Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2022-12-06, n. 202210696

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2022-12-06, n. 202210696
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202210696
Data del deposito : 6 dicembre 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 06/12/2022

N. 10696/2022REG.PROV.COLL.

N. 00518/2022 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 518 del 2022, proposto da
V Commerciale S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato F F, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Servizi Ampezzo Unipersonale S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati A G, E G, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

nei confronti

Cmi S.r.l., non costituito in giudizio;

per la riforma

della sentenza breve del Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (Sezione Prima) n. 01186/2021, resa tra le parti avente ad oggetto la richiesta di annullamento della Comunicazione di aggiudicazione definitiva dell'appalto RDO 2667419 ricevuta in data 11 dicembre 2020 recante l'aggiudicazione in favore dell'offerta formulata da CMI nonché la richiesta chiarimenti 30/10/2020 e 25/11/2020 e le risposte CMI 30/10/2020 e 30/11/2020


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Servizi Ampezzo Unipersonale S.r.l.;

Visti tutti gli atti della causa;

Visti gli artt. 74 e 120, co. 10, cod. proc. amm.;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 14 luglio 2022 il Cons. Diana Caminiti e uditi per le parti gli avvocati F F e A G;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. Con atto notificato in data 6 gennaio 2022 e depositato il successivo 21 gennaio V Commerciale S.r.l. ha interposto appello avverso la sentenza breve del Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (Sezione Prima) n. 01186/2021, con cui è stato dichiarato irricevibile e comunque infondato il ricorso da essa proposto avente ad oggetto la richiesta di annullamento della Comunicazione di aggiudicazione definitiva dell'appalto RDO 2667419, ricevuta in data 11 dicembre 2020, recante l'aggiudicazione in favore della CMI, nonché le richieste di chiarimenti del 30/10/2020 e 25/11/2020 e le risposte CMI 30/10/2020 e 30/11/2020.

2. Dagli atti di causa risulta quanto di seguito specificato.

2.1. La ricorrente esponeva in prime cure di avere partecipato alla procedura attivata dalla società unipersonale Servizi Ampezzo s.r.l. sulla piattaforma del Mercato Elettronico della Pubblica Amministrazione (MEPA), mediante richiesta di offerta (RDO) per l’acquisto di una pala meccanica, con il criterio di aggiudicazione del prezzo più basso. Il prezzo avrebbe dovuto essere determinato in ragione del costo del macchinario oggetto della fornitura e dell’offerta per il contestuale acquisto in permuta di una pala meccanica dismessa dall’amministrazione aggiudicatrice.

In data 11 dicembre 2020 (dopo che era stato corretto l’elenco dei prezzi, che, nella prima pubblicazione, non aveva tenuto conto del valore di acquisto in permuta della pala dismessa) veniva formata la graduatoria e comunicata l’aggiudicazione definitiva in favore della controinteressata. Escluso il secondo classificato, la ricorrente si collocava al terzo posto della graduatoria.

2.2. Quest’ultima, in data 17 dicembre 2020, formulava un’istanza di accesso agli atti di gara che veniva parzialmente evasa l’11 gennaio 2021.

2.2.1. Dalla documentazione acquisita in tale sede, nella prospettazione attorea, emergeva che le caratteristiche della pala offerta dall’aggiudicataria non corrispondevano alle specifiche prescritte dal capitolato di gara;
in particolare nel punto 8, relativo al “carico di ribaltamento statico”, la cui misura non avrebbe potuto essere inferiore a kg.

4.300 con macchina sterzata di 40°: la pala proposta dalla controinteressata sarebbe stata omologata per 39° soltanto e non avrebbe quindi raggiunto i requisiti tecnico-prestazionali previsti dalla lex specialis (1° motivo).

2.2.2. Inoltre - osservava ancora la ricorrente – l’offerta sarebbe stata illegittimamente rettificata nel corso di gara dall’aggiudicataria, allorché quest’ultima aveva dichiarato di procedere ad una modificazione del macchinario per assicurarne la piena operatività secondo le specifiche indicate nel capitolato (2° motivo).

Sulla base di tali censure, la ricorrente contestava la legittimità degli atti impugnati e la mancata esclusione della controinteressata.

2.3. Costituitasi in giudizio, la stazione appaltante ha resistito nel merito e, nel contempo, ha preliminarmente eccepito l’irricevibilità del ricorso, in quanto tardivamente proposto.

