Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2022-02-07, n. 202200824
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Pubblicato il 07/02/2022
N. 00824/2022REG.PROV.COLL.
N. 09190/2015 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 9190 del 2015, proposto da
Comune di Torino, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati M C e M L, con domicilio eletto presso lo studio M C in Roma, via Giovanni Antonelli n. 49;
contro
A M, rappresentata e difesa dagli avvocati M C e E Rbino, con domicilio eletto presso lo studio M C in Roma, via Pierluigi Da Palestrina n. 63;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte (Sezione Seconda) n. 00972/2015, resa tra le parti, concernente diniego di condono edilizio.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di A M;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 27 gennaio 2022 il Cons. T M e uditi per le parti l’avvocato M C;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Con la sentenza in epigrafe indicata è stato accolto il ricorso proposto dalla signora A M avverso i provvedimenti riguardanti due istanze di condono edilizio del 28 agosto 2008, prot. 2004-11-18892 e prot. 2004-11-18904, che avevano come oggetto un cambio di destinazione d’uso del sottotetto a fini abitativi nel fabbricato sito in Torino, in via Pattonera n. 31.
2. I provvedimenti negativi sono stati tempestivamente impugnati dalla odierna appellata, la quale si è difesa deducendo l’illegittimità per violazione degli artt. 26, 27 e 32 della L. 326/2003, dell’art. 4 L.R. 33/2004, dell’art. 3 L. 241/1990 e per svariati profili di eccesso di potere. La ricorrente sosteneva che il cambio di destinazione d’uso del sottotetto integrerebbe un abuso di tipologia 4, e non 3. La conformità degli abusi alle norme urbanistiche ed edilizie vigenti consentirebbe invece la sanatoria anche degli abusi di tipologia 3, anche se commessi in zona precedentemente vincolata, previa acquisizione, da parte del Comune, di conforme parere della Autorità preposta alla tutela del vincolo. A prosieguo la ricorrente censurava la violazione degli artt. 1 e 3 L.R. 21/1998 e diversi profili di eccesso di potere. La richiamata normativa regionale consentirebbe la sanatoria del recupero abitativo dei sottotetti, quando esso risulti conforme alla normativa urbanistica vigente, riscontrabile nel caso.
3. Il TAR per il Piemonte, sezione seconda, ha accolto il ricorso rilevando che gli abusi indicati ai nn. 2 e 3 della tabella allegata al D.L. 269/03 (nonché alla L. 47/1985) sono astrattamente condonabili, a determinate condizioni, ancorché commessi in zona precedentemente assoggettata a vincolo.
4. Avverso tale pronuncia ha proposto appello il Comune di Torino, affidandolo ai motivi che in appresso saranno esaminati.
5. La signora M si è costituita in giudizio per resistere al ricorso.
6. La causa è stata chiamata alla pubblica udienza del 27 gennaio 2022, in occasione della quale è stata trattenuta in decisione.
7. Il ricorso è fondato.
8. L’appellante ritiene la sentenza viziata per violazione di legge, per la manifesta illogicità della parte motiva ove si argomenta che il comma 26 dell’art. 32 della legge 326/2003 indurrebbe a ritenere gli abusi maggiori (della tipologia 1, 2, 3 della tabella) destinatari di un trattamento di maggior favore rispetto agli abusi minori (tipologia 4, 5, 6), dei quali si ammetterebbe invece il condono solo se ricadenti su immobili vincolati e, quindi, solo se aventi effetti penali. Questa tesi non sarebbe suffragata da alcun elemento testuale normativo, e sarebbe positivamente smentita dallo stesso tenore letterale della lettera b) del medesimo comma 26, che espressamente si riferirebbe alle tipologie di abuso 4, 5 e 6 quanto alle “aree non soggette ai vincoli di cui all’art. 32 della legge 28 febbraio 1985, n. 47 ”. L’assunto del TAR Piemonte sarebbe in stridente contrasto con la giurisprudenza del Consiglio di Stato, che, in riferimento alla condonabilità di opere edilizie situate in aree vincolate, ha statuito che in base all'articolo 32, comma 27, lettera d), del decreto-legge 269 del 2003 devono intendersi espressamente escluse dal condono edilizio le opere realizzate successivamente alla istituzione del vincolo e che conseguentemente sono condonabili soltanto le opere realizzate su immobili assoggettati a vincolo dopo la loro realizzazione, e soltanto per esse si pone l'esigenza della verifica delle ulteriori congiunte condizioni della conformità urbanistica. La conformità dell'opera contestata agli strumenti urbanistici sarebbe quindi irrilevante, attesa la sussistenza del vincolo nell'area di interesse.
