Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2020-02-07, n. 202000987

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2020-02-07, n. 202000987
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202000987
Data del deposito : 7 febbraio 2020
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 07/02/2020

N. 00987/2020REG.PROV.COLL.

N. 09798/2018 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso NRG 9798/2018, integrato da motivi aggiunti, proposto da Fastweb s.p.a. a socio unico, corrente in Milano, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dagli avv.ti A G, D M ed E C, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto in Roma, via Giulio Caccini n. 1 (Studio Guarino),

contro

l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni - AGCOM, con sede in Roma, in persona del Presidente pro tempore , resistente ed appellante incidentale, rappresentata e difesa dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi n. 12 e

nei confronti

– dell’Unione per la difesa dei consumatori - U.Di.Con., in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituita in giudizio, – dell’Associazione Movimento Consumatori, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall'avv. Paolo Fiorio, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e
– del Coordinamento delle associazioni e comitati di tutela dell' ambiente e dei diritti degli utenti e dei consumatori - Codacons e dell’Associazione degli utenti per i diritti telefonici – AUSTel. Onlus, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore , rappresentati e difesi dagli avv.ti Carlo Rienzi e Gino Giuliano, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto nello studio Rienzi c/o Codacons in Roma, v.le G. Mazzini n. 73,

per la riforma

A) con il gravame introduttivo, del dispositivo di sentenza del TAR Lazio, sez. III, n. 11306/2018, reso tra le parti e concernente la delibera AGCOM n. 500/17/CONS;
B) con l’atto per motivi aggiunti (e col ricorso incidentale dell’AGCOM), della sentenza del TAR Lazio, sez. III, n. 1956 del 14 febbraio 2019, resa tra le parti e concernente la predetta delibera;

Visti il ricorso in appello, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’AGCOM, dell’Associazione Movimento Consumatori, dell’AUS Tel. Onlus e del CODACONS;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore all'udienza pubblica del 4 luglio 2019 il Cons. S M R e uditi altresì, per le parti costituite, gli avvocati A G, Maffeis, Cerchi, Fiorio e Cristina Adducci (per delega di Rienzi) e l’Avvocato dello Stato Paola Palmieri;

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:


FATTO e DIRITTO

1. – Con delibera n. 252/16/CONS del 21 luglio 2016, l’AGCOM stabilì una disciplina aggiornata « sulla trasparenza delle condizioni economiche dell’offerta [rivolta a] tutti i soggetti che operano nel mercato delle comunicazioni elettroniche e che hanno rapporti contrattuali con gli utenti finali… ».

Tanto al fine di assicurare «… informazioni trasparenti, comparabili, adeguate ed aggiornate in merito ai prezzi vigenti in materia di accesso e di uso dei servizi forniti dagli operatori di comunicazione elettronica …». Invero, detta delibera previde l’obbligo, a carico degli operatori di TLC, di: a) fornire un set di informazioni agli utenti;
b) assicurare la trasparenza delle condizioni economiche;
c) garantire il funzionamento di meccanismi per una reale comparazione delle offerte, alimentando un motore di calcolo gestito direttamente da AGCOM ed i cui risultati sarebbero stati accessibili agli utenti attraverso l’apposito sito WEB dell’Autorità.

La Fastweb s.p.a. a socio unico, corrente in Milano e soggetto operatore autorizzato per i servizi di comunicazione elettronica in voce (telefonia vocale fissa e mobile), dichiara d’aver introdotto nel corso del 2017, esercitando la facoltà attribuitale dall’art. 70 del D.lgs. 1° agosto 2003 n. 259 - CCE, un aumento di circa l’8,6% delle condizioni economiche per i contratti di telefonia fissa. E ciò grazie alla riduzione del periodo di rinnovo e/o fatturazione delle offerte, che passò dalla cadenza mensile ad una quadrisettimanale (28 gg). Detta Società, nel far presente d’aver informato i suoi clienti di tal manovra tariffaria e delle loro facoltà di recesso e migrazione ad altro operatore, rende noto altresì che la manovra stessa non fu contestata da AGCOM, né ritenuta illegittima o distorsiva della concorrenza, come tal Autorità chiarì all’AGCM in un procedimento per l’accertamento di pratiche commerciali scorrette.

