Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2024-07-19, n. 202406487

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2024-07-19, n. 202406487
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202406487
Data del deposito : 19 luglio 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 19/07/2024

N. 06487/2024REG.PROV.COLL.

N. 01846/2022 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1846 del 2022, proposto dal signor M D P, rappresentato e difeso dall'avvocato A F, con domicilio digitale come da Pec da Registri di Giustizia;

contro

il Comune di Nocera Inferiore, in persona del Sindaco pro tempore , rappresentato e difeso dall'avvocato S C, con domicilio digitale come da Pec da Registri di Giustizia;
la Regione Campania, la Provincia di Salerno, il Parco regionale del bacino idrografico del fiume Sarno, il Ministero della cultura, l’Autorità di bacino distrettuale dell'Appenino Meridionale, l’Azienda Sanitaria Locale Salerno – A.s.l. Salerno, l’Arpac Agenzia regionale protezione ambientale Campania, non costituiti in giudizio;

nei confronti

della signora Palmina Petti, non costituita in giudizio;

per la riforma

della sentenza n. 1804 del 2021 del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania - Salerno, Sezione Seconda.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Nocera Inferiore;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 30 maggio 2024 il Cons. Eugenio Tagliasacchi.


FATTO e DIRITTO

1. Con l’appello in epigrafe, il signor M D P ha impugnato la sentenza del T.a.r. Campania - Salerno n. 1804 del 2021, che ha respinto il ricorso dal medesimo proposto per l’annullamento in parte qua (ossia con riferimento alle aree di sua proprietà) del P.U.C. del Comune di Nocera Inferiore, nonché degli atti con cui sono state rigettate le osservazioni da lui stesso presentate ed è stato adottato e approvato il predetto Piano.

2. In punto di fatto occorre premettere che il ricorrente, odierno appellante, è proprietario di un immobile ad uso abitativo, sito nel Comune di Nocera Inferiore, località “Peschiera”, in via Provinciale n. 106, catastalmente identificato al foglio 4, particelle nn. 1897-1898-61.

Nell’ambito del procedimento di adozione del P.U.C., il signor D P e altri soggetti parimenti proprietari di immobili siti nella medesima area hanno presentato talune osservazioni per il cui tramite hanno invitato l’amministrazione ad assegnare all’anzidetta area la diversa classificazione di zona B4 – aree di frangia (T), in luogo di quella agricola E4 – aree agricole ordinarie, come previsto dal Piano. Al riguardo, i predetti soggetti hanno osservato, infatti, come la classificazione agricola fosse in contrasto “ con la situazione di fatto esistente e con la vocazione effettiva dell’area ”.

3. Il Comune ha ritenuto di accogliere le predette osservazioni con riferimento alla posizione di quindici soggetti, i cui immobili, ad avviso dell’appellante, presentavano caratteristiche analoghe al fabbricato del D P, mentre per la posizione di quest’ultimo è stata confermata la destinazione agricola E4, con conseguente rigetto delle sue osservazioni. Poi, con delibera della Giunta Comunale n. 195 del 15 giugno 2016, è stato adottato il Piano Urbanistico e, successivamente, sono intervenute l’approvazione e la pubblicazione sul B.U.R.C., determinando, in tal modo, ad avviso del ricorrente, “ l’azzeramento della sua proprietà, in aperto contrasto con la reale situazione dei luoghi ed in violazione degli indirizzi di piano ”.

4. Con il ricorso introduttivo del presente giudizio, il signor M D P ha, dunque, impugnato il P.U.C. nella parte concernente la sua proprietà, contestando la classificazione ad essa assegnata sul presupposto che si trattasse “ di scelte urbanistiche inficiate da arbitrarietà, illogicità ed irragionevolezza, o da travisamento dei fatti ”. Sotto un diverso profilo, il ricorrente ha prospettato la contraddittorietà e la disparità di trattamento delle predette scelte del Comune, posto che “talune aree che presentano caratteristiche simili a quella del ricorrente hanno ricevuto destinazione edificatoria, proprio a seguito dell’accoglimento delle osservazioni, laddove l’osservazione del ricorrente è stata respinta ”.

5. Con la sentenza n. 1804 del 2021, il T.a.r. Campania - Salerno ha respinto il ricorso, ritenendo infondate tutte le censure e richiamando la giurisprudenza amministrativa relativa ai limiti del sindacato giurisdizionale sugli atti di pianificazione.