9. Il TAR ha dunque accolto il ricorso in primo grado ritenendo che anche gli abusi di cui ai nn. 2 e 3 della tabella allegata al D.L. 269/2003 siano condonabili se commessi in zona vincolata, allorché concorrano le seguenti condizioni:
1) che gli abusi non interessino beni dichiarati monumento nazionale;
2) che il vincolo non comporti inedificabilità assoluta;
3) che le opere risultino oggettivamente conformi alle norme e prescrizioni edilizie ed urbanistiche vigenti, sia alla data di entrata in vigore del D.L. 269/2003 (convertito con la L. 326/2003), sia alla data di presentazione della domanda di condono/sanatoria;
4) che l’Autorità preposta alla tutela del vincolo rilasci parere favorevole alla sanatoria.
10. L’art. 32 della legge 24 novembre 2003, n. 326 recita:
“26. Sono suscettibili di sanatoria edilizia le tipologie di illecito di cui all'allegato 1:
a) numeri da 1 a 3, nell'ambito dell'intero territorio nazionale, fermo restando quanto previsto alla lettera e) del comma 27 del presente articolo, nonché 4, 5 e 6 nell'ambito degli immobili soggetti a vincolo di cui all'articolo 32 della legge 28 febbraio 1985, n. 47;
b) numeri 4, 5 e 6, nelle aree non soggette ai vincoli di cui all'articolo 32 della legge 28 febbraio 1985, n. 47, in attuazione di legge regionale, da emanarsi entro sessanta giorni dall'entrata in vigore del presente decreto, con la quale è determinata la possibilità, le condizioni e le modalità per l'ammissibilità a sanatoria di tali tipologie di abuso edilizio.
27. Fermo restando quanto previsto dagli articoli 32 e 33 della legge 28 febbraio 1985, n. 47, le opere abusive non sono comunque suscettibili di sanatoria, qualora:
(…)
d) siano state realizzate su immobili soggetti a vincoli imposti sulla base di leggi statali e regionali a tutela degli interessi idrogeologici e delle falde acquifere, dei beni ambientali e paesistici, nonché dei parchi e delle aree protette nazionali, regionali e provinciali qualora istituiti prima della esecuzione di dette opere, in assenza o in difformità del titolo abilitativo edilizio e non conformi alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici;
(…)
L’allegato 1 della predetta legge dispone:
(…)
“Tipologia 2. Opere realizzate in assenza o in difformità del titolo abilitativo edilizio, ma conformi alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici alla data di entrata in vigore del presente decreto;
Tipologia 3. Opere di ristrutturazione edilizia come definite dall’articolo 3, comma 1, lettera d) del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 realizzate in assenza o in difformità dal titolo abilitativo edilizio.”
11. L’esame di queste fonti legislative evidenzia che l’interpretazione fornita dal TAR ed i quattro elementi che potrebbero integrare la possibilità di condono per le opere contestate non sono radicati da nessuna norma. Con riferimento alla condonabilità di opere edilizie situate in aree vincolate deve essere infatti data continuità alla giurisprudenza amministrativa che, proprio in riferimento all’articolo 32, comma 27, lettera d), del decreto-legge 269 del 2003 (convertito dalla legge n. 326/2003), ha chiarito che devono intendersi espressamente escluse dal condono edilizio le opere realizzate successivamente alla istituzione del vincolo e che conseguentemente “ sono condonabili soltanto le opere realizzate su immobili assoggettati a vincolo dopo la loro realizzazione, e soltanto per esse si pone l’esigenza della verifica delle ulteriori congiunte condizioni della conformità urbanistica ” (Cons. Stato, sez. IV, n. 1528/2018;sez. VI, n. 5262/2021). La conformità dell’opera contestata agli strumenti urbanistici non risulta rilevante, attesa la sussistenza del vincolo nell’area di interesse. Nelle zone sottoposte a vincolo paesistico, sia esso assoluto o relativo, è consentita la sanatoria dei soli abusi formali (Cons. Stato, sez. VI, n. 425/2020). L’incremento della cubatura residenziale derivante dal cambio d’uso in questione esclude questa eventualità.
