Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2019-12-03, n. 201908288

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2019-12-03, n. 201908288
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201908288
Data del deposito : 3 dicembre 2019
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 03/12/2019

N. 08288/2019REG.PROV.COLL.

N. 06771/2018 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 6771 del 2018, proposto da
A C, M C, D G C, M D B, V M, A P, T P, M V, S Z, rappresentati e difesi dall'avvocato G V, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Giovanni Vottari in Roma, via Andrea Bafile n. 2;

contro

Ministero dell'Istruzione, dell'Universita' e della Ricerca, Ufficio Scolastico Regionale per il Piemonte, Ufficio Scolastico Regionale per la Toscana, Ufficio Scolastico Regionale per la Campania, Ufficio Scolastico Regionale per la Calabria, Ufficio Scolastico Regionale per L'Emilia Romagna, Ufficio Scolastico Regionale per il Lazio, non costituiti in giudizio;

per la riforma

della sentenza breve del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza Bis) n. 06918/2018, resa tra le parti;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 3 ottobre 2019 il Cons. Francesco Mele e uditi, per le parti, l’avvocato Giuseppe Buonanno per delega dell'avvocato G V;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con sentenza n. 6918/2018 del 20-6-2018 il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza Bis) rigettava il ricorso proposto, tra gli altri, dai signori in epigrafe indicati, diretto ad ottenere l’annullamento dei seguenti atti: 1) Bando di Concorso n. 85 dell'1.02.2018, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale – 4^ serie speciale - n. 14 del 16.2.2018 per il reclutamento a tempo indeterminato di personale docente nella scuola secondaria di primo e secondo grado, emanato con Decreto del Direttore Generale per il personale scolastico, nella parte in cui (art. 3 c. 1) ammette alla procedura concorsuale “ esclusivamente ” i docenti “ in possesso del titolo di abilitazione all'insegnamento in una o più classi di concorso della scuola secondaria di primo o di secondo grado, o, per i soli posti di sostegno, che aggiungano al titolo abilitante la specializzazione per il sostegno per i medesimi gradi di istruzione, conseguito entro il 31 maggio 2017 ”;
nella parte in cui (art. 4 c. 3 – domanda di partecipazione) dispone che “ I candidati presentano l'istanza di partecipazione ai concorsi esclusivamente attraverso istanza POLIS ai sensi del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, e successive modificazioni. Le istanze presentate con modalità diverse non sono prese in considerazione ”;
nella parte in cui (art. 12 c. 3 e 4 - percorso annuale e assunzione a tempo indeterminato) dispone che “ L'ammissione al percorso annuale di cui al comma 6 dell'art. 11 comporta la cancellazione da tutte le graduatorie di merito regionali, nonche' da tutte le graduatorie ad esaurimento e di istituto, per ogni classe di concorso e tipologia di posto ” e che “ La costituzione del rapporto di lavoro a tempo indeterminato è, comunque, subordinata all'autorizzazione all'assunzione da parte della Presidenza del Consiglio dei ministri ai sensi dell'art. 39 della legge 27 dicembre 1997 n. 449. ”;
2) del Decreto del MIUR n. 995 del 15.12.2017, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale –serie generale- n. 33 del 9.2.2018, relativo alle “ Modalità di espletamento della procedura concorsuale di cui all'art. 17, comma 2, lettera b), e commi 3, 4, 5 e 6, del decreto legislativo 13 aprile 2017, n. 59, per il reclutamento a tempo indeterminato di personale docente nella scuola secondaria di primo e secondo grado in possesso del titolo di abilitazione all'insegnamento o di specializzazione all'insegnamento di sostegno per i medesimi gradi di istruzione ”, nella parte in cui (art. 6 c.

