Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2017-04-13, n. 201701714

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2017-04-13, n. 201701714
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201701714
Data del deposito : 13 aprile 2017
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 13/04/2017

N. 01714/2017REG.PROV.COLL.

N. 06713/2015 REG.RIC.

N. 06950/2015 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 6713 del 2015, proposto dal Signor L A, rappresentato e difeso dall'avvocato Luigi Parenti C.F. PRNLGU61D17H501R, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, viale delle Milizie, 114;

contro

Ministero della Difesa - Centro Unico Stipendiale Esercito (Cuse), in persona del legale rappresentante in carica, rappresentato e difeso per legge dalla Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici in Roma, alla Via dei Portoghesi n. 12, è domiciliato,costituitosi in giudizio;



sul ricorso numero di registro generale 6950 del 2015, proposto dal Ministero della Difesa, in persona del legale rappresentante in carica, rappresentato e difeso per legge dalla Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici in Roma, alla Via dei Portoghesi n. 12, è domiciliato;

contro

L A, rappresentato e difeso dall'avvocato Luigi Parenti C.F. PRNLGU61D17H501R, con domicilio eletto presso Luigi Parenti in Roma, viale delle Milizie, 114;

per la riforma

quanto al ricorso n. 6713 del 2015:

della sentenza del T.a.r. per il Lazio – Sede di Roma - Sezione I Bis n. 2301/2015, resa tra le parti, concernente restituzione somme indebitamente percepite - risarcimento danni;

quanto al ricorso n. 6950 del 2015:

per la riforma

della sentenza del T.A.R. per il l LAZIO - Sede di ROMA- Sezione I Bis n. 2301/2015, resa tra le parti, concernente restituzione somme indebitamente percepite


Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero della Difesa - Centro Unico Stipendiale Esercito (Cuse) e di L A;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa e richiamate le precedenti ordinanze collegiali istruttorie;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 9 marzo 2017 il consigliere Fabio Taormina e uditi per le parti l’ Avvocato A. Salmeri su delega di L. Parenti, e l’Avvocato A. Fiducia;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. Con la sentenza in epigrafe impugnata n. 2301/2015 il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio – Sede di Roma – ha scrutinato il ricorso integrato da motivi aggiunti, proposto dalla odierna parte appellata L A teso ad ottenere l’annullamento del provvedimento con il quale l'Amministrazione di Personale Militare Vario - PERVAMILES - ha eseguito le disposizioni richieste dall'Ufficio Amministrazioni Speciali - U.A.S. – per la ritenuta cautelativa superiore al quinto della parte fissa e continuativa dello stipendio nei confronti dell’odierno appellato al fine di recuperare una somma pari a 171.587, 36 euro, che secondo l’U.A.S. sarebbe stata indebitamente percepita dallo stesso.

2. In punto di fatto, era accaduto che il S A, ufficiale ingegnere dell’Esercito distaccato presso l’Agenzia Europea di Difesa dal 4.7.2005 al 3.7.2009, aveva percepito un’indennità di soggiorno e di rimborsi di missione pagati dalla stessa Agenzia nonché il trattamento economico previsto dalla legge n. 642/1961 per il personale militare destinato all’estero presso delegazioni o rappresentanze militari o presso organismi internazionali.

2.1. Con l’atto impugnato in primo grado l’Amministrazione della difesa aveva quindi chiesto la restituzione delle somme erogategli nel medesimo periodo a titolo di indennità speciale ai sensi della legge n. 642/1961: più in dettaglio, aveva chiesto la restituzione di 171.587,36 euro, in ragione di quanto previsto dall’art. 1, comma 2, della stessa legge n. 462/1961 (oggi recepita dell’art. 1808 del d. lgs. n. 66/2010 che stabilisce la detrazione dal pagamento dell’indennità di missione degli importi corrisposti da altri soggetti).

2.2. Il S A era insorto ed aveva proposto ricorso ipotizzando la sussistenza di plurimi vizii di violazione di legge ed eccesso di potere: aveva in proposito fatto presente che la sua posizione era regolata dalla decisione 2004/677/CE che prevedeva il pagamento dell’indennità di soggiorno da parte dell’Agenzia Europea per la Difesa (art.1, comma 5) e il versamento della retribuzione da parte del Ministero della Difesa suo datore di lavoro (art1, commi 1 e 24). Aveva poi eccepito la prescrizione quinquennale in ordine al disposto recupero per le indennità e i compensi percepiti da oltre cinque anni dalla richiesta.

3. L’amministrazione intimata si era costituita chiedendo la reiezione del ricorso in quanto infondato.

4. Il T.a.r. con sentenza in forma semplificata ha accolto in parte il ricorso alla stregua delle seguenti considerazioni:

a) ha ritenuto fondata l’eccezione di prescrizione in ordine alle somme relative alle indennità e ai compensi percepiti oltre i cinque anni dalla richiesta contenuta nel provvedimento impugnato in quanto adottato il 28 gennaio 2014;

b) per il residuo periodo invece ha respinto il ricorso ritenendo legittima la richiesta di restituzione, tenuto conto che le indennità erogate dall’Agenzia Europea per la Difesa coprivano, ai sensi dell’art. 15 della ricordata decisione del Consiglio europeo, esigenze del personale militare all’estero già interessate dalla speciale indennità di cui alla legge n. 642/1961.

Avverso la sentenza sono stati proposti due appelli, dall’originario ricorrente e dall’Amministrazione.


