Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2021-03-03, n. 202101820

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2021-03-03, n. 202101820
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202101820
Data del deposito : 3 marzo 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 03/03/2021

N. 01820/2021REG.PROV.COLL.

N. 06966/2020 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 6966 del 2020, proposto da
San Raffaele S.P.A, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato V F, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio fisico eletto presso il suo studio in Roma, alla via di Santa Maria 12;

contro

Regione Lazio, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato G A, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio fisico eletto presso il suo studio in Roma, via Marcantonio Colonna 27;
Azienda Sanitaria Locale Roma 3, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato F F, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio fisico eletto presso il suo studio in Roma, via Casal Bernocchi 73;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza) n. 14222/2019, resa tra le parti, concernente la verifica di appropriatezza delle prestazioni rese nell’anno 2012 dall’

IRCCS

San Raffaele;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della Regione Lazio e dell’ASL Roma 3;

Visti tutti gli atti della causa;

Viste le note di udienza depositate dalla parte appellante;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 18 febbraio 2021, tenuta in modalità telematica, il Cons. Giovanni Pescatore;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. Nel giudizio di primo grado la società ricorrente ha impugnato gli esiti dei controlli esterni relativi a prestazioni di riabilitazione post-acuzie effettuate nell’anno 2012 dalla

IRCCS

San Raffaele Pisana, struttura sanitaria privata ad essa riconducibile ed operante in regime di accreditamento con il servizio sanitario regionale (SSR).

2. Le censure dedotte innanzi al Tar hanno riguardato, tra gli altri profili: (i) il mancato previo esperimento del subprocedimento di risoluzione delle discordanze dinnanzi al Collegio Arbitrale; (ii) i plurimi vizi asseritamente inficianti dette attività e l’esercizio del potere sanzionatorio (es. il difetto di motivazione, l’erroneità dei presupposti, la violazione del principio di trasparenza e del diritto di difesa); (iii) l’incompatibilità dell’intero sistema sanzionatorio delineato dai DCA nn. 58/2009 e 40/2012 con il quadro normativo vigente per violazione della riserva di legge in materia di sanzioni amministrative ex art. 23 Cost..

3. Il ricorso è stato respinto con la pronuncia qui appellata n. 14222/2019.

4. Le medesime petizioni e deduzioni vengono riproposte in queste sede nel contraddittorio con la Regione Lazio e con la ASL Roma 3.

5. A seguito dell’abbinamento al merito dell’istanza cautelare, la causa è stata posta in decisione all’udienza pubblica del 18 febbraio 2021.

DIRITTO

1. In via preliminare va respinta, in quanto priva di pregio, l’eccezione di inammissibilità del ricorso di primo grado sollevata dalla Regione Lazio ed argomentata in relazione al fatto che verrebbero qui in rilievo censure indirizzate più che sulle “ modalità del controllo ”, sulla “ illegittimità del sistema introdotto dai DCA nn. 58/2009 e 40/2012 a circa 11 anni di distanza dalla loro emanazione ”.

1.1. La deduzione sembra evocare una presunta tardività del ricorso introduttivo, perché proposto avverso provvedimenti (i DCA n. 58/2009 e n. 40/2012, appunto) ormai divenuti inoppugnabili per decorso dei relativi termini di decadenza.

1.2 Per come argomentata, l’eccezione non può essere condivisa, essendo noto che i regolamenti – in quanto atti formalmente amministrativi, ma sostanzialmente normativi, poiché caratterizzati dai profili della generalità, astrattezza ed innovatività – sono di regola inidonei ad incidere sulla sfera giuridica dei loro destinatari e, quindi, suscettibili di impugnazione solo in presenza di disposizioni immediatamente lesive.

1.3 A questo criterio si è attenuta la parte appellante, avendo impugnato i decreti unitamente ai provvedimenti applicativi delle relative decurtazioni pecuniarie.

1.4. D’altra parte, la Regione non individua né dimostra quali previsioni dei contestati decreti commissariali avrebbero meritato di essere immediatamente impugnate siccome recanti disposizioni direttamente lesive degli interessi dell’appellante.

2. Nel merito, con il primo motivo di appello viene reiterata la censura concernente la violazione della riserva di legge prevista dall’art. 23 Cost. in materia di sanzioni amministrative.

2.1. A parere dell’appellante, il legislatore non avrebbe rispettato tale riserva in quanto né le pertinenti leggi dello Stato, né quelle delle Regioni avrebbero sufficientemente precisato i presupposti ed il quantum delle sanzioni amministrative in materia di controlli esterni.

2.2. In senso contrario va richiamato quanto già statuito da questa Sezione in analoghe controversie (sentenze n. 823 e 824/2020), in occasione delle quali si è fatto riferimento alla corretta qualificazione delle decurtazioni pecuniarie (come operata nelle decisioni n. 5216/2019 e n. 2147/2018), da intendersi come misure ascrivibili ad un ambito distinto da quello tracciato dalla legge n. 689 del 1981 e direttamente afferente al rapporto di natura sostanzialmente concessoria di cui all'art. 8 octies, d.lgs. 30 dicembre 1992 n. 502 e ss. (“ le regioni, in attuazione dell'atto di indirizzo e coordinamento, entro sessanta giorni determinano: a) le regole per l'esercizio della funzione di controllo esterno e per la risoluzione delle eventuali contestazioni, stabilendo le relative penalizzazioni […] ”).

