Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2023-05-02, n. 202304454
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Pubblicato il 02/05/2023
N. 04454/2023REG.PROV.COLL.
N. 00551/2019 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 551 del 2019, proposto dal Comune di Milano, in persona del Sindaco
pro tempore
, rappresentato e difeso dagli avvocati G L, A M, R M e A T, con domicilio digitale come da PEC Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato G L in Roma, via Polibio, n. 15;
contro
i signori E P, P L, S D G, L L, L L, L L, L V, A V, P V, G D, P D, G P, M M, O M, R E, T Gtieri, Silvano Prete, Fabio Amilcare Gussoni, Giulia Eleonora Gussoni, Roberto Sibilio, Raffaella Nerina Costanza Mattioli, Pasquale Raffaele, Birgit Jebautzke, Laura Strambi Ferrini, Franco Gervasio e Saverio Zincarelli, rappresentati e difesi dall’avvocato Angela Francesca Canta, con domicilio digitale come da PEC Registri di Giustizia;
nei confronti
del signor A V, non costituito in giudizio;
per la riforma
della sentenza del T.a.r. per la Lombardia, Sezione I, n. 1485 del 12 giugno 2018, resa tra le parti, resa nel giudizio promosso per l’annullamento del provvedimento di autorizzazione dell’installazione di un chiosco per la somministrazione di alimenti in Foro Bonaparte, angolo via Ricasoli, Milano.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio dei signori E P, P L, S D G, L L, L L, L L, L V, A V, P V, G D, P D, G P, M M, O M, R E, T Gtieri, Silvano Prete, Fabio Amilcare Gussoni, Giulia Eleonora Gussoni, Roberto Sibilio, Raffaella Nerina Costanza Mattioli, Pasquale Raffaele, Birgit Jebautzke, Laura Strambi Ferrini, Franco Gervasio e Saverio Zincarelli;
Visti gli artt. 35, comma 1 lett. c), 38 e 85, comma 9, c.p.a.;
Visti tutti gli atti della causa;
Visto l’art. 87, comma 4- bis , c.p.a.;
Relatore all’udienza straordinaria di smaltimento dell'arretrato del giorno 28 febbraio 2023 il consigliere Giovanni Sabbato e uditi per le parti in collegamento da remoto gli avvocati Tavano e Canta;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Con ricorso n.1408 del 2017, proposto innanzi al T.a.r. per la Lombardia, i signori come sopra elencati hanno chiesto l’annullamento:
a ) del provvedimento del 26 settembre 2016, con il quale il Comune di Milano - Settore Commercio, SUAP e Attività Produttive, ha autorizzato l’installazione di un chiosco per la somministrazione di alimenti e bevande in Foro Bonaparte angolo via Ricasoli;
b ) dell’autorizzazione paesaggistica n 000328 del 4 agosto 2016, con cui il Comune di Milano – Ufficio Tutela del Paesaggio, sulla scorta del parere espresso dalla Commissione per il Paesaggio, ha rilasciato l'assenso, per i profili di sua competenza, all’installazione del chiosco;
c ) della Deliberazione della Giunta Comunale – Settore Commercio, SUAP e Attività Produttive, n. 2858 del 30 dicembre 2014, con la quale sono state dettate le linee di indirizzo per la predisposizione del bando, approvato con Determina Dirigenziale n. 1 del 8 gennaio 2015, anch’essa qui gravata, per l’assegnazione di n. 82 posteggi c.d. “ extramercato ”, tra cui figura anche il posteggio ubicato nella posizione “ Foro Bonaparte – Via Ricasoli ”.
2. Per una migliore comprensione della vicenda di causa occorre ripercorrere, in sintesi, i seguenti passaggi che la connotano.
2.1 Il Comune di Milano (con delibera n. 2858 del 30 dicembre 2014) approvava le linee di indirizzo per l’assegnazione di n. 83 posteggi extra-mercato (ai sensi dell’art. 23 della L.R. 6/2010 e dell’art. 21 del Regolamento per la Disciplina del Commercio su aree pubbliche) al fine di implementare il numero delle postazioni distribuite in tutta la città che utilizzano strutture di vendita tipo banco, chiosco, trespolo, e autonegozio, individuando altresì le ubicazioni destinate alla loro installazione. Lo stesso ente (con determina n. 1 dell’8 gennaio 2015) approvava il relativo bando subordinatamente all’acquisizione dei necessari pareri in relazione ad uno specifico progetto di manufatto presentato dall’assegnatario del posteggio, sulla base del modello di chiosco c.d. “ modello Milano ”, di forma rettangolare.