Ricorso r.g.n. 6713/2015 proposto avvero la sentenza r.g. n. 2301/2015 del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio – Sede di Roma –;

1. L’originario ricorrente rimasto parzialmente soccombente ha impugnato la suindicata decisione chiedendone l’annullamento nella parte in cui aveva ritenuto corretta l’attività di ripetizione intrapresa dall’amministrazione, sostenendo che essa collideva anche con il diritto comunitario (ed ipotizzando la formulazione di un quesito pregiudiziale alla Corte di Giustizia) e che soltanto a cagione di due concorrenti errori delle Amministrazioni si fosse creata la situazione di fatto sottesa alla controversia.

2. Ha poi chiesto la riunione del suindicato ricorso n. 6713/2015 con quello n. 6950/2015 proposto dall’amministrazione.

3. Con memoria depositata il 24.11.2015 l’odierno appellante ha puntualizzato e ribadito le proprie tesi.

4. Alla pubblica udienza del 21 gennaio 2016 la causa è stata trattenuta in decisione, è stata riunita a quella n. 6950/2015 ed è stata resa l’ordinanza collegiale n. 490/2016 da intendersi integralmente richiamata e trascritta, mercè la quale il Collegio ha rilevato che la causa non era matura per il merito in quanto dalla documentazione in atti non risultava né la causale ed il titolo delle somme asseritamente versate in eccesso dagli organismi sovranazionali, né gli importi che siano stati versati dall’amministrazione nazionale ed il titolo (in tesi identico) degli stessi e che non risultava né documentato né chiarito a quale causale corrispondano gli emolumenti asseritamente versati in eccesso e pari a 171.587, 36 euro e la “corrispondenza” delle somme versate in ambito Europeo a quelle versate dallo Stato Italiano.

L’Amministrazione è stata onerata a depositare una analitica relazione fornendo documentati chiarimenti sugli elementi e sulle circostanze suindicate e su ogni altro elemento utile per la risoluzione della controversia, anche tenuto conto della circostanza che il S A chiedeva la disapplicazione della norma

5. In data 10 marzo 2016 l’Amministrazione ha depositato la relazione ed ivi ha fatto presente che:

a) L’agenzia Europea per la Difesa aveva corrisposto al S A complessivi euro 171.587,36 nel periodo dal 4.7.2005 al 3.7.2009 cosi distinte:

I) euro 170.030,15 daily allowance;

II) euro 1.557,21 monthly allowance;

b) la Rappresentanza Militare Italiana presso i Comandi Militari della Nato, nel medesimo periodo dal 4.7.2005 al 3.7.2009 aveva corrisposto al S A complessivi euro 395,283,88 così distinti:

I) euro 316.584,57 quale assegno di lungo servizio all’estero in misura mensile ragguagliata a 30 diarie intere;

II) euro 78.699, 31 per indennità speciale stabilita nella stessa valuta dell’assegno di lungo servizio all’estero;

c) ciò si sommava allo stipendio ed agli altri assegni fissi e continuativi.

6. In data 1.4. 2016 il S A ha depositato una articolata memoria facendo presente che:

a) in relazione al deposito della relazione da parte dell’Amministrazione (dove, finalmente, era rimasto chiarito il titolo della pretesa da questa avanzata) si rendeva necessario rimodulare le proprie difese;

b) egli aveva sempre percepito le somme in buona fede;

c) l’Amministrazione di fatto stava agendo impropriamente, in quanto, semmai, avrebbe dovuto intraprendere l’azione recuperatoria l’organismo comunitario competente;

d) le somme erogate dall’ organismo comunitario non avevano natura retributiva

e) in ogni caso era opportuno sollevare questione interpretativa innanzi alla Corte di Giustizia della Ue.

7. Alla pubblica udienza del 5 maggio 2016 la causa è stata trattenuta in decisione e la Sezione ha emesso l’ordinanza collegiale n. 2321/2016 da intendersi integralmente richiamata e trascritta nel presente elaborato nell’ambito della quale, datosi atto che l’Amministrazione aveva ottemperato alla ordinanza collegiale istruttoria depositando una sintetica relazione è stato rilevato che quest’ultima non aveva analiticamente indicato la “causale” delle poste asseritamente dovute dall’A all’Amministrazione;
di converso quest’ultimo, nella memoria depositata in data 1.4. 2016, pur in parte ammettendo di avere percepito in buona fede alcuni emolumenti non dovuti, aveva “rimodulato” le proprie difese contestando singolarmente le causali delle pretese dell’Amministrazione.

Di conseguenza, l’incombente istruttorio è stato reiterato, e l’Amministrazione è stata onerata del deposito di una complessiva relazione che desse atto, distinguendoli per “causale” (e chiarendo, voce per voce, le ragioni della eventuale non condivisibilità delle indicazioni contenute nella memoria depositata dal Signor A il 1.4.2016) quali fossero le somme da questi percepite indebitamente e che questi sarebbe tenuto a restituire, la causale delle medesime, e gli importi “definitivi” asseritamente dovuti.

