Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2023-05-12, n. 202304795

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2023-05-12, n. 202304795
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202304795
Data del deposito : 12 maggio 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 12/05/2023

N. 04795/2023REG.PROV.COLL.

N. 06222/2017 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 6222 del 2017, proposto da
P O, A S, S F, rappresentati e difesi dall'avvocato P T, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Adda n. 87;

contro

Comune di Belmonte del Sannio, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato A T, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

e con l'intervento di

ad adiuvandum:
Associazione Effe Servizi, rappresentata e difesa dall'avvocato P T, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. MOLISE - CAMPOBASSO: SEZIONE I n. 00167/2017, resa tra le parti.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Belmonte del Sannio;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 4 aprile 2023 il Cons. M S e uditi per le parti gli avvocati Troianiello e Tagliamonte;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Si tratta di tre appellanti di cui due rinunzianti in corso di giudizio (O e S). Il giudizio prosegue dunque, si anticipa sin da ora, nei soli confronti del F.

Quest’ultimo otteneva licenza di NCC da un comune in provincia di Campobasso (Belmonte del Sannio) ma, a seguito di alcuni controlli effettuati dalla polizia locale del Comune di Belmonte, emergeva che il mezzo non transitava quasi mai, né dunque sostava nella eletta autorimessa, nel territorio di Belmonte. La verifica si riferiva in particolare al periodo 1° gennaio 2015 – 11 dicembre 2015. A ciò si aggiunga che il F risultava avere stipulato un contratto per servizi di autonoleggio da svolgersi h24 proprio nella zona di Roma e dintorni (in particolare: Aeroporto di Fiumicino e Porto di Civitavecchia). In altre parole l’appellante, dopo avere ottenuto un’autorizzazione NCC da parte del Comune di Belmonte del Sannio, utilizzava tale licenza esclusivamente per svolgere altrove il servizio e, segnatamente, nei pressi di Roma e nell’ambito del proprio circondario. Di qui la revoca della licenza NCC che veniva impugnata dinanzi al TAR Molise.

2. Il giudice di primo grado, con la sentenza qui appellata, rigettava tuttavia il ricorso in quanto emergeva con evidenza l’assenza di qualsivoglia collegamento con il territorio di riferimento (Belmonte del Sannio). Dunque era venuto meno il c.d. vincolo di territorialità ( id est : carattere territoriale del servizio da rendere a beneficio della comunità locale). Né si ravvisava alcun contrasto con la normativa UE, atteso che la c.d. “direttiva servizi” (2006/123/CE) espressamente non si applica al settore dei trasporti.

3. La sentenza veniva in questa sede appellata per i motivi di seguito indicati:

3.1. Erroneità per omessa considerazione circa plurime violazioni della legge n. 21 del 1992. In particolare l’art. 11, comma 4, prevedrebbe la possibilità di effettuare servizio di NCC senza limiti territoriali. Di qui la legittima assenza dalla rimessa comunale in quanto il contratto stipulato con la cooperativa CMC prevedeva disponibilità h24 sulla zona di Roma e dintorni;

3.2. Erroneità nella parte in cui non sarebbe stato rilevato il contrasto del regolamento comunale (di cui alla delibera consiliare n. 23 del 26 settembre 2009) con “il prevalente diritto dell’Unione europea”, la cui corretta applicazione consentirebbe “la libera circolazione del servizio senza il benché minimo ostacolo, territoriale o di altro genere” (pag. 17 atto di appello). Formulava a tal fine apposita istanza di rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia UE;

3.3. Erroneità nella parte in cui non sarebbe stata rilevata la violazione degli obblighi partecipativi di cui all’art. 10 della legge n. 241 del 1990 (in particolare: omessa valutazione delle memorie prodotte in sede procedimentale dalla parte appellante) nonché il difetto di motivazione del provvedimento di revoca;

3.4. Si formulava altresì domanda di risarcimento dei danni patiti.

4. Si costituiva in giudizio l’appellata amministrazione comunale per chiedere il rigetto del gravame mediante articolate controdeduzioni che, più avanti, formeranno oggetto di specifica trattazione.

Si costituiva altresì in giudizio, per sostenere la posizione delle appellanti, l’associazione di categoria EFFE SERVIZI.

