostensione degli atti nella loro interezza, questa volta nel contraddittorio con i controinteressati già in sede amministrativa).
10. Sulle altre questioni riguardanti la decisione dell’appello, ritiene dunque la Sezione di rimetterne l’esame all’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato.
10.1. Quanto all’esigenza che la domanda di accesso non sia formulata in termini generici e non sia volta ad un ‘sindacato ispettivo’ sull’attività della pubblica amministrazione, alla Sezione sembra condivisibile la tesi degli appellanti, per i quali la loro istanza va considerata specifica e non ha mirato ad un ‘sindacato ispettivo’.
L’istanza a suo tempo presentata in sede amministrativa ha chiesto l’ostensione degli atti posti in essere dalla Siae a tutela dell’integrità del patrimonio suo e di quello dei soci in conseguenza del sopra richiamato ‘crack’.
Dell’esistenza di tali atti non si può dubitare, perché la Siae – sia in sede amministrativa che in quella giurisdizionale – ne ha contestato l’ostensione per ragioni esclusivamente riferibili alla posizione dei ricorrenti ed alla mancata notifica del ricorso a coloro che – secondo quanto la stessa Siae ha dedotto - sono risultati destinatari delle iniziative già attivate.
L’indicazione e la delimitazione dell’oggetto degli atti richiesti, la loro indiscussa facilità di reperimento negli archivi dell’Ente e anche le modalità della richiesta (volta a conoscere gli estremi con cui la Siae si è attivata a tutela della integrità del proprio patrimonio) sembra dunque evidenziare la sua specificità.
10.2. Quanto alla specifica legittimazione e all’interesse ad agire del signor R, sembra alla Sezione che il ricorso di primo grado sia per questa parte ammissibile, poiché è incontestata la sua qualità di socio, sicché:
a) ai sensi dell’art. 106 del regolamento generale della Siae, egli è titolare del diritto di avere conoscenza – anche per il tramite di una persona delegata – dei documenti concernenti l’attività istituzionale dell’ente e la verifica dei conti di ripartizione (che possono essere seguiti dai materiali pagamenti, ove risultino effettivamente disponibili le somme incassate dall’ente medesimo);
b) la Siae svolge le proprie funzioni istituzionali anche per conto e nell’interesse dei soci;
c) le regole sulla elezione dei rappresentanti dei soci non incidono negativamente sui diritti sostanziali e su quelli derivanti dal relativo status.
Non sembra, invece, decisiva la tesi difensiva della Siae, secondo la quale il socio in questione non avrebbe maturato alcun provento e dunque non avrebbe subìto “alcun concreto, diretto ed attuale pregiudizio dall’investimento in titoli Lehman Broders”, sia perché tale affermazione non risulta comprovata specificamente, sia perché il richiamato art. 106 del regolamento generale si riferisce al socio in quanto tale, prevedendo il suo diritto di accesso prescindendo da ulteriori presupposti legittimanti.
10.2. Quanto al Codacons, l’originaria istanza di accesso è stata da esso proposta anche nella qualità di associazione di promozione sociale (iscritta nel registro nazionale, con decreto comunicato dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali di data 20 giugno 2002).
L’art.26 della legge n. 283 del 2000 (invocato a p. 11 dell’atto di appello) dispone che “ alle associazioni di promozione sociale è riconosciuto il diritto di accesso ai documenti amministrativi ” (comma 1) e che “ ai fini di cui al comma 1 sono considerate situazioni giuridicamente rilevanti quelle attinenti al perseguimento degli scopi statutari delle associazioni di promozione sociale ”.
L’associazione ha dedotto di essere titolare di una posizione tutelata dalla legge, volta alla “tutela dell’informazione, della stampa e del diritto d’autore, nonché del risparmiatore e investitore, che ha un diritto immediatamente connesso all’equa, tempestiva ed effettiva ridistribuzione dei dividendi, oltre che al risarcimento dei danni”.
Osserva al riguardo la Sezione che tali deduzioni sembrano meritevoli di essere accolte, in considerazione del richiamo - nell’art. 26, comma 2 - alla decisiva rilevanza agli “ scopi statutari ”.
Nella specie, l’art. 2 dello statuto del Codacons, posto a base del decreto che ha disposto l’iscrizione nel registro nazionale, prevede che tale associazione “tutela il diritto alla trasparenza, alla corretta gestione e al buon andamento delle pubbliche amministrazioni”.