2.2 Il signor A V, assegnatario della posizione relativa a Foro Bonaparte, angolo via Ricasoli, presentava progetto di manufatto, avente struttura di “ chiosco ”. Tale progetto è stato oggetto di diverse verifiche aventi lo scopo di valutare l’impatto dello stesso sul tessuto urbanistico (ad es. parere favorevole della D.C. Mobilità Trasporti Ambiente in data 15 settembre 2015, per il quale il chiosco avrebbe dovuto essere posizionato “ ad una distanza di 1,2 metri dagli alberi ed il lato vendite rivolto verso l’edificio ”.
2.3 In data 4 agosto 2016 il Comune di Milano rilasciava sia l’autorizzazione paesaggistica n. 000328 - sulla scorta del parere espresso dalla Commissione per il Paesaggio – sia l’assenso all’installazione del chiosco, in Foro Bonaparte in favore del signor Vacari, in esito alla procedura prevista dalla citata delibera n. 2858/2014.
2.4 In forza dei pareri favorevoli acquisiti e della richiesta di concessione di suolo pubblico avanzata dall’assegnatario del posteggio, il Comune di Milano, in data 26 settembre 2016, autorizzava il sig. Vacari all’installazione del chiosco con l’avvertenza che lo stesso avrebbe dovuto essere posizionato a distanza di 1,20 metri dagli alberi col lato vendita verso l’edificio e appoggiato al suolo.
3. A sostegno del ricorso, proposto da taluni residenti nella zona di Foro Bonaparte, costoro hanno dedotto la mancanza del permesso di costruire, il difetto di istruttoria in ordine alla sua compatibilità con le caratteristiche dell’area, il pregiudizio alla viabilità e al decoro architettonico nonché la ritardata conclusione dei lavori.
4. Costituitisi l’Amministrazione comunale ed il controinteressato al fine di resistere, il Tribunale adìto (Sezione I) ha così deciso il gravame al suo esame:
- ha respinto le eccezioni di inammissibilità per difetto di interesse e di legittimazione attiva in capo ai ricorrenti;
- ha respinto l’eccezione di inammissibilità del ricorso per mancata notifica ai controinteressati;
- ha respinto l’eccezione relativa alla tardiva impugnazione dei provvedimenti gravati;
- ha respinto l’eccezione relativa alla mancata impugnazione degli atti presupposti;
- ha respinto l’eccezione relativa alla mancanza di firma digitale;
- ha respinto l’eccezione relativa alla mancata impugnazione dell’autorizzazione commerciale alla somministrazione di cibi e bevande;
- ha accolto il (primo) motivo relativo al difetto di permesso di costruire;
- ha dichiarato inammissibili ovvero ha respinto le altre censure;
- ha conclusivamente accolto il ricorso;
- ha compensato le spese di lite.
5. In particolare, il Tribunale ha ritenuto che quanto prospettato a proposito della carenza di interesse e del difetto di legittimazione attiva in capo ai ricorrenti si disvelerebbe infondato in applicazione del criterio della vicinitas idoneo a fondare la legittimazione a contestare un provvedimento di assegnazione in concessione dello spazio di area pubblica per l’installazione di un chiosco. La vicinitas è intesa come situazione di stabile collegamento giuridico con il terreno oggetto dell’intervento costruttivo autorizzato, è infatti sufficiente a radicare la legittimazione ad causam (Cons. Stato, sez. IV, 9 settembre 2014, n. 4547). Essa sarebbe stata dimostrata dai ricorrenti. Nel merito il T.a.r. ha considerato illegittima l’autorizzazione perché rilasciata in difetto del permesso di costruire. Ha richiamato a sostegno l’art. 25 punto 3 del Regolamento per la disciplina del commercio sulle aree pubbliche del Comune di Milano secondo il quale la struttura di tipo “ chiosco ”, dà luogo ad un manufatto chiuso, di dimensioni contenute, generalmente prefabbricato, e strutturalmente durevole, collocato su suolo pubblico o su aree private soggette a servitù di uso pubblico, non rimuovibile al termine della giornata lavorativa;inoltre l’art. 3 comma 1 lett e.5) del d.P.R. n. 380/2001, come modificato dalla l. n. 221 del 28 dicembre 2015, prevede che tra gli “ interventi di nuova costruzione ”, per i quali è necessario il permesso di costruire, rientrano anche quelli relativi all’installazione di manufatti leggeri, anche prefabbricati. Secondo il T.a.r., citando giurisprudenza a sostegno, un chiosco rientra nella nozione di costruzione per il quale occorre il permesso a costruire essendo vocato ad un utilizzo reiterato nel tempo come tale idoneo ad alterare lo stato dei luoghi, con conseguente incremento del carico urbanistico. Secondo il T.a.r. non trova applicazione unicamente la disciplina del commercio su aree pubbliche, di cui alla L.R. n. 6/2010 essendo la normativa in materia di commercio e quella edilizia preordinate alla tutela di beni giuridici differenti, dovendo pertanto essere applicate congiuntamente, come pacificamente ritenuto in giurisprudenza, secondo cui, malgrado le attività commerciali siano attualmente liberamente insediabili con riguardo al loro numero, non esistendo contingenti massimi autorizzabili, le stesse rimangono tuttavia soggette ai limiti fissati dalla normativa edilizia, oltreché a quella posta a tutela dei beni culturali, ed alla pianificazione urbanistica e paesaggistica. L’art. 16 comma 3 della L.R. n. 6/2010, invocato dalla difesa comunale, conferma peraltro espressamente la coesistenza tra la normativa dettata in materia di commercio e quella edilizia. Non pertinente risulta, inoltre, il richiamo all’art. 116 comma 4 del Regolamento Edilizio Comunale, perché afferente a manufatti provvisori, la cui permanenza non può superare i ventiquattro mesi laddove invece quello per cui è causa sarà installato per una durata di dodici anni.