5. In vista della pubblica udienza:

5.1. Come anticipato, le parti O e S formulavano rituale atto di rinunzia alla prosecuzione del presente giudizio;

5.2. La restante parte F insisteva per la richiesta di rinvio pregiudiziale allegando, a tal fine, la Comunicazione della Commissione europea 2022/C62/01 e le conclusioni dell’Avvocato Generale presentate dinanzi alla Corte di giustizia UE, in data 15 dicembre 2022, nell’ambito della causa C-50/21. Evidenziava in particolare che, alla luce di tali nuovi interventi: “il vettore NCC, in forza del diritto di stabilimento ex art. 49 ss. TFUE, può liberamente operare nel territorio diverso da quello del Comune che ha rilasciato l’autorizzazione NCC e, dunque, la disciplina nazionale deve essere interpretata nel senso di consentire l’esercizio del servizio in via continuativa lontano dal territorio dell’ente che ha rilasciato l’autorizzazione in esecuzione di un contratto di fornitura di servizi NCC continutativi” (pag. 14 memoria in data 3 marzo 2023).

6. Alla pubblica udienza del 4 aprile 2023 le parti rassegnavano le proprie rispettive conclusioni ed il ricorso veniva infine trattenuto in decisione.

7. Tutto ciò premesso l’appello va in parte dichiarato estinto (quanto agli appellanti O e S) ed in parte rigettato (appellante F) per le ragioni di seguito indicate.

8. I motivi di appello possono essere tutti congiuntamente trattati data la loro intima connessione logica.

8.1. La difesa di parte appellante contesta il provvedimento di revoca della licenza senza mai disconoscere, in concreto, la pressoché integrale assenza dal territorio molisano del mezzo in questione. Il motivo di appello si incentra infatti sul sostanziale disconoscimento del c.d. vincolo di territorialità . In sostanza la tesi dell’appellante è che, una volta ottenuta la licenza da qualsivoglia comune italiano, lo stesso mezzo sarebbe poi libero di circolare ovunque, nel territorio italiano, senza vincoli né condizionamenti di natura territoriale e locale. Come affermato nella memoria in data 3 marzo 2023, il servizio NCC ben potrebbe infatti essere svolto “fuori dalla rimessa e per lungo tempo in un territorio diverso da quello del Comune autorizzante”. La tesi propugnata dalla difesa di parte appellante è dunque quella per cui il titolare della licenza, una volta ottenuta la relativa autorizzazione NCC, potrebbe disporne senza limitazione alcuna nell’ambito dell’intero territorio nazionale. Quanto affermato dalla difesa di parte appellante sta anche ad evidenziare il sostanziale riconoscimento degli accertamenti effettuati dall’appellata amministrazione comunale circa la prolungata assenza del suddetto veicolo all’interno del medesimo ambito territoriale comunale. Questo in concreto il tenore dell’atto di appello e delle successive memorie difensive, nell’ambito dei quali nessuna contestazione viene effettivamente sollevata in ordine alla affermazione della difesa dell’amministrazione comunale secondo cui “il F abbia per l’appunto “abbandonato” il Comune di Belmonte del Sannio” (cfr. pag. 8 memoria in data 2 marzo 2023). A tal fine si invoca la incompatibilità eurounitaria della normativa italiana che impone il (tendenziale) rientro in rimessa alla fine di ogni servizio. Si allega a tal fine una Raccomandazione della Commissione UE del 4 febbraio 2022 nonché le conclusioni dell’Avvocato Generale del 15 dicembre 2022 nell’ambito di una causa in corso dinanzi alla Corte di giustizia UE che verte su identica materia (ma su questioni diverse, come si vedrà). Si chiede dunque la rimessione della questione alla Corte di giustizia UE per la violazione dei principi in materia di libertà di stabilimento ex art. 49 TFUE.

8.2. La tesi di parte ricorrente non può essere accolta sulla base delle seguenti considerazioni, molte delle quali già contenute nella sentenza n. 5756 dell’11 luglio 2022 di questa stessa sezione e dalla quale il collegio non ha ragione di discostarsi. Più in particolare:

“02. Nel merito si tratta di valutare la legittimità del provvedimento gravato (diniego di immatricolazione in Italia di veicolo quale NCC) alla stregua non delle norme spiegate dall’ordinamento italiano (in merito al quale la conformità del provvedimento è piuttosto pacifica) quanto invece delle disposizioni contenute nell’ordinamento eurounitario. Si tratta in particolare di stabilire se il regime autorizzatorio di cui alla legge n. 21 del 1992 (il quale impone la presenza di una sede e di una rimessa nel territorio del Comune che rilascia la licenza) sia compatibile con il diritto di stabilimento di cui all’art. 49 TFUE o con il principio della libera prestazione di servizi di cui all’art. 56 TFUE.