8. In data 28.7.2016 l’Amministrazione ha depositato il richiesto elaborato rappresentando in particolare che:

a) la complessiva attività di recupero di somme intrapresa dal Ministero aveva riguardato otto persone distaccate all’Eda (tra le quali figurava il Tenente Cnnello A): di esse, cinque avevano provveduto all’integrale pagamento degli addebiti, ed altre due stavano provvedendo in forma rateale;

b) il Tenente Cnnello A era stato costituito in mora per l’importo di Euro 171.587,36 in data 13 marzo 2013, e non invece in data 28 gennaio 2014, siccome ritenuto dal T del Lazio;

c) ciò, in quanto il termine doveva coincidere con la data della relata di notifica (25 marzo 2013);

d) la somma di Euro 171.587,36 per la quale era stata intrapresa l’attività di recupero, era corrispondente all’importo versato dall’Agenzia Europea per la difesa per il periodo dal 4 luglio 2005 al 3 luglio 2009 e pari a:

1) daily allowance per € 170.030.15;

2) monthly allowance per € 1.557,21;

e) il recupero era necessario, in quanto la decisione n. 20004/677/CE stabiliva che il personale designato, assunto dall’Agenzia, restasse al servizio del proprio datore di lavoro e dovesse essere retribuito da quest’ultimo;

f) la Rappresentanza militare italiana aveva versato al Tenente Cnnello A per lo stesso periodo l’importo di complessivi Euro 395.283,88 in applicazione di quanto disposto dalla legge n. 642/1961, oltre allo stipendio ed agli altri assegni di carattere fisso e continuativo, così suddivisi:

1) assegno di lungo servizio all’etero (Alse) in misura mensile ragguagliata a 30 diarie intere, siccome stabilito dalle disposizioni in vigore per il paese di destinazione e pari ad € 316.584,57;

2) indennità speciale pari ad € 78.669,31;

g) l’Amministrazione non aveva mai sostenuto nell’atto di recupero, che detti emolumenti avessero carattere risarcitorio: essi avevano carattere retributivo.

9. In data 27.10.2016 il S A ha depositato note difensive chiedendo anche di essere ascoltato personalmente dal Collegio.

9. Alla pubblica udienza del 9 marzo 2017 la causa è stata trattenuta in decisione.


Ricorso n.g.n. 6950/2015 proposto avverso la sentenza r.g.n. 2301/2015 del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio – Sede di Roma –;

1. La amministrazione originaria parte resistente, rimasta parzialmente soccombente, ha impugnato la detta decisione criticandola nella parte in cui aveva ritenuto fondata l’eccezione di prescrizione formulata dall’originario ricorrente in ordine alle somme relative alle indennità e ai compensi percepiti oltre i cinque anni dalla richiesta contenuta nel provvedimento impugnato (adottato il 28 gennaio 2014).

2. Ripercorso il frastagliato contenzioso e l’iter procedimentale –anche sotto il profilo cronologico – ha commentato i passaggi salienti della decisione di primo grado ed ha fatto presente che il termine di prescrizione era decennale, e non già quinquennale, come ritenuto dal T.

3. L’appellato S A ha depositato il 20 agosto 2015 una memoria chiedendo di respingersi l’appello, e censurando anche la prima parte della statuizione del T, nel primo capo, reiettivo del proprio ricorso di primo grado, chiedendo la disapplicazione della legge n. 642/1961.

4.Con memoria depositata il 3.12.2015 parte appellata ha puntualizzato e ribadito le proprie tesi.

In particolare, ha fatto presente che, con l’appello incidentale autonomo n. 6950/2015 l’Amministrazione aveva contestato la sentenza del T nella parte in cui aveva applicato il regime di prescrizione quinquennale.

Essa quindi, nell’appello, aveva sostenuto che le somme erogate avevano natura retributiva (e quindi soggetta a prescrizione decennale).

Ma nell’atto di recupero, aveva sostenuto invece (per “giustificare” la legittimità del recupero) che detti emolumenti avessero natura risarcitoria, e quindi, una “causale identica a quella erogata all’Eda.

Ciò provava che:

a) gli emolumenti erogati dall’ Eda avevano natura risarcitoria;

b) gli emolumenti erogati dall’Amministrazione avevano natura retributiva;

Ne discendeva che l’Amministrazione stava tentando di sottrarsi all’obbligo assunto in ambito europeo di retribuire l’A, e cercava di ripetere le somme erogate sulla scorta di una – insussistente- identità della causale della erogazione rispetto a quelle erogate in ambito europeo.

Doveva quindi disapplicarsi la norma relativa al recupero di cui alla legge n. 642/1961, per contrasto con la decisione n. 2004/677/CE: ciò poteva avvenire anche senza sollevare rinvio pregiudiziale.

5. Alla camera di consiglio del 27 agosto 2015 la Sezione con la ordinanza n. 3795/2015 ha accolto la domanda di sospensione parziale della esecutività della gravata decisione, alla stregua della considerazione per cui “considerato che - nei limiti della sommaria cognitio propria della fase cautelare - l’appello dell’amministrazione appare provvisto del fumus , e che appare parimenti sussistente il periculum ”.

6. Alla pubblica udienza del 21 gennaio 2016 la causa è stata trattenuta in decisione, è stata riunita a quella suindicata n. 6713/2015 ed è stata resa l’ordinanza collegiale n. 490/2016 sul cui contenuto si è prima riferito nell’ambito della esposizione in fatto relativa al ricorso n. 6713/2015.

7. Alla pubblica udienza del 5 maggio 2016 la causa è stata trattenuta in decisione la Sezione ha emesso l’ordinanza collegiale n. 2321/2016 da intendersi integralmente richiamata e trascritta nel presente elaborato sul cui contenuto si è prima riferito nell’ambito della esposizione in fatto relativa al ricorso n. 6713/2015.

8. In data 28.7.2016 l’Amministrazione ha depositato il richiesto elaborato sul cui contenuto si è prima riferito nell’ambito della esposizione in fatto relativa al ricorso n. 6713/2015.