2. – L’AGCOM ritenne però che detto aumento tariffario mercé l’introduzione di una “tredicesima mensilità”, fosse pregiudizievole per l’utenza anche sotto il profilo della trasparenza, impedendo la comparabilità delle offerte.

L’unilaterale e congiunta modifica dei periodi di fatturazione da parte dei principali operatori di telefonia, in base alle segnalazioni pervenutele a cura delle Associazioni dei consumatori, aveva creato un clima d’incertezza nell’utenza, che non ebbe più chiari i parametri delle offerte. E ciò soprattutto nel mercato della telefonia fissa, tradizionalmente connotata da periodi di fatturazione ordinaria su base mensile, a sua volta coincidente con le modalità di fatturazione di altri servizi ed utenze, oltre che con la cadenza con la quale si genera usualmente il reddito mensile degli utenti. Reputò quindi l’AGCOM che tal manovra avesse determinato una compressione della «… libertà di scelta degli utenti e vanificato, anche considerate le tempistiche ed il contesto di mercato, la ratio sottesa all'esercizio del diritto di recesso nel caso di mancata accettazione di modifiche contrattuali, così come statuito dall'articolo 70, comma 4 …» del CCE

Sicché l’AGCOM, con delibera n. 121/17/CONS del 15 marzo 2017, modificò la citata delibera n. 252/16/CONS, col medesimo obiettivo di assicurare che fossero fornite agli utenti «… informazioni trasparenti, comparabili, adeguate e aggiornate in merito ai prezzi vigenti in materia di accesso e di uso dei servizi forniti …». Ciò in conformità all’art. 71 del CCE, il quale, attuando l’art. 8 della direttiva quadro sul servizio universale di comunicazioni elettroniche (dir. n. 2002/21/CE), proprio in tali termini delinea il principio di trasparenza a fini informativi e di scelta consapevole del consumatore. L’Autorità impose a detti operatori di telefonia, ma senza contestar loro l’aumento in sé della tariffa, di ritornare, entro il 23 giugno 2017, alla fatturazione su base mensile o suoi multipli per i servizi di telefonia fissa e ad una periodicità almeno quadrisettimanale per quelli di telefonia mobile. Tanto perché, ad avviso dell’Autorità, l’intervento de quo aveva riguardato non già libere scelte imprenditoriali degli operatori di TLC, ma le modalità della cadenza di fatturazione, rivelatasi non rispettosa della dovuta trasparenza, nei confronti degli utenti, in quanto sostanzialmente rivolta a realizzare aumenti tariffari di non immediata percezione da parte dei consumatori.

Avverso tal delibera la Fastweb s.p.a. si gravò innanzi al TAR Lazio, col ricorso NRG 4380/2017, deducendo vari profili d’irragionevolezza e contraddittorietà, la violazione del quadro legislativo e regolamentare di riferimento, nonché la sproporzione della misura adottata dall’AGCOM rispetto all’obiettivo in concreto perseguito.

3. – Nelle more di quel giudizio, intervenne l’art. 19-quinquiesdecies del DL 16 ottobre 2017 n. 148 (conv. modif. dalla l. 4 dicembre 2017 n. 172), introducendo talune novelle all’art. 1 del DL 31 gennaio 2007 n. 7 (conv. modif. dalla l. 2 aprile 2007 n. 40).

