Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2022-01-21, n. 202200394
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Pubblicato il 21/01/2022
N. 00394/2022REG.PROV.COLL.
N. 00572/2017 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 572 del 2017, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato R G, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Valadier n. 36;
contro
Ministero della Giustizia, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’ Avvocatura Generale dello Stato, con domiciliata ex lege in Roma, V dei Portoghesi 12;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima) n. -OMISSIS-/2016, resa tra le parti, concernente l’annullamento del provvedimento del Ministero della Giustizia-Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, datato -OMISSIS-di reiezione della domanda di ricostruzione giuridica ed economica della carriera-risarcimento danni;
Visto il decreto del Presidente della Sezione n. 3/2022, adottato ai sensi dell’art. 7 bis d. l. 23/07/2021 n. 105, convertito con modificazioni dalla l. 16/09/2021 n. 126, come modificato dall’art. 16, comma 5, del d.l. 30/12/2021 n. 228;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero della Giustizia;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 18 gennaio 2022 il Cons. Carmelina Addesso e udito per la parte appellante l’Avv. R G;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Il sig -OMISSIS-chiede la riforma della sentenza del Tar Lazio, sede Roma, sezione prima quater, n. -OMISSIS- 2016 che ha respinto il ricorso per l’annullamento del provvedimento ministeriale del -OMISSIS-di rigetto della domanda di ricostruzione giuridica ed economica di carriera.
2. Con sentenza n. -OMISSIS-/2000, non appellata, il TAR Lazio aveva annullato il provvedimento direttoriale del -OMISSIS-1998 con cui era stata disposta l’esclusione dell’appellante dall’assunzione nel Corpo di Polizia Penitenziaria a causa di un procedimento penale definito con sentenza di condanna a 50 giorni di reclusione per emissione di assegno senza autorizzazione e provvista.
2.1 In ottemperanza alla sentenza sopra citata, l’amministrazione riammetteva il sig. -OMISSIS-alla frequenza del secondo ciclo di formazione, a cui conseguiva, in data -OMISSIS-, la nomina ad agente nel ruolo del Corpo di Polizia penitenziaria, ma negava la ricostruzione della carriera ai fini giuridici ed economici per i periodi intercorrenti tra la data di esclusione a quella di riammissione in servizio, sulla scorta del rilievo che nulla era stato disposto sul punto dalla sentenza di annullamento dell’esclusione.
2.2 Il provvedimento di diniego veniva impugnato dal sig. -OMISSIS-con ricorso al TAR Lazio che, con sentenza n. -OMISSIS-/2016, lo respingeva, con compensazione delle spese. Osservava, in particolare, il giudice di primo grado che la domanda di ricostruzione della carriera ai fini giuridici ed economici per il periodo intercorso tra l’esclusione e la reintegrazione in servizio non poteva essere accolta per la mancata instaurazione del rapporto di pubblico impiego, perfezionatosi solo successivamente alla riammissione con l’adozione del provvedimento di nomina ad agente scelto.
3. Con ricorso in appello notificato in data 25 gennaio 2017 e depositato in data 2 febbraio 2017 il sig. -OMISSIS-chiede la riforma della sentenza di primo grado per i seguenti motivi:
1) Sulla dichiarata infondatezza della domanda di restitutio in integrum ai fini giuridici ed economici del rapporto di impiego – Eccesso di potere per travisamento dei fatti . Deduce l’appellante di essere stato escluso dal completamento di un’attività di formazione con esito certo, attività comunque susseguente ad un rapporto di lavoro già istaurato con la P.A. resistente, sebbene sotto una diversa qualifica, atteso che, al momento dell’esclusione, aveva appena terminato di prestare servizio presso la Casa Circondariale di -OMISSIS-secondo quanto previsto dal percorso di formazione e tirocinio, antecedente alla nomina definitiva ma successivo alla fase di selezione;
2) Sul quantum debeatur a titolo di risarcimento del danno. Eccesso di potere per omessa censura. L’appellante lamenta l’erroneità della sentenza, laddove di fatto non si pronuncia su una parte del petitum ovvero sulla domanda risarcitoria. Pertanto, nella denegata ipotesi in cui dovesse essere respinta la richiesta di ricostruzione di carriera, deve essere riconosciuto il risarcimento del danno cagionato dal ritardo nell’immissione in servizio, danno che va quantificato ed individuato negli emolumenti dovuti dall’ordine di cessazione dal servizio del -OMISSIS-, data nella quale il Sig. -OMISSIS-ha ripreso il servizio.