Alla luce di questo dato interpretativo di portata sostanziale (rinvenibile anche nelle considerazioni svolte ai fini del riparto di giurisdizione da Cons. Stato, sez. III, n. 7820/2020) appare superabile l’argomento nominalistico agitato dalla parte appellante e riferito al ricorrente impiego nei DCA n. 58/2009 e n. 40/2012 di forme lessicali echeggianti il concetto di “sanzione amministrativa” in senso proprio.

2.3. Le penalità applicate dalla parte pubblica fanno tutt’uno con l'esercizio del potere autoritativo di programmazione sanitaria espresso attraverso la definizione del sistema dei controlli sull'attività sanitaria e dei relativi criteri operativi, tanto vero che la struttura accreditata, per sottrarsi alle "sanzioni" applicate, è tenuta ineludibilmente a contestare la legittimità dell'esplicazione degli specifici poteri di vigilanza e controllo sulla correttezza della gestione.

2.4. Dunque, la correlazione tra potere di vigilanza e potere sanzionatorio rende, per un verso, il provvedimento sanzionatorio ascrivibile alla materia dei servizi pubblici, risultando la penalità direttamente funzionale alla tutela dell'interesse pubblico al corretto espletamento del servizio e non al mero ripristino della legalità violata;
per altro verso, dal punto di vista del soggetto destinatario della sanzione, detta correlazione determina un intreccio di diritti soggettivi e di essi legittimi che rende compatibile l'affermazione della giurisdizione del G.A. al quadro delineato dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 204/2004 (laddove la qualificazione in termini di sanzione amministrativa motiverebbe l’affermazione della giurisdizione del giudice ordinario ex art. 22 l. n. 689/1981).

2.5. La riepilogata qualificazione ha trovato l’avallo anche delle Sezioni unite della Corte di Cassazione (si vedano le pronunce n. 18168/2017 e n. 23540/2019), secondo le quali il modello di controllo strutturato dai DM del 2009 e del 2012 manifesta una “ totale incompatibilità giuridica con lo schema di principio che regge la materia delle sanzioni amministrative pecuniarie secondo la L. n. 689 del 1981 ” (Cass., S.U. n. 23540/2019) e pone capo a penalità patrimoniali (impropriamente definite “sanzioni” nei Decreti 2009 e 2012) direttamente funzionali alla tutela dell'interesse pubblico al corretto espletamento del servizio-sanità (così Cass. S.U. n. 18168/2017, che fa richiamo all'applicazione delle penali nella materia delle concessioni di pubblico servizio: v. Cass. S.U. n. 12111/2013).

2.6. Cade, conseguentemente, alla luce delle testé illustrate considerazioni, tutto il costrutto argomentativo articolato dalla ricorrente in merito ai limiti che la norma regolamentare integrativa del precetto primario deve osservare per potersi reputare effettivamente rispettosa del fondamentale parametro di legalità imposto dall'art. 1, comma 1, L. 689 del 1981, così come interpretato dalla giurisprudenza della Corte Costituzionale.

3. Con il secondo motivo, la San Raffaele S.p.a. lamenta l’omessa indicazione negli atti gravati di elementi di fatto necessari per consentirle di verificare anche soltanto ex post la correttezza dell’operato dell’amministrazione, in asserita violazione del par.

3.4 del DCA 40/2012 e DCA 58/2009.

3.1. Sul punto il TAR ha affermato:

(i) da un lato, che “ una previa conoscenza [del tipo di controllo espletato] … oltre che appesantire notevolmente la procedura, rischierebbe anzi di dare luogo a surrettizie condotte, ad opera delle strutture sanitarie soggette a controllo, dirette a contestare sistematicamente le cartelle sottoposte a “controllo casuale” (data la specifica e maggiore sanzione prevista a tale riguardo), e tanto con ulteriore ingiustificato aggravio del ridetto procedimento sanzionatorio ”;

(ii) dall’altro, che “ la ricorrente possedeva, comunque, tutti gli elementi in grado di consentirle tale quantificazione dal momento che conosceva, sin dalla fase dei controlli in contraddittorio, sia l’entità delle discordanze sia i criteri in base ai quali, sulla base delle suddette discordanze, sono state successivamente quantificate le relative sanzioni. E ciò anche mediante una semplice lettura di quanto previsto al punto 3.4. del DCA n. 40 del 2012, i cui criteri applicativi risultano di agevole ed immediata intellegibilità soprattutto ove si consideri la presenza, in tale specifico settore, di operatori di elevata qualificazione professionale tecnica ed economica (come nel caso della società ricorrente)”. A supporto di tali affermazioni, il Collegio ha anche affermato che “le strutture erogatrici sono in grado di valorizzare l’ammontare delle sanzioni sin dalla data in cui vengono effettuati i controlli ”.

3.2. La parte appellante nega che per verificare ex post la correttezza dell’operato della P.A. possa ritenersi sufficiente conoscere “ l’entità delle discordanze ” (ossia il numero di giornate considerate incongrue/inappropriate) e l’ammontare delle penalizzazioni ( i.e. rideterminazione delle remunerazioni e sanzione aggiuntiva).

Infatti, mentre per i controlli analitici mirati si applica “soltanto” una sanzione pari alla rideterminazione della remunerazione spettante sul singolo ricovero risultato incongruo/inappropriato;
ai controlli su selezione casuale si applica, in aggiunta alla predetta rideterminazione tariffaria, una penalità di importo variabile in ragione della percentuale di inappropriatezza/incongruità riscontrata sul solo campione casuale (si veda par.

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