Consiglio di Stato, sez. P, sentenza 2018-11-09, n. 201800016

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. P, sentenza 2018-11-09, n. 201800016
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201800016
Data del deposito : 9 novembre 2018
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 09/11/2018

N. 00016/2018REG.PROV.COLL.

N. 00011/2018 REG.RIC.A.P.

N. 00013/2018 REG.RIC.A.P.

N. 00012/2018 REG.RIC.A.P.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Adunanza Plenaria)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 11 di A.P. del 2018, proposto da
Università Politecnica delle Marche, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall'avvocato A L, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Aristide Police in Roma, via di Villa Sacchetti 11;

contro

S G, D F e L M, rappresentati e difesi dall'avvocato Ba Leone, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Paolo Leone in Roma, via Principessa Clotilde, 2;

nei confronti

CEM Comitato europeo massofisioterapisti, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall'avvocato Paolo Cantile, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;



sul ricorso numero di registro generale 13 di A.P. del 2018, proposto da
Alessio Brucculeri, rappresentato e difeso dall'avvocato Marco Capello, domiciliato presso segreteria del Consiglio di Stato in Roma, piazza Capo di Ferro 13;

contro

Università degli Studi di Torino, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

nei confronti

CEM Comitato europeo massofisioterapisti, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Paolo Cantile, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

e con l'intervento di

ad opponendum:
A.I.F.I. Associazione Italiana Fisioterapisti, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati L L, M C, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio M C in Roma, via Emilia, 86/90;



sul ricorso numero di registro generale 12 di A.P. del 2018, proposto da
Antonio Barbato e Daniele Morfino, rappresentati e difesi dall'avvocato Marco Capello, domiciliato presso la segreteria del Consiglio di Stato in Roma, piazza Capo di Ferro, 13;

contro

Università degli Studi di Torino, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

nei confronti

CEM Comitato europeo massofisioterapisti, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Paolo Cantile, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

e con l'intervento di

ad opponendum:
A.I.F.I. Associazione Italiana Fisioterapisti, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati L L, M C, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio M C in Roma, via Emilia, 86/90;

per la riforma

quanto al ricorso n. 11 del 2018:

della sentenza del TAR Marche 29 giugno 2017 n. 543, resa fra le parti, che ha accolto il ricorso n° 698/2016 R.G. proposto per l’annullamento della nota 19 settembre 2016 prot. n.30697 con la quale il direttore generale del servizio didattica, ripartizione corsi di studio, della Facoltà di medicina e chirurgia dell’Università politecnica delle Marche ha respinto l’istanza presentata dai ricorrenti appellati per ottenere la riconversione creditizia del titolo di massofisioterapista conseguito all’esito di un corso triennale, la valutazione dei crediti formativi e la conseguente iscrizione al terzo anno del corso di laurea in fisioterapia e di ogni altro atto preordinato, collegato, connesso e conseguenziale;

quanto al ricorso n. 12 del 2018:

della sentenza del TAR Piemonte 13 giugno 2017 n. 732, resa tra le parti, concernente diniego iscrizione al terzo anno del corso di laurea in fisioterapia con riconversione creditizia del diploma triennale di massofisioterapia.

quanto al ricorso n. 13 del 2018:

della sentenza del TAR Piemonte 13 giugno 2017 n. 733, resa tra le parti, concernente diniego iscrizione al terzo anno del corso di laurea in fisioterapia con riconversione creditizia del diploma triennale di massofisioterapia.


Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;

Viste le ordinanze di rimessione della Sesta Sezione 11 giugno 2018 n. 3554 e 25 giugno 2018 n. 3910;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di S G, D F e L M, di CEM Comitato europeo massofisioterapisti e dell’Università degli Studi Torino;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 17 ottobre 2018 il Cons. D S e uditi per le parti gli avvocati L L, A L, Ba Leone e Marco Capello, anche in delega di Paolo Cantile e l’avvocato dello Stato Marco Stigliano Messuti;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. - La vicenda esaminata nel giudizio n. 11/2018 A.P. (n. 1118/2018 REG.RIC.) ha origine nel momento in cui, con istanza del 3 agosto 2016 n. 27108, gli originari ricorrenti - titolari di diplomi di massofisioterapista rilasciati ai sensi della l. 19 maggio 1971 n.403 al termine di un corso di studi triennale al quale si può accedere immediatamente dopo l’assolvimento dell’obbligo scolastico - hanno chiesto all’Università resistente appellante la “riconversione creditizia” del titolo predetto, la valutazione dei crediti formativi e la conseguente iscrizione al terzo anno del corso di laurea in Fisioterapia esistente presso l’università stessa.

Con nota 19 settembre 2016 n. 30697, l’Università ha respinto la domanda. In proposito, ha reso noto di aver previsto, per l’anno accademico 2016/2017, soltanto ingressi al primo anno di corso, subordinati come per legge al superamento di un “concorso per esami”. Ha poi precisato di non aver programmato posti per l’iscrizione alla laurea triennale a seguito del riconoscimento delle attività formative svolte nei corsi di diploma universitario o titoli equipollenti, ovvero di riconversione creditizia, accesso per il quale comunque richiede una selezione. In conclusione ha affermato di non poter accettare, per l’anno in questione, una iscrizione automatica al terzo anno di corso.

Con la sentenza 29 giugno 2017 n. 543, il TAR ha accolto il ricorso n°698/2016 R.G. presentato dagli interessati contro tale diniego, affermando in sintesi che l’Università, salva una valutazione del loro percorso formativo, deve ammetterli all’iscrizione, in particolare senza test di ingresso, posto che il titolo da loro conseguito non va ritenuto inutile o inefficace ai fini in questione.

Contro tale sentenza, l’Università ha proposto impugnazione, assegnata alla VI Sezione, con appello che contiene due motivi:

- con il primo di essi, deduce violazione della l. 2 agosto 1999 n. 264, nel senso che per l’accesso al corso di laurea indicato, anche per gli anni successivi al primo, sarebbe necessario comunque il superamento del test di ingresso, subordinato al possesso di un diploma di scuola secondaria di secondo grado di durata quinquennale;

- con il secondo motivo, deduce violazione della l. 26 febbraio 1999 n. 42, nel senso che il diploma posseduto dai ricorrenti appellati non consentirebbe, in particolare, l’accesso in parola.

I ricorrenti appellati hanno resistito, con memoria del 6 marzo 2018, alla quale allegano anche i propri titoli di studio quinquennali di scuola secondaria superiore, e hanno chiesto che l’appello sia respinto.

L’Università, con memoria del 12 marzo 2018, ha ribadito la propria posizione.

Alla camera di consiglio del 15 marzo 2018, su accordo delle parti, il Presidente ha disposto il rinvio della causa alla pubblica udienza del successivo 10 maggio 2018 per la trattazione del merito, in abbinamento con ricorsi vertenti sull’identica questione di diritto.

Con memoria del 9 aprile 2018, l’Università ha evidenziato la pendenza in primo grado di ulteriori controversie sulla questione.

All’udienza del 10 maggio 2018 di cui sopra, la Sezione ha infine trattenuto il ricorso in decisione.

2. - Decidendo il ricorso, con ordinanza n. 3554 del 11 giugno 2018, la Sezione ha ritenuto che l’appello proponesse, nel suo complesso, questioni di diritto, per la cui risoluzione fosse necessaria la rimessione a questa Adunanza plenaria, ai sensi dell’art. 99 c.p.a.

Il tema centrale riguarda il valore da riconoscere ai fini dell’iscrizione universitaria al diploma di fisioterapista del tipo posseduto dagli appellati, ovvero al diploma rilasciato, come si è detto, ai sensi della l. 19 maggio 1971 n. 403, nel senso di stabilire se tale diploma consenta l’iscrizione alla facoltà di Fisioterapia ad anni successivi al primo, questione oggetto del secondo motivo di appello, e in caso affermativo di stabilire se ciò sia possibile senza test di ingresso, questione oggetto del primo motivo di appello.