3. Il giudice di prime cure ha ritenuto fondata l’eccezione di irricevibilità sulla base del rilievo che “ secondo un consolidato indirizzo giurisprudenziale, la proposizione dell'istanza di accesso agli atti di gara può comportare la dilazione temporale dei termini di impugnazione (ossia lo slittamento in avanti del dies a quo), soltanto quando i motivi di ricorso conseguano alla conoscenza dei documenti che completano l'offerta dell'aggiudicatario, con la conseguenza che possono sottrarsi all'eccezione di irricevibilità solo quei profili di gravame che, proposti oltre il termine indicato dall’art. 120, comma 2, cod. proc. amm. (trenta giorni decorrenti dal giorno successivo alla data di pubblicazione dell'avviso di aggiudicazione), presentino una stretta connessione con i documenti successivamente acquisiti dalla ricorrente in sede di accesso (cfr. Cons. Stato, A.P. n. 12 del 2020 e T.A.R. Campania, Sez. I, n. 5688 del 2020). Nella fattispecie in esame, tale dilazione temporale non può operare nei confronti della società ricorrente. Essa, già con nota del 5 novembre 2020, aveva infatti segnalato alla stazione appaltante, invocandone l’intervento in autotutela, che “la documentazione tecnica originale [di] fabbrica relativa alle macchine proposte dalle imprese concorrenti” e, tra di esse, dalla controinteressata, “testimonia della carenza delle caratteristiche tecniche indicate ai punti 3 ed 8 del capitolato con ogni automatica conseguenza in ordine all’ammissibilità dell’offerta ed ai principi generali in ordine alla immodificabilità dell’offerta”. Entrambi i rilievi anticipano, riproducendone il contenuto essenziale, i due motivi di ricorso, con i quali condividono l’identico riferimento al punto 8 del capitolato, relativo al requisito del carico di ribaltamento statico che, come visto, non deve essere inferiore, a macchina sterzata di 40°, a 4.300 Kg. Non può quindi essere condiviso l’assunto della ricorrente, secondo la quale la conoscenza dei profili di illegittimità sarebbe maturata soltanto dopo l’evasione della richiesta di accesso agli atti di gara. Semmai, detta conoscenza non può che risalire alla formulazione della suddetta istanza di autotutela, nel cui contesto le due censure risultano esposte in termini compiuti, così da delinearne sia le premesse fattuali (scaturite dall’esame della scheda tecnica - originale di fabbrica – della pala contestata), sia le conseguenze giuridiche, consistenti, quanto al primo motivo, nell’inammissibilità dell’offerta (perché considerata difforma dalle specifiche del capitolato) e, quanto al secondo motivo, nella violazione del principio di “immodificabilità dell’offerta”, occasionata dalla promessa postuma di adattamenti del macchinario ai requisiti tecnici indicati dalla stazione appaltante ”.

Ha comunque accertato l’infondatezza nel merito del ricorso sulla base dei seguenti rilievi: “ Il Collegio ritiene comunque di aggiungere, quanto al merito, che i motivi di ricorso non appaiono suscettibili di favorevole apprezzamento. Riguardo alla prima censura, va osservato che i requisiti prestazionali indicati dal capitolato (riferiti non al generico angolo di sterzata posseduto dal macchinario, ma al massimo carico sollevato in sicurezza dalla pala, dritta o sterzata di 40°) devono essere propriamente proiettati sulle fasi esecutive del rapporto contrattuale, senza poter regredire sino a inficiare la procedura selettiva residuando in capo alla stazione appaltante l’onere di accertare la correttezza dell’adempimento da parte dell’operatore aggiudicatario: la controinteressata si è dunque obbligata a fornire un macchinario provvisto delle caratteristiche richieste, cosicché l’eventuale fornitura di una pala difforme costituisce soltanto l’inadempimento dell’obbligazione assunta con la formulazione dell’offerta, inadempimento che non refluisce né sulla gara né sulla graduatoria. Alla stregua di tale considerazione, non appare neppure violato, quanto alla seconda censura, il principio di immodificabilità dell’offerta, non ravvisandosi nei contestati chiarimenti, resi dalla controinteressata, modificazioni vietate ma semplici precisazioni sulle elaborazioni che, prima della consegna, sarebbero state eseguite per rendere il macchinario (senza invalidarne l’omologazione) conforme alle specifiche prescritte dal capitolato: precisazioni da ritenere ammissibili perché finalizzate ad esplicitare elementi già presenti nell’offerta, in modo da definire l’esatto contenuto delle obbligazioni contrattuali ”.

4. La società appellante, a sostegno del gravame, ha formulato in due motivi le seguenti censure:

1) Primo motivo d’appello: error in iudicando errore di fatto e di diritto – violazione di legge art. 119 e 120 codice processo amministrativo e/o contraddittorietà della motivazione

L’appellante censura il capo della sentenza con il quale si è accolta l’eccezione di irricevibilità del ricorso, evidenziando che i rilievi formulati nella nota del 5 novembre 2020 erano semplici deduzioni di un esperto del settore, cui sono note le caratteristiche principali delle macchine delle diverse case produttrici. Erano, cioè, soltanto spie di allarme, che avrebbero potuto trovare conferma o smentita soltanto a seguito dell’acquisizione degli atti della procedura di gara.

2) Secondo motivo d’appello: error in iudicando errore di fatto e diritto – Violazione di legge. Violazione degli artt. 68 e 86 e dell’Allegato XVII del Codice;
nonché dell’art. 2 della l. n. 241/1990 e del punto 8 del Capitolato (Scheda Tecnica), quale lex specialis di gara. Inoltre violazione delle norme di gara che prevedono l’esclusione dell’offerta per carenza dei requisiti;
eccesso di potere per irragionevolezza, erronea rappresentazione dei presupposti di fatto, difetto di istruttoria, difetto di motivazione, carenza e vizio della motivazione, eccesso di potere;
errore di fatto e di diritto, disparità di trattamento e carenza dei presupposti;
Violazione degli artt. 71, 72, 79, 82 e 83 del Codice;
violazione della lex specialis costituita dalla Richiesta di Offerta e dalla Scheda Tecnica;
irrituale esercizio della richiesta di chiarimenti e soccorso istruttorio da parte della Stazione Appaltante;
eccesso di potere per disparità di trattamento e travisamento dei presupposti, errore di fatto e di diritto
.