In particolare, il nuovo art. 1, co. 1 del DL 7/2007 stabilì che « i contratti di fornitura nei servizi di comunicazione elettronica disciplinati dal codice di cui al decreto legislativo 1º agosto 2003, n. 259, prevedono la cadenza di rinnovo delle offerte e della fatturazione dei servizi, ad esclusione di quelli promozionali a carattere temporaneo di durata inferiore a un mese e non rinnovabile, su base mensile o di multipli del mese ». La novella ha altresì disposto: a) l’obbligo di adeguamento di tutti gli operatori di TLC, al di là dalla tecnologia usata, a tal cadenza di fatturazione entro 120 gg. dall’entrata in vigore della legge di conversione;
b) la garanzia dell’AGCOM sulla pubblicazione dei servizi offerti e delle tariffe generali, in modo da consentire ai consumatori scelte informate;
c) il potere dell’AGCOM di ordinare «… in caso di violazione del comma 1-bis… all'operatore la cessazione della condotta e il rimborso delle eventuali somme indebitamente percepite o comunque ingiustificatamente addebitate agli utenti, indicando il termine entro cui adempiere, in ogni caso non inferiore a trenta giorni …». Il successivo co. 4 previde pure che « la violazione delle disposizioni di cui ai commi 1, 1-bis, 1-ter, 2, 3, 3-bis, 3-ter e 3-quater è sanzionata dall'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni applicando l'articolo 98, comma 16, del codice delle comunicazioni elettroniche, di cui al decreto legislativo 1º agosto 2003, n. 259, e successive modificazioni. L'inottemperanza agli ordini impartiti ai sensi del comma 1-quinquies è sanzionata applicando l'articolo 98, comma 11, del medesimo codice …».

3.1. – L’adito TAR, con sentenza n. 3261 del 22 marzo 2018, ha respinto l’impugnazione attorea, poiché: a) la delibera n. 121/17/CONS fu adottata dall’AGCOM nell’esercizio dei poteri di regolazione riconosciuti dall’art.1 della l. 249/1997 e, nella specie, «… tale potere è posto anche al fine di garantire in concreto una tutela effettiva alla parte debole del rapporto contrattuale dei servizi di telefonia, ovvero all’utente del servizio …»;
b) detta delibera fu emanata «… al fine di consentire all’utente, in un regime di asimmetria informativa cui porre rimedio, la trasparenza e in particolare la confrontabilità delle varie offerte, ex art.71 del D.Lgs. n. 259 del 2003 …»;
c) siffatta regolazione si fondava su valutazioni tecnico-discrezionali all’evidenza non irragionevoli, essendosi attestata su «… livelli minimi di intervento, lasciando pressoché intatta l’autonomia negoziale degli operatori sui contenuti rilevanti del rapporto contrattuale, quali modalità di erogazione del servizio e prezzo”, senza comprimere eccessivamente l’autonomia negoziale degli operatori …». Il TAR ha inoltre precisato che, ben lungi dall’abrogare la delibera n. 121/17/CONS, la regola generale posta dall’art. 19- quinquiesdecies del DL 148/2017 «… si salda con la disciplina dettata dall’Autorità, rafforzandone le previsioni e disponendo per l’avvenire …», sì da escludere ogni incompatibilità tra la regolazione anteriore ed il citato jus superveniens .

Contro tal sentenza, Fastweb s’è appellata col ricorso NRG 4892/2018, tuttora pendente.

3.2. – Con la delibera n. 500/17/CONS, l’Autorità ritenne d’aver accertato che Fastweb s.p.a. non avesse ottemperato alle prescrizioni stabilite dalla delibera n. 121/17/CONS.

Sicché l’Autorità anzitutto irrogò alla Fastweb s.p.a. una sanzione di € 1.160.000. Inoltre le impose, secondo detta Società senza contestarle previamente alcunché e senza contraddittorio, di «… provvedere –in sede di ripristino del ciclo di fatturazione con cadenza mensile o di multipli del mese– a stornare gli importi corrispondenti al corrispettivo per il numero di giorni che, a partire dal 23 giugno 2017, non sono stati fruiti dagli utenti in termini di erogazione del servizio a causa del disallineamento fra ciclo di fatturazione quadrisettimanale e ciclo di fatturazione mensile. Nella prima fattura emessa con cadenza mensile l’operatore è tenuto a comunicare con adeguato risalto che lo storno è avvenuto in ottemperanza al presente provvedimento …».

