Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2016-05-04, n. 201601757
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N. 01757/2016REG.PROV.COLL.
N. 02030/2015 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2030 del 2015, proposto da -O-, rappresentato e difeso dall'Avvocato G C, con domicilio eletto presso lo studio dell’Avvocato S G in Roma, Via Bruno Buozzi, n. 59;
contro
Ministero dell'Interno, in persona del Ministro pro-tempore, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici è domiciliato in Roma, Via dei Portoghesi, n.12;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. Lombardia, Milano, Sezione I, n. 2380 del 24 settembre 2014.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Visto l'art. 52 D.lgs. n. 196 del 30.06.2003, commi 1 e 2;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 3 marzo 2016 il Consigliere Paola Alba Aurora Puliatti e uditi per le parti l’Avvocato S G, su delega di G C, e l'Avvocato dello Stato Maria Luisa Spina;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. - Con ricorso al T.a.r. per la Lombardia n.r.g. 2878 del 2013, il sig. -O-ha impugnato:
a) il decreto n. -O-del Capo della Polizia Direttore Generale della Pubblica datato 20 settembre 2013 e notificato il 25 settembre successivo, con cui: I) è stato annullato il precedente decreto del 16 marzo 2006, che infliggeva al ricorrente la sospensione dal servizio per sei mesi, a decorrere dal 2 luglio 2005;II) è stata disposta la sua riammissione in servizio dal 28 settembre 2013;III) è stata inflitta la sanzione disciplinare della sospensione dal servizio per la durata di sei mesi (dal 2 luglio 2015 all’1 gennaio 2006 per i motivi contenuti nella deliberazione 24 giugno 2013);(O);VI) è stata disposta, prima della effettiva riammissione in servizio la sottoposizione ad una valutazione dei requisiti psico-fisici ed attitudinali, previsti dall'art. 2 del Decreto del Ministro dell'Interno n.198/2003;
b) il decreto/verbale del Ministero dell’Interno - Dipartimento della Pubblica Sicurezza, Commissione per l’accertamento delle qualità attitudinali, notificato il 4 ottobre 2013, con il quale il ricorrente è stato considerato “non idoneo”;
c) la comunicazione del Ministero dell’Interno - Dipartimento della Pubblica Sicurezza - Direzione Centrale per le Risorse Umane, notificata in data 11 ottobre 2013, e il decreto n. -O-del 9 ottobre 2010, notificato il 14 novembre successivo, con il quale è stata disposta la cessazione del ricorrente dal servizio nell’Amministrazione della Pubblica Sicurezza perché non idoneo in attitudine ai servizi di polizia;
d) ogni altro atto preordinato, presupposto, conseguente.
2. - Il sig. -O- deduceva di essere appartenuto ai ruoli della Polizia di Stato sin dal 1995;di essere stato sottoposto a procedimento disciplinare a seguito dell’indagine condotta dalla Procura della Repubblica di Genova per “essersi associato con altri allo scopo di commettere una pluralità di delitti di usurpazione di pubbliche funzioni”;che, con nota del Questore notificata il 6 luglio 2005, era stato sospeso cautelarmente dal servizio per gravi motivi disciplinari, ex art. 92 del D.P.R. 3/1957;che, con successivo decreto del 16.3.2006, il Capo della Polizia ne aveva disposto la destituzione;che il Tribunale di Milano, con sentenza del 21 marzo 2011, aveva dichiarato il “non luogo a procedere perché il fatto non sussiste” nei suoi confronti;che, in data 25 ottobre 2011, stante il passaggio in giudicato della sentenza appena citata, aveva chiesto ai sensi dell’art. 26 del D.P.R. n. 737/81 la riapertura per revisione del procedimento disciplinare, la quale con decreto del 10.5.2012 era stata accolta;che, a conclusione del nuovo procedimento disciplinare, con decreto a firma del Capo della Polizia Direttore Generale della Pubblica Sicurezza, erano stati annullati gli atti del procedimento disciplinare con il quale il ricorrente era stato destituito dall’Amministrazione della Pubblica Sicurezza ed era stata irrogata la sanzione disciplinare “meno grave” della sospensione dal servizio dal 2.7.2005;che, riammesso in servizio dal 28.9.2013, gli era stata, tuttavia, imposta una ri-valutazione dei requisiti psico-fisici e attitudinali previsti dall’art. 2 del Decreto del Ministro dell’Interno n. 198/2003, in considerazione della prolungata assenza determinata dal provvedimento destitutivo;di essere stato dichiarato in data 2 ottobre 2013 idoneo ai servizi di istituto sotto il profilo psico-fisico, mentre con verbale del 4 ottobre 2013, la Commissione competente lo aveva dichiarato non idoneo per carenza di attitudine ai servizi di Polizia di Stato e, pertanto, privo di uno dei requisiti previsti dall’art. 25, comma 2, della L. 121/81, con conseguente ordine di cessazione dal servizio a decorrere dal 11.10.2013.
3. - A seguito di verificazione disposta dal T.a.r. con ordinanza 20 dicembre 2013 n. 2904, il ricorrente è stato sottoposto a visita medica presso il Dipartimento di Salute Mentale dell’Ospedale San Carlo Borromeo di Milano, ai fini dell’accertamento del possesso dei requisiti attitudinali previsti dall’art. 2 del decreto del Ministro dell’Interno n. 198/2003 (tabella 2 allegata al DM).
Ulteriori integrazioni della verificazione sono state disposte con ordinanza 13 marzo 2014 n. 387 e con ordinanza 16 aprile 2014 n. 975, con cui si chiedeva un approfondimento sotto il profilo specifico dell’esame attitudinale.
4. - Con la sentenza in epigrafe impugnata, il T.a.r. :
a) accoglieva il ricorso, nella parte in