Con tale motivo parte appellante critica il capo della sentenza che ha comunque rigettato nel merito il ricorso, deducendo che, al contrario di quanto osservato in sentenza, le caratteristiche tecniche minime indicate nel capitolato, in quanto integranti specifiche tecniche del prodotto richiesto ex art. 68 comma 1 del codice dei contratti pubblici, dovevano intendersi a pena di esclusione dell’offerta.

Né la non conformità del prodotto offerto a quello richiesto avrebbe potuto, in tesi di parte appellante, essere sanata attraverso il soccorso istruttorio non ammissibile sull’offerta tecnica.

Per contro i chiarimenti forniti da CMI s.r.l. avevano evidenziato, con riferimento al punto 8 del Capitolato, in primo luogo che era stato concesso a CMI s.r.l. di correggere il refuso circa l’indicazione dell’angolo di sterzata (dapprima 90°, poi corretto in 39°);
in secondo luogo, dai chiarimenti di CMI era emerso che l’amministrazione aggiudicatrice aveva consentito alla società di aggiudicarsi la fornitura a mezzo di modifiche/integrazioni della propria offerta, stante il fatto che l’offerta presentata non rispondeva alle specifiche tecniche indicate come essenziali dal Capitolato.

5. In vista della trattazione nel merito dell’appello, Servizi Ampezzo Unipersonale S.r.l., costituitasi in data 13 aprile 2022, ha depositato in data 23 giungo 2022 documentazione attestante l’avvenuta esecuzione della fornitura oggetto dell’appalto di cui è causa. Con memoria difensiva diretta ex art. 73 comma 1 c.p.a. ha inoltre eccepito l’improcedibilità del presente appello sulla base del rilievo che, essendo stata la fornitura completamente eseguita, non potrebbe trovare applicazione il disposto dell’art. art. 34 comma 3 c.p.a. relativo all’accertamento dell’illegittimità degli atti impugnati in ragione della sussistenza di un interesse risarcitorio, atteso che nel presente giudizio la domanda risarcitoria è stata formulata, ma in termini del tutto generici. Ha inoltre contestato che parte appellante, nel secondo motivo di appello, ha formulato censure non articolate nel ricorso di prime cure , riferite ad ulteriori profili di non conformità del prodotto offerto rispetto alle specifiche tecniche richieste nel capitolato di gara, eccependo l’inammissibilità delle stesse in quanto in violazione del divieto dei nova in appello di cui all’art. 104 c.p.a..

6. Parte appellante con la memoria di replica depositata in data 2 luglio 2022 ha controdedotto in ordine all’eccezione di improcedibilità, osservando che sussistevano tutti i presupposti per l’accertamento nel merito dell’illegittimità degli atti impugnati e per l’accoglimento della domanda risarcitoria da intendersi riferita, venendo in rilievo un danno da mancata aggiudicazione, all’interesse positivo correlato al lucro cessante desumibile dall’offerta tecnica.

7. L’appello è stato trattenuto in decisione all’esito dell’udienza pubblica del 14 luglio 2022.

DIRITTO

8. L’appello non è meritevole di accoglimento essendo destituito di fondamento il primo motivo di appello con cui si critica il capo della sentenza appellata che ha dichiarato irricevibile il ricorso di prime cure , per cui può ritenersi assorbito il secondo motivo di appello, volto a criticare il capo della sentenza che solo ad abundantiam ha ritenuto che il ricorso fosse infondato anche nel merito. Ciò avuto riguardo al fondamentale rilievo che il profilo di irricevibilità del ricorso afferisce ad una questione preliminare di rito ex art. 35 c.p.a. da esaminarsi prioritariamente, che impedisce lo scrutinio nel merito del ricorso.

8.1. Ed invero, secondo quanto affermato dal Consiglio di Stato, nella sua più autorevole composizione (AP n. 4/11 e di recente ribadito da AP n. 9/14), la norma positiva enucleabile dal combinato disposto degli artt. 76, co. 4, c.p.a. e 276, co. 2, c.p.c., impone di risolvere le questioni processuali e di merito secondo l'ordine logico loro proprio, assumendo come prioritaria la definizione di quelle di rito rispetto a quelle di merito, e fra le prime la priorità dell'accertamento della ricorrenza dei presupposti processuali (nell'ordine, giurisdizione, competenza, capacità delle parti, ius postulandi, ricevibilità, contraddittorio, estinzione), rispetto alle condizioni dell'azione (tale fondamentale canone processuale è stato ribadito dall'Adunanza plenaria 3 giugno 2011, n. 10).

8.2. Alla luce di tali arresti giurisprudenziali va esaminata prioritariamente, quanto all’azione impugnatoria, la questione di ricevibilità del ricorso di prime cure rispetto all’eccezione di improcedibilità formulata da Servizi da Ampezzo Unipersonale S.r.l., residuando eventualmente la disamina della questione della procedibilità, rimessa alla valutazione di questo Giudice su eccezione di parte appellata, relativamente alla domanda risarcitoria formulata dalla V Commerciale S.r.l. solo nel presente grado di appello e pertanto non oggetto del decisum appellato.

