Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2012-04-20, n. 201202348

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2012-04-20, n. 201202348
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201202348
Data del deposito : 20 aprile 2012
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 08850/2011 REG.RIC.

N. 02348/2012REG.PROV.COLL.

N. 08850/2011 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 8850 del 2011, proposto dall’Impresa Luigi Giudici S.p.A., rappresentata e difesa dagli avv. M L, V L, C D V, con domicilio eletto presso l’avv. C D V in Roma, via Merulana, 234;
R Srl, rappresentata e difesa dagli avv. C D V, V L, M L, con domicilio eletto presso l’avv. C D V in Roma, via Merulana, 234;

contro

Idra Patrimonio Spa, rappresentata e difesa dall'avv. M V, con domicilio eletto presso l’avv. Giovanni Corbyons in Roma, via Maria Cristina N. 2;

nei confronti di

Giavazzi Srl, Cooperativa Selciatori e Posatori Strade e Cave A Rl;

per l'ottemperanza

della sentenza del Consiglio di Stato - Sez. VI n. 04603/2008, resa tra le parti, concernente OTTEMPERANZA alla sentenza del TAR Lombardia, Milano, 10 ottobre 2007 n. 5849 AFFIDAMENTO SERVIZIO IDRICO INTEGRATO


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

visto l'atto di costituzione in giudizio di Idra Patrimonio Spa;

viste le memorie difensive;

visto l 'art. 114 cod. proc. amm.;

visti tutti gli atti della causa;

relatore nella camera di consiglio del giorno 13 marzo 2012 il Cons. Marzio Branca e uditi per le parti gli avvocati Reggio D'Aci, per delega dell'Avv. Della Valle, e Viviani;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. Come compiutamente riferito nella sentenza ottemperanda, Idra Patrimonio s.p.a., società ad integrale capitale pubblico locale, proprietaria delle reti, impianti e dotazioni per lo svolgimento del servizio idrico integrato nel territorio di 37 comuni dell’area milanese, espone di essere impresa qualificata per l’esecuzione di lavori per le categorie relative alla manutenzione ordinaria e straordinaria delle reti e degli impianti e per il completamento degli stessi. Per l’esecuzione di tali lavori lo statuto della società prevede l’esecuzione diretta o tramite controllate, quale Idra s.p.a., il cui capitale è interamente posseduto da Idra Patrimonio, anch’essa qualificata per i lavori in questione. Tali lavori sono finanziati per il 70% dall’ATO (ambito territoriale ottimale) della provincia di Milano con erogazioni annuali la cui entità variabile non consente affidamenti separati con appalti oggetto di specifiche ed autonome procedure;
l’unitarietà funzionale dell’intero sistema infrastrutturale e la sua stretta connessione con l’erogazione del servizio idrico integrato rendono necessario che l’intervento per manutenzioni, completamenti ed estensioni sia effettuato dal medesimo operatore, almeno per un consistente arco temporale.

In ragione di tali peculiarità, la società ricorrente ha dato vita ad una procedura finalizzata alla creazione di una entità ad hoc, facendo leva sulla nozione di partenariato pubblico privato e all’istituto dell’accordo quadro.

Con bando pubblicato sulla GUCE il 4 marzo 2005 e sulla GURI il 10 marzo 2005 ha pertanto indetto una licitazione privata con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa ai sensi dell’art. 21 secondo comma legge n. 109 del 1994 (da determinarsi in base al prezzo offerto, al piano di gestione aziendale, all’ottimizzazione di ogni aspetto della gestione della società) per la “realizzazione dei lavori di manutenzione straordinaria, potenziamento ed estensione delle infrastrutture di proprietà e/o comunque strumenta-li al servizio idrico integrato”, “mediante selezione di un soggetto imprenditore con il quale costituire una società a responsabilità limitata”, specificando che tali lavori avrebbero avuto importo ciascuno inferiore a 3.000.000 euro, un costo complessivo annuale non superiore a 6.000.000 euro e massimo totale di 30.000.000 nel quinquennio. L’istituenda società, con il nome di Costruzion.e s.r.l. avrebbe avuto durata di cinque anni, con restituzione ai soci, all’atto dello scioglimento, della quota parte del capitale residuo versato.

2. Le società Luigi Giudici, R e Costruzioni Cerri, hanno impugnato con ricorso straordinario al Presidente della Repubblica il bando di gara, il disciplinare e la lettera di invito;
il ricorso è stato trasposto davanti al TAR della Lombardia, a seguito dell’opposizione di Idra Patrimonio.