1. In proposito va innanzitutto citato il pacifico orientamento di questa sezione che, al riguardo, ha già avuto modo di osservare che: “Quanto poi all’asserita violazione dei principi di matrice eurounitaria in tema di concorrenza, si osserva per completezza che questo Consiglio di Stato ha già ritenuto che vada esclusa “l’incidenza della disciplina nazionale concernente il NCC sui principi di matrice eurounitaria invocati dal ricorrente di primo grado rilevando che “la Corte di Giustizia europea (sez. III), con decisione 13.2.2014 (c-162/12 e 163/12), ha statuito, in via di pregiudizialità, che dette controversie sono irricevibili, atteso che l'art. 49 Tfue (concorrenza) non è applicabile ad attività, come quelle di specie, che non presentano alcun collegamento con una situazione prevista dal diritto comunitario, rappresentando, invece, una questione interna dello Stato in punto di modalità di concessione delle autorizzazioni (cfr. Cons. di Stato, V, 26 aprile 2018, n. 2539)”.

La Corte di Giustizia, nella sentenza del 13 febbraio 2014 nelle cause riunite C-419/12 e C-420/12 ed aventi ad oggetto proprio il dubbio sollevato a suo tempo dal TAR Lazio sulla compatibilità tra art. 49 TFUE (diritto di stabilimento) e sistema delineato dalla legge n. 21 del 1992 per il rilascio di licenze NCC, ha così accertato la natura locale o regionale delle controversie dichiarando di non essere competente a rispondere nella parte relativa all'interpretazione dell'articolo 49 TFUE sulla libertà di stabilimento, per la natura non transfrontaliera della questione e dichiarando altresì l'irricevibilità dei quesiti riferiti all'interpretazione di altre disposizioni del diritto dell'Unione.

2. Su questa stessa falsa riga, volendo considerare la questione sul piano della libera prestazione di servizi anche la c.d. Direttiva Bolkestein (Direttiva 2006/123/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 12 dicembre 2006) all’art. 2 esclude dal suo campo di applicazione proprio i servizi nel settore dei trasporti.

Di qui l’ulteriore conferma della natura non transfrontaliera di simili attività.

3. Ferme restando le conclusioni di cui sopra, volendo adesso seguire il pur suggestivo schema di ragionamento della parte appellata (e della sentenza di primo grado) circa le esigenze legate alla libertà di stabilimento (art. 49 TFUE) ed alla libera prestazione di servizi (art. 56 TFUE), e dunque a voler considerare se la contestata normativa interna (legge n. 21 del 1992) risulti sostanzialmente conforme a principi di non discriminazione e proporzionalità nonché dettata da motivi imperativi di interesse generale, osserva ad ogni modo il collegio che:

3.1. In primo luogo, come affermato dalla Corte costituzionale nella citata sentenza n. 56 del 2020 il meccanismo contemplato dalla legge n. 21 del 1992 non costituisce una “discriminatoria restrizione della concorrenza” ma, piuttosto, un “limite intrinseco alla stessa natura del servizio”. I requisiti richiesti (sede e rimessa territorialmente circoscritti) costituiscono in altre parole “misure indistintamente applicabili” inidonee, in quanto tali, a porre in essere qualsivoglia discriminazione dal momento che l’accesso a simili attività è consentito alle medesime condizioni richieste dall’ordinamento italiano nei confronti dei propri cittadini (cfr. art. 49 TFUE). Del resto, questa stessa sezione ha già avuto modo di affermare che “l’attività di N.C.C. non è un’attività liberalizzata, ma soggetta ad autorizzazione” (cfr. Cons. Stato, sez. V, 1° marzo 2021, n. 1703;
21 settembre 2020, n. 4581). Autorizzazione che viene rilasciata al ricorrere di determinati requisiti che non hanno natura “soggettiva” (es. precedenti penali, capacità finanziaria, competenze professionali, e per i quali troverebbe pacificamente applicazione il principio del c.d. home country control) ma piuttosto “oggettiva” in quanto legati a determinati standard di tipo organizzativo (“sede operativa” e “rimessa” entrambi da collocare nel territorio del comune che rilascia l’autorizzazione quali “fattori spia” di tale dimensionamento territoriale) e di tipo funzionale (relativi all’esigenza di prestare il servizio di noleggio prevalentemente all’interno del territorio provinciale di riferimento). Ancora questa stessa sezione ha avuto al riguardo modo di affermare che:

a)“Contrariamente a quando dedotto col ricorso in appello, infatti, non si è in presenza, nel caso concreto, di un requisito discriminatorio e restrittivo della concorrenza fondato, direttamente o indirettamente, sulla cittadinanza o, per quanto riguarda le società, sull'ubicazione della sede legale, atteso che, chiunque, può essere autorizzato a svolgere il servizio di NCC.