1 - requisiti di ammissione) ammette alla procedura concorsuale “ esclusivamente ” i docenti “ in possesso del titolo di abilitazione all'insegnamento in una o più classi di concorso della scuola secondaria di primo o di secondo grado, o, per i soli posti di sostegno, che aggiungano al titolo abilitante la specializzazione per il sostegno per i medesimi gradi di istruzione, conseguito entro il 31 maggio 2017 ”;
nella parte in cui (art. 7 c. 2 – istanze di partecipazione) prevede che “ I candidati presentano l'istanza di partecipazione ai concorsi esclusivamente a mezzo delle apposite funzioni rese disponibili nel sistema informativo del Ministero ai sensi del decreto legislativo 7 marzo 2005, n.82, e successive modificazioni. Le istanze presentate con modalità diverse non sono prese in considerazione ”.

Il Tribunale rigettava, altresì, la domanda diretta all’accertamento del diritto dei ricorrenti ad essere ammessi a partecipare alla procedura concorsuale di cui all’articolo 17, comma 2, lett. b) e commi 3,4, 5 e 6 del decreto legislativo n. 59 del 2017.

Il giudice di primo grado, richiamando la decisione n. 2264/2018 della VI Sezione del Consiglio di Stato, riteneva che i docenti muniti del titolo di dottorato di ricerca non potessero partecipare alla procedura concorsuale di cui innanzi.

Avverso la prefata sentenza i signori Cannizzaro Antonia, Capezzara Marika, Cardinali Giuseppe Davide, Di Benedetto Maddalena, Marconi Valentina, Panighini Anna, Punzi Tiziana, Vollaro Michele, Zanarini Simone, tutti soggetti in possesso del dottorato di ricerca, hanno proposto appello, deducendone l’erroneità e chiedendone l’integrale riforma, con il conseguente accoglimento del ricorso di primo grado.

Essi hanno affidato il gravame a sei motivi, dei quali diffusamente si dirà nella seguente parte in diritto, con i quali hanno sostanzialmente riproposto le censure formulate nel giudizio di primo grado.

L’Amministrazione intimata non si è costituita in giudizio

La causa è stata discussa e trattenuta per la decisione all’udienza del 3 ottobre 2019.

DIRITTO

La prima e preliminare questione portata all’esame del Collegio riguarda la legittimità dei provvedimenti impugnati nella parte in cui non prevedono, quale titolo di partecipazione al concorso, il titolo accademico del dottorato di ricerca.

Ritiene in proposito il Collegio che le doglianze di parte appellante non possano essere accolte, alla luce della giurisprudenza della Sezione e della posizione, recentemente assunta in materia, dalla Corte costituzionale.

Invero, la Sezione ( cfr. Cons. Stato, VI, 16-4-2018, n. 2264) ha ritenuto che non si possa ravvisare il valore abilitante del dottorato di ricerca sull’assunto della equipollenza tra il titolo di dottore di ricerca e quello di abilitazione all’insegnamento.

E’ stato al riguardo osservato: che la normativa primaria di riferimento richiede, ai fini della partecipazione al concorso, il titolo di abilitazione all’insegnamento;
che nessuna disposizione di rango primario o secondario prevede l’equiparazione o l’equipollenza del titolo di dottorato di ricerca all’esito favorevole dei percorsi abilitanti;
che la disciplina sui percorsi abilitanti e quella del dottorato di ricerca sono distinte e perseguono finalità diverse.

Invero, lo scopo fondamentale del titolo di dottorato di ricerca attiene all’esercizio di “ attività di ricerca di alta qualificazione ” (art. 4, comma 8, della legge n. 210/1988), rispondendo la relativa formazione alla primaria finalità di saggiare la capacità di ricerca in un determinato ambito scientifico.

I percorsi abilitanti, invece, alla luce delle disposizioni di cui all’art. 2 del d.m. n. 249/2010, connotano un’attività di formazione orientata alla formazione docente che si caratterizza, di per sé, per il continuo contatto con gli allievi, ai quali vanno trasmesse conoscenze anche sulla base di competenze psico-pedagogiche.