Nella seduta del 7 dicembre 2005, la Commissione giudicatrice ha proceduto alla valutazione delle offerte pervenute, classificando come la migliore quella dell’ATI con capogruppo Cooperativa Selciatori e Posatori;
il verbale della seduta è stato approvato con deliberazione del 16 dicembre 2005 dal consiglio di amministrazione di Idra Patrimonio, la quale, con deliberazione n. 80 del 2005, ha approvato lo schema di statuto della nuova società, indicando quali soci le imprese aggiudicatarie e procedendo quindi alla costituzione della srl Costruzion.e.

3. Con sentenza del 10 ottobre 2007 n. 5849, il TAR ha accolto il ricorso di cui al punto 2, annullando gli atti impugnati, sul presupposto che l’operazione posta in essere da Idra Patrimonio si poneva in contrasto con il principio di tassatività e nominatività degli istituti e strumenti dell’ordinamento pubblico, anche di derivazione comunitaria e che non possa ammettersi che attraverso la società mista sia possibile dar corso all’esecuzione di lavori pubblici, per il cui affidamento è invece imposto l’espletamento di gare ad evidenza pubblica, non essendo la società a partecipazione mista espressamente contemplata dall’art. 10 legge n. 109 del 2004 tra i soggetti ai quali è possibile l’affidamento diretto di tali lavori, contrariamente a quanto previsto per i servizi pubblici. Nè, secondo il TAR, poteva trovare applicazione l’art. 113 comma 5 ter d.lgs. n. 267 del 2000, poiché il modulo operativo di cui trattasi non è riconducibile all’istituto delle concessioni di costruzione (neppure nella forma del partenariato pubblico-privato di tipo istituzionalizzato) o a quello dell’appalto di lavori;
infine, neppure potrebbe essere invocato il modello dell’accordo quadro, difettandone i caratteri e la struttura tipici (in particolare, la sottoscrizione di una convenzione di carattere normativo cui conformare i successivi rapporti contrattuali).

4. Idra Patrimonio ha proposto appello contestando le proposizioni della sentenza di primo grado.

Hanno proposto appello anche le imprese che, riunite in ATI, sono risultate aggiudicatarie della gara.

Con la sentenza in epigrafe il Consiglio di Stato, Sezione VI, rigettate le eccezioni preliminari di inammissibilità del ricorso di primo grado, ha respinto l’appello, parzialmente modificando la motivazione esposta dai primi giudici.

Ricordati il parere della seconda Sezione di questo Consiglio di Stato n. 456 del 18 aprile 2007 e la sentenza dell’Adunanza Plenaria n. 1 del 3 marzo 2008, circa le condizioni alle quali è subordinata la legittimità dell’affidamento diretto di un servizio pubblico ad una società mista, la sentenza, fra l’altro, ha osservato: “ La illegittimità della procedura esperita da Idra Patrimonio nel caso di specie, allora, non risiede, come ha ritenuto il Tar nella sentenza impugnata, nel “contrasto della forma di società delineata con il principio di nominatività e tassatività degli istituti e degli strumenti dell’ordinamento pubblico, anche di derivazione comunitaria”, che, invece, conosce da tempo tale modulo operativo, ma nella indeterminatezza dei compiti che la nuova società sarà chiamata ad assolvere, in definitiva nella mancata identificazione dei concreti compiti operativi collegati all’acquisto della qualità di socio. Come si è già accennato, infatti, gli atti di gara non identificano con sufficiente precisione le opere oggetto dell’appalto, limitandosi la stazione appaltante a indicare gli importi e i costi in termini di massima e a precisare che la società avrebbe dovuto realizzare “tutti quei lavori …che l’ATO della provincia di Milano deciderà di finanziare con i suoi piani annuali”. La scelta del socio, ancorchè selezionato con gara, non avviene dunque per finalità definite, ma solo al fine della costituzione di una società “generalista”, alla quale affidare l’esecuzione di lavori non ancora identificati al momento della scelta stessa: tale circostanza rende di per sé illegittimo l’affidamento diretto dell’esecuzione dei lavori, secondo il modulo delineato con i contestati provvedimenti.

Sul piano sostanziale, può essere ancora aggiunto che la riscontrata illegittimità non riposa solamente su un motivo formale, ma trova corrispondenza sulla distorsione della concorrenza che concretamente ne deriva: è infatti evidente che la scelta di assumere l’incarico operativo per l’esecuzione di lavori indeterminati ma di rilevanti importi, e per la durata di un quinquennio, è di per sé discriminante in danno delle imprese di piccole dimensioni, che ben potrebbero, invece, concorrere per singoli lavori, di portata più limitata e ben precisata.”.