9. Nell’esaminare il primo motivo di appello giova premettere che, in forza del noto arresto di cui alla sentenza dell’Adunanza Plenaria n. 12 del 2020, la questione della decorrenza del termine di impugnazione degli atti di una procedura di gara per l'affidamento di un contratto di appalto è stata risolta mediante la predisposizione di uno schema articolato in momenti diversi di possibile conoscenza degli atti di gara, ad ognuno dei quali corrispondono precise condizioni affinché possa aversi decorrenza del termine di impugnazione dell'aggiudicazione, in base alla considerazione, di carattere generale, per la quale l'individuazione della decorrenza del termine per ricorrere continua a dipendere dal rispetto delle disposizioni sulle formalità inerenti alla " informazione " e alla " pubblicizzazione " degli atti, nonché dalle iniziative dell'impresa che effettui l'accesso informale con una " richiesta scritta ", per la quale sussiste il termine di quindici giorni previsto dall'art. 76, 2° comma, del D.Lgs. n. 50/2016.

Alla stregua di tali rilievi, nelle procedure di affidamento dei contratti pubblici, l'individuazione della decorrenza del termine di impugnazione degli atti di una procedura di gara per l'affidamento di un contratto di appalto è così modulata: a) dalla pubblicazione generalizzata degli atti di gara, comprensiva anche dei verbali ai sensi dell'art. 29, comma 1, del D.Lgs. n. 50 del 2016;
b) dall'acquisizione, per richiesta della parte o per invio officioso, delle informazioni di cui all'art. 76 del D.Lgs. n. 50 del 2016;
c) nel caso di proposizione dell'istanza di accesso agli atti di gara è prevista la dilazione temporale, fino al momento in cui è consentito l'accesso, se i motivi di ricorso conseguano alla conoscenza dei documenti che completano l'offerta dell'aggiudicatario ovvero delle giustificazioni rese nell'ambito del procedimento di verifica dell'anomalia dell'offerta (sempreché l’istanza di accesso sia proposta nei quindici giorni dalla comunicazione dell’aggiudicazione);
d) dalla comunicazione o dalla pubblicità nelle forme individuate negli atti di gara ed accettate dai partecipanti alla gara, purchè gli atti siano comunicati o pubblicati unitamente ai relativi allegati (ex multis Cons. Stato Sez. V, 05/04/2022, n. 2525, Cons. Stato Sez. V, 19/01/2021, n. 575).

Le citate disposizioni hanno infatti concorso a delineare un assetto normativo in cui viene in rilievo, ai fini della decorrenza del termine di impugnazione, non la mera percezione della intervenuta adozione del provvedimento e della sua portata lesiva per gli interessi del ricorrente, ma anche la conoscenza delle ragioni della sua eventuale illegittimità, da sottoporre all’attenzione del giudice con la relativa richiesta di caducazione: ciò in ossequio all’indirizzo interpretativo del Giudice europeo, il quale, nella sua funzione nomofilattica, ha evidenziato (in una fattispecie in cui il giudice nazionale era stato investito della domanda di annullamento di un provvedimento di aggiudicazione in ragione della mancata esclusione dell’impresa aggiudicataria) che “ la direttiva 89/665, e in particolare i suoi articoli 1 e 2 quater, letti alla luce dell’articolo 47 della Carta, deve essere interpretata nel senso che essa non osta ad una normativa nazionale, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, che prevede che i ricorsi avverso i provvedimenti delle amministrazioni aggiudicatrici recanti ammissione o esclusione dalla partecipazione alle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici debbano essere proposti, a pena di decadenza, entro un termine di 30 giorni a decorrere dalla loro comunicazione agli interessati, a condizione che i provvedimenti in tal modo comunicati siano accompagnati da una relazione dei motivi pertinenti tale da garantire che detti interessati siano venuti o potessero venire a conoscenza della violazione del diritto dell’Unione dagli stessi lamentata ” (cfr., di recente, Corte giustizia UE sez. IV, n. 54 del 14 febbraio 2019).

Mediante i passaggi motivazionali della sentenza dell’Adunanza Plenaria n. 12 del 2020, che trovano riflesso anche nei principi di diritto formulati in chiusura della medesima decisione, è stato quindi delineato un sistema normativo in base al quale l’esigenza di evitare la proposizione di ricorsi cd. al buio, nell’interesse del privato all’esercizio consapevole del diritto di azione ma anche di quello oggettivo dell’ordinamento a non gravare la struttura giudiziaria di iniziative processuali non supportate dalle informazioni necessarie, viene conciliata con quella, non meno rilevante nel settore dei rapporti di diritto pubblico (ed avvertita in modo ancor più pregnante nel sotto-settore dei pubblici appalti, come è reso evidente dal termine generalmente dimezzato previsto dal legislatore ai fini della contestazione dei relativi atti), di assicurare il rapido consolidamento del provvedimento amministrativo, attraverso un meccanismo che:

- combina gli oneri informativi che devono essere assolti “ d’ufficio ” della stazione appaltante con gli oneri di diligenza facenti carico agli operatori economici interessati: in particolare, da questo punto di vista, all’obbligo della stazione appaltante di pubblicare sul profilo del committente, sezione “ Amministrazione trasparente ”, “ tutti gli atti delle amministrazioni aggiudicatrici e degli enti aggiudicatori relativi alla programmazione di lavori, opere, servizi e forniture, nonché alle procedure per l’affidamento di appalti pubblici di servizi, forniture, lavori e opere …”, di cui all’art. 29, comma 1 d.lvo n. 50/2016, fa da contraltare l’onere dei concorrenti di consultare il profilo medesimo, al fine di acquisire conoscenza degli atti ivi obbligatoriamente pubblicati;