4. In data 16 marzo 2017 si è costituito il Ministero della Giustizia, Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, instando per la reiezione dell’appello.
5. All’udienza del 18 gennaio 2022 la causa è stata trattenuta in decisione.
6. L’appello è infondato.
7. Con il primo motivo l’appellante censura il capo della sentenza impugnata che ha respinto la domanda di ricostruzione della carriera ai fini giuridici ed economici sul rilievo che, al momento dell’illegittima esclusione, non era ancora stato instaurato un rapporto di impiego con l’amministrazione, non essendo ancora intervenuta la nomina ad agente scelto. Deduce l’appellante che, contrariamente a quanto affermato dal TAR, il rapporto doveva ritenersi già sussistente, sebbene sotto diversa qualifica, in quanto il sig. -OMISSIS-stava svolgendo il percorso di formazione e tirocinio e aveva già prestato servizio presso la Casa circondariale di -OMISSIS-.
7.1 Il motivo è infondato.
7.2 La costituzione del rapporto di impiego con l’amministrazione penitenziaria non può che discendere dalla nomina ad agente di polizia penitenziaria con conseguente giuramento e immissione in ruolo e non può essere retrodatata, come sostiene l’appellante, al momento della conclusione del primo ciclo di formazione (con conseguente nomina ad agente in prova), il cui effetto è circoscritto alla mera ammissione al secondo ciclo di formazione, al termine del quale solo chi abbia superato gli esami di fine corso e abbia ottenuto il giudizio di idoneità al servizio viene nominato agente di polizia penitenziaria (art 6, commi 2 e 3, d. lgs 30/10/1992, n. 443 recante “ Ordinamento del personale del Corpo di polizia penitenziaria, a norma dell'art. 14, comma 1, della L. 15 dicembre 1990, n. 395 ”) . Gli agenti in prova che non hanno superato gli esami di fine corso, invece, sono ammessi, ove ritenuti idonei al servizio, a ripetere per non più di una volta il secondo ciclo nonché agli esami finali, il cui mancato superamento comporta unicamente la dimissione dal corso (art 6 comma 4 d.lgs 443/1992), senza che si produca alcun effetto risolutivo sul rapporto di pubblico impiego, non ancora instaurato.
7.3 Ne discende che il corso di formazione, lungi dal costituire una fase ad esito certo, secondo l’automatismo prospettato dall’appellante (cfr. pag 5 appello), rappresenta una fase prodromica ad esito variabile, connotata da valutazioni di discrezionalità tecnica concernenti il profitto e l’idoneità al servizio di polizia penitenziaria, mentre la costituzione del rapporto di lavoro consegue alla nomina ad agente effettivo e al relativo giuramento, con conseguente immissione in ruolo.
7.4 Per le ragioni sopra indicate, correttamente l’amministrazione, prima, e il giudice di primo grado, poi, hanno escluso che dall’effetto conformativo della sentenza n. -OMISSIS-/2000 scaturisse un diritto alla retrodatazione degli effetti giuridici ed economici del rapporto di pubblico impiego, la cui costituzione afferiva a fasi procedimentali successive ed estranee al perimetro del giudicato, rimesse a provvedimenti tecnico discrezionali dell’amministrazione.