6. Avverso tale sentenza ha proposto appello M D P, formulando tre distinte censure e riproponendo, poi, i motivi del ricorso introduttivo del giudizio che a suo dire non sarebbero stati “ compiutamente esaminati dal T.a.r. nei loro diversi aspetti di censura ”.

6.1. Con il primo motivo, l’appellante insiste nel sostenere l’irragionevolezza della scelta pianificatoria compiuta dall’amministrazione comunale, reputandola altresì non conforme al Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale di Salerno, diretto a conseguire obiettivi quali la riduzione del consumo di suolo a scopo edilizio e la riqualificazione del patrimonio insediativo esistente in luogo della nuova edificazione in aree libere.

A sostegno della tesi dell’irragionevolezza dell’anzidetta scelta, l’appellante evidenzia che l’area ove sorge il fabbricato di cui egli è proprietario consisterebbe in un aggregato di edifici residenziali, ove l’attività agricola è sporadica. In questo contesto, il T.a.r., secondo l’appellante, avrebbe fatto riferimento alla discrezionalità delle scelte in tema di pianificazione urbanistica, senza esaminare le censure prospettate con il ricorso, con conseguente, asserita, violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato.

6.2. Con il secondo motivo, l’appellante contesta la sentenza per violazione dei principi in materia di pianificazione, poiché l’amministrazione, accogliendo solo alcune delle osservazioni presentate dai proprietari degli immobili siti nell’area in questione, avrebbe “ in modo illogico e con grave disparità ” dato luogo a una “ situazione di discontinuità ” prevedendo per la stessa zona destinazioni del tutto difformi e tra loro incompatibili.

6.3. Con il terzo motivo, vengono prospettati ulteriori profili di irragionevolezza, desumibili, ad avviso del signor D P, dalla relazione tecnica a firma dell’architetto S depositata in giudizio, dalla quale risulterebbe che alcuni lotti ricompresi nell’area di frangia si trovano a distanza di oltre ottanta metri dal ciglio della strada, dunque a una distanza maggiore rispetto a quella che caratterizza l’immobile dell’appellante e da ciò discenderebbero i profili di illogicità, disparità di trattamento e contraddittorietà evidenziati con il ricorso introduttivo, avuto riguardo alla circostanza che l’amministrazione aveva ritenuto di attribuire rilievo proprio al criterio della distanza dalla strada.

6.4. L’appellante ripropone, poi, i motivi di ricorso, in quanto – a suo dire – il T.a.r. non li avrebbe “ compiutamente esaminati nei loro diversi aspetti di censura ”.

7. Si è costituito in giudizio il Comune di Nocera Inferiore, replicando alle censure proposte e chiedendo il rigetto dell’appello, evidenziando, in punto di fatto, che il fondo si presenta totalmente agricolo e con un piccolo manufatto a esso accessorio, sito a considerevole distanza dalla sede viaria, che non giustifica la riconversione del terreno a uso residenziale, permanendo la destinazione agricola dell’area.

8. Tanto premesso, il Collegio – trattenuta la causa in decisione all’udienza pubblica del 30 maggio 2024 – reputa che l’appello sia infondato per le ragioni che di seguito si espongono.

9. Preliminarmente, si rende necessario precisare la corretta portata del principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato, che l’appellante ha più volte richiamato al fine di contestare la sentenza impugnata, sino al punto di riproporre i motivi di primo grado poiché “ non compiutamente esaminati dal TAR nei loro diversi aspetti di censura, chiedendone la delibazione – ed in riforma della sentenza impugnata - il loro accoglimento con conseguente annullamento della sentenza n. 1804/2021, qui impugnata ”.

Ritiene il Collegio che la prospettazione dell’appellante sovrapponga due nozioni del tutto distinte, quali il motivo di ricorso e la singola argomentazione, ponendosi così in contrasto con i consolidati principi espressi dalla giurisprudenza amministrativa con riferimento al principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato, confermati anche dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato con la sentenza 27 luglio 2016, n. 21, ove è stato precisato che: “ Il motivo di ricorso delimita e identifica la domanda spiegata nei confronti del giudice, e in relazione al motivo si pone l'obbligo di corrispondere, in positivo o in negativo, tra chiesto e pronunciato, nel senso che il giudice deve pronunciarsi su ciascuno dei motivi e non soltanto su alcuni di essi;
poi, a sostegno del motivo la parte può addurre un complesso di argomentazioni, volta a illustrare le diverse censure, ma che non sono idonee, di per se stesse, ad ampliare o restringere la censura, e con essa la domanda e rispetto a tali argomentazioni non sussiste un obbligo di specifica pronunzia da parte del giudice, il quale è tenuto a motivare la decisione assunta esclusivamente con riferimento ai motivi di ricorso come sopra identificati e non costituisce, dunque, motivo di revocazione per omessa pronuncia il fatto che il giudice, nell'esaminare la domanda di parte, non si sia espressamente pronunciato su tutte le argomentazioni poste dalla parte medesima a sostegno delle proprie conclusioni
”.