- prevede un sistema articolato e differenziato di strumenti conoscitivi (di tipo comunicativo, pubblicitario e ostensivo), in relazione alla diversa tipologia di informazioni rilevanti ai fini dell’esercizio dell’azione impugnatoria. A tale riguardo, vengono in rilievo, nell’ordine: l’obbligo della stazione appaltante di “ comunicare d’ufficio immediatamente e comunque entro un termine non superiore a cinque giorni l’aggiudicazione, all’aggiudicatario, al concorrente che segue nella graduatoria, a tutti i candidati che hanno presentato un’offerta ammessa in gara ….”, ex art. 76, comma 5, d.lvo n. 50/2016 (da ritenersi sostitutivo, quale oggetto della relatio operata dall’art. 120, comma 5, c.p.a., dell’art. 79 d.lvo n. 163/2006, ancora formalmente indicato, come ritenuto dalla Adunanza Plenaria), la cui ratio , come evidenziato dalla citata sentenza n. 12/2020, è relativa all’esigenza di ancorare il dies a quo del termine di impugnazione ad una “ data oggettivamente accertabile ”;
il già citato obbligo di pubblicazione ex art. 29, comma 1, d.lvo n. 50/2016;
la facoltà per il concorrente di presentare istanza di accesso, ex art. 76, comma 2, d.lvo n. 50/2016, con il conseguente obbligo della stazione appaltante di “ comunicare immediatamente e comunque entro quindici giorni dalla ricezione della richiesta: (…) b) ad ogni offerente che abbia presentato un’offerta ammessa in gara e valutata, le caratteristiche e i vantaggi dell’offerta selezionata e il nome dell’offerente cui è stato aggiudicato l’appalto o delle parti dell’accordo quadro ”;

- configura un regime decadenziale “ flessibile ”, in virtù del quale lo spatium temporis concesso al ricorrente si dilata in ragione della necessità di acquisire dati conoscitivi indispensabili ai fini della articolazione dei motivi di ricorso: così, laddove l’esigenza di impugnazione scaturisca dalla rilevazione di vizi inerenti alla valutazione di congruità dell’offerta economica dell’aggiudicatario, il termine per la sua proposizione si accresce del tempo che l’Amministrazione ha a disposizione al fine di soddisfare la relativa richiesta ostensiva.

Dal combinato disposto delle norme richiamate, così come interpretate dalla giurisprudenza nomofilattica del giudice di appello, si evince quindi il principio in base al quale il termine per l’impugnazione non coincide con la materiale conoscenza del provvedimento lesivo, ma con l’acquisizione dei dati necessari ad individuarne i profili di illegittimità posti successivamente ad oggetto dei motivi di ricorso: acquisizione alla cui realizzazione l’ordinamento predispone una serie variegata di strumenti, la cui concreta operatività è in diversa forma e misura affidata all’iniziativa della stazione appaltante ed alla diligenza del concorrente.

Peraltro, pur dopo il pronunciamento di cui alla sentenza dell’Adunanza Plenaria n. 12 del 2020, la giurisprudenza ha precisato (Cons. St., Sez. III, 27 ottobre 2021, n. 7178) che “ deve ribadirsi che i principi di diritto da essa formulati con la sentenza citata siano attraversati da un tema di fondo, il costante riferimento al quale consente di fare applicazione di quei principi in vista dell’esigenza sostanziale ad essi sottesa e senza incorrere in eccessivi formalismi: tema individuabile nella subordinazione dell’onere impugnatorio – ergo, della decorrenza del relativo termine decadenziale – all’acquisizione da parte dell’ipotetico ricorrente di una sufficiente base conoscitiva in ordine ai vizi astrattamente inficianti l’operato della P.A. .

In tale ottica, ciò che assume rilievo è l’idoneità dello strumento conoscitivo (tra quelli innanzi enucleati) a fornire all’interessato gli elementi sulla scorta dei quali compiere le sue consapevoli valutazioni in ordine all’an ed al quomodo dell’impugnazione, anche qualora esso non sia specificamente deputato a veicolare quegli elementi: più concretamente, qualora gli atti pubblicati ai sensi dell’art. 29 d.lvo n. 50/2016 rechino informazioni sufficienti anche in ordine a profili (ad esempio, i giustificativi presentati dall’impresa aggiudicataria) alla cui conoscenza sarebbero tipicamente diretti altri strumenti informativi (ovvero, con riferimento ai giustificativi, l’istanza di accesso ex art. 76, comma 2, d.lvo cit.), deve ritenersi che l’impresa interessata abbia comunque la disponibilità dei dati necessari al fine di esercitare consapevolmente il diritto di difesa, sub specie di azione di annullamento, nei riguardi del provvedimento conclusivo del sub-procedimento di valutazione di anomalia dell’offerta dell’impresa aggiudicataria (e, quindi, dello stesso consequenziale provvedimento di aggiudicazione).