Ritenere l’equipollenza dei due titoli condurrebbe ad assimilare – in relazione alla finalità della procedura concorsuale, diretta vagliare le capacità dei partecipanti rispetto alla attività di insegnamento – situazioni tra loro disomogenee.

Viene, in proposito sottolineato che i percorsi abilitanti sono finalizzati a far acquisire competenze didattiche specifiche, anche per favorire gli alunni con disabilità, mentre il titolo di dottorato di ricerca si consegue all’esito di una preparazione avanzata nell’ambito del settore scientifico disciplinare di riferimento ed è per questo valutabile nell’ambito della ricerca scientifica.

Ritiene, pertanto, il Collegio che la diversità ontologica tra percorsi di abilitazione e dottorato di ricerca ne esclude, in assenza di una espressa disposizione normativa in tal senso, la possibilità di equipollenza;
non potendo in proposito assumere rilievo alcuno né la pretesa potenziale maggiore qualificazione dei possessori del titolo di dottorato di ricerca né le caratteristiche precipue di tale titolo, pur se esso è conseguito dopo un periodo (tre anni) superiore ai tempi previsti per i percorsi abilitanti e comporta un numero di crediti formativi maggiori.

Da tale ontologica diversità e dalla impossibilità di riconoscere l’equipollenza tra i due titoli discende che i provvedimenti impugnati non possono essere ritenuti illegittimi nella parte in cui non hanno previsto il titolo di dottorato di ricerca quale titolo utile, al pari dell’abilitazione all’insegnamento, per la partecipazione al concorso per cui è causa.

Tanto è stato chiarito anche dal giudice delle leggi ( cfr. Corte Costituzionale, 28-5-2019, n. 130), il quale ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 17, commi 2 lettera b) e 3 , del d.lgs. n. 59 del 2017, così escludendo che la mancata previsione, nella norma primaria di cui i decreti impugnati costituiscono pedissequa applicazione, del dottorato di ricerca tra i titoli che consentono di partecipare al concorso per il reclutamento dei docenti della scuola secondaria, possa essere considerata irragionevole.

La Corte ha, invero, osservato: “ In considerazione della finalità della procedura concorsuale, volta a selezionare le migliori e più adeguate capacità rispetto all’insegnamento, ciò che rileva è l’avere svolto un’attività di formazione orientata alla funzione docente, che abbia come specifico riferimento la fase evolutiva della personalità dei discenti. Tale funzione esige la capacità di trasmettere conoscenze attraverso il continuo contatto con gli allievi, anche sulla base di specifiche competenze psico-pedagogiche. E’ in vista dell’assunzione di tali rilevantissime responsabilità, affidate dall’ordinamento ai docenti della scuola secondaria, che le attività formative indicate costituiscono un fondamento “ontologicamente diverso”, rispetto a quello che caratterizza il percorso ed il fine del titolo di dottorato. Va, pertanto, esclusa, in considerazione della finalità della selezione concorsuale, l’irragionevolezza della mancata previsione del dottorato di ricerca quale titolo per l’ammissione al concorso di cui alla disposizione censurata ”.

Può a questo punto proseguirsi nella disamina dell’appello.

Con il primo motivo viene dedotta: Illegittimità del bando di concorso impugnato rispetto alla interpretazione costituzionalmente orientata del sistema normativo vigente relativo al reclutamento del personale docente.

Gli appellanti osservano che il superamento della valenza abilitante del concorso a cattedre (sancita dal comma 12 dell’articolo 400 e dall’articolo 402 del T.U. n. 297/1994), impone, alla luce di una interpretazione costituzionalmente orientata della normativa vigente, che il titolo di abilitazione possa essere richiesto per la partecipazione al concorso solo se sia stato effettivamente completato il relativo sistema di perfezionamento dei docenti.

Rilevano, pertanto, che il nuovo sistema (comportante il possesso del titolo di abilitazione per l’accesso alla procedura concorsuale) non può essere applicato a coloro i quali si siano trovati nella oggettiva e materiale impossibilità di accedervi.