Avverso tal statuizione e la nota 9/17/DTC, detta Società ha nuovamente adito il TAR Lazio, con il ricorso NRG 1424/2018, deducendo undici gruppi di censure. Nelle more di tal giudizio, il TAR ha accolto la domanda cautelare, con l’ordinanza n. 997 del 22 febbraio 2018, ritenendo che l’ingiunta restituzione monetaria dei giorni c.d. “erosi” fosse gravosa per la Società, sotto i profili economico e di concreta applicazione d’una siffatta misura.

È intervenuta quindi la delibera n. 113/18/CONS del 1° marzo 2018, con la quale l’AGCOM ha revocato la precedente delibera n. 500 nella parte in cui aveva imposto la restituzione “monetaria”, sostituendo l’invero complicato meccanismo dello storno economico (sì con pagamento diretto ai consumatori, ma col paradossale effetto concreto di vincolarli all’operatore fino all’intero saldo), con quello, d’analogo risultato, dell’erogazione gratuita delle prestazioni per un numero di giorni equivalente a quello cui lo stesso ordine di storno si sarebbe riferito. La delibera n. 113 è stata a sua volta gravata dalla Fastweb s.p.a. con l’atto per motivi aggiunti depositato il 22 marzo 2018.

Col secondo atto per motivi aggiunti dell’11 giugno 2018, la ricorrente ha impugnato, oltre alla già gravata delibera n. 113, pure il decreto presidenziale n. 9/18/Pres del precedente 9 aprile e la ratifica di questo ad opera delibera n. 187/18/CONS dell'11 aprile 2018.

A seguito di ciò, l’AGCOM ha emanato anche la delibera n. 269/18/CONS del 6 giugno 2018, pubblicata il successivo 3 luglio, con cui l’AGCOM ha disposto, nei confronti di tutti gli operatori telefonici e, quindi, della stessa Fastweb, un nuovo termine per l’adempimento agli obblighi di cui alle delibere nn. 112/18/CONS e seguenti, tra cui la n. 113/18/CONS. Anche contro tal statuizione la Fastweb, in data 29 agosto 2018, ha depositato un terzo atto per motivi aggiunti, deducendo vari profili di censura, in parte simili a quelli dei due atti precedenti e in parte incentrati sul difetto di motivazione del differimento del predetto termine al 31 dicembre 2018, basato sul generico ed inconferente accenno alla struttura aziendale attorea e non tenendo conto delle osservazione formulate dalla ricorrente all’Autorità.

4. – Con dispositivo n. 11306 del 21 novembre 2018, l’adito TAR ha dichiarato il ricorso della Fastweb in parte improcedibile e in parte infondato, accogliendo una domanda per quanto di ragione. Avverso tal dispositivo la Fastweb s.p.a. ha proposto l’appello di cui al ricorso in epigrafe, deducendo vari profili di censura.

Con sentenza n. 1956 del 14 febbraio 2018, l’adito TAR ha pubblicato la motivazione sulla controversia in esame.

4.1. – Contro detta sentenza è intervenuto l’atto per motivi aggiunti depositato l’8 marzo 2019, con cui la Società appellante ora ne deduce, in via principale, l’erroneità per non aver colto:

I) – ad onta di quel che predicano le impugnate delibere, l’insussistenza di giorni “erosi” sul piano economico discendenti dalla fatturazione con cadenza quadrisettimanale, anziché mensile nel periodo di vigenza della delibera n. 121 —come, cioè, se l’appellante avesse così lucrato un compenso maggiore di quello cui avrebbe avuto diritto come giusta remunerazione, mentre ottenne il corrispettivo per il servizio erogato in base alla nuova cadenza a 28 (di rinnovo)/56 giorni (di fatturazione)—, donde l’assenza d’anomalie con riguardo sia al rapporto tra servizio reso e prezzo pagato per singola unità di tempo sia ad ogni incertezza (per il TAR riconducibile al disallineamento tra data fatturazione e la data in cui la buona parte dei clienti, lavoratori dipendenti, impostano con cadenza mensile il pagamento automatico dei conti telefonici tramite RID bancario) e, quindi, non si può parlare d’uno squilibrio sinallagmatico per assenza d’un termine variabile d’adempimento (per il TAR, che avrebbe reso più difficoltoso l’adempimento del debito da parte degli utenti), né di violazione dei doveri di buona fede oggettiva e correttezza ex artt. 1175 e 1375 c.c., né di difetto delle garanzie informative ex art. 70 CCE, fermo restando che l’aumento della tariffa, pari a circa l’8,6%, è stato mantenuto pure dopo il ripristino della cadenza mensile;