In secondo luogo, al fine di valutare la tempestività del ricorso, nel quadro dei principi delineati dall’Adunanza Plenaria, non occorre individuare il momento in cui la parte ricorrente ha acquisito conoscenza degli elementi necessari a verificare la sussistenza di tutti i vizi successivamente esposti in ricorso, essendo sufficiente accertare che, ad una certa data (ed in forza degli strumenti informativi predisposti dal legislatore), avesse la disponibilità degli elementi sufficienti alla prospettazione dei vizi che, in ipotesi di fondatezza del ricorso, condurrebbero al soddisfacimento dell’interesse fatto valere, potendo i vizi ulteriori, la cui conoscenza sia stata acquisita successivamente, costituire oggetto delle censure integrative proponibili mediante lo strumento tipico dei motivi aggiunti.

Infine, ed in considerazione dell’esigenza di ancorare la verifica di ricevibilità del ricorso a dati il più possibile certi ed oggettivi, affrancando quella verifica da elementi opinabili ed attinenti alla sfera soggettiva del ricorrente, essa deve essere incentrata sul profilo strettamente percettivo (dei dati conoscitivi necessari da parte del ricorrente), escludendo dal perimetro dell’indagine gli elementi di ordine valutativo, ovvero strumentali a verificare l’effettiva sussistenza dei vizi ipotizzati: ciò in quanto, in caso contrario, la verifica in ordine alla tempestività del ricorso invaderebbe un campo – quello relativo, appunto, alla fondatezza del ricorso – riservato alle valutazioni di merito del giudicante”.

10. Alla stregua di tale condivisibile orientamento giurisprudenziale la sentenza appellata è meritevole di conferma atteso che la società ricorrente, ben prima della comunicazione dell’aggiudicazione, aveva acquisito la consapevolezza della non conformità del prodotto offerto dall’aggiudicataria alle specifiche tecniche indicate in capitolato, avendo riguardo alle schede tecniche del prodotto offerto, per cui già dopo la presentazione delle offerte aveva formulato istanza di autotutela alla stazione appaltante.

Pertanto, alla data di comunicazione del provvedimento di aggiudicazione, la parte aveva la disponibilità degli elementi sufficienti alla prospettazione dei vizi che, in ipotesi di fondatezza del ricorso, avrebbero condotto al soddisfacimento dell’interesse fatto valere.

Alla luce di tali rilievi, essendo rimasta l’istanza di autotutela senza riscontro, come palesato dalla successiva comunicazione del provvedimento di aggiudicazione, che veniva a concretizzare la lesione solo potenziale al momento della presentazione delle offerte, la società V avrebbe dovuto, nei successivi trenta giorni dalla predetta comunicazione, proporre il ricorso, senza attendere l’esitazione dell’istanza di accesso, che, una volta evasa, avrebbe potuto semmai onerare la parte dalla presentazione del ricorso per motivi aggiunti.

Infatti già alla data di comunicazione del provvedimento di aggiudicazione la parte aveva la disponibilità degli elementi sufficienti alla prospettazione dei vizi che, in ipotesi di fondatezza del ricorso, avrebbero condotto al soddisfacimento dell’interesse fatto valere, avendo già dedotto, con l’istanza di autotutela, avuto riguardo alla disamina delle correlative schede tecniche, la non conformità dei prodotti offerti dagli altri concorrenti, fra cui l’aggiudicataria, alle specifiche tecniche indicate nel capitolato, nonché l’impossibilità di modificare ex post l’offerta.

Pertanto risulta del tutto corretto, in parte qua, il pronunciamento del giudice di prime cure che ha evidenziato che l’istanza di autotutela, ben lungi dal riportare delle mere “ spie di allarme ” ( come dedotto in appello) contempla “ le due censure … esposte in termini compiuti, così da delinearne sia le premesse fattuali (scaturite dall’esame della scheda tecnica - originale di fabbrica- della pala contestata), sia le conseguenze giuridiche, consistenti, quanto al primo motivo, nell’inammissibilità dell’offerta (perché considerata difforma dalle specifiche del capitolato) e, quanto al secondo motivo, nella violazione del principio di «immodificabilità dell’offerta», occasionata dalla promessa postuma di adattamenti del macchinario ai requisiti tecnici indicati dalla stazione appaltante ” (pag 4 della sentenza).

Infatti V aveva ben noti e chiari già all’epoca della richiesta di autotutela (5 novembre 2020) i vizi poi delineati nel ricorso, avendo esposto già nell’indicata istanza che: “ la documentazione tecnica originale di fabbrica relativa alle macchine proposte dalle imprese concorrenti testimonia della carenza delle caratteristiche tecniche indicate ai punti 3 ed 8 del capitolato speciale con ogni automatica conseguenza in ordine all’ammissibilità dell’offerta ed ai principi generali in ordine all’immodificabilità dell’offerta … si invita pertanto ad adottare le misure coerenti alle prescrizioni della documentazione di gara con riferimento all’esclusione delle proposte che non rispettano le condizioni essenziali per l’utilizzo in zone montane ”.

Pertanto, avuto riguardo alla tipologia di gara (r.d.o. in Mepa con criterio automatico - combinazione prezzo per il nuovo e per l’usato da ritirare), V ben conosceva (come affermato apertis verbis nell’istanza di autotutela) le caratteristiche delle pale gommate offerte dai sei concorrenti invitati e pertanto contestava, già il 5 novembre 2020 (quando cioè era da poco scaduto il termine di presentazione delle offerte), la violazione delle specifiche tecniche del c.s.a., poi riproposte in sede di ricorso.