Lamentano, infatti, che essi non hanno potuto acquisire il titolo di abilitazione all’insegnamento nelle classi di concorso per le quali sono in possesso del corrispondente titolo di studio.

Evidenziano che il nuovo sistema di formazione dei docenti – per il tramite delle scuole di specializzazione SSIS, dei TFA o PAS – non è stato effettivo e tale da garantire a tutti i docenti in possesso del titolo di studio previsto per l’accesso all’insegnamento di acquisire il titolo abilitante.

Deducono in proposito:

-che i corsi abilitanti sono stati svolti, negli anni, in modo discontinuo, con un vuoto assoluto ed acclarato dall’anno 2008/2009 al 2011/2012, e successivamente in modo intermittente, essendosi svolti un I ciclo di TFA nell’anno 2012/2013, un percorso abilitativo speciale nell’anno 2013/2014 ed un II ciclo di TFA nel 2014/2015.

-che non è stato attivato alcun percorso abilitante nel periodo successivo al concorso a cattedre del 2016;

-che i detti corsi sono stati istituiti nel tempo solo per pochi capoluoghi di provincia e neppure per tutte le classi di concorso;

-che, inoltre, coloro che potevano parteciparvi avrebbero potuto conseguire l’abilitazione tramite TFA solo per una classe di concorso, essendogli impedito per le altre.

Ritiene il Collegio che il motivo di appello non possa trovare accoglimento, non avendo i docenti in epigrafe offerto concreta dimostrazione, al fine di fondare (una volta esclusa, come sopra detto, la valenza abilitante del titolo di dottore di ricerca) la loro pretesa a partecipare al concorso per cui è causa con il possesso del solo diploma di laurea posseduto, come previsto dal previgente regime normativo.

Invero, la censura relativa al mancato effettivo perfezionamento nel tempo del nuovo sistema di formazione dei docenti può essere utilmente fatta valere in giudizio solo da quei soggetti che da tale mancato perfezionamento abbiano concretamente subito una lesione, sub specie di impedimento alla partecipazione al concorso per effetto della mancata possibilità di conseguire il titolo di abilitazione.

Non è, pertanto, sufficiente dedurre la discontinuità di tale sistema di formazione ovvero la sua incompletezza ovvero ancora oggettive limitazioni all’accesso;
dovendosi, al contrario, comprovare in giudizio che, in relazione al periodo di conseguimento della laurea, tale accesso sia stato effettivamente precluso, anche in ragione di concrete ed effettive ragioni che ne abbiano impedito il conseguimento.

Ciò posto, ritiene la Sezione che tale dimostrazione non sia stata fornita in giudizio.

Gli odierni appellanti – per quanto emerge dagli atti di causa – hanno conseguito il titolo di laurea negli anni 2001, 2002, 2004, 2009;
dunque, in periodi che avrebbero loro, da un punto di vista temporale, consentito l’accesso ai percorsi abilitanti ai quali essi operano riferimento, tenutisi negli anni 2012/2013, 2013/2014 e 2014/2015.

D’altra parte, contrariamente a quanto affermato in ricorso, nessuno di essi ha conseguito la laurea successivamente alla scadenza del termine per la presentazione della domanda di partecipazione al II TFA (16-6-2014).

Di poi, con riferimento ai percorsi abilitanti concretamente istituiti, essi non adducono, in relazione alla propria specifica e concreta posizione, le ragioni che ne avrebbero impedito in concreto l’utile espletamento, riferendo, ad esempio, di luoghi di svolgimento impossibili da raggiungere in relazione al luogo di residenza o ad impegni lavorativi impeditivi della frequenza, né dimostrando un impedimento oggettivo derivante dalla mancata attivazione degli stessi per la classe concorsuale di appartenenza.

Essi si sono limitati genericamente a lamentare tali limitazioni, ma non ne hanno dimostrato la specifica valenza impeditiva con riferimento alla specifica posizione di ciascuno di essi.