L’ordinanza di rimessione si sofferma nella ricostruzione del quadro normativo pertinente.

In proposito, dispone anzitutto il D.M. 27 luglio 2000, rubricato “Equipollenza di diplomi e di attestati al diploma universitario di fisioterapista, ai fini dell'esercizio professionale e dell'accesso alla formazione post-base”. Il decreto in questione all’art. 1 prevede: “I diplomi e gli attestati conseguiti in base alla normativa precedente a quella attuativa dell'art. 6 comma 3 del decreto legislativo 30 dicembre 1992 n.502, e successive modificazioni, che sono indicati nella sezione B della tabella sotto riportata, sono equipollenti, ai sensi dell'art. 4, comma 1 della legge 26 febbraio 1999 n.42, al diploma universitario di fisioterapista di cui al decreto 14 settembre 1994 n.741 del Ministro della sanità indicato nella sezione A della stessa tabella, ai fini dell'esercizio professionale e dell'accesso alla formazione post-base.” Nella sezione B della tabella citata, è compreso fra gli altri il diploma di “Massofisioterapista - Corso triennale di formazione specifica (legge 19 maggio 1971, n. 403)”, ovvero quello posseduto dai ricorrenti appellati.

A sua volta, l’art. 4 della l. 42 del 1999, rubricato “Diplomi conseguiti in base alla normativa anteriore a quella di attuazione dell'articolo 6, comma 3, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 , e successive modificazioni”, dispone al comma 1 che “per le professioni di cui all'articolo 6, comma 3, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502”, ovvero per le professioni sanitarie ausiliarie, fra le quali pacificamente vi è quella di massofisioterapista, “i diplomi e gli attestati conseguiti in base alla precedente normativa, che abbiano permesso l'iscrizione ai relativi albi professionali o l'attività professionale in regime di lavoro dipendente o autonomo o che siano previsti dalla normativa concorsuale del personale del Servizio sanitario nazionale o degli altri comparti del settore pubblico, sono equipollenti ai diplomi universitari di cui al citato articolo 6, comma 3, del decreto legislativo n. 502 del 1992, e successive modificazioni ed integrazioni, ai fini dell'esercizio professionale e dell'accesso alla formazione post-base.”

Ricorda poi l’ordinanza che l’art. 6 del d.lgs. 502 del 1992 è la norma che, quale requisito per l’esercizio di tutte le professioni sanitarie ausiliarie, ha previsto la laurea, e non più un semplice diploma di scuola secondaria superiore, come si ricava dal penultimo periodo del comma 3, per cui “A decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto, per l'accesso alle scuole ed ai corsi disciplinati dal precedente ordinamento è in ogni caso richiesto il possesso di un diploma di scuola secondaria superiore di secondo grado di durata quinquennale”, diploma che è richiesto in via ordinaria per accedere a qualsiasi corso di livello universitario.

A completare il quadro va l’art. 1 della l. 264 del 1999, per cui corsi di laurea nelle professioni in questione sono ad accesso programmato a livello nazionale, prevedono cioè un numero predeterminato e limitato di posti, da assegnare secondo i risultati ottenuti dai candidati nei noti test di ingresso.

Tutto ciò posto, secondo un primo orientamento, in base alla normativa appena riportata il diploma di massofisioterapista rilasciato ai sensi della l. 19 maggio 1971 n. 403 consentirebbe senz’altro l’accesso ad una facoltà universitaria, nella specie alla facoltà di fisioterapia.

Tale orientamento è espresso da Cons. Stato, VI, 5 marzo 2015 n. 1105 e dalla più recente C.G.A., sez.giur., 10 maggio 2017 n. 212 e si fonda sul percorso logico sotteso alla sentenza di I grado in questo processo.