II) – l’illegittimità dell’assunto sul fondamento della potestà di eterointegrazione dei contratti tra operatori ed utenti (necessaria per garantire l’attuazione della delibera n. 121), nella specie esercitata da AGCOM e basata sull’art. 71 CCE (in attuazione di principi posti dall’art. 8, n. 2, lettere a e b e n. 4, lettere b e d della dir. n. 2002/21/CE, i quali definiscono gli obbiettivi generali ed i principi dell’attività di regolazione e recepiti nell’art. 13, commi 4 e 6 CCE), nonché sull’art. 2, co. 12, lettere c), d), h) e l) della l. 14 novembre 1995 n. 481 e sull’art. 1, co. 6, n. 2) della l. 31 luglio 1997 n. 249 —che assumono il carattere di parametro di validità del contratto, le cui clausole difformi quanto previsto dall’AGCOM sono nulle ai sensi dell’art. 1418 c.c., appunto a causa della cadenza di fatturazione unilateralmente ridotta a 28 gg. ed alla circostanza che nell’anno l’utenza paga 13 e non più 12 volte il prezzo del servizio, deteriorandone la qualità—, sì da legittimare detta Autorità ad imporre l’obbligo restitutorio dei giorni erosi, mentre in realtà: a) l’ordine restitutorio è una coercizione ingiunta da un corpo amministrativo, che può farlo solo in base all’art. 23 Cost. e nei tassativi casi in cui la legge glielo consente;
b) il potere sanzionatorio è cosa diversa dalla potestà di regolazione o di regolamentazione d’una qualunque attività, sicché non per ciò solo detta Autorità l’avrebbe potuto esercitare per garantire il rispetto delle regole precedentemente fissate e, in ogni caso, solo se almeno una delle norme richiamate dal TAR lo avesse previsto in maniera esplicita (il che non è);
c) comunque l’Autorità non può usare a fini sanzionatori il potere di regolazione quando la legge le attribuisce, in base all’art. 98 CCE, uno specifico potere per sanzionare l’inottemperanza degli operatori agli atti che essa ha emanato;
d) i poteri attribuiti all’AGCOM dall’art. 98 sono disaggregati, per cui essa esercitare soltanto il potere sanzionatorio specificamente previsto per ciascuna delle ipotesi colà previste;
e) nella specie, la violazione dell’art. 71 CCE è sanzionata solo ai sensi dell’art. 98, co. 17 CCE, che richiama l’art. 1, co. 31 della l. 249/1997 (cioè la sola sanzione pecuniaria);
f) a tutto concedere, l’Autorità non avrebbe mai potuto imporre un obbligo restitutorio e men che mai generalizzato, poiché così avrebbe esercitato un potere di risoluzione di controversie, il quale, però ed ai sensi dell’art. 84, co. 1 CCE, s’invera con altre procedure ed altre misure;
g) è pur sempre inconferente il richiamo dell’AGCOM alle disposizioni di cui all’art. 2, co. 12, lettere d), h) e l) della l. 481/1995 ed all’art. 1, co. 6, lett. b) della l. 249/1997, trattandosi di misure o rimedi relativi ai rapporti diretti tra Autorità ed operatori;
h) è mancata la specifica pronuncia del TAR sulla deduzione attorea contro il difetto assoluto di potere dell’Autorità nell’imporre l’obbligo restitutorio, non potendosi invocare le citate norme della legge n. 481, fermo restando che l’Autorità, con le delibere n. 73/11/CONS e n. 347/18/CONS, ha predeterminato i casi in cui agli utenti spettava un indennizzo automatico;