9. In data 26 gennaio 2017 il S A ha depositato una memoria puntualizzando le proprie difese.

9. Alla pubblica udienza del 9 marzo 2017 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. I suindicati appelli vanno riuniti in quanto tesi a gravare la medesima decisione come peraltro già disposto nell’ambito delle ordinanze collegiali r.g.n. 490/2016 e r.g.n. 2321/2016 sul cui contenuto si è prima riferito.

1.1. L’appello n. 6713/2015 è infondato e va disatteso;
va invece accolto l’appello, n. 6950/2015 nei termini di cui alla motivazione che segue.

1.2. In via preliminare rileva il Collegio che non è possibile aderire alla richiesta del S A di essere sentito personalmente dal Collegio in quanto nel processo amministrativo di regola le parti stanno in giudizio per mezzo dei loro difensori e non v’è ragione di derogare a tale regola: la disposizione sovranazionale invocata (art. 41 comma 2 della Carta dei Diritti Fondamentali della Unione Europea) non detta una prescrizione imperativa e cogente sul diritto alla audizione “personale” ma va valutata alla luce della costante giurisprudenza della Corte di Giustizia (vedasi tra le tante Corte di Giustizia UE n. 161/2016, n. 129/2014) che fa salve le previsioni degli ordinamenti processuali degli Stati Membri ed il rito processuale amministrativo (con l’unica eccezione dei ricorsi in materia di accesso ed elettorale) contempla esclusivamente la difesa tecnica (arg. anche ai sensi di Consiglio di Stato, n. 4146/2015).

1.3. Sempre in via preliminare, va perimetrato il materiale cognitivo esaminabile, ed a tal riguardo si osserva che, come riferito in fatto, l’Ufficiale appellante principale propose ricorso di primo grado impugnando il provvedimento con il quale l'Amministrazione di Personale Militare Vario - PERVAMILES – aveva eseguito le disposizioni richieste dall'Ufficio Amministrazioni Speciali - U.A.S. – per la ritenuta cautelativa superiore al quinto della parte fissa e continuativa dello stipendio nei confronti medesimo al fine di recuperare una somma pari a 171.587, 36 euro, che secondo l’U.A.S. sarebbe stata indebitamente percepita dallo stesso.

Il T.a.r. ha respinto la prospettazione principale –secondo cui nulla era dovuto – ed ha accolto l’eccezione di prescrizione (di fatto riducendo, in parte, l’ammontare oggetto di recupero).

L’Amministrazione odierna appellante nel ricorso n. 6950/2015 ha (ovviamente) gravato tale ultimo capo di sentenza solamente.

La parte privata - appellata nell’ambito del ricorso n. 6950/2015- ha proposto appello principale (iscritto al n. 6713/2015 rg), avverso il primo capo di sentenza;
ha poi depositato il 20 agosto 2015 nell’ambito del ricorso n. 6950/2015 una memoria chiedendo di respingersi l’appello, ma censurando anche la prima parte della statuizione del T.a.r., nel primo capo, reiettivo del proprio ricorso di primo grado, chiedendo la disapplicazione della legge n. 642/1961.

1.3.1. Ritiene il Collegio che tali censure sarebbero state inammissibili (così si è pronunciato il T.a.r.: “per il residuo periodo invece appare legittima la richiesta di restituzione, tenuto conto che le indennità erogate dall’Agenzia Europea per la Difesa coprono, ai sensi dell’art. 15 della ricordata decisione del Consiglio europeo, esigenze del personale militare all’estero già interessate dalla speciale indennità di cui alla legge n. 642/1961.”).

Non trattandosi, invero, di motivi assorbiti o non esaminati dal T.a.r. (riproponibili, come è noto, ex art.101 comma 2 del c.p.a. con semplice memoria), ma di una espressa, seppure sintetica, reiezione, del capo principale del ricorso di primo grado l’originario ricorrente non avrebbe potuto dolersi con una semplice memoria proposta nell’ambito dell’appello proposto dall’Amministrazione.

In disparte il nomen iuris espresso al proprio atto defensionale (memoria difensiva, in luogo di appello principale od incidentale), ciò che giova precisare è che detto atto non era stato notificato.

Non trattasi solo di un vizio formale (appunto, l’errato nomen iuris impresso all’atto), ma dell’ omesso rispetto delle formalità sostanziali (notifica e deposito) di un atto di impugnazione.

La parte originaria ricorrente ha però espressamente gravato detto capo, con l’appello principale n. 6713/2015 nei termini prescritti dal codice di rito: è da escludere quindi che su tale capo di decisione sia calato il giudicato.

In virtù dei contrapposti appelli, deve quindi essere riesaminata l’intera controversia.

2. In ordine logico la prima questione da esaminare –involgente l’ an della ripetizione- è quella posta dall’appello principale n. 6713/2015 proposto dalla parte privata.

2.1. Va innanzitutto rilevato che l’appello da questa proposto introduce nel giudizio non pochi elementi estranei all’oggetto del contenzioso, e precisamente:

1) una serie di questioni e tematiche totalmente ininfluenti (esito del procedimento disciplinare, penale e presso la Corte dei Conti, intrapreso nei suoi confronti, etc.);

2) una serie di critiche fondate su errori materiali contenuti nella sentenza (indicazione di un inesistente comma 24 dell’art.1 della decisione 2004/677/CE) e fondate su un travisamento del decisum (la sentenza si è limitata ad affermare che “l’intimata Amministrazione ha chiesto la restituzione di 171.587,36 euro, in ragione di quanto previsto dall’art. 1, comma 2, della stessa legge n. 462/1961 -oggi recepita dell’art. 1808 del d. lgs. n. 66/2010-. Tale disposizione stabilisce infatti la detrazione dal pagamento dell’indennità di missione degli importi corrisposti da altri soggetti.” non applicando affatto alla fattispecie il disposto di cui all’art. 1808 del d. lgs. n. 66/2010);

3) una ingenerosa critica di difetto assoluto di motivazione (la sentenza è, infatti, sintetica ma chiara).