7.5 Sul punto non può che richiamarsi il consolidato principio per cui, a differenza dell’annullamento di un provvedimento di destituzione dal servizio, con conseguente restitutio in integrum , comportante la piena reintegrazione del dipendente a vedersi attribuire la retribuzione per i periodi di lavoro non prestato a causa dell'illegittima interruzione del rapporto di servizio in corso (Cons. Stato Sez. IV, 18-11-2011, n. 6103), alla decisione giurisdizionale di annullamento di un provvedimento che abbia illegittimamente negato l'assunzione in servizio non corrisponde la retroattività degli effetti economici, a ciò ostando il consolidato principio di corrispettività delle prestazioni delle parti del rapporto di pubblico impiego (Cons. Stato sez. VI, 20/05/2021, n. 3907; sez. III, 03/10/2011, n. 5426).
7.6 Nel caso di specie, non essendo ancora intervenuto, al momento dell’esclusione, un provvedimento di nomina nella qualifica, non è configurabile alcun diritto alla retrodatazione nè giuridica-non sussistendo un rapporto di impiego- nè economica, non avendo l’appellante prestato alcuna attività lavorativa.
7.7 Sotto altro profilo, osserva Collegio che l’appellante non ha nemmeno impugnato il provvedimento di nomina in ruolo quale agente di polizia penitenziaria -con il quale è stata fissata la decorrenza giuridico-economica del rapporto d'impiego- provvedimento che, avendo natura costitutiva, preclude ogni accertamento diretto sulla pretesa alla retrodatazione sollecitata e su eventuali pretese risarcitorie.
7.8 Per le ragioni sopra indicate, il primo motivo di appello è infondato e deve essere respinto.
8. Con il secondo motivo, l’appellante censura la sentenza impugnata nella parte in cui non si è pronunciata sulla domanda subordinata di risarcimento del danno dal ritardo nell’immissione in servizio, da quantificarsi negli emolumenti dovuti a far data dall’ordine di cessazione dal servizio del -OMISSIS-, data nella quale il Sig. -OMISSIS-ha ripreso il servizio.
8.1 Con il motivo sopra indicato l’appellante chiede il risarcimento del danno da ritardo ( sub specie di ritardata immissione in servizio) conseguente all’illegittimo provvedimento di esclusione, annullato dal TAR con la più volte citata sentenza -OMISSIS-/2000. Il danno di cui si chiede il risarcimento, infatti, non è stato cagionato, sul piano eziologico, dal provvedimento di diniego della ricostruzione di carriera, oggetto del presente giudizio, ma dall’esclusione oggetto del giudizio definito con la sentenza n. -OMISSIS- (cfr. pag. 7 del ricorso in appello ove si afferma “ il diritto dell’appellante al risarcimento del danno cagionato dal ritardo nell’immissione in servizio ”).
8.2 La domanda risulta, pertanto, irricevibile in quanto proposta oltre il termine di cui all’art 30 comma 5 c.p.a.
8.3 La stessa è, in ogni caso, anche infondata, essendosi il ricorrente limitato a chiedere il risarcimento, senza fornire alcuna prova dei pregiudizi che assume essere derivati dalla condotta illecita. Il danno da ritardo, infatti, non può identificarsi, tautologicamente, nel ritardo in sé, essendo onere della parte che lo invoca fornire la prova di tutti gli elementi costitutivi della responsabilità ai sensi dell’art 2043 c.c.
In sede di quantificazione per equivalente del danno in ipotesi di omessa o ritardata assunzione, pertanto, questo non si identifica in astratto nella mancata erogazione della retribuzione e della contribuzione (elementi che comporterebbero una vera e propria restitutio in integrum e che possono rilevare soltanto sotto il profilo della responsabilità contrattuale), occorrendo invece caso per caso individuare l’entità dei pregiudizi di tipo patrimoniale e non patrimoniale che trovino causa nella condotta illecita del datore di lavoro (cfr., ex multis , Cons. Stato, Sez. II 28/01/2021 n. 841;Sez. V, 30 giugno 2011, n.3934).
8.4 Nulla è stato provato sul punto da parte appellante, donde l’infondatezza nel merito del motivo in esame.
9. In conclusione, l’appello è infondato e deve essere respinto.
10. Sussistono giustificati motivi, stante la natura della controversia, per compensare tra le parti le spese del presente grado di giudizio.