III) – il senso della doglianza attorea sull’effetto caducante del jus superveniens stabilito dall’art. 19-quinquiesdecies del DL 148/2017 nei confronti della delibera n. 121/17/CONS, prodottosi in base non già, come dice il TAR, all’art. 15 preleggi, ma su un pacifico principio di diritto pubblico —secondo cui la soppressione, ad opera di una legge successiva, di un potere amministrativo ha effetto caducante di tutti gli atti regolamentari, qual è appunto la citata delibera n. 121 (atto cogente e non necessitato, né chiesto ad istanza di parte), adottati nell’esercizio del potere così soppresso—, mentre detto art. 19-quinquiesdecies ha cristallizzato la disciplina della materia « cadenza della fatturazione per il servizi di TLC » (ormai non più liberamente modificabile dall’Autorità), donde la caducazione della citata delibera n. 121 e degli atti consequenziali, ferma comunque l’omessa pronuncia del TAR sul conflitto tra il termine posto dall’art. 19-quinquiesdecies entro il quale gli operatori di TLC avrebbero dovuto adottare la cadenza mensile (120 giorni, scadenza al 5 aprile 2018) e quello entro cui gli operatori di telefonia erano obbligati a restituire i giorni “erosi” (dal 23 giugno 2017 fino al momento dell’effettiva adozione della cadenza mensile per la fatturazione ed il rinnovo delle offerte), sicché, essendo per il TAR tal art. 19-quinquiesdecies la norma applicabile a partire dal 6 dicembre 2017 alla cadenza mensile di fatturazione (ma che non impone di adottarla prima del 5 aprile 2018), allora nel periodo compreso tra le due date testé citate il mantenimento di una cadenza diversa da quella mensile è lecito e, quindi le delibere AGCOM impugnate in primo grado sono sicuramente illegittime laddove estendono l’obbligo restitutorio ai giorni “erosi” nel periodo indicato, sicché, onde evitare ogni irrazionale gestione della complessa vicenda derivante dalla simultanea applicazione della delibera n. 121 e del DL 148/2017 (come adombra il TAR), solo questo è l’unico applicabile al caso in esame e determina la caducazione di quella.

IV) – l’importanza dirimente della censurata violazione delle garanzie partecipative procedimentali nell’emanazione delle impugnate delibere, non obliterandone l’illegittimità il fatto dell’alternarsi di provvedimenti cautelari emanati nel giudizio di prime cure (per il TAR invece idoneo a consentire agli operatori d’esternare le proprie posizioni, sì da indurre l’AGCOM ad emanare statuizioni di volta in volta correttive), giacché, per un verso, siffatte garanzie vanno ottemperate nell’àmbito del procedimento amministrativo e non sono surrogabili nel processo (in disparte l’inequivoco dato normativo, a cagione delle insopprimibili differenze ontologiche tra l’uno e l’altro) e neppure se questo Giudice adotti misure cautelari conformative della successiva attività della P.A. e, per altro verso, non è vero che non siano emersi in sede giurisdizionale elementi per dimostrare invece l’utilità della partecipazione dell’appellante specie ad un procedimento sanzionatorio (per contro il TAR subordina l’illegittimità sul mancato rispetto di dette garanzie alla dimostrazione, ad onere della parte, che tal partecipazione sia stata utile), tant’è che la serena lettura degli atti processuali dimostra come detta Società abbia illustrato più volte le circostanze che non poté rappresentare ex ante all’AGCOM e che invece erano rilevanti rispetto ai provvedimenti di quest’ultima (p. es., l’estrema difficoltà, se non l’impossibilità materiale, di determinare per ognuno dei propri clienti il numero dei giorni “erosi”, di svolgere tal attività verso i clienti migrati ad altro operatore, ecc.);

V) – ad onta dei profili tecnici dedotti e dell’estrema difficoltà materiale di restituire l’equivalente dei giorni “erosi” a tutti ed a ciascun cliente (al di là del contenuto e della storia dei loro contratti), che tal restituzione non sarebbe potuta esser mai meno afflittiva del rimborso (equivalendo il differimento della fattura comunque ad un mancato ricavo), oltreché in pratica irripetibile in un contesto ancora sub judice , donde l’irrazionalità d’una tal scelta;