In buona sostanza, essi non hanno comprovato in giudizio che “ giammai hanno avuto, oggettivamente, la possibilità di acquisire il titolo abilitativo ”.

Il motivo di appello deve, pertanto, essere respinto.

Con il secondo motivo i signori in epigrafe indicati lamentano: Requisito del titolo abilitante entro il termine del 31-5-2017 in violazione dell’art. 2, comma 7 del DPR n. 487/1994 – violazione artt. 2, 3, 4, 51 e 97 della Costituzione – violazione della direttiva 2000/78/CE, degli artt. 21 e 41 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea – violazione del principio di ragionevolezza e di massima partecipazione ai concorsi pubblici – violazione dei principi di uguaglianza, di pari accesso, di pari opportunità e non discriminazione.

Essi, nell’esplicitare la censura, deducono la gravità della discriminazione tra l’ammissione alla partecipazione alla selezione dei candidati in possesso del relativo titolo di abilitazione entro il termine fissato al 31-5-2017 e l’esclusione dei candidati che hanno, invece, acquisito il titolo abilitante in un momento successivo, comunque entro la scadenza del termine per la presentazione della domanda di partecipazione.

Richiamano in proposito l’articolo 2, comma 7 del DPR n. 487/1994 (recante “ Norme per l’accesso agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni e le modalità di svolgimento dei concorsi, dei concorsi unici e delle altre forme di assunzione nei pubblici impieghi ”), in base al quale “ I requisiti prescritti devono essere posseduti alla data di scadenza del termine stabilito dal bando di concorso per la domanda di ammissione ”.

Lamentano, pertanto, l’irragionevole esclusione dalla procedura concorsuale dei docenti in possesso del titolo abilitante conseguito dopo il 31-5-2017 ed entro il 22-3-2018, termine di scadenza della domanda di partecipazione.

La censura è inammissibile per carenza di interesse.

Invero, dalla disamina delle posizioni degli attuali appellanti emerge che nessuno di essi ha conseguito il dottorato di ricerca ovvero il diploma di laurea nel periodo intercorrente tra il 31-5-2017 e il 22-3-2018, risultando, pertanto, i titoli che essi assumono abilitanti essere stati conseguiti in epoca ben anteriore rispetto alle predette date.

Essi, dunque, alcuna utilità potrebbero trarre dall’annullamento in parte qua del bando di gara, evidenziandosi che la preclusione alla partecipazione alla procedura concorsuale non dipende affatto, in relazione alla specifica posizione di ciascuno di essi, dalla lamentata anticipazione della data in cui doveva conseguirsi il titolo abilitante ai fini della partecipazione al concorso di cui si controverte.

Con il terzo motivo si lamenta: “ Conservazione della validità dei vecchi titoli d’accesso all’insegnamento per tutti gli aspiranti già inseriti nelle graduatorie d’istituto, nonché la conservazione della validità delle graduatorie di II e III fascia d’istituto del personale docente, per il triennio 2017/2020 per i ricorrenti – Violazione delle direttive 2005/36/CE e 2013/55/UE nonché dell’art. 4 del d.lgs. n. 206/2011, n. 15/2016 e della legge n. 107 del 2015 ”.

Rilevano che essi sono in possesso di un titolo di studio idoneo all’insegnamento e che questi ultimi sono da considerarsi, a tutti gli effetti, “ qualifiche professionali ” rispondenti alla definizione della normativa europea (Direttive 2005/36/CE e 2013/55/UE, recepite in Italia mediante il d.lgs. n. 207/2007 e n. 15/2016).

