Consiglio di Stato, sez. VII, sentenza 2022-09-12, n. 202207928
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Pubblicato il 12/09/2022
N. 07928/2022REG.PROV.COLL.
N. 05928/2021 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Settima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 5928 del 2021, proposto dall’avvocato L T, rappresentato e difeso da sé medesimo, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Napoli, Via Toledo, n. 323
contro
il Comune di Napoli, in persona del Sindaco
pro tempore
, rappresentato e difeso dagli avvocati A A, A C e A C, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato L L in Roma, Via Appennini, n. 46
l’Autorità di Sistema Portuale del Mar Tirreno Centrale, in persona del legale rappresentante
pro tempore
, non costituito in giudizio
nei confronti
la S.r.l. Bagno Donn'Anna, in persona del legale rappresentante
pro tempore
, i signori Federico B, Maria B e Maria D'Angelo, non costituiti in giudizio
per la revocazione
della sentenza del Consiglio di Stato, Sezione V, n. 4613 del 2021, resa tra le parti
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Napoli;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 31 maggio 2022 il consigliere Daniela Di Carlo e uditi per le parti gli avvocati L T e Vincenzo Mastrangelo, quest’ultimo difensore su delega dell'avvocato A C;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue
FATTO e DIRITTO
1. L’avvocato L T ha chiesto la revocazione della sentenza del Consiglio di Stato, Sezione V, n. 4613 del 14 giugno 2021, resa nel giudizio di ottemperanza R.G. 3278/2020 per la corretta esecuzione della sentenza del Consiglio di Stato, Sezione V, n. 7042 del 15 ottobre 2019, pronunciata nei giudizi di appello R.G. 3383/2018 e 3414/2018, per la riforma della sentenza n. 2500 del 17 aprile 2018 del TAR per la Campania, sede di Napoli.
2. Per comprendere meglio i fatti di causa, è opportuno accennare brevemente alle vicende che hanno preceduto l’emanazione delle ridette sentenze.
Più in particolare, in data 26 aprile 2018 la S.r.l. Ideal ha conferito mandato all’avvocato L T per ricorrere in appello avverso la sentenza del TAR Campania, sede di Napoli, Sezione VII, n. 2500 del 17 aprile 2018, nell’ambito di una controversia insorta fra la medesima e il Comune di Napoli e l’Autorità Portuale.
Il Consiglio di Stato, Sezione V, con la sentenza n. 7042 del 15 ottobre 2019, ha accolto gli appelli proposti dalla S.r.l. Ideal (giudizi R.G. 3383/2018 e 3414/2018) e, in riforma della sentenza di primo grado, ha condannato il Comune di Napoli, tra le altre cose, « al pagamento delle spese della verificazione, che si liquidano in euro 5.000 (compreso l’anticipo già versato dagli appellanti, che il Comune medesimo dovrà restituirgli), nonché alla rifusione delle spese di giudizio nei confronti di Ideal s.r.l. e dei signori B e D’Angelo, in via solidale e per la stessa quota, che si liquidano in una somma complessiva pari ad euro 10.000, oltre ad oneri di legge » .
Con il ricorso R.G. 3278/2020, l’avvocato L T ha chiesto la corretta esecuzione della ridetta sentenza n. 7042/2019, a suo dire rimasta inadempiuta nella parte relativa al pagamento delle spese giudiziali, da effettuarsi direttamente nei propri confronti in quanto cessionario delle medesime sulla base della procura alle liti rilasciata dalla S.r.l. Ideal in data 26 aprile 2018, e nella parte concernente la rifusione del contributo unificato versato dagli appellanti per i due gradi di giudizio.
Il Consiglio di Stato, Sezione V, con la sentenza n. 7042/2019, ha dichiarato il ricorso inammissibile per difetto di legittimazione ad agire ed ha condannato il ricorrente al pagamento delle spese giudiziali in favore del Comune di Napoli, liquidandole in euro 2.000,00.
In particolare, la declaratoria di inammissibilità del ricorso è stata motivata con l’accoglimento dell’eccezione preliminare sollevata dal Comune di Napoli, con riferimento al difetto di titolarità della situazione giuridica fatta valere nel giudizio dal difensore, avvocato L T, in quanto cessionario del credito, per nullità dell’atto di cessione del credito litigioso, ai sensi dell’art. 1261 del codice civile.
L’odierno giudizio di revocazione è incentrato proprio sulla contestazione della natura litigiosa del ridetto credito, in quanto sono tali, ossia litigiosi, secondo la citata norma del codice civile, soltanto i crediti « sui quali è sorta contestazione davanti l’autorità giudiziaria di cui fanno parte o nella cui
giurisdizione esercitano le loro funzioni »), mentre nel caso di specie, sulla base della procura alle liti del 26 aprile 2018 rilasciata dalla S.r.l. Ideal, l’avvocato L T è sempre stato, fin dall’origine della lite, nei diversi stati e gradi in cui si è articolato il giudizio, cessionario delle spese di lite, ed in quanto tale titolare del diritto alla spettanza delle medesime.
Sulla base di queste considerazioni, il ricorrente ritiene, dunque, che il Consiglio di Stato sia incorso in un errore di fatto suscettibile di ottenere la revocazione la sentenza e la conseguente corretta esecuzione della sentenza di appello nei propri confronti, in relazione al riparto delle spese di lite.