VI) – nell’affermare che il decreto n. 9/18/PRES servisse solo ad adempiere al decreto cautelare monocratico, a sospendere allo stato la procedura restitutoria e ad ammettere gli operatori al contraddittorio (sia pur limitato tempi da indicare per la restituzione dei giorni “erosi”), il vero contenuto della censura attorea —secondo cui, da un lato, l’Autorità avrebbe dovuto individuare modalità meno afflittive e più proporzionate al risultato da conseguire e, dall’altro, non v’erano i presupposti di straordinaria necessità e urgenza per l’esercizio del potere presidenziale—, mentre la misura cautelare non le impose pure d’emendare i possibili vizi della delibera n. 113/18, donde l’oggettiva insussistenza delle ragioni sottese al decreto n. 9/18 e l’invalidità di tutti gli atti ad esso successivi e conseguenti;

VII) – di non aver correttamente o per nulla pronunciato sulla doglianza attorea: a) sull’inesistenza del potere (e quindi del dovere) dell’AGCOM di garantire un ristoro agli utenti, l’unico dovere per questa essendo d’irrogare la sanzione pecuniaria prevista dall’art. 98 CCE;
b) circa il richiamo della delibera n. 121/17/CONS, ricordata dall’appellante solo per evidenziare che il “dovere”, di cui parla l’Autorità, in realtà non esiste;
c) in ogni caso, l’AGCOM non avrebbe potuto esercitare il potere sanzionatorio, qualunque ne fosse il contenuto, finché il Consiglio di Stato non avesse giudicato sull’appello verso il rigetto dell’impugnazione attorea della delibera sanzionatoria n. 121/17/CONS, a nulla rilevando, come invece afferma il TAR, che quest’ultima o la sentenza che ne respinse il ricorso non risultino sospese, posto che una sanzione non va irrogata fintanto che il presupposto per l’esercizio del potere sanzionatorio non si sia definitivamente consolidato;
d) sulla sanzione di cui alla predetta delibera n. 121, il solo potere dell’AGCOM essendo quello d’aver irrogato la sanzione pecuniaria già in base alla delibera n. 500/17/CONS;
e) sull’inadeguatezza in sé del termine (31 dicembre 2018) assegnato dalla delibera n. 269/18/CONS per eseguire la restituzione dei giorni “erosi”, dal TAR ritenuto comunque congruo per gli operatori (che avrebbero ben potuto adempiere fin dal 6 giugno 2018) e invece incurante dei problemi rappresentati, specie con riguardo alla posizione personale di ciascun cliente e stante il difetto d’istruttoria in ordine agli strumenti tecnici (tant’è che il XV motivo del terzo atto per motivi aggiunti viene riproposto);
f) sulla possibilità di rateazione dell’adempimento, prevista sì dalla delibera n. 269/18/CONS, ma su cui la sentenza appellata sorvola;
g) sul contenuto del decreto n. 9/18/PRES, che aveva sì soppresso il termine originariamente fissato dalla delibera n. 113/18/CONS e disposto un’audizione al fine di determinarne uno nuovo entro cui gli operatori avrebbero dovuto far cessare gli effetti della cadenza di fatturazione a 28 giorni, ma senza dare alcuna indicazione di quale sarebbe potuto essere il nuovo termine e se si potessero modificare le modalità d’adempimento, essendo tutto rimesso alla nuova delibera che l’AGCOM avrebbe adottato in futuro;

VIII) – aver dichiarato inammissibile il XII motivo del terzo atto per motivi aggiunti (perché basato su mere ipotesi indimostrate sul carattere non neutrale della misura restitutoria sotto il profilo economico-finanziario), cosa, questa, erronea per l’aspetto sia probatorio (non v’è contraddizione con altre doglianze;
entrambe le forme di compensazione implicano per l’operatore una perdita non recuperabile e minano l’equilibrio economico-finanziario;
i maggiori proventi furono reinvestiti nel mercato da tutti gli operatori, come risulta dal report annuale

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