La necessità dell'ubicazione della rimessa in ambito comunale non attiene a un requisito soggettivo dell'operatore economico, ma costituisce un requisito oggettivo e intrinseco dell'attività da svolgere, pienamente giustificato dalle finalità pubbliche che l'istituzione del servizio mira a soddisfare” (Cons. Stato, sez. V, 23 giugno 2016, n. 2806);

b) “Contrariamente a quanto assume l’appellante, non si è in presenza di un requisito discriminatorio o restrittivo della concorrenza su base soggettiva (id est: attinente all’operatore economico), ma di un requisito oggettivo e intrinseco dell’attività da svolgere (inerendo alle modalità, conformate dal legislatore, del suo esercizio), giustificato dalle finalità pubbliche che il servizio di noleggio con conducente mira a soddisfare” (Cons. Stato, sez. V, 1° marzo 2021, n. 1703).

3.2. Quanto alla sussistenza di motivi imperativi di interesse generale (idonei in quanto tali a giustificare simili misure autorizzatorie indistintamente applicabili), soccorre anche in questo caso la citata sentenza della Corte costituzionale n. 56 del 2020 nella parte in cui evidenzia le principali finalità della legge n. 21 del 1992, quelle ossia di:

3.2.1. Raggiungere un “punto di equilibrio tra il libero esercizio dell’attività di NCC … e l’attività di trasporto esercitata dai titolari di licenze per taxi” (punto 5.4.);

3.2.2. Evitare interferenze tra queste due attività (NCC e taxi) anche “tramite il contrasto dei diffusi comportamenti abusivi presenti nel settore” (punto 5.4.);

3.2.3. Conservare la “dimensione locale”, sebbene di livello anche provinciale e non solo strettamente comunale, del servizio di NCC (c.d. vincolo territoriale con la comunità di riferimento ossia con la collettività del comune che ha rilasciato in concreto l’autorizzazione). Così la Consulta: “Il legislatore statale, nell’esercizio della sua discrezionalità, ha così individuato nel territorio provinciale la dimensione organizzativa ottimale del servizio di N.C.C.”. Si veda al riguardo la giurisprudenza di questa stessa sezione secondo cui tale servizio deve essere “svolto, almeno tendenzialmente, a favore della comunità locale di cui il Comune è ente esponenziale” (cfr., sul punto: Cons. Stato, sez. V, 8 novembre 2017, n. 5154). Ed ancora come “il collegamento dell’attività di N.C.C. con una certa comunità della quale è ente esponenziale il Comune che rilascia l’autorizzazione all’esercizio … costituisca tuttora elemento ineludibile dell’attività di N.C.C.”(Cons. Stato, sez. V, 1° marzo 2021, n. 1703).

3.3. Quanto infine al rispetto dei principi di adeguatezza e di proporzionalità, anche di questo si trova ampia traccia nella predetta sentenza della Corte costituzionale n. 56 del 2020 nella parte in cui:

3.3.1. Ha evidenziato che il legislatore del 2018 ha introdotto notevoli “elementi di flessibilità”, primo fra tutti quello di estendere all’ambito provinciale, e non solo comunale, l’ambito di operatività di siffatti operatori di NCC i quali possono eleggere anche altre rimesse se ricadenti nella stessa provincia del comune che ha rilasciato la licenza (nel senso della “maggiore flessibilità” normativa acquisita dal 2018 si veda altresì Cons. Stato, sez. V, 1° marzo 2021, n. 1703);

3.3.2. Ha sanzionato, con apposita declaratoria di incostituzionalità, quelle parti della disciplina interna che ancora conservavano aspetti di eccessiva rigidità e di inutile aggravio organizzativo e gestionale nei confronti degli operatori stessi (cfr. art. 11, comma 4, nella parte in cui si imponeva il necessario rientro “a vuoto” nella sede di servizio o di rimessa “ogni volta”, ossia tra un viaggio e l’altro anche nell’ipotesi in cui ci fosse una certa contiguità temporale);

3.4. Discende da quanto detto la conformità della normativa interna, in ogni caso, rispetto a quella di matrice eurounitaria e dunque l’assenza dei presupposti – pur ravvisati dal giudice di primo grado – onde giungere alla sua disapplicazione” .