Tutti detti argomenti di critica sono, per le già chiarite ragioni, inammissibili, irrilevanti e comunque non fondati: non pare al Collegio che l’iniziativa dell’Amministrazione sia stata dettata da intenti persecutori, né pare che all’appellante potesse contestarsi quale menda quella di avere eventualmente in buona fede percepito le somme suddette: le considerazioni dell’appellante in punto di danni alla carriera, pregiudizi all’onore, etc, sembrano al Collegio frutto di un - pur comprensibile- dispiacere ma non collimanti con il dato processuale, tanto più che si può convenire sulla circostanza che la particolare complessità del quadro normativo non autorizzi il Collegio a dubitare della buona fede del percettore, in assenza di evidenze contrarie (e comunque, si ripete la tematica non rileva nella presente causa).

2.2. Ciò premesso, come rilevato nella parte in fatto della presente decisione, in ottemperanza all’ordinanza collegiale istruttoria n. 490/2016 ed all’ordinanza collegiale n. 2321/2016, l’Amministrazione ha depositato due relazioni, chiarendo analiticamente la propria posizione.

2.2. Il nodo centrale da risolvere è quindi invece il seguente e riposa nella disamina delle seguenti questioni:

a) cosa effettivamente prescriva, e quale sia il contenuto dell’art. 1, comma 2, della legge n. 642/1961;

b) cosa invece preveda la decisione 2004/677/CE;

c) se le dette disposizioni siano in contrasto, e se si possa ipotizzare una disapplicazione della legge nazionale.

Richiamato il precedente di cui a Consiglio di Stato sez. IV 27/12/2006 n. 7879 (da intendersi integralmente trascritto in questa sede) si osserva, in proposito quanto segue.

L’art. 1 della legge n. 642/1961, ratione temporis applicabile alla fattispecie, così dispone(va): Il personale militare dell'Esercito, della Marina e dell'Aeronautica destinato isolatamente presso Delegazioni o Rappresentanze militari all'estero, per un periodo superiore a 6 mesi, percepisce:

a) lo stipendio o la paga e gli altri assegni a carattere fisso e continuativo previsti per l'interno;

b) un assegno di lungo servizio all'estero in misura mensile ragguagliata a 30 diarie intere come stabilito dalle norme in vigore per il Paese di destinazione (1);

c) le indennità che possono spettare ai sensi delle disposizioni contenute negli articoli che seguono.

Le disposizioni che precedono si applicano altresì in caso di destinazione all'estero presso enti, comandi od organismi internazionali dai quali non siano corrisposti stipendi o paghe. Eventuali particolari indennità o contributi alle spese connesse alla missione, direttamente corrisposti ai singoli dai predetti enti, comandi od organismi, saranno detratti dal trattamento di cui al primo comma.”

L'interpretazione del detto articolo venne poi resa dal legislatore sub articolo 39 vicies semel, comma 39 del D.L. 30 dicembre 2005, n. 273: “L' articolo 1 del regio decreto 3 giugno 1926, n. 941 , gli articoli 1 , primo comma, lettera b), e 3 della legge 8 luglio 1961, n. 642 , e l' articolo 4, comma 1, lettera a), della legge 27 dicembre 1973, n. 838 , si interpretano nel senso che i trattamenti economici ivi previsti hanno natura accessoria e sono erogati per compensare disagi e rischi collegati all'impiego, obblighi di reperibilità e disponibilità ad orari disagevoli, nonché in sostituzione dei compensi per il lavoro straordinario.”

La invocata Decisione del Consiglio relativa al regime applicabile agli esperti e ai militari nazionali distaccati presso l'Agenzia europea per la difesa 24/09/2004, n.677, invece, all’art.1 così dispone: “

1. Il presente regime si applica agli END presso l'Agenzia dagli Stati membri partecipanti alla medesima.

2. Le persone a cui si applica il presente regime restano al servizio del loro datore di lavoro per tutta la durata del distacco e continuano ad essere retribuite da quest'ultimo.

3. L'Agenzia decide, in funzione delle necessità e delle possibilità di bilancio, l'assunzione di END. Il Direttore esecutivo dell'Agenzia stabilisce le modalità di tale assunzione, previo parere conforme del Comitato direttivo dell'Agenzia.

4. Gli END devono avere la cittadinanza di uno Stato membro e la loro assunzione avviene sulla più ampia base geografica possibile tra i cittadini degli Stati membri partecipanti. Gli Stati membri e l'Agenzia cooperano per garantire, in tutta la misura del possibile, il rispetto dell'equilibrio tra uomini e donne ed il rispetto del principio della parità di opportunità.

5. Il distacco è reso effettivo tramite uno scambio di lettere tra il Direttore esecutivo dell'Agenzia e la Rappresentanza permanente dello Stato membro interessato. Allo scambio di lettere è allegata una copia del regime applicabile agli END presso l'Agenzia.

