Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2022-10-24, n. 202209039
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Testo completo
Pubblicato il 24/10/2022
N. 09039/2022REG.PROV.COLL.
N. 02950/2020 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2950 del 2020, proposto da
S B, E C e G G, rappresentati e difesi dagli avvocati A C e F V, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio A C in Roma, piazza San Bernardo, n. 101;
contro
Ministero dello Sviluppo Economico, Enea - Agenzia Nazionale per Le Nuove Tecnologie, in persona dei rispettivi legali rappresentanti
pro tempore
, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria
ex lege
in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza) n. 13835/2019.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio delle parti;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 6 ottobre 2022 il Cons. Giordano Lamberti e uditi per le parti gli avvocati Massimo Nunziata, in sostituzione dell'avv. A C, e Antonio Grumetto;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1 - Gli appellanti rivestivano la carica di componenti del Collegio dei revisori dell’allora Ente per le nuove tecnologie, l’energia e l’ambiente all’epoca di cui, con l’articolo 37 della legge 23 luglio 2009 n. 99, fu prevista la soppressione in coincidenza con l’istituzione della Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia dello sviluppo economico sostenibile.
1.1 - Gli stessi riferiscono che:
- in base decreto-legge 30 dicembre 2009 n. 194 (articolo 1, comma 23 octiesdecies lett. e) “ fino all’avvio del funzionamento dell’Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia dello sviluppo economico sostenibile (Enea), istituita ai sensi dell’articolo 37 della legge 23 luglio 2009, n. 99, e comunque fino al 31 dicembre 2010, al fine di garantire il controllo sull’ordinaria amministrazione e sullo svolgimento delle attività istituzionali, il Collegio dei revisori dei conti già operante in seno all’Ente per le nuove tecnologie, l’energia e l’ambiente-Enea, soppresso ai sensi del medesimo articolo 37, continua a esercitare le sue funzioni fino alla nomina del nuovo organo di controllo dell’Agenzia ”;
- dopo una serie di proroghe del termine inizialmente fissato al 31 dicembre 2010, era intervenuta la legge di conversione del decreto legge 29 dicembre 2011 n. 216 (legge 14 del 2012), che all’articolo 18 disponeva che “ al fine di continuare a garantire il controllo sull’ordinaria amministrazione sullo svolgimento delle attività istituzionali fino all’avvio del funzionamento dell’Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia dello sviluppo sostenibile (Enea), istituita ai sensi dell’articolo 37 della legge 23 luglio 2009 n. 99, il Collegio dei revisori già operante in seno all’Ente per le nuove tecnologie, l’energia e l’ambiente - Enea, soppresso ai sensi del medesimo articolo 37, continua ad esercitare le sue funzioni fino alla nomina del nuovo organo di controllo dell’Agenzia ”;
- in tale contesto, era intervenuto in data 23 aprile 2015 il D.M. impugnato, con il quale erano stati nominati i nuovi componenti del Collegio dei revisori avverso il quale avevano proposto ricorso gli appellanti;ricorso poi accolto dal TAR per il Lazio con la sentenza n. 2120 del 2016.
2 - Sul presupposto di tale decisione favorevole, i ricorrenti hanno chiesto il risarcimento del danno subito e la condanna dell’amministrazione al pagamento delle somme che “ a ciascuno sarebbe spettata a titolo di indennità di carica relativamente al periodo dal 30 aprile 2015 (data di ricezione da parte dell’Enea del provvedimento ministeriale annullato) al 23 settembre 2015 (giorno antecedente la data di notifica dell’ordinanza di sospensione), oltre interessi, nonché di una somma ritenuta di giustizia a ristoro del danno al prestigio e all’immagine conseguente agli effetti del decreto ministeriale annullato ”.
3 – Con la sentenza indicata in epigrafe, il TAR adito ha respinto il ricorso, non ravvisando a carico dell’amministrazione “ una palese violazione delle comuni regole di buona amministrazione, correttezza, imparzialità e buon andamento, potendosi ritenere che il vizio censurato sia riconducibile ad un errore scusabile ”.
4 – Gli originari ricorrenti hanno impugnato tale pronuncia, contestando, con il primo motivo di appello, il passaggio della sentenza impugnata in cui il Giudice di primo grado ha ritenuto di ravvisare una “ ambiguità nella disposizione normativa che ricollega la cessazione delle funzioni del Collegio dei revisori da un lato all’avvio del funzionamento dell’Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia dello sviluppo sostenibile (Enea) e, dall’altro, alla nomina del nuovo organo di controllo dell’Agenzia ”.
Secondo parte appellante, la disposizione in questione non presenta alcun margine interpretativo, né lascia dubbi di sorta in ordine alla sua corretta applicazione.
Per tale ragione, sarebbe sussistente un errore non scusabile da parte dell’amministrazione, da cui la sussistenza del diritto al risarcimento del danno.
5 - La censura è infondata.
In via preliminare, giova ricordare che, per consolidato orientamento giurisprudenziale, il risarcimento del danno a carico della pubblica amministrazione non è conseguenza automatica e costante dell’annullamento giurisdizionale del provvedimento amministrativo, richiedendosi a tal fine anche la verifica positiva in ordine alla sussistenza della colpa in capo all’amministrazione e al nesso causale tra il provvedimento illegittimo e il danno sofferto ( ex multis , Cons. Stato, sez. VI, 14 ottobre 2016, n. 4266).
E’ consolidato in giurisprudenza anche il principio secondo cui l’accertata illegittimità del provvedimento determina una presunzione di colpa in capo alla pubblica amministrazione, sicché l’onere probatorio a carico del richiedente può ritenersi assolto con l’indicazione di tale circostanza, mentre grava sull’amministrazione l’onere di provare l’assenza di colpa attraverso l’errore scusabile derivante da contrasti giurisprudenziali sull’interpretazione della norma o dalla complessità dei fatti ovvero, ancora, dal comportamento delle parti del procedimento ( cfr . Cons. Stato, sez. IV, 22 novembre 2016, n. 4896).