Poiché, allora, nel caso di specie, il T.a.r. si è pronunciato con riferimento a tutti i motivi formulati con il ricorso introduttivo del giudizio, risulta evidente che, in conformità con i principi sopra esposti – e a differenza di quanto sostenuto dall’appellante – non sussiste alcun vizio di omessa pronuncia né alcuna violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato dal momento che l’anzidetto principio non impone la confutazione di ogni argomentazione contenuta nell’ambito del ricorso.

10. Ferme le considerazioni che precedono, il Collegio reputa che il percorso logico-argomentativo seguito dal T.a.r. non solo non consenta di ravvisare alcun vizio di omessa pronuncia, ma risulti altresì del tutto condivisibile, avendo il giudice di primo grado enunciato in modo chiaro e completo le ragioni per le quali non sussistono i denunciati vizi di irragionevolezza, disparità di trattamento e difetto di motivazione.

I motivi di appello sono, dunque, infondati e possono essere esaminati congiuntamente poiché risultano attinenti alla medesima questione;
essi sono, inoltre, tra loro collegati come dimostrano i richiami tra i diversi motivi esplicitati dall’appellante con espressioni quali “ Come censurato col motivo che precede ” e in alcune parti si sovrappongono in quanto vengono ripetute più volte le medesime argomentazioni. Infine, tutti i motivi recano l’identica rubrica che di seguito testualmente si riporta: “ Errores in judicando – erroneità del presupposto - violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato violazione dei principi in materia di pianificazione ”.

10.1. La giurisprudenza amministrativa è costante nell’affermare che « le scelte di pianificazione sono espressione di un’amplissima valutazione discrezionale, insindacabile nel merito », salvo che siano inficiate per errori di fatto, per abnormità e irrazionalità delle scelte effettuate (tra le tante, Cons. Stato, sez. IV, 22 marzo 2021, n. 2421;
Cons. Stato, sez. II, 18 maggio 2020, n. 3163).

Nella vicenda in esame, ad avviso del Collegio, e come già rilevato dal T.a.r., in primo luogo, non sussiste alcun profilo di irragionevolezza né di contraddittorietà, né di disparità di trattamento. È, a tal fine, dirimente la stessa relazione tecnica depositata dall’appellante dalla quale si evince come l’immobile del D P si trovi a distanza maggiore rispetto a quella di quaranta metri stabilita dalla pianificazione comunale, trattandosi di una circostanza di fatto che non è oggetto di contestazione tra le parti.

La decisione del Comune di classificare il fondo dell’appellante in zona agricola è immune da profili di irragionevolezza, di contraddittorietà e di disparità di trattamento poiché risulta coerente con la situazione di fatto, come emerge dalle planimetrie depositate in atti e, in particolare, da quella rappresentata a pagina 54 dell’allegato 7, denominato “ Produzione del 13.5.21 ”, nonché dalla stessa relazione tecnica a firma dell’arch. S depositata sub allegato 8 del pari denominato “ Produzione del 13.5.21 ”, dalla Tavola 3 a pagina 11 del predetto allegato, con la relativa rappresentazione fotografica e, infine, dalla stessa fotografia riportata a pagina 10 dell’atto di appello, corrispondente alla Tavola 2 della pagina 10 dell’allegato 8.

Tali documenti, infatti, dimostrano come l’immobile del ricorrente sia un piccolo manufatto inserito in un ampio campo agricolo, collocato in posizione distante rispetto alla strada. Sono proprio i suddetti due elementi (distanza dalla strada e rapporto tra le dimensioni del manufatto e quelle del terreno agricolo circostante) che, valutati congiuntamente, consentono di escludere qualsiasi profilo tanto di irragionevolezza quanto di disparità di trattamento rispetto alla situazione degli altri proprietari di immobili siti nella medesima area le cui osservazioni sono state accolte. Infatti, l’appellante, nella parte in cui, a pagina 11 dell’appello, esamina la posizione di alcuni altri proprietari, concentra la propria attenzione sul profilo relativo alla distanza dalla strada, omettendo così di considerare adeguatamente la peculiarità della situazione in cui si trova il suo immobile, derivante non solo dalla collocazione dello stesso rispetto alla strada, bensì anche dalla circostanza che si tratta di un piccolo manufatto inserito nel contesto di un campo agricolo che è, viceversa, di rilevanti dimensioni.