6. Gli END devono provenire dai governi o dai ministeri degli Stati membri”.

L’art. 15 invece, così recita: “. L'END ha diritto, per tutta la durata del distacco, a un'indennità di soggiorno giornaliera equivalente all'indennità corrisposta ad un esperto nazionale distaccato presso il Segretariato generale del Consiglio dell'Unione europea.

2. Se l'END non ha beneficiato di alcun rimborso per le spese di trasloco, né da parte dell'Agenzia, né da parte del datore di lavoro gli sarà corrisposta un'indennità mensile supplementare, equivalente all'indennità corrisposta ad un esperto nazionale distaccato presso il Segretariato generale del Consiglio. La suddetta indennità è versata mensilmente alla scadenza.

3. Le indennità devono essere versate anche per i periodi di missione, di congedo annuale, di congedo di maternità, di congedo speciale, nonché per i giorni festivi ufficiali dell'Agenzia.

4. Agli END che, nel corso dei tre anni conclusisi sei mesi prima dell'inizio del distacco, risiedevano abitualmente o esercitavano la propria attività professionale principale in un luogo situato a una distanza pari o inferiore a 150 km dalla sede di distacco, è corrisposta un'indennità di soggiorno giornaliera ai sensi del paragrafo 1. Ai fini della presente disposizione, le circostanze derivanti dal lavoro svolto dagli esperti nazionali distaccati per uno Stato diverso da quello delle sede di distacco o per una organizzazione internazionale non vengono prese in considerazione.

5. Al momento in cui inizia il periodo di distacco, l'esperto nazionale ha diritto al versamento - tramite anticipo - di un importo pari a 75 giorni di indennità di soggiorno. Tale versamento comporta l'estinzione di qualsivoglia diritto ad ulteriori indennità a titolo del periodo cui corrisponde. In caso di cessazione definitiva del distacco presso l'Agenzia prima dello scadere del periodo considerato per il calcolo dell'anticipo, la frazione dell'importo di tale versamento corrispondente al periodo rimanente è soggetta a ripetizione dell'indebito.

6. In occasione dello scambio di lettere di cui all'articolo 1, paragrafo 5, l'Agenzia viene informata in merito ad eventuali indennità analoghe a quelle di cui al paragrafo 1 del presente articolo percepite dall'END. Gli importi di tali indennità vengono detratti dall'indennità versata dall'Agenzia ai sensi di tale paragrafo 1.

7. Le indennità giornaliere e mensili sono soggette a una revisione annuale, senza effetto retroattivo, sulla base dell'adeguamento degli stipendi di base dei funzionari della Comunità in servizio a Bruxelles e a Lussemburgo.

8. Per l'END assegnato ad un ufficio di collegamento dell'Agenzia, qualora circostanze particolari del paese di assegnazione lo giustifichino, le indennità di soggiorno di cui al presente articolo possono essere sostituite da un'indennità di alloggio, con decisione motivata del Direttore esecutivo.”.

L’art. 20 prevede che “1. L'END può essere inviato in missione nel rispetto dell’articolo 4. 2. Le spese di missione vengono liquidate conformemente alle disposizioni in vigore presso il Segretariato Generale del Consiglio.”

L’art. 24, infine, dispone che “I militari distaccati devono essere, per tutta la durata del loro distacco, in servizio retribuito presso le forze armate di uno Stato membro partecipante.”.

2.3. Sotto un profilo generale, davvero non si vede in cosa riposi il denunciato contrasto tra le due prescrizioni:

la legge nazionale al comma 1 ribadisce che il militare all’estero è retribuito dello Stato Italiano;
indica il quomodo di tale retribuzione;
stabilisce poi al comma 2 che ”eventuali particolari indennità o contributi alle spese connesse alla missione, direttamente corrisposti ai singoli dai predetti enti, comandi od organismi, saranno detratti dal trattamento di cui al primo comma.”

La decisione CE stabilisce altresì che il militare “distaccato” debba essere retribuito dallo Stato di provenienza e –ovviamente- non detta in alcun modo il quomodo od il quantum di quanto lo Stato nazionale a questi debba versare.

Costituisce quindi illazione dell’appellante quella per cui la prescrizione di cui all’art. 24 imporrebbe il cumulo tra quanto versato comunitariamente e quanto percepito dal militare in quanto erogatogli dallo Stato italiano (per tacere della singolarità di una simile ipotesi, che “vorrebbe” una diretta ingerenza dell’ordinamento comunitario nella retribuzione erogata dallo Stato-membro ad un proprio dipendente).

2.4. Muovendo da tale punto di partenza, “cadono” le censure postulanti la asserita necessità di disapplicare il citato comma 2 dell’art. 1 della Legge nazionale.

E ne risulta in parte infondata, ed in parte inammissibile, la pretesa dell’appellante.

Premesso che, una volta che risulti un pagamento di un indebito, il destinatario del medesimo non avrebbe legittimazione attiva a dolersi di quale sia l’Ente che agisce per il recupero, ciò che giova precisare è che l’A non è stato destinatario di alcuna azione di recupero da parte dell’Organismo comunitario: non può quindi invocare il comma 6 dell’art. 15 della Decisione del Consiglio relativa al regime applicabile agli esperti e ai militari nazionali distaccati presso l'Agenzia europea per la difesa 24/09/2004, n.677.

Tale disposizione, infatti (“in occasione dello scambio di lettere di cui all'articolo 1, paragrafo 5, l'Agenzia viene informata in merito ad eventuali indennità analoghe a quelle di cui al paragrafo 1 del presente articolo percepite dall'END. Gli importi di tali indennità vengono detratti dall'indennità versata dall'Agenzia ai sensi di tale paragrafo 1.”) appare evocata a sproposito, non essendosi verificata l’evenienza ivi paventata.