5. Mediante visure effettuate presso il Registro delle Imprese, l’impresa Luigi Giudici s.p.a. ha accertato che l’impresa Costruzion.e s.r.l., titolare dell’aggiudicazione annullata in primo e secondo grado (sentenza di appello n. 4603 del 2008), continuava a svolgere i lavori oggetto del contratto di appalto di manutenzione e ampliamento del servizio. Tanto risultava anche dal bilancio dell’anno 2009 acquisito a seguito di accesso ai documenti.

Secondo l’impresa Giudici la circostanza evidenziava un comportamento contrastante con l’obbligo di osservare i dettami enunciati dal giudicato.

Rimasta senza esito la diffida alla esatta ottemperanza, inoltrata il 23 aprile 2009, l’impresa Luigi Giudici s.p.a. ha proposto ricorso per l’esecuzione del giudicato con ricorso dinanzi al TAR della Lombardia, chiedendo al giudice di far cessare l’esecuzione del contratto stipulato in esito della aggiudicazione annullata entro un termine prestabilito, pena la nomina di un commissario ad acta, e di disporre l’estinzione della società Costruzion.e per impossibilità di conseguire l’oggetto sociale.

6. Con sentenza n. 1379 del 2011 il TAR adito, in accoglimento di eccezione avanzata dalla Idra Patrimonio s.p.a., si dichiarava incompetente a norma dell’art. 113 del c.p.a., osservando che, nella specie, il giudice di appello ha emesso un provvedimento di conferma della prima sentenza, caratterizzato da un contenuto conformativo diverso da quello enunciato dal primo giudice.

Il ricorso per l’ottemperanza, pertanto, veniva riproposto dinanzi al Consiglio di Stato.

La Idra Patrimonio s.p.a. si costituiva anche in questo giudizio chiedendo il rigetto della domanda.

Alla camera di consiglio del 13 marzo 2012 la causa veniva trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. Idra Patrimonio s.p.a., oltre l’inammissibilità del ricorso, su cui si tornerà in seguito, ne sostiene l’infondatezza affermando di aver ottemperato a quanto disposto dalla sentenza invocata.

Secondo la parte resistente, il Consiglio di Stato non ha ritenuto illegittimo l’affidamento a Costruzion.e s.r.l. della realizzazione dei lavori di manutenzione straordinaria, potenziamento ed estensione delle infrastrutture strumentali al servizio idrico integrato, bensì soltanto la procedura seguita a causa della indeterminatezza dei compiti affidati alla nuova società e precisamente la mancata identificazione dei concreti compiti operativi collegati alla qualità di socio. Per conseguenza la sentenza non imponeva la cessazione di ogni attività da parte della Costruzion.e e l’estinzione della medesima, ma la cessazione dell’affidamento diretto dell’esecuzione dei lavori ai soci privati secondo il modulo delineato con i contestati provvedimenti.

Si assume che a tale obbligo Idra Patrimonio ha puntualmente provveduto, ed infatti:

a) appena avuta conoscenza del dispositivo della decisione ha acquistato dai soci privati le loro partecipazioni nel capitale sociale di Costruzion.e, la quale pertanto è divenuta società a r.l. con unico socio, appunto Idra Patrimonio s.p.a.;

b) nel dicembre 2009 ha indetto una procedura aperta per la selezione di un imprenditore privato cui vendere il 20% del capitale sociale di Costruzion.e per l’esecuzione dei lavori di cui è causa, e ciò secondo i rilievi del Consiglio di Stato e, quindi, indicando, negli atti di gara “i concreti compiti operativi collegati all’acquisto della qualità di socio” identificando con precisione “le opere oggetto dell’appalto;

c) trasferito, con atto del 23 giugno 2010, agli imprenditori privati scelti con la nuova gara il 20% del capitale sociale di Costruzion.e s.r.l..

Si conclude che, pertanto, il giudicato deve ritenersi osservato.

2.1. Il Collegio non condivide la tesi di Idra Patrimonio.

Sia in primo grado che in appello, sia pure con diversa motivazione, sono stati annullati gli atti che hanno condotto all’affidamento alla società Costruzion.e dei lavori di manutenzione straordinaria, potenziamento ed estensione delle infrastrutture di proprietà e/o comunque strumentali al servizio idrico integrato in 37 comuni dell’area milanese.