8.3. La Corte costituzionale, con sentenza n. 56 del 26 marzo 2020, è così intervenuta sul tema delle autorizzazioni di NCC affermando in estrema sintesi che:

a) il servizio di noleggio con conducente (NCC) conserva la sua dimensione locale, sebbene di livello anche provinciale e non solo strettamente comunale;

b) di qui la possibilità, riconosciuta dal legislatore del 2018, di eleggere anche altre rimesse in ambito provinciale oltre a quella (principale) sita nel comune che ha rilasciato il titolo;

c) di qui ancora la possibilità di non dover fare necessariamente rientro nella sede di servizio o di rimessa “ogni volta”, ossia tra un viaggio e l’altro che siano caratterizzati da una certa contiguità temporale. Ciò per elementari ragioni di ragionevolezza e di proporzionalità;

d) ciò non vuol dire tuttavia che non debba comunque essere preservato un certo “vincolo territoriale” con la comunità di riferimento ossia con la collettività del comune che ha rilasciato in concreto l’autorizzazione. Dunque il rientro nella sede di servizio e di rimessa, pur dopo una serie di viaggi tra loro in qualche misura “collegati”, non può di certo essere del tutto omessa (proprio come nel caso di specie);

e) pertanto giova ribadire che: accanto ai necessari requisiti organizzativi di “sede operativa” e “rimessa” (entrambi da collocare nel territorio del comune che rilascia l’autorizzazione, sebbene con i temperamenti di altre rimesse da poter eleggere nel territorio provinciale, quali “fattori spia” di tale dimensionamento territoriale) permangono in qualche modo anche i requisiti funzionali relativi all’esigenza di prestare il proprio servizio di noleggio prevalentemente all’interno del territorio comunale di riferimento (pur con i temperamenti indicati dalla stessa Corte costituzionale). Si vedano sul punto anche le conclusioni di questa stessa sezione con sentenza n. 1703 del 1° marzo 2021;

f) quanto, poi, alla sussistenza di motivi imperativi di interesse generale (idonei in quanto tali a giustificare simili “restrizioni”, consistenti in misure autorizzatorie indistintamente applicabili), soccorre anche in questo caso la citata sentenza della Corte costituzionale n. 56 del 2020 nella parte in cui evidenzia le principali finalità della legge n. 21 del 1992, quelle ossia di conservare la “dimensione locale”, sebbene di livello anche provinciale e non solo strettamente comunale, del servizio di NCC (c.d. vincolo territoriale con la comunità di riferimento ossia con la collettività del comune che ha rilasciato in concreto l’autorizzazione). Pienamente condivisibili, sul punto, si rivelano le affermazioni della difesa dell’amministrazione comunale secondo cui: “l'obbligo di disporre di una sede o di una rimessa nel territorio del Comune che ha rilasciato la licenza di esercizio ha la funzione di preservare la dimensione locale di un servizio pubblico finalizzato in primo luogo a soddisfare le esigenze della comunità locale e di coloro che si vengano a trovare sul territorio comunale”. Ed ancora che: “La necessità di uno stabile collegamento dell'attività con la presenza di una rimessa ubicata all'interno del territorio dell'Ente è, quindi, coessenziale alla natura stessa dell'attività da espletare, diretta principalmente ai cittadini del Comune autorizzante cui si vuol garantire un servizio complementare e integrativo rispetto ai trasporti pubblici di linea” (cfr. pag. 6 della memoria in data 13 marzo 2023);

8.4. Quanto poi alla invocata Raccomandazione della Commissione UE del 4 febbraio 2022 (in questa sede invocata dalla difesa di parte appellante), con essa si auspica nella sostanza una abolizione del rigido “obbligo di rientro in autorimessa”. Più in particolare, il paragrafo B (Raccomandazioni sull’esercizio della professione) prevede al punto 1 ( Verso l’abolizione del rigido «obbligo di rientro in autorimessa» ) che, quanto alle c.d. “corse a vuoto … potrebbe essere opportuno rivedere questa regola”. Ciò in quanto “rappresentano un uso inefficiente dell’orario di lavoro del veicolo e del conducente e sono dannose per l’ambiente, in quanto contribuiscono all’aumento della congestione e delle emissioni”. Pertanto: “Fintanto che i conducenti sono impegnati, non si dovrebbe impedire loro di svolgere il proprio servizio imponendo l’obbligo di rientro in sede tra un cliente e l’altro”. Con particolare riguardo, poi, alle corse da e per gli aeroporti, occorrerebbe “Permettere ai conducenti di trasportare passeggeri nei viaggi di ritorno verso la zona coperta dalla licenza”.