3. Il Comune di Napoli ha resistito all’impugnazione.
4. Le parti hanno ulteriormente insistito sulle rispettive tesi difensive.
5. All’udienza pubblica del 31 maggio 2022, la causa è passata in decisione.
6. Il ricorso per revocazione è inammissibile.
Il ricorrente sostiene che la decisione del Consiglio sia viziata da errore revocatorio, nella parte in cui ha dichiarato la inammissibilità del ricorso per l’ottemperanza per difetto di titolarità della situazione giuridica azionata, partendo dal presupposto di fatto secondo cui il credito derivante dalla sentenza ottemperanda n. 7042/2019 aveva natura litigiosa al momento della cessione disposta in favore del difensore, ossia al momento del rilascio della procura alle lite in data 26 aprile 2018.
La Sezione fa osservare come la correttezza, o meno, della qualificazione in diritto della natura del ridetto credito effettuata dal Consiglio di Stato con la sentenza di cui si chiede la revocazione, non rientra nella sfera di competenza riservata al giudice della revocazione, il cui sindacato risulta circoscritto alla sola verifica dell’ammissibilità del ricorso sotto il profilo del positivo riscontro di una delle cause tipiche previste dall’art. 395, c.p.c.
Nel caso all’esame, sulla base degli atti processuali, è risultato che il credito sia stato ceduto al difensore al momento del rilascio della procura alle liti per proporre il giudizio di appello, e non anche mediante una successiva procura alle liti volta al recupero giudiziale di tali somme, in realtà inesistente nella specie.
È anche risultato che non sussiste cumulo fra la posizione giuridica di cessionario del credito e quella di legale incaricato del recupero del credito liquidato in sentenza.
Nell’ambito del giudizio di ottemperanza, dunque, si deve concludere, il difensore non ha agito in qualità di procuratore della S.r.l. Ideal, ma esclusivamente quale difensore di sé stesso, al fine di soddisfare la propria, personale, pretesa creditoria, quale cessionario del credito inerente le spese processuali.
Ciò significa, ulteriormente, che va sgombrato il campo dall’equivoco che il ricorrente, nell’attivare il giudizio di ottemperanza per la corretta esecuzione della sentenza, abbia agito su incarico della S.r.l. Ideal, al fine di recuperare un credito contestato dal Comune di Napoli e ceduto in occasione dell’avvio del giudizio di ottemperanza, circostanza, nella specie, assolutamente non rispondente al vero.
Tali circostanze, tuttavia, non sono sufficienti a rendere il ricorso per revocazione ammissibile, in quanto manca il fondamentale presupposto dell’idoneità del vizio revocatorio, anche quand’anche sussistente in fatto, a fondare un percorso motivazionale alternativo, suscettibile di concludere il giudizio con una decisione diversa da quella effettivamente emanata dal giudice.
Nel caso all’esame, mancano entrambe le condizioni, in quanto:
i) la qualificazione della natura litigiosa del credito, operata dal Consiglio di Stato in sede di ottemperanza, rappresenta un’operazione ermeneutica che è sottratta al sindacato del giudice della revocazione, che è limitato al solo riscontro dei fatti giuridici;
ii) anche quand’anche sia dimostrata la erroneità della ridetta qualificazione in diritto, manca comunque sia, a monte, il presupposto di ammissibilità del ricorso, rappresentato dalla idoneità del vizio motivo riscontrato, a fondare un percorso logico-giuridico alternativo, in ciò sostanziandosi l’errore revocatorio.
Nel caso all’esame, il dispositivo della sentenza di appello è testuale nel condannare il Comune di Napoli « al pagamento delle spese della verificazione, che si liquidano in euro 5.000 (compreso l’anticipo già versato dagli appellanti, che il Comune medesimo dovrà restituirgli), nonché alla rifusione delle spese di giudizio nei confronti di Ideal s.r.l. e dei signori B e D’Angelo, in via solidale e per la stessa quota, che si liquidano in una somma complessiva pari ad euro 10.000, oltre ad oneri di legge ».
L’azione di ottemperanza è proponibile, anche nei confronti delle sentenze del giudice amministrativo, nei soli limiti in cui sia volta ad ottenere l’esecuzione del dictum pronunciato dal giudice di appello, che nel caso di specie è stato pronunciato letteralmente in favore, nominatim , di soggetti diversi dall’odierno ricorrente.
Di converso, l’integrazione del dictum giurisdizionale in via esegetica, in vista della cd. formazione del giudicato in via progressiva, non può spingersi fino al punto di esaminare, nel giudizio revocatorio, gli accordi sottostanti fra le parti del giudizio, che rappresenta un’operazione giuridica che era demandata al giudice di appello e, al più, al giudice dell’esecuzione, sotto il profilo della ammissibilità dell’azione, anche per motivi diversi dalla poi riscontrata nullità della cessione del credito.
7. In definitiva, alla luce delle considerazioni appena illustrate, il ricorso va dichiarato inammissibile.
8. Il ricorrente valuterà di azionare la propria pretesa, sussistente sulla base della originaria procura del 26 aprile 2018, attraverso gli altri rimedi previsti dall’ordinamento, in un ordinario giudizio di cognizione che accerti la spettanza sostanziale del proprio diritto sulla base degli accordi sottostanti.
9. Le spese di giudizio sono compensate, in considerazione degli specifici motivi della decisione.