L’orientamento in parola ritiene anzitutto che il diploma di cui alla l. 403 del 1971, per effetto delle norme citate, ovvero del D.M. 27 luglio 2000 e dell’art. 4 l. 42 del 1999, sia equipollente al diploma di cui al d.lgs. 502 del 1999.

Ciò posto, per implicito ma inequivocabilmente, rileva che il diploma di cui al d.lgs. 502 del 1999 è un diploma universitario, che per il conseguimento richiede di aver già conseguito un diploma di scuola secondaria superiore di durata quinquennale. Su questa base di equipollenza, ritiene quindi che il diplomato di cui alla l. 403 del 1971 possa per ciò solo iscriversi alla facoltà universitaria di proprio interesse. Poiché infine tale facoltà è la facoltà di fisioterapia, l’orientamento in questione esenta il candidato dal test di ingresso.

Ritiene infatti che la finalità del test stesso sarebbe quella di “accertare la predisposizione del candidato per le discipline oggetto dei corsi alla cui iscrizione ambisce” e che tale verifica sarebbe superflua, “considerato che il conseguimento del titolo di studio di massofisioterapista (in virtù soprattutto della prevista equipollenza con il diploma universitario triennale) assicura, già in sé, questa predisposizione”: così Cons. Stato, sentenza 1105 del 2015, da cui la citazione, e C.G.A., sez.giur., sentenza 212 del 2017.

Su questa base, l’appello dovrebbe essere accolto, e al ricorrente appellante dovrebbe essere consentita l’iscrizione universitaria cui aspira.

La Sezione remittente ritiene invece configurabile un orientamento diverso.

Osserva infatti che all’evidenza la tesi sopra esposta porta al risultato di consentire un’iscrizione universitaria ad un anno successivo al primo sulla base di un diploma di scuola secondaria superiore, appunto il diploma di cui alla l. 403 del 1971, di durata soltanto triennale.

Ciò rappresenta una deviazione non minima dai principi in materia, dato che per l’iscrizione universitaria al primo anno, ovvero per un’iscrizione di livello inferiore a quello per cui è processo, è richiesto un diploma di scuola secondaria superiore di durata quinquennale, e quindi di livello superiore a quello di cui si tratta, tanto in generale, quanto per l’iscrizione alla facoltà di fisioterapia presso l’Università delle Marche, come risulta ad esempio dal bando di concorso per l’iscrizione al primo anno nell’anno accademico 2017/2018, da considerare fatto notorio.

Tale conseguenza assume, nel caso di specie, rilievo ancora maggiore considerando che i ricorrenti appellati, in base a tale diploma, hanno richiesto l’iscrizione al terzo ed ultimo anno di corso della facoltà in questione. In linea di fatto, il loro diploma, ove la domanda venisse accolta, verrebbe ad assumere un valore molto prossimo a quello della laurea già conseguita.

La Sezione dubita che una corretta interpretazione delle disposizioni citate consenta di arrivare a tale risultato che, pur non in assoluto vietato dall’ordinamento, dovrebbe essere sancito da una norma espressa.

Si verte anzitutto in materia di equiparazione, in cui non si possono ammettere interpretazioni estensive, in base al rilievo logico, prima che giuridico, per cui ciò che si equipara è per definizione diverso.

Nel caso di specie, tutte le disposizioni sopra riportate prevedono l’equiparazione “ai fini dell'esercizio professionale e dell'accesso alla formazione post-base”, ovvero per lavorare -in proprio ovvero come dipendente, anche nell’ambito del Servizio sanitario nazionale, considerato in modo espresso dal D.M. 27 luglio 2000- e per accedere a tutti quei corsi che consentono al professionista già abilitato di migliorare la propria professionalità.

L’accesso ad una facoltà universitaria, viceversa, serve ad acquisire i fondamenti di una materia, ovvero la relativa formazione di base, come dimostra il semplice rilievo che come requisito per accedervi sia richiesto un qualsiasi diploma di scuola secondaria superiore quinquennale, ovvero una formazione di tipo generico.

Non sarebbe quindi possibile consentire l’iscrizione universitaria considerandola parte della formazione “post-base” prevista dalle disposizioni citate.