5.1 - Tanto precisato, nel caso in esame, conformemente a quanto argomentato dal TAR, appaiono sussistenti gli elementi per riconoscere l’esistenza di un errore scusabile discendente dalla non immediata chiarezza connessa all’interpretazione della disposizione normativa rilevante specie in ordine all’individuazione dei profili fattuali che ne costituivano il presupposto.
La norma in questione recita: “ Al fine di continuare a garantire il controllo sull’ordinaria amministrazione e sullo svolgimento delle attività istituzionali fino all’avvio del funzionamento dell’Agenzia … il collegio dei revisori già operante in seno all’Ente … soppresso ai sensi del medesimo articolo 37, continua ad esercitare le sue funzioni fino alla nomina del nuovo organo di controllo dell’Agenzia ”.
L’interpretazione prospettata da parte appellante – secondo cui fino all’avvio del funzionamento dell’Agenzia istituita con L. n. 99/2009 il Collegio già operante dell’Ente soppresso avrebbe dovuto continuare ex lege ad esercitare le sue funzioni e, solo a seguito del suddetto avvio (coincidente con la nomina degli Organi ordinari e la correlata cessazione della fase “transitoria” commissariale), avrebbe potuto essere sostituito dal neonominato Collegio dei revisori del nuovo ENEA – seppure fatta propria anche dal TAR per il Lazio nella precedente pronuncia n. 2120 del 2016, come rilevato dallo stesso TAR, non appare tuttavia scontata come vorrebbe parte appellante.
In particolare, contrariamente alla tesi di parte appellante, l’inciso finale della disposizione citata - “ fino alla nomina del nuovo organo di controllo dell’Agenzia ” - ben poteva essere inteso quale termine ultimo dell’operatività del collegio dei revisori già operante in seno all’Ente, nel senso di una automaticità tra la nomina dei nuovi membri e la decadenza di quelli del precedente collegio, la cui operatività, stante la fase transitoria dell’ente in discorso, era stata già prorogata più volte, nonostante la durata quadriennale dell’incarico originariamente prevista.
Il Ministero ha inoltre evidenziato le seguenti circostanze, anch’esse suscettibili di portare ad una conclusione differente rispetto a quella prospettata come pacifica dagli appellanti:
- il vecchio Collegio dei revisori, tenuto conto della sua durata quadriennale, essendosi insediato nel 2008, doveva continuare ad operare fino al 31 dicembre 2011, in attesa della nuova disciplina organizzativa. Pertanto, fino al 31 dicembre 2011 non si è posto il problema della scadenza quadriennale dell’incarico;
- prolungandosi la fase di commissariamento, con l’articolo 18 del d. l. 216/2011 si decise di prorogare la vecchia disciplina del Collegio dei revisori (non la sua composizione), eliminando il termine finale fisso (da ultimo 31 dicembre 2011) e prevedendo la sua ultrattività fino alla scadenza del commissariamento;
- secondo il Ministero, rimaneva possibile, secondo i criteri ordinari di ricambio della composizione del Collegio previsti dal decreto legislativo 3 novembre 2003 n. 257, la facoltà del Ministro dello sviluppo economico di provvedere, alla scadenza dei quattro anni dal suo insediamento, alla sostituzione dei revisori in carica.
In definitiva, la peculiarità data dall’avvicendamento organizzativo tra Enea e l’Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, a cui il legislatore ha dovuto fare fronte con ripetuti interventi dai quali non è immediatamente desumile una diversa disciplina del termine di durata della carica dei singoli soggetti componenti il Collegio dei revisori dei conti, avvalora la sussistenza di una situazione normativa suscettibile di dare adito a diverse interpretazioni, sicché, se pure quella che ha dato luogo al D.M. del 23 aprile 2015 deve ritenersi, alla luce della precedente pronuncia del TAR, illegittima, ciò non toglie la sussistenza di oggettivi elementi atti a giustificare la condotta dell’amministrazione, ovvero a configurare errore scusabile atto ad escludere il profilo soggettivo dell’illecito.
5.2 - Non appare significativo ai fini della presente indagine il fatto che gli appellati non hanno neppure ritenuto di impugnare dinnanzi al Consiglio di Stato la sopra richiamata sentenza n. 2120/2016, trattandosi di una scelta soggettiva che può essere determinata anche dalla condivisione dell’interpretazione della norma in discorso effettuata dal TAR, ma che non vale a dimostrare la sussistenza dell’elemento soggettivo nel momento in cui era stata adottato il decreto poi annullato.
Invero, l’accertamento dell’elemento psicologico deve avere riguardo alle circostanze esistenti al momento dell’adozione del provvedimento impugnato, a nulla rilevando eventuali circostanze successive che possono essere intervenute e che avrebbero potuto indurre l’amministrazione ad assumere un comportamento diverso.
Vale il medesimo discorso in riferimento al verbale n. 7 del 5.5.2015 inoltrato, tra gli altri, dallo stesso Collegio al Gabinetto del Ministro dello Sviluppo Economico e alla Direzione Generale vigilante sull’ENEA dello stesso Dicastero nella quale gli appellanti segnalavano il loro punto di vista. Per altro, tale atto proveniente dai soggetti direttamente interessati alla vicenda, ai fini della presente indagine, assume la veste di atto di parte e dunque non appare particolarmente risolutivo.
6 – Per le ragioni esposte, l’appello va respinto.
Le spese di lite, stante la particolarità della controversia, possono essere compensate.