Evidenziano che, in base alla suddetta normativa comunitaria:

-la direttiva 2005/36/CE ed il relativo decreto di attuazione impongono il possesso di idonea qualifica professionale al fine dell’esercizio di una professione regolamentata, quale quella del docente, risultando tale qualifica professionale condizione necessaria e sufficiente all’esercizio della stessa;

- i titoli di studio conseguiti in Italia rientrano nel concetto di idonea qualificazione professionale, utili all’esercizio della professione docente;

-i titoli di “abilitazione” e di “idoneità” non sono contemplati dalla Direttiva, con la conseguenza che le procedure definite “abilitanti” dallo Stato Italiano non rientrano nella definizione di “qualifica professionale”, dovendosi ritenere unicamente come titoli culturali finalizzati al conseguimento di una specializzazione o di un aggiornamento professionale, non vincolanti ai fini dell’esercizio della professione.

In buona sostanza, gli appellanti ritengono che, ai fini della partecipazione al concorso per il reclutamento di personale docente, sarebbe necessario il solo titolo di studio (nella specie, il diploma di laurea), il quale costituisce, anche ai sensi della normativa nazionale, titolo idoneo all’accesso all’insegnamento, risultando, di conseguenza, illegittima la prescrizione relativa al possesso del titolo di abilitazione.

La censura non può trovare meritevole considerazione.

Questa Sezione (cfr. Cons. Stato, VI, 1516/2017 del 3-4-2017;
VI, n. 6918 del 20-6-2018;
VI, 7789 del 13-11-2019), con riferimento all’asserito contrasto con la invocata normativa comunitaria, ha statuito che i sistemi generali di riconoscimento intraeuropeo dei diplomi non regolano le procedure di selezione e reclutamento per l’assegnazione di un posto di lavoro, risultando precipuo oggetto della disciplina comunitaria l’imposizione delle qualifiche ottenute in uno Stato membro per consentire agli interessati di candidarsi ad un posto di lavoro in un altro Stato, ma pur sempre nel rispetto delle relative procedure di selezione e reclutamento ivi vigenti (cfr. C. giust,. UE, VIII, 17 dicembre 2009, n. 586).

Di conseguenza, una volta ritenuta la necessità del possesso dei titoli di studio prescritti dalla normativa nazionale per l’idoneità all’insegnamento, non è ricavabile dalla invocata direttiva comunitaria il divieto di richiedere, per la partecipazione al concorso, ulteriori titoli quali l’abilitazione all’insegnamento.

D’altra parte, tale richiesta risponde alla ragionevole esigenza, sottesa alla ratio del pubblico concorso, della selezione dei più meritevoli (condizione configurabile in coloro i quali hanno seguito e superato percorsi specifici orientati alla preparazione all’esercizio della funzione docente);
nonché al più efficace ed efficiente perseguimento della finalità della procedura concorsuale di cui trattasi.

Invero, perseguendo essa il reclutamento di personale destinato all’esercizio della funzione docente, la scelta di soggetti idonei alla funzione risulta vieppiù assicurata dal circoscrivere l’ambito partecipativo a soggetti muniti di specifica esperienza formativa in tal senso.

Non risulta, da ultimo utilmente invocabile il richiamo alla Direttiva 2005/36/CE laddove sancirebbe che “ qualsiasi esperienza professionale di durata per lo meno triennale è assimilata a titolo formativo abilitante ”, evidenziandosi che nel corpo dell’appello alcun riferimento si opera al possesso di tale requisito in capo ai signori in epigrafe indicati.

La pretesa sufficienza del titolo di studio ai fini dell’iscrizione nelle graduatorie di circolo e di istituto e, dunque, quale titolo idoneo all’accesso all’insegnamento non conduce all’affermazione della illegittimità degli atti impugnati laddove hanno richiesto il possesso anche del titolo di abilitazione.

Invero, anche per l’iscrizione nelle graduatorie di II fascia è richiesto il titolo di abilitazione, mentre evidente è la differenza tra l’iscrizione nelle graduatorie di III fascia (la quale consente unicamente di accedere a supplenze brevi) e la procedura concorsuale per cui è causa ( finalizzata, invece, al definitivo inserimento nei ruoli del personale docente, situazione la quale ben giustifica la richiesta di una formazione iniziale specifica consolidatasi per effetto del conseguimento dell’abilitazione).