Gli interessati, quindi, dovrebbero al pari di ogni altro aspirante iscriversi al primo anno di corso superando il relativo test, salva la possibilità, da verificare caso per caso, che in base al diploma posseduto vengano loro riconosciuti in qualche misura crediti formativi.

Non si potrebbe infatti applicare, lo si dice per completezza, alla fattispecie il principio stabilito da Cons.Stato, Ad.plen., 28 gennaio 2015 n.1, che esenta, a certe condizioni, dal test di ingresso gli studenti di medicina che si trasferiscano da una facoltà straniera all’omologa facoltà italiana. Il caso deciso è infatti molto diverso, poiché si trattava di stabilire non una equipollenza, ma i requisiti per proseguire presso altra sede il medesimo corso di studi già intrapreso presso una sede all’estero.

La Sezione peraltro obiettivamente osserva che gli argomenti di cui sopra sono controvertibili, in base al principio pratico e logico per cui nel più è compreso il meno, con un ragionamento implicito nella conclusione cui arrivano le citate sentenze Cons.Stato, sentenza 1105 del 2015 e C.G.A., sez.giur., sentenza 212 del 2017.

Si potrebbe anche ritenere, infatti, che un diploma come quello rilasciato ai sensi l. 403 del 1971, nel momento in cui abilita ad un “esercizio professionale”, ovvero ad una attività compiuta in modo diretto sui pazienti bisognosi di cure, dovrebbe a maggior ragione consentire di iscriversi ad un corso di studi come la laurea in fisioterapia, che a tale attività semplicemente prepara, presupponendo quindi che non la si conosca e la si debba ancora imparare.

Completa poi il quadro della giurisprudenza proposta dall’ordinanza di remissione l’orientamento espresso da Cons.Stato, III, 16 gennaio 2018 n. 219 e 9 marzo 2018 n. 1520, sentenze le quali, pur non riguardando direttamente la problematica per cui è causa, si sono pronunciate sull’effettivo valore da riconoscere come tale al diploma di massofisioterapista di cui alla l. 403 del 1971, ovvero al titolo di cui i ricorrenti appellati sono in possesso.

Le sentenze citate, in particolare la 219 del 2018, da cui si cita, osservano che la l. 403 del 1971 istitutiva del diploma in questione non dettava norme sul percorso formativo corrispondente.

Le stesse sono intervenute solo dopo che la competenza, per effetto del D.P.R. 24 luglio 1977 n. 616, è stata trasferita alla Regioni, e sono quindi difformi sul territorio nazionale, consentendo in Regioni diverse di conseguire il diploma sulla base di corsi di durata triennale ovvero anche biennale, cui corrisponde un monte ore di insegnamento teorico-pratico di proporzione variabile.

In tale contesto, è intervenuto l’art. 7 del d.lgs. 7 dicembre 1993 n. 517, modificativo dell’art. 6, comma 3, del già citato d.lgs. n. 502 del 1992, il quale disciplina la formazione del personale della riabilitazione, ai sensi del quale il Ministro della Sanità avrebbe dovuto individuare le figure professionali della riabilitazione da formare, ed i relativi profili, e di conseguenza sopprimere, entro due anni dal 1 gennaio 1994, i corsi di studio relativi alle figure professionali di tal tipo previste dal precedente ordinamento, che non fossero stati già riordinati ai sensi dell’art. 9 della l. 19 novembre 1990 n. 341.

Sennonché, sempre secondo la sentenza 2019 del 2018, un atto di individuazione della figura del massofisioterapista, come una di quelle da riordinare, è mancato, né sono intervenuti atti di riordino o di soppressione del relativo corso regionale.