Né è meritevole di considerazione quanto dedotto da parte appellante secondo cui solo dopo l’esitazione dell’istanza di accesso la stessa aveva potuto avere piena contezza dell’effettiva non corrispondenza del prodotto offerto dall’aggiudicataria con le specifiche tecniche indicate nel capitolato, non potendo, prima dell’esibizione dell’offerta della controinteressata, avere la certezza se la stessa avesse apportato delle modifiche rispetto alla pala meccanica del produttore;
ciò in considerazione del rilievo che, per contro, nel ricorso di prime cure , la ricorrente aveva dedotto non solo l’impossibilità di una modifica ex post del prodotto offerto, del pari indicata anche nell’istanza di autotutela, ma la stessa impossibilità di apportare, già in sede di presentazione dell’offerta, modifiche al prodotto certificato dalla casa produttrice, come evincibile a pag. 6 del ricorso in cui afferma “ È appena il caso di precisare che si tratta di macchine operatrici soggette ad omologazione ed a certificazione da parte della casa costruttrice in maniera conforme a quanto previsto dalla direttiva macchine UE rispetto alle quali non è dato intervenire da parte del commerciante o del distributore atteso che riguarda caratteristiche costruttive che devono essere verificate ed attestate dalla casa costruttrice” .

Tale rilievo, evincibile ancor prima dell’esitazione dell’istanza di accesso, pertanto rendeva del tutto recessivo il secondo motivo di ricorso, fondato sull’inammissibilità del soccorso istruttorio e delle modifiche ex post dell’offerta tecnica, che peraltro - alla luce dell’orientamento giurisprudenziale innanzi indicato - avrebbe potuto formare oggetto del ricorso per motivi aggiunti.

11. In considerazione del carattere dirimente del rilievo dell’irricevibilità del ricorso di prime cure , su cui verte il primo motivo di appello, può pertanto considerarsi assorbita, in quanto relativa al secondo motivo di appello che investe il merito del ricorso, l’eccezione formulata dalla controinteressata di inammissibilità delle censure formulate solo nel presente grado di appello, in violazione del divieto dei nova di cui all’art. 104 comma 1 c.p.a..

11.1. L’appello va pertanto rigettato, con assorbimento del secondo motivo di appello.

12. Venendo alla disamina della domanda risarcitoria per equivalente, formulata in via del tutto generica nell’atto di appello (cfr, pag. 5 dell’atto di appello: “ propone appello avanti a codesto Ecc.mo Consiglio di Stato, per l’annullamento della sentenza stessa e il conseguente risarcimento dei danni per equivalente ”) occorre delibare preliminarmente l’eccezione di improcedibilità formulata da parte appellata che ha evidenziato come la commessa sia stata completamente eseguita e come la domanda risarcitoria non possa assumere rilevanza in quanto del tutto generica.

12.1. L’eccezione va accolta, sia pure valorizzando non solo e non tanto i profili evidenziati da parte appellata – che assumono carattere recessivo rispetto alla rilevata irricevibilità della domanda impugnatoria, alla luce delle indicate coordinate ermeneutiche – ma la circostanza che la statuizione di irricevibilità della domanda impugnatoria – quale conseguente al rigetto dell’appello – rende non procedibile la domanda di risarcimento per equivalente quale domanda coeva e consequenziale alla domanda impugnatoria, che presuppone non solo la fondatezza di tale domanda ma, prima ancora, la sua scrutinabilità, in quanto proposta nei termini di rito.

12.1.1. Pertanto, essendo stato rigettato l’appello, la domanda di annullamento prospettata dalla stessa parte quale domanda consequenziale – avendo la stessa richiesto expressis verbis l’annullamento della sentenza di prime cure e il conseguente risarcimento dei danni per equivalente - diviene improcedibile secundum eventum litis .

12.2. Né la domanda risarcitoria potrebbe trovare ingresso nella presente sede, convertendola quale domanda autonoma sganciata dalla domanda di annullamento, tenendo conto di quanto esplicitato in sede di memoria di replica da parte appellante che ha comunque richiesto, sia pure avuto riguardo all’esecuzione della commessa, in luogo dell’annullamento, l’accertamento dell’illegittimità dell’atto impugnato ai fini dell’accoglimento della domanda risarcitoria (ex multis Cons. Stato Sez. III, 18/05/2020, n. 3118 secondo cui il secondo comma dell'art. 32 del D.Lgs. n. 104/2010 richiede il riscontro dei presupposti per procedere alla conversione, in un'ottica evidentemente di rigorosa verifica della fattispecie, e tra i detti presupposti deve sussistere per lo meno quello della individuabilità di una presumibile volontà della parte diretta alla proposizione dell'azione risultante dalla conversione).

12.2.1. E’ infatti ben vero che ai sensi dell’art. 32 comma 2 “ Il giudice qualifica l’azione proposta in base ai suoi elementi sostanziali”, ma è altresì vero che la conversione delle azioni può essere disposta dal giudice, ai sensi della seconda parte del medesimo diposto normativo “sussistendone i presupposti”.