L’oggetto del cd. terzo condono del 2003 è circoscritto nelle aree vincolate solo alle tipologie 4, 5, 6 indicate nell’allegato 1 della legge (opere di restauro e risanamento conservativo e opere di manutenzione straordinaria realizzate in assenza o in difformità dal titolo abilitativo edilizio;opere o modalità di esecuzione non valutabili in termini di superficie o di volume). La sussistenza del vincolo impedisce, quindi, anche in astratto la possibilità del condono in caso di nuove costruzioni realizzate in assenza o in difformità del titolo abilitativo edilizio e in caso di ristrutturazione edilizia (tipologie 1, 2, 3) (cfr. Cons. Stato, sez. II, n. 8637/2019).
In base alla legge n. 326/2003 il condono edilizio di opere abusivamente realizzate in aree sottoposte a specifici vincoli è applicabile esclusivamente agli interventi di minore rilevanza indicati ai numeri 4, 5 e 6 dell’allegato 1 (restauro, risanamento conservativo e manutenzione straordinaria), previo parere favorevole dell’Autorità preposta alla tutela del vincolo, mentre non sono in alcun modo suscettibili di sanatoria le opere abusive di cui ai numeri 1, 2 e 3 del medesimo allegato;ciò anche se l’area è sottoposta a vincolo di inedificabilità relativa e gli interventi risultano conformi alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici. Non possono, dunque, essere sanate quelle opere che hanno comportato la realizzazione di nuove superfici e nuova volumetria in zona assoggettata a vincolo paesaggistico, sia esso di natura relativa o assoluta, o comunque di inedificabilità, anche relativa (Cons. Stato, sez. VI, 1664/2016;id., 1898/2016;id., n. 3487/2016;sez. IV, n. 813/2017;id., n. 1935/2017;id., n. 4007/ 2017).
In ogni caso, la presenza del vincolo, come correttamente ritenuto dal Comune nei provvedimenti di diniego, impedisce l’ammissibilità del condono per il cambio di destinazione. I dinieghi di condono erano quindi legittimi, trattandosi di domanda di condono presentata per opere di tipologia 3 dell’allegato 1, per cui la legge n. 326 del 2003 non ammetteva il condono nelle aree vincolate.
La motivazione dei provvedimenti dava sufficientemente conto delle ragioni giuridiche e dei presupposti di fatto.
12. Né si possono accettare le controdeduzioni di parte appellata riguardante la qualificazione dell’intervento contestato come restauro e risanamento conservativo (tipologia 4 dell’allegato 1 della legge n. 326/2003, consentito dall’art. 32, comma 26, lettera a). Interventi di restauro e di risanamento conservativo sono “ rivolti a conservare l'organismo edilizio e ad assicurarne la funzionalità mediante un insieme sistematico di opere che, nel rispetto degli elementi tipologici, formali e strutturali dell'organismo stesso, ne consentano anche il mutamento delle destinazioni d'uso purché con tali elementi compatibili, nonché conformi a quelle previste dallo strumento urbanistico generale e dai relativi piani attuativi ”. Mentre “ gli interventi di ristrutturazione edilizia portano ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente e che comportino modifiche della volumetria complessiva degli edifici o dei prospetti, ovvero che, limitatamente agli immobili compresi nelle zone omogenee A, comportino mutamenti della destinazione d'uso ”.
Nella fattispecie in esame, con riguardo ai due nuovi alloggi recuperati nel sottotetto, deve rilevarsi che si tratta di interventi indubbiamente di ristrutturazione edilizia: la trasformazione del sottotetto dell’edificio in alloggi abitabili integra gli estremi di una modifica della destinazione d'uso rilevante, con incidenza sul carico urbanistico, che comporta l’incremento dell’edificio di due unità abitative, l’aumento della cubatura, la modifica della sagoma e l’innalzamento della quota di imposta e di colmo del tetto. La qualificazione giuridica degli interventi effettuati, nel senso sopra indicato, comporta che gli stessi si pongono in contrasto con la destinazione urbanistica dell’area, con conseguente insussistenza dei presupposti per potere approvare un’istanza di condono.
13. Conclusivamente l’appello è fondato, e per l’effetto, in riforma dell’appellata sentenza, va respinto il ricorso di primo grado.
14. La particolarità della fattispecie consente di disporre la compensazione delle spese del doppio grado di giudizio.