Ebbene le denunziate rigidità sono in ogni caso già venute meno, nel nostro ordinamento, sia mediante il decreto-legge n. 135 del 2018, sia attraverso l’intervento della Corte costituzionale con sentenza n. 56 del 2020 (laddove ha sostanzialmente riconosciuto la possibilità di evitare le corse “a vuoto” ossia di continuare ad operare fin quando le prenotazioni risultino piuttosto contigue in termini temporali). Dirimente in tale direzione è il novellato art. 11, il cui nuovo comma 4-bis prevede proprio che: “l'inizio di un nuovo servizio può avvenire senza il rientro in rimessa, quando sul foglio di servizio sono registrate, sin dalla partenza dalla rimessa o dal pontile d'attracco, più prenotazioni di servizio oltre la prima, con partenza o destinazione all'interno della provincia o dell'area metropolitana in cui ricade il territorio del comune che ha rilasciato l'autorizzazione” . Questi invece i passaggi fondamentali della richiamata sentenza della Consulta dai quali ricavare la suddetta attenuazione dei caratteri di rigidità a suo tempo introdotti nel 2008: “Con le descritte modifiche il legislatore del 2018, pur conservando vincoli territoriali nell'organizzazione del servizio di NCC, ha voluto introdurre elementi di flessibilità rispetto alla fisionomia "disegnata" nel 2008 con l'adozione del citato art. 29, comma 1-quater. Mentre in precedenza il vettore poteva ricevere la richiesta dell'utente solo presso la sede e lo stazionamento del mezzo doveva avvenire nell'unica rimessa a disposizione, ubicata esclusivamente nel territorio del comune che aveva rilasciato l'autorizzazione, la nuova disciplina consente al vettore di disporre di più rimesse situate in più comuni e di stazionare dunque in luoghi diversi, anche se sempre all'interno della provincia o dell'area metropolitana in cui ricade il comune che ha rilasciato l'autorizzazione” . Ed ancora: “la norma allarga la sfera di potenziale operatività alla dimensione provinciale (o di area metropolitana) ... l'inizio e la fine del servizio di NCC possono ora avvenire anche in rimesse situate in altri comuni della provincia (o dell'area metropolitana) di riferimento” . Fondamentale in tale direzione il passaggio in cui si evidenzia che, con riguardo alle citate modifiche apportate all’art. 11 della legge n. 21 del 1992: “Il comma 4-bis prevede una deroga all'obbligo di rientro in rimessa dopo ogni servizio, consentendo di iniziare un nuovo trasporto anche senza il rientro in rimessa nel caso di più prenotazioni, oltre la prima, risultanti dal foglio di servizio, «con partenza o destinazione all'interno della provincia o dell'area metropolitana in cui ricade il territorio del comune che ha rilasciato l'autorizzazione»” . Infine: “Si tratta di interventi che interessano, come visto, i vincoli già introdotti dall'art. 29, comma 1-quater, del d.l. n. 207 del 2008, rendendoli in una certa misura più flessibili ma conservandone l'essenza” .

La Commissione non opera comunque alcun riferimento alla eliminazione di un qualsivoglia vincolo di natura territoriale, che costituisce al contrario precipuo obiettivo che si pone la difesa di parte appellante nel caso di specie;

8.5. Quanto invece alle conclusioni dell’Avvocato Generale del 15 dicembre 2022 nella causa C-50/21 contro il governo della Catalogna (il quale ha in sintesi imposto una licenza bis di natura locale accanto a quella nazionale nonché una licenza NCC ogni 30 licenze TAXI), lo stesso ha evidenziato, quale giustificazione alle suddette restrizioni (in particolare la licenza bis di natura locale), un motivo imperativo di interesse generale da identificarsi in esigenze di: a) gestione del trasporto locale per cui alcune misure (si vedano quelle proprio dirette a garantire il c.d. “vincolo di territorialità”) sono giustificate dalla necessità che la collettività goda di una certa gamma di mezzi di trasporto (e tra questi anche di NCC, pertanto), sì da “garantire un traffico scorrevole” e dunque “evitare la congestione”;
b) strettamente legato al primo, la protezione dell’ambiente che deriverebbe da una più efficiente gestione del trasporto locale (cui gli NCC fattivamente e concretamente contribuirebbero) e dunque da un minore utilizzo di mezzi privati.