2.5. In sostanza, il comma 1 lett. c dell’ art. 1 della legge n. 642/1961 (le indennità che possono spettare ai sensi delle disposizioni contenute negli articoli che seguono) va letto facendo riferimento all’art. 39 vicies semel, comma 39 del D.L. 30 dicembre 2005, n. 273: (“L' articolo 1 del regio decreto 3 giugno 1926, n. 941 , gli articoli 1 , primo comma, lettera b), e 3 della legge 8 luglio 1961, n. 642 , e l' articolo 4, comma 1, lettera a), della legge 27 dicembre 1973, n. 838 , si interpretano nel senso che i trattamenti economici ivi previsti hanno natura accessoria e sono erogati per compensare disagi e rischi collegati all'impiego, obblighi di reperibilità e disponibilità ad orari disagevoli, nonché in sostituzione dei compensi per il lavoro straordinario.” ).

E la previsione degli ultimi due commi dell’art. 1 della legge n. 642/1961 prevede che “le disposizioni che precedono si applicano altresì in caso di destinazione all'estero presso enti, comandi od organismi internazionali dai quali non siano corrisposti stipendi o paghe. Eventuali particolari indennità o contributi alle spese connesse alla missione, direttamente corrisposti ai singoli dai predetti enti, comandi od organismi, saranno detratti dal trattamento di cui al primo comma.”.

Parte appellante omette di considerare che la dizione di cui al comma 1 della legge n. 642/1961 (“erogati per compensare disagi e rischi collegati all'impiego”) ha natura omnicomprensiva.

Contesta ciò, ma a pag. 5 dell’atto di appello sembra ammettere che del tutto erroneamente l’EDA gli ha erogato l’indennità di soggiorno: ciò, a dispetto della sopra richiamata previsione di cui all’art. 15 comma 6 della Decisione n. 677/2004 CE.

2.6. A questo punto, non si può concordare con la tesi della parte privata appellante: l’intera pretesa dell’appellante sarebbe incentrata sulla asserita diversità tra le somme ricevute dall’amministrazione italiana “per compensare disagi e rischi collegati all'impiego” e quelle ricevute dall’ EDA ex art. 15 comma 1 della citata Decisione n. 677/2004 CE, secondo cui “ L'END ha diritto, per tutta la durata del distacco, a un'indennità di soggiorno giornaliera equivalente all'indennità corrisposta ad un esperto nazionale distaccato presso il Segretariato generale del Consiglio dell'Unione europea”.

2.6.1. Ma la critica appellatoria poggia su una interpretazione del quadro normativo del tutto non condivisibile compendiata a pag. 3 della memoria depositata dal Tenente Cnnello A il 20 gennaio 2017 ( punto 3), in quanto il predetto ritiene cumulabili i benefici della legge 642/61 (in quanto soggetto trasferito all’estero), con i benefici dell’art. 15 comma 1 della decisione Ce 677/2004 asseritamente spettanti qual imborso a titolo “risarcitorio” (su quest’ultimo aggettivo si tornerà nell’ultima parte della presente decisione) per essersi trasferito ad una distanza superiore ai 150 km rispetto a Roma;
ma una simile pretesa collide con la logica, prima che con il dato normativo: ciò in quanto, se questa fosse la opzione ermeneutica corretta, si verificherebbe sempre e comunque il cumulo delle indennità, in quanto non vi sono destinazioni estere che distino meno di 150 km dalla capitale. All’evidenza, la tesi non appare sostenibile.

2.7. La parte privata appellante nell’ambito del riunito ricorso n. 6713/2015 sollecita il deferimento di questione interpretativa delle seguenti norme:

1. Art. 1 comma 2 della decisione 2004/677/CE: “Le persone a cui si applica il presente regime restano al servizio del loro datore di lavoro per tutta la durata del distacco e continuano a essere retribuite da quest’ultimo.” ;

art. 24 della decisione 2004/677/CE:”I militari distaccati devono essere per tutta la durata del loro

distacco, in servizio, retribuito presso le forze armate di uno Stato membro partecipante”.

Art. 15 comma 6 della decisione 2004/677/CE: “In occasione dello scambio di lettere di cui all’art. 1 paragrafo 5, l’Agenzia viene informata in merito ad eventuali indennità analoghe a quelle di cui al paragrafo 1 del presente articolo percepite dall’END. Gli importi di tali indennità vengono detratti dall’indennità versata dall’Agenzia ai sensi di tale paragrafo 1”.

Ma alla stregua della incontestabile circostanza per cui egli doveva essere retribuito dallo Stato di provenienza e delle prescrizioni contenute nella legge n. 642/1961, in realtà non v’è alcuna incertezza da risolvere, in quanto non v’è alcuna disposizione comunitaria che viene in diretto rilievo e la controversia riguarda unicamente la norma “nazionale”.