Pertanto, nonostante l’azione risarcitoria proposta unitamente all’azione di annullamento, in difetto di ricevibilità di quest’ultima, possa astrattamente essere convertita, avuto riguardo ai suoi elementi sostanziali, ovvero (anche) alla prospettata illegittimità del provvedimento oggetto di contestazione, fonte del danno ingiusto, in azione impugnatoria autonoma - ferma rimanendo la delibazione della sua fondatezza anche ai sensi dell’ultima parte dell’art. 30 comma 2 c.p.a secondo cui “ Nel determinare il risarcimento il giudice valuta tutte le circostanze di fatto ed il comportamento complessivo delle parti e, comunque esclude il risarcimento dei danni che si sarebbero potuti evitare usando l’ordinaria diligenza, anche attraverso l’esperimento dei mezzi di tutela previsti ;
ex multis in tal senso Consiglio di Stato, sez. V. 4710/2022 n. 08480) - ciò potrebbe avvenire, sussistendone i presupposti (ex multis Cons. Stato Sez. III Sent., 26/06/2015, n. 3215), che nella specie non ricorrono per un duplice ordine di ragioni.

12.2.2. In primis in quanto l’azione risarcitoria, come risulta claris verbis dalla lettura del ricorso di prime cure, è stata proposta, sia pure in via del tutto generica, come innanzi osservato, solo nel presente grado di appello, in patente violazione del divieto dei nova di cui all’art. 104 comma 1 c.p.a. secondo cui “ Nel giudizio di appello non possono essere proposte domande nuove, fermo quanto previsto dall’art. 34 comma 3, né nuove eccezioni non rilevabili d’ufficio. Possono tuttavia essere chiesti gli interessi e gli accessori maturati dopo la sentenza impugnata, nonché il risarcimento dei danni subiti dopo la sentenza ”.

12.2.3. Nell’ipotesi di specie invero non si versa in ipotesi di danni subiti dopo la sentenza, ma di danni da mancata aggiudicazione, a fronte della prospettata illegittimità dell’aggiudicazione disposta in favore della controinteressata ed oggetto di (tardiva) impugnativa con il ricorso di prime cure .

Pertanto, trattandosi di danni correlati ad un provvedimento illegittimo, la parte avrebbe dovuto spiegare l’azione risarcitoria, intesa quale ulteriore forma di tutela dell’interesse legittimo asseritamente leso, già in prime cure.

Deve pertanto rimarcarsi che la domanda risarcitoria proposta in grado di appello è inammissibile, in base al divieto di jus novorum (ora previsto dall'art. 104 c.p.a.), per il quale non è possibile in appello procedere ad alcun ampliamento della domanda.

La ratio di tale divieto affonda le proprie radici nell'essenziale esigenza di rispettare il doppio grado di giurisdizione e, pertanto, postula l'immutabilità del petitum e della causa petendi introdotti in primo grado (cfr., sul tema, ex multis: Cons. Stato, IV, 18 maggio 2018, n. 3002;
Cons. Stato, IV, 12 ottobre 2017, n. 4729;
Cons. Stato, IV, 26 novembre 2015, n. 5373, che richiama Cons. Stato, VI, 19 luglio 1999 n. 973;
id., IV, 24 maggio 2007 n. 2636;
id., VI, 22 maggio 2008 n. 2432;
id., IV, 27 luglio 2010 n. 4915).

12.3. In secondo luogo la conversione non può essere disposta in quanto la domanda impugnatoria autonoma va azionata, ai sensi del chiaro disposto normativo dell’art.30 comma 3 c.p.a., entro il termine di centoventi giorni dalla conoscenza del provvedimento lesivo, laddove per contro detto termine è stato ampiamente superato, essendo stata la domanda proposta solo in grado di appello.

13. Né la domanda risarcitoria formulata in via generica nel presente grado di appello può essere intesa quale domanda di accertamento dell’illegittimità dell’atto impugnato in considerazione della sopravvenuta inutilità dell’annullamento, ex art. 34 comma 3 c.p.a., per avere l’atto impugnato già esaurito i propri effetti;
e ciò per un duplice ordine di ragioni:

a) in quanto detta previsione è riferita alla chiara prospettazione della futura proposizione della domanda risarcitoria e pertanto postula che la stessa non sia stata proposta (quale domanda nuova) (ex multis Cons. Stato Sez. V, 02/07/2020, n. 4253 secondo cui la richiesta d'accertamento dell'illegittimità del provvedimento amministrativo ai fini di successive azioni risarcitorie non configura una nuova domanda stricto sensu, tant'è che essa è esperibile direttamente in appello ai sensi dell'art. 104, comma 1, D.Lgs. n. 104/2010;
in particolare, si tratta piuttosto di una richiesta, o di una segnalazione d'interesse volta a stimolare - a fronte di un'originaria domanda d'annullamento, che include in sé una componente accertativa dell'illegittimità del provvedimento - il giudizio di legittimità in funzione d'una eventuale e (anche) successiva azione risarcitoria).

b) la medesima previsione normativa postula che la domanda impugnatoria, non più satisfattiva della posizione giuridica della parte ricorrente, sia stata comunque azionata nei termini di rito.

14. In considerazione di tali rilievi, stante l’irricevibilità della domanda impugnatoria, la domanda risarcitoria va dichiarata improcedibile, non potendosi la stessa convertire in domanda risarcitoria autonoma, in difetto dei relativi presupposti.

15. Sussistono nondimeno eccezionali motivi, avuto riguardo alle ragioni della decisione, per compensare fra le parti le spese di lite.

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