6. Avverso tale pronuncia il Comune di Milano ha interposto appello, notificato l’11 gennaio 2019 e depositato il 22 gennaio 2019, lamentando, attraverso tre motivi di gravame (pagine 8-25), quanto di seguito sintetizzato:
I) il difetto di legittimazione e di interesse a ricorrere degli appellati. L’appellante impugna la sentenza del T.a.r. laddove ritiene sussistente la legittimazione a ricorrere in capo ai ricorrenti alla luce del criterio della vicinitas . Espone che nel caso di specie questa non ricorrerebbe atteso che nessuno dei ricorrenti risiede al civico 61 di Foro Bonaparte ove è ubicato il chiosco. Solo alcuni ricorrenti risultano residenti al civico 63 alla distanza di oltre 17 metri dal chiosco. Risulta, all’evidenza, che i ricorrenti abitano in posizione distante dal chiosco, o frequentano gli stabili di Foro Bonaparte nn. 63 e 67 solo per alcune ore della giornata e per motivi di lavoro. Invoca, a sostegno, alcuni precedenti di questo Consiglio evidenziando che, nel caso di specie, i ricorrenti non hanno dimostrato, come era loro onere ai sensi dell’art. 2967 c.c., interessi specifici concreti ed attuali o anche solo potenziali ricollegabili alla posizione delle loro abitazioni, ma hanno evidenziato, presunti pregiudizi arrecabili all’ATM e, più in generale, alla sicurezza pubblica, alla viabilità e all’utilizzabilità di altri servizi.
II) Col secondo motivo si deduce il vizio della violazione degli artt.3, comma 1, lett. e, 10 d.P.R. n. 380/2001, 69, comma 10 l.r. 6/2010, nonché del principio di unicità del procedimento per il rilasco del titolo edilizio e commerciale. Con tale motivo si contesta il capo della sentenza con il quale il T.a.r. ha accolto il primo motivo di ricorso ritenendo che il Comune di Milano avrebbe illegittimamente autorizzato l’installazione del chiosco senza previo rilascio del P.C. Secondo il giudice di prime cure l’art. 3 comma 1 lett e.5) del d.P.R. n. 380/2001 annovera tra gli interventi di nuova costruzione, per i quali è necessario il permesso di costruire, anche quelli relativi all’installazione di manufatti. L’appellante deduce che la normativa edilizia richiamata dal T.a.r. non sarebbe pertinente, posto che la stessa si riferisce all’attività edificatoria privata quando invece la questione oggetto di giudizio concerne un’ipotesi di occupazione a mezzo di installazione sul suolo pubblico di una struttura precaria. Richiama a sostegno della deduzione gli artt. 27 e 28 del d.lgs. 114/98, gli artt. 21, 22 e 23 della l.r. n. 6/2010 e le deliberazioni della G.C. n. 1036/2012 e n. 2858/2014 ove non si richiede a tale scopo il previo rilascio di alcun titolo edilizio ma solo la concessione del suolo e le autorizzazioni commerciali. Secondo l’appellante il procedimento è regolato dal d.P.R. n. 160/2010 e con il titolo rilasciato dal SUAP (Sportello Unico Attività Produttive) non si autorizzerebbe soltanto l’occupazione ma anche l’installazione della struttura. L’ iter amministrativo per il rilascio delle concessioni di posteggio su suolo pubblico per l’attività commerciale, attivate su iniziativa della stessa Amministrazione concedente, costituisce un procedimento unico, complesso e completo a seguito del quale l’Amministrazione, compiute tutte le occorrenti verifiche ritenute congrue e sufficienti per valutare la compatibilità dei chioschi sul suolo pubblico di destinazione, rilascia un provvedimento unico. Richiama poi i pareri favorevoli acquisiti dal richiedente e la richiesta di concessione di suolo pubblico avanzata il 7 novembre 2016 dall’assegnatario del posteggio, in data 26 settembre 2016, a seguito della quale il Comune provvedeva a rilasciare l’autorizzazione all’installazione del “ chiosco ” in Foro Bonaparte, angolo via Ricasoli, con l’avvertimento che il chiosco avrebbe dovuto essere posizionato a distanza di 1,20 metri dagli alberi col lato vendita verso gli l’edifici e “… dovrà essere semplicemente appoggiato al suolo ”.