Tale annullamento ha comportato il travolgimento del contratto posto in essere ed era quindi preciso dovere di Idra Patrimonio operare affinché non si proseguisse nell’esecuzione delle opere da parte della società affidataria.

E’ stato documentato, invece, che la Costruzion.e ha continuato negli anni 2008 e 2009 nell’esecuzione dei lavori previsti dall’appalto appalto per la quale era stata illegittimamente costituita, realizzando ricavi per oltre 28.000,00 euro.

Tale condotta ha determinato l’evidente sottrazione al libero mercato delle relative utilità, così rendendo sostanzialmente inutile l’esito del giudizio amministrativo definitivamente concluso.

E’ poi da aggiungere che l’intervento posto in essere da Idra Patrimonio, acquistando dai soci privati le loro partecipazioni nel capitale sociale di Costruzion.e, la quale pertanto è divenuta società a r.l. con unico socio, appunto Idra Patrimonio s.p.a., lungi dal costituire adempimento del giudicato, si è risolta nella conservazione alla stessa Costruzion.e della intera commessa, praticamente convertendo un affidamento illegittimo a società mista, in affidamento in house, in difetto delle circostanze che ne condizionano la legittimità.

Non occorre indagare se Costruzion.e, per effetto del giudicato, dovesse essere sciolta, assumendo esclusivamente rilievo, ai fini dell’ottemperanza, che cessasse l’attività alla stessa illegittimamente affidata, e ciò non è avvenuto.

2.2. Sotto un distinto profilo, non può condividersi la tesi della parte resistente secondo cui gli atti della gara bandita nel dicembre 2009 per l’acquisizione di nuovi soci privati, sarebbero conformi all’obbligo discendente dal giudicato.

L’effetto conformativo che scaturisce dalla sentenza ottemperanda, ossia il vincolo a non incorrere nella medesima illegittimità che è stata accertata, non può essere individuato con esclusivo riferimento ai passaggi conclusivi della motivazione, dovendo invece tenersi presente il più ampio complesso argomentativo esposto dal giudice del merito.

Nella specie risulta del tutto evidente che la decisione ottemperanda si fonda su valutazioni che discendono direttamente dal parere della seconda Sezione di questo Consiglio di Stato n. 456 del 18 aprile 2007 e dalla sentenza dell’Adunanza Plenaria n. 1 del 3 marzo 2008, atti esplicitamente citati, che hanno enunciato le condizioni alle quali è subordinata la legittimità dell’affidamento diretto di un servizio pubblico ad una società mista.

Nella sentenza n. 1 del 2008 dell’Adunanza Plenaria, in particolare, si leggono le seguenti proposizioni (punto 10 del “diritto”):

“In altri termini, secondo la sezione consultiva, la gestione del servizio può essere indifferentemente affidata con apposito contratto di appalto, o con lo strumento alternativo del contratto di società, costituendo apposita società a capitale misto. Nel caso del “socio di lavoro”, “socio industriale” o “socio operativo” (come contrapposti al “socio finanziario”), si è affermato che l’attività che si ritiene “affidata” (senza gara) alla società mista sia, nella sostanza, da ritenere affidata (con gara) al partner privato scelto con una procedura di evidenza pubblica, la quale abbia a oggetto, al tempo stesso, anche l’attribuzione dei suoi compiti operativi e la qualità di socio.

2.3. La sentenza ottemperanda si uniforma ai principi sopra enunciati, come emerge dal paragrafo IV del “diritto”, non adeguatamente considerato dalla odierna Società resistente, ove si legge:

“IV) Condizione perché possa essere ritenuto legittimo il ricorso alla scelta del socio, al fine della costituzione di una società che divenga affidataria dell’esecuzione dell’opera senza necessità di gara, è, secondo il predetto parere, che attraverso la procedura non si realizzi un affidamento diretto alla società mista, ma piuttosto un affidamento con procedura di evidenza pubblica dell’attività operativa della società mista al partner privato, tramite la stessa gara volta all’individuazione di quest’ultimo. Il modello, in altre parole, trae la propria legittimità dalla circostanza che la gara ad evidenza pubblica per la scelta del socio privato abbia ad oggetto, al tempo stesso, l’attribuzione dei compiti operativi e quella della qualità di socio.”.