Ebbene, con particolare riguardo alla persistente natura locale del servizio si vedano ancora le conclusioni della citata sentenza n. 56 del 2020 della Corte costituzionale nella parte in cui si afferma che: “Il legislatore statale, nell'esercizio della sua discrezionalità, ha così individuato nel territorio provinciale la dimensione organizzativa ottimale del servizio di NCC, tenendo conto della sua vocazione locale che giustifica la correlata introduzione di limiti al libero esercizio dell'attività di trasporto. Tale servizio … mira infatti a soddisfare, in via complementare e integrativa (art. 1, comma 1, della legge n. 21 del 1992), le esigenze di trasporto delle singole comunità, alla cui tutela è preposto il comune che rilascia l'autorizzazione” .

Anche tali “conclusioni” sono dunque in linea con quanto attualmente previsto dall’ordinamento interno.

8.5. Dalle considerazioni sopra partitamente esposte discende il rigetto, in particolare, dell’istanza di rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia UE, atteso che l'obbligo di disporre di una sede o di una rimessa nel territorio del Comune che ha rilasciato la licenza di esercizio ha la funzione di preservare la dimensione locale di un servizio pubblico finalizzato, in primo luogo, a soddisfare le esigenze della comunità locale e di coloro che si vengano a trovare sul territorio comunale. La necessità di uno stabile collegamento dell'attività con la presenza di una rimessa ubicata all'interno del territorio dell'Ente è, quindi, coessenziale alla natura stessa dell'attività da espletare, diretta principalmente ai cittadini del Comune autorizzante cui si vuol garantire un servizio complementare e integrativo rispetto ai trasporti pubblici di linea.

Del resto, già questa stessa sezione ha in più occasioni avuto modo di affermare l’insussistenza di qualsivoglia violazione del diritto eurounitario ad opera della normativa interna in materia di NCC. Si veda per tutte Cons. Stato, sez. V, 23 giugno 2016, n. 2806, nella parte in cui è stato affermato che: “In definitiva è da escludersi che le contestate norme interne determinino un'ingiustificata compressione dell'assetto concorrenziale del mercato degli autoservizi pubblici non di linea e che quindi contrastino con tutte le disposizioni dell'Unione Europea, della CEDU e costituzionali richiamate dalla parte appellante” ;

8.6. Ne consegue ulteriormente che il provvedimento di revoca qui contestato si rivela al contrario legittimamente adottato per la rilevata palese violazione del c.d. obbligo di territorialità, il quale impone non solo il “rimessaggio” delle autovetture nel territorio comunale ma, a monte, lo svolgimento del servizio per l’utenza territoriale del Comune di Belmonte del Sannio o, al più, per zone limitrofe localizzate nell’ambito provinciale. Nel caso di specie, pertanto, la Provincia di Isernia.

8.7. Da quanto detto consegue il rigetto di tutti e tre i motivi di appello sopra sintetizzati. Ivi ricompresa l’ultima censura riguardante un difetto di motivazione che, sulla base di quanto sopra riportato, risulta invece insussistente dal momento che l’amministrazione appellata, operando al riguardo un chiaro e sufficiente rinvio agli accertamenti della polizia locale, ha così evidenziato in modo adeguato la assenza dei presupposti di legge onde poter mantenere la suddetta licenza NCC. Né le memorie partecipative avrebbero potuto mutare il segno di tale condivisibile decisione.

9. In conclusione l’appello deve essere rigettato per le ragioni sopra partitamente esposte (poiché, in sintesi estrema: il mancato rientro in rimessa non è mai contestato;
inoltre non sussistono ancora una volta i presupposti per il rinvio alla CGE). Va conseguentemente rigettata, altresì, la connessa domanda risarcitoria.

10. Le spese di lite possono infine essere integralmente compensate, tra le parti costituite, attesa la complessità delle esaminate questioni.

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