E’, poi, inconferente il quarto motivo di appello, con il quale si deduce che taluni ricorrenti avrebbero conseguito il titolo abilitativo all’estero e sarebbero in attesa del riconoscimento in Italia. Va, in proposito, evidenziato che nessuno degli odierni appellanti ha conseguito il titolo di abilitazione all’estero.

Con il quinto motivo di appello viene dedotta: Illegittimità del bando, per violazione degli artt. 3, 51 e 97 Cost., nella parte in cui prevede che la domanda di partecipazione al concorso possa essere formulata esclusivamente attraverso l’uso del sistema informativo gestito dal MIUR.

Gli appellanti lamentano, in particolare, che il sistema informativo impedisce l’acquisizione delle domande di partecipazione provenienti da candidati aprioristicamente ritenuti privi di requisiti, e che sono considerate invalide le domande presentate in forma cartacea.

Il mezzo di gravame è inammissibile per carenza di interesse, in quanto gli appellanti sono esclusi dalla partecipazione alla procedura concorsuale per l’assorbente profilo della mancanza del titolo di abilitazione, circostanza questa in relazione alla quale il Collegio non ritiene, per le ragioni sopra esposte, sussistenti i profili di illegittimità denunciati.

Conseguentemente, essi alcuna utilità potrebbero ricavare dall’annullamento della parte del bando relativa alla trasmissione telematica delle domande di partecipazione ed alla relativa regolamentazione.

Invero, tale pronunzia demolitoria comunque non gioverebbe ai privati, rimanendo essi, sia pure per altra ragione, in ogni caso esclusi dalla partecipazione al concorso.

Analoga statuizione di inammissibilità per carenza di interesse va, infine, resa con riferimento al sesto motivo di appello, il quale lamenta l’illegittimità dell’articolo 12, comma 3 del bando.

In particolare, tale disposizione prevede che “ L’ammissione al percorso annuale di cui al comma 6 dell’art. 11 comporta la cancellazione da tutte le graduatorie di merito regionali, nonché da tutte le graduatorie ad esaurimento e di istituto, per ogni classe di concorso e tipologia di posto. In caso di valutazione finale positiva, il titolare del contratto …è assunto a tempo indeterminato ”.

Gli appellanti deducono che il richiamato comma 3 lede i diritti acquisiti dei candidati ammessi al percorso annuale, in quanto non li tutelerebbe fino al momento dell’immissione in ruolo.

Invero, in caso di valutazione negativa della Commissione ovvero di mancata autorizzazione all’assunzione, i candidati ammessi al FIT non potrebbero essere assunti in ruolo e la loro prospettata cancellazione da GAE o GI precluderebbe loro ogni altra possibilità di stipulare contratti di lavoro a tempo determinato o indeterminato.

Osserva in proposito il Collegio che detta censura attiene ad una fase della procedura connotata dalla circostanza che i candidati hanno utilmente partecipato alla procedura e sono stati ammessi al FIT.

Trattasi, dunque, di doglianze che possono essere proposte solo da soggetti che siano in possesso dei titoli richiesti per partecipare al concorso, risultando tale possibilità di partecipazione presupposto indefettibile per il suo superamento e, dunque, per l’ammissione al FIT, in relazione al cui esito negativo vengono mosse le doglianze di cui al motivo di appello in esame.

E’, pertanto, evidente che alcun interesse sussiste in capo a soggetti privi dei requisiti di ammissione al concorso a dedurre l’illegittimità di regole che attengono ad una fase successiva al suo superamento.

Il motivo è, pertanto, inammissibile.

In conclusione, dunque, sulla base delle argomentazioni tutte sopra esposte, l’appello deve in parte essere rigettato ed in parte essere dichiarato inammissibile, così come in motivazione specificato.

La sentenza di primo grado deve, di conseguenza, essere confermata.

Nulla è dovuto per le spese del grado, attesa la mancata costituzione dell’amministrazione intimata.

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