Deve allora ammettersi che la proposizione, su cui fa leva la parte resistente, per cui l’illegittimità della procedura è fatta consistere “ nella mancata individuazione dei compiti concreti operativi collegati all’acquisto della qualità di socio”, va intesa come espressione sintetica della proposizione che immediatamente la precede, secondo cui lo strumento societario è ammissibile se, mediante procedura ad evidenza pubblica, si individua un soggetto privato cui si conferiscono compiti operativi, ossia gli si conferisce la posizione di socio che partecipa alla gara per conseguire il titolo ad eseguire l’appalto..

In altri termini, come ritenuto dall’Adunanza Plenaria secondo il diritto comunitario, il criterio guida nella utilizzazione della società mista è quello della salvaguardia della libera concorrenza, che risulta garantita solo se il capitale pubblico interviene senza sottrarre all’imprenditoria privata le utilità che questa potrebbe trarre da un affidamento del medesimo appalto al di fuori dello schema societario, in esito al semplice esperimento della gara per la scelta del contraente.

Ne consegue che la conformità allo schema ora delineato impone che al socio privato sia affidata – non un qualunque compito operativo, purché precisamente determinato – bensì ogni attività necessaria all’esecuzione dell’appalto che sia suscettibile di rendere una utilità economica.

Appare allora evidente – in base agli atti di gara posti in essere nel dicembre 2009, ed in particolare dal Disciplinare sui rapporti societari (art. 3) – che Idra Patrimonio, nell’ambito della società Costruzion.e, e quindi ai fini dell’esecuzione dell’appalto in questione, ha riservato a sé stessa rilevanti compiti operativi, quali l’amministrazione della società con locazione dei locali, la provvista del personale e i relativi beni strumentali;
la direzione dei lavori;
la redazione dei progetti esecutivi.

Tale modalità, ad avviso del Collegio, non corrisponde al modello di affidamento legittimo di opere pubbliche a società mista come sopra delineato, posto che la società appaltatrice a capitale pubblico non ha la facoltà di affidare direttamente alla propria controllata quote di attività nell’ambito dell’esecuzione di opere pubbliche, in violazione del principio di libera concorrenza.

Anche sotto questo profilo, pertanto, Idra Patrimonio ha posto in essere una operazione elusiva del giudicato.

4. La parte resistente svolge anche una eccezione di inammissibilità del ricorso, osservando che sarebbe stato onere della ricorrente, non già esperire il ricorso per l’esecuzione del giudicato, bensì procedere alla impugnazione degli adottati da Idra Patrimonio, posto che la sentenza non avrebbe impedito alla medesima Idra Patrimonio di provvedere alla attività gestoria, mediante l’adozione dei provvedimenti discrezionali resi necessari dall’intervenuto annullamento del precedente affidamento.

Si assume, in sostanza, che dal giudicato in questione non sarebbe derivato un obbligo talmente puntuale che la sua esecuzione dovesse concretarsi nella adozione di un atto il cui contenuto sia integralmente desumibile dalla sentenza.

L’eccezione va disattesa.

Al riguardo il Collegio non può che richiamare la costante giurisprudenza del Consiglio di Stato, dalla quale non ha motivo di discostarsi. E’ stato affermato, infatti, che ai sensi dell'art. 21-septies, l. 7 agosto 1990 n. 241, mentre la violazione del giudicato ricorre quando il nuovo atto emanato dalla Pubblica amministrazione riproduce i medesimi vizi già in tale sede censurati, o comunque si pone in contrasto con precise e puntuali prescrizioni provenienti dalla pregressa statuizione del giudice, l'elusione sussiste nei casi in cui l'Amministrazione, pur formalmente provvedendo a dare esecuzione ai precetti rivenienti dal giudicato, tende in realtà a perseguire l'obiettivo di aggirarli sul piano sostanziale, in modo da pervenire surrettiziamente al medesimo esito già ritenuto illegittimo.

Il vizio de quo sussiste, quindi, laddove l'Amministrazione, piuttosto che riesercitare la propria potestà discrezionale in conclamato contrasto con il contenuto precettivo del giudicato amministrativo, cerca di realizzare il medesimo risultato con un'azione connotata da un manifesto sviamento di potere, mediante l'esercizio di una potestà pubblica formalmente diversa, in palese carenza dei presupposti che la giustificano (Consiglio Stato , sez. IV, 04 marzo 2011 , n. 1415;
Consiglio Stato, sez. VI, 05 luglio 2011 , n. 4037).

5. Il ricorso, in conclusione, merita accoglimento, ma in considerazione della complessità delle questioni trattate, può disporsi la compensazione delle spese del presente giudizio.

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