La conseguenza di tale quadro normativo sarebbe quindi che il massofisioterapista ai sensi della l. 403 del 1971 sopravvive come “operatore di interesse sanitario” ai sensi dell’art. 1 della l. 1 febbraio 2006 n.43, e che l’equipollenza del relativo titolo al diploma universitario dovrebbe valere in termini molto ristretti, ovvero solo per il periodo transitorio di due anni dal 1 gennaio 1994 in cui si sarebbe dovuto compiere il riordino, e solo per i diplomi conseguiti all’esito di un corso già regolamentato a livello nazionale, ovvero solo in presenza di moduli formativi la cui uniformità ed equivalenza fossero già state riconosciute nel regime pregresso.

Segnala infine la Sezione che a tale orientamento si sarebbe uniformato anche il Ministero della Salute, con una nota 5 aprile 2018.

Nei termini di cui alle illustrate sentenze della III Sezione, sarebbe allora avvalorato l’orientamento sostenuto dalla Sezione remittente, in senso sfavorevole ai ricorrenti appellati.

Ciò in generale, perché un diploma la cui validità ai fini dell’esercizio professionale fosse limitata nel tempo e condizionata non potrebbe considerarsi secondo logica valido senza limiti ai fini di un’iscrizione universitaria.

Ciò però anche nel caso particolare, perché ai diplomi dei ricorrenti appellati, addirittura conseguiti in data molto posteriore al periodo transitorio di cui s’è detto, non potrebbe riconoscersi equipollenza alcuna, neanche sotto il profilo dell’esercizio professionale.

Pertanto, alla luce di siffatto contrasto giurisprudenziale, la Sezione deferiva la questione all’Adunanza plenaria ai sensi dell’art. 99 c.p.a., che deciderà ai sensi del comma 4 dello stesso art. 99.

3. - Nel ricorso di cui al n. 12/2018 A.P. (n. 7817/2017 REG.RIC.), gli appellanti hanno impugnato la sentenza del TAR Piemonte 13 giugno 2017 n. 732, che ha respinto il loro originario ricorso proposto:

- per l’annullamento dei provvedimenti nn. 166062 e 166064 in data 4 agosto 2016 dell’Università degli Studi di Torino, nonché dei relativi allegati (ivi inclusi gli atti di valutazione dei curricula);

- per la condanna dell’Università ad ammettere l’iscrizione dei ricorrenti al terzo anno del corso di laurea in fisioterapia, senza dover sostenere test di ammissione, con piena riconversione creditizia del loro diploma triennale di massofisioterapia (conseguito presso l’Istituto E. Fermi di Perugia nel 2009), ovvero, in subordine, iscriverli agli anni precedenti del corso, senza espletamento del test d’ingresso, provvedendo ad una legittima e piena riconversione creditizia.

La sentenza di primo grado ha innanzi ritenuto corretta la scelta del previo superamento di test di ammissione affermando in proposito che “Non si tratta infatti di transitare da una università ad altra, ma di accedere ad un nuovo e differente corso di laurea, rispetto a quello frequentato precedentemente, per il quale è previsto il limite numerico, elemento ineludibile, perché posto a garanzia di qualità dell'insegnamento secondo gli standard europei.”.

In secondo luogo la sentenza ha ritenuto infondate le censure riguardanti il procedimento di valutazione dei titoli (relative alla pretesa illegittimità sia dei criteri generali sia delle singole valutazioni dei curricula) perché – quanto ai criteri – “si tratta di una scelta discrezionale, che non può essere censurata se non per illogicità manifesta o irrazionalità, profili che nel caso in esame non sono stati evidenziati” e poi perché “la mancata equiparazione tra crediti, il mancato riconoscimento degli esami sostenuti nel pregresso corso o del tirocinio trova una logica giustificazione in ragione della differente preparazione e formazione del corso di laurea in fisioterapia rispetto alle materie seguite nel corso di massofisioterapia”, donde la non condivisibilità delle critiche concernenti la valutazione dei curricula, in quanto l’assegnazione dei punteggi rispondeva ai criteri prefissati dalla commissione giudicatrice.

La sentenza infine ha respinto anche la denunciata disparità di trattamento tra chi aveva ottenuto il diploma di massofisioterapista prima del 1999 (per il quale il

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