III) Col terzo motivo parte appellante deduce la prevalenza della normativa nazionale e regionale in materia di commercio sul d. lgs. 380/2001 in materia di disciplina edilizia e quindi la duplicazione dei titoli autorizzatori. Evidenzia, al riguardo, che secondo il T.a.r. sarebbero necessari e distinti nella fattispecie in esame il rilascio del titolo concessorio e il rilascio del titolo edilizio essendo questo preordinato alla tutela di interessi differenti dal primo. Secondo parte appellante troverebbe invece applicazione la speciale normativa dettata in materia di commercio rispetto a quella generale in materia edilizia. Evoca l’art. 117, comma 4, della Carta costituzionale laddove riserva alle Regioni, in via esclusiva, la competenza in materia di commercio. Pertanto, la concessione all’installazione dei chioschi rilasciata dal Comune non necessiterebbe dello specifico titolo edilizio. Prescrivere in aggiunta all’autorizzazione di settore anche il rilascio del permesso di costruire si tradurrebbe – secondo l’appellante - in una duplicazione del sistema autorizzatorio e sanzionatorio che risulta sproporzionata, perché non giustificata dall’esigenza, già salvaguardata in base alla disciplina speciale, di tutelare il corretto assetto del territorio. Richiama un precedente di questo Consiglio in materia di installazione di impianto pubblicitario su suolo pubblico nonché l’art.62, comma 3, del Regolamento comunale secondo cui, in assenza di diversa disposizione convenzionale concordata con l’Amministrazione comunale, i manufatti provvisori devono essere rimossi entro la scadenza del ventiquattresimo mese dalla loro installazione, salva la facoltà di richiedere un’unica espressa proroga di ulteriori 12 mesi, almeno novanta giorni prima della scadenza . La localizzazione su suolo pubblico di strutture provvisionali per finalità diverse dallo sport e fini sociali è regolata dal regolamento comunale sull’occupazione del suolo pubblico. Secondo l’appellante nel caso di cui trattasi, in considerazione del fatto che l’area dove è istallato il chiosco è priva di potenzialità edificatoria, l’installazione di manufatti ad uso commerciale, quale quello oggetto di contestazione, non abbisognano, anche ai sensi della normativa locale, di previo titolo edilizio. Sarebbe erroneo quanto affermato dal giudice di prime cure nel senso della inapplicabilità del suddetto regolamento al caso di specie perché relativo ai soli manufatti provvisori la cui permanenza non può superare i 24 mesi, invece quello oggetto di causa sarà istallato per 12 anni. In realtà il predetto regolamento edilizio non si porrebbe in contrasto con il d.P.R. 380/01, posto che trattasi di normativa speciale che disciplina la particolare fattispecie di edificazione su suolo pubblico, privo di potenzialità edificatoria, utilizzato dal privato in virtù di provvedimento di autorizzazione all’utilizzo dell’uso del suolo pubblico.
7. L’appellante ha concluso chiedendo, in riforma dell’impugnata sentenza, il rigetto del ricorso di primo grado.
8. In data 4 febbraio 2019 i ricorrenti di primo grado si sono costituiti in giudizio chiedendo il rigetto dell’avverso gravame.
9. In data 4 marzo 2019 parte appellata ha depositato memoria insistendo per il rigetto del gravame. In particolare ha evidenziato, in ordine alla questione della legittimazione al ricorso di primo grado, che la realizzazione del chiosco potrebbe inficiare gli immobili d’epoca e di grande rilevanza storico/architettonica presenti nelle aree circostanti. Viene poi evidenziata la natura permanente dell’installazione avvalorata dalla circostanza che i manufatti in questione devono essere allacciati alla rete elettrica, idrica e fognaria.
10. Con ordinanza cautelare n. 1198 dell’8 marzo 2019 la domanda di sospensione degli effetti dell’impugnata sentenza è stata respinta con la seguente motivazione: “ Ritenuto che non sussistano i presupposti per accogliere l’istanza cautelare, atteso che, almeno dalla prima delibazione che caratterizza la presente fase di giudizio, non appare ravvisabile il necessario fumus boni iuris del gravame;