Ed è anche il caso di precisare che sulla interpretazione di quest’ultimo testo di legge nazionale la giurisprudenza ha sin da tempo risalente raggiunto una concordanza di opinioni nel ritenere che (si veda, ancora di recente T.A.R. Roma, -Lazio-, sez. I, 19/02/2016, n. 2264) “ai militari impegnati in sedi esteri, le indennità di cui alla legge 8 luglio 1961, n. 642 e della legge 27 dicembre 1973, n. 838, non siano cumulabili con quelle previste dalla legge 100/1987 (Cons. St., sez. IV, 10 agosto 2004, n. 5489;
2 dicembre 2003, n. 7864). La ragione per cui il giudice amministrativo ha negato tale cumulo risiede nel fatto che le riferite indennità sono tutte informate da un'unica ed identica logica sono tutte indennità di missione volte esclusivamente a sopperire ai disagi materiali e psicologici che il trasferimento comporta per il militare, per cui il cumulo verrebbe a duplicare, immotivatamente, il previsto ristoro economico. Inoltre, l'art. 15, L. n. 838 del 1973 esclude categoricamente il diritto, per il militare in servizio all'estero, a percepire qualsiasi compenso ulteriore oltre quello previsto in modo specifico per i militari assegnati presso rappresentanze diplomatiche.

2.8. L’appello proposto dal S A va quindi respinto.

3. L’unica questione residua da delibare, a questo punto, è quella contenuta nell’appello dell’Amministrazione e concerne la esattezza del capo di sentenza in punto di dichiarata prescrizione (parziale) dei ratei maturati ante 2014 per cinque anni.

3.1. Come già colto in sede cautelare, l’appello dell’Amministrazione è sul punto fondato.

Essa si fonda sul principio -consolidato in giurisprudenza - per cui il diritto alla repetitio indebiti da parte della p.a., a norma dell’art. 2946 cod. civ., è soggetto a prescrizione ordinaria decennale il cui termine decorre dal giorno in cui le somme sono state materialmente erogate (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 24 aprile 1993, nr. 294;
Corte Conti, sez. giur. Veneto, 19 novembre 2009, nr. 782).

Più specificamente, l’azione di ripetizione di indebito ha come suo fondamento l’inesistenza dell’obbligazione adempiuta da una parte, o perché il vincolo obbligatorio non è mai sorto o perché è venuto meno successivamente, a seguito ad esempio di annullamento.

Anche la giurisprudenza di merito ha di recente ribadito (T.A.R. Sicilia Catania Sez. II, 01-09-2014, n. 2257) che l'azione di recupero di somme indebitamente corrisposte al pubblico dipendente da parte della pubblica amministrazione è soggetta all'ordinaria prescrizione decennale di cui all'art. 2946 c.c;
ciò in piena concordanza con la giurisprudenza di questo Consiglio di Stato ( ex aliis Consiglio di Stato, sez. IV, 03/11/2015, n. 5010 “nel caso di erogazione da parte della Pubblica amministrazione di somme non dovute ai suoi dipendenti, il suo diritto alla ripetizione dell'indebito ex art. 2946 c.c. è soggetto a prescrizione ordinaria decennale, decorrente dal giorno in cui le somme sono state materialmente erogate, e l'azione di ripetizione di indebito si fonda sull'inesistenza dell'obbligazione adempiuta o perché il vincolo obbligatorio non è mai sorto o perché è venuto meno successivamente, ad esempio a seguito di annullamento.”).

E’ pacifico, poi, che la prescrizione della condictio indebiti inizi a decorrere dalla materiale erogazione delle somme poiché è solo da tale momento che il diritto dell’Amministrazione alla restituzione avrebbe potuto essere fatto valere (di recente Cons. Stato, sez. VI n. 750/2015).

L’appellante equivoca sul concetto di “causale risarcitoria” dell’erogazione: ogni somma erogata in dipendenza di un rapporto di lavoro ha natura “retributiva”;
ciò anche quando trattasi di “indennità” per compensare pregiudizi afferenti a un particolare contenuto della prestazione (che del tutto lecitamente l’Amministrazione può pretendere dal dipendente, sia pur “compensandone” il disagio).

3.2. A questo punto, sembra al Collegio del tutto superfluo interrogarsi in ordine al dies a quo dal quale fare decorrere la prescrizione del diritto dell’Amministrazione al pagamento dei ratei: posto che la pretesa dell’Amministrazione è corrispondente all’importo versato dall’Agenzia Europea per la difesa per il periodo dal 4 luglio 2005 al 3 luglio 2009, e posto che la decorrenza iniziale va quindi fissata nel 2005, è evidente che il termine di prescrizione non era ancora decorso, per cui l’appellante amministrazione aveva diritto a ripetere le dette somme integralmente.

4. Conclusivamente, il riunito appello n.r.g. 6713/2015 è infondato e va respinto, mentre il riunito appello n.r.g. 6950/2015 è fondato e va accolto e, per l’effetto, in parziale riforma dell’impugnata decisione, va integralmente respinto il ricorso di primo grado, con salvezza degli atti impugnati.

4.1. Le questioni appena vagliate esauriscono la vicenda sottoposta alla Sezione, essendo stati toccati tutti gli aspetti rilevanti a norma dell’art. 112 c.p.c., in aderenza al principio sostanziale di corrispondenza tra il chiesto e pronunciato (come chiarito dalla giurisprudenza costante, tra le tante, per le affermazioni più risalenti, Cassazione civile, sez. II, 22 marzo 1995 n. 3260 e, per quelle più recenti, Cassazione civile, sez. V, 16 maggio 2012 n. 7663).

4.2. Gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati dal Collegio ritenuti non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso.

5. Ritiene il Collegio che sussistano le condizioni, riposanti nella oggettiva complessità del quadro normativo e nella iniziale non chiara perspicuità dell’iniziativa recuperatoria intrapresa dall’Amministrazione, per compensare integralmente tra le parti le spese del doppio grado di giudizio

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