Da tali considerazioni discende che la scelta del Comune è da reputarsi ragionevole e coerente con la situazione di fatto.

10.2. In secondo luogo, non sussiste neppure l’ipotizzato contrasto denunciato dall’appellante tra la scelta dell’amministrazione comunale con riferimento all’area in questione e le finalità generali dello stesso P.U.C. che sarebbero volte, nella prospettazione dell’appellante medesimo, “ a mantenere l’esistente dell’abitato in precipua funzione della sua valorizzazione;
principio generale utilizzato per la formazione del piano che, nella parte di interesse, non si è rispettato
”. Del pari, il predetto contrasto non sussiste neppure con riferimento agli indirizzi dettati dal Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale di Salerno e agli obiettivi ivi indicati concernenti il minor consumo di suolo a scopo edilizio e la riqualificazione del patrimonio insediativo esistente in luogo della nuova edificazione in aree libere. A tale proposito, infatti, va rilevato che, a differenza di quanto sostenuto dall’appellante, la decisione di mantenere la destinazione agricola è certamente coerente con la finalità di evitare ulteriore consumo di suolo per scopi edificatori, per evidenti ragioni logiche prima ancora che giuridiche, dal momento che in tal modo viene preservata la destinazione agricola dell’area.

In terzo luogo, infine, non sussiste neppure il dedotto vizio di motivazione, con riferimento al quale l’appellante ha insistito nuovamente sul profilo concernente la distanza dalla strada, posto che l’amministrazione ha precisato in modo sintetico ma chiaro che sono state accolte solo le osservazioni concernenti gli immobili che, con le relative aree di pertinenza, formavano un “ nucleo edificato ”, carattere non ravvisabile nell’ambito della proprietà del D P, la quale, come già rilevato, è costituita da un ampio fondo agricolo con un manufatto di piccole dimensioni.

10.3. Per le ragioni già indicate a proposito dell’effettiva portata del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato – con la conseguente delimitazione del perimetro del vizio di omessa pronuncia – sono da reputarsi inammissibili i motivi del ricorso di primo grado che sono stati meramente riproposti dall’appellante poiché, a suo avviso, “ non compiutamente esaminati nei loro diversi aspetti di censura ” dal giudice di primo grado.

In altri termini, l’appellante, dopo aver formulato i motivi di gravame, ha ritenuto di riproporre ex novo , in aggiunta a questi, anche i motivi del ricorso introduttivo del giudizio. Tali motivi sono pertanto inammissibili poiché l’appellante non poteva limitarsi a una generica riproposizione dei motivi di primo grado, al fine di ottenere un nuovo e, in ipotesi, più approfondito esame delle censure già prospettate, secondo uno standard ritenuto dall’appellante più consono alle sue soggettive aspettative di tutela, essendo, come noto, necessaria in sede di gravame la formulazione di specifiche censure alla decisione impugnata. In questo senso, ex multis , cfr. Cons. Stato, sez. V, 15 gennaio 2024, n. 503, secondo cui: “ Il principio di specificità dei motivi di impugnazione, posto dall' art. 101, comma 1, c.p.a ., impone che sia rivolta una critica puntuale alle ragioni poste a fondamento della sentenza impugnata, non essendo sufficiente la mera riproposizione dei motivi contenuti nel ricorso introduttivo;
il giudizio di appello dinanzi al giudice amministrativo, infatti, si presenta come revisio prioris instantiae i cui limiti oggettivi sono segnati dai motivi di impugnazione
”.

In ogni caso, tali motivi, oltre a essere inammissibili, sono anche infondati nel merito per le ragioni già illustrate, dal momento che le predette censure sono meramente ripetitive di quelle prospettate con i motivi di appello, poiché si limitano a reiterare – talvolta persino con le stesse parole – i medesimi profili di irragionevolezza, contraddittorietà, difetto di motivazione e disparità di trattamento che sono stati dedotti con i motivi di gravame, ribadendo la tesi secondo cui la scelta dell’amministrazione non sarebbe coerente con l’effettiva condizione dei luoghi.

11. Dalle considerazioni che precedono discende, pertanto, il rigetto dell’appello.

12. Le spese processuali del presente grado di giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

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