Pertanto, in ragione del testo del richiamato art. 26, comma 2, della legge e preso atto della riportata previsione dello statuto, sembra sussistere la legittimazione ex lege del Codacons (il che comporta l’irrilevanza di ogni esame sull’interesse a ricorrere, da considerare in re ipsa ogni volta che la legge riconosca la legittimazione a ricorrere, come accade anche per le associazioni degli utenti, iscritte nell’elenco previsto dall’art. 5 della legge n. 281 del 1998, e per quelle ambientaliste, riconosciute ai sensi dell’art. 13 della legge n. 349 del 1986).
10.3. Quanto alla posizione della Associazione per la tutela degli utenti dell’informazione, della stampa e del diritto d’autore, sembra alla Sezione che si debba concludere, al contrario, per la conferma della statuizione del TAR che ha ravvisato l’assenza di legittimazione ad agire, poiché:
- non risulta e non è stato dedotto che tale Associazione sia stata iscritta nell’elenco previsto dall’art. 5 della legge n. 281 del 1998 (non risulta la sua legittimazione ex lege , neppure desumibile dal decreto del Ministero dello sviluppo economico del 17 dicembre 2010, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 10 del 14 gennaio 2011);
- nell’atto di appello non sono state dedotte specifiche argomentazioni sulla sua specifica posizione legittimante;
- non sono emersi nel corso dei due gradi del giudizio specifici elementi – eccedenti le mere previsioni dello statuto dell’ente - tali da far ritenere la medesima Associazione come un ente stabile, sufficientemente rappresentativo ed effettivamente attivo per la tutela degli utenti cui il suo nomen ha fatto riferimento (cfr. Ad. Plen., 19 ottobre 1979, n. 24).
Pertanto, per tale Associazione sembra non risultare rilevante l’enunciazione di principio, per la quale, ai sensi dell’art. 1, comma 2, della legge n. 281 del 1998, “ agli utenti sono riconosciuti come fondamentali i diritti… c) ad una adeguata informazione;… g) all'erogazione di servizi pubblici secondo standard di qualità e di efficienza ”.
11. Sembra pertanto alla Sezione che l’appello dovrebbe essere accolto anche nella parte in cui ha dichiarato inammissibile il ricorso di primo grado per il difetto di legittimazione e per il difetto di interesse del signor R e del Codacons, mentre dovrebbe essere confermata la sentenza appellata quanto alla declaratoria di inammissibilità del ricorso proposto dalla Associazione per la tutela degli utenti dell’informazione, della stampa e del diritto d’autore.
12. Quanto alla fondatezza del ricorso di primo grado, come proposto dal Codacons e dal signor R, dalle considerazioni sopra svolte sulla sua ammissibilità si traggono anche argomenti per ritenerlo fondato, senza bisogno di disporre l’annullamento con rinvio, in ordine alla pretesa di ottenere copia degli atti concernenti il ‘come’ la Siae abbia ‘gestito il crack’ (di cui la stessa Siae non ha contestato l’esistenza), perché potrebbero essere disposte in sede giurisdizionale le opportune modalità che rendano non individuabili i nominativi dei soggetti che hanno partecipato alle sedute degli organi che abbiano emesso tali atti ‘di gestione’ (secondo una tecnica seguita più volte dai giudici amministrativi, quando sia risultata fondata la domanda di accesso e non sia rilevante conoscere i nominativi dei soggetti coinvolti: cfr. Sez. V, 28 settembre 2007, n. 4999).
A maggior ragione, sembra fondata la pretesa formulata sostanzialmente in via subordinata, volta a conoscere i soli estremi degli atti emessi dalla Siae, per la tutela dell’integrità del proprio patrimonio (e, conseguentemente, di quello dei soci) a seguito del crack cui sopra si è fatto riferimento.
13. Per le ragioni che precedono, la Sezione:
- in parziale accoglimento dell’atto di appello, accoglie la censura per la quale il ricorso di primo grado è ammissibile, in quanto notificato all’unica parte necessaria sotto i profili processuali e sostanziali;
- considerato il loro carattere di massima, ai sensi dell’art. 99 del Codice del processo amministrativo deferisce l’esame di tutte le altre questioni (processuali e sostanziali) sollevate dalle parti all’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato (che valuterà anche se sia indispensabile disporre l’annullamento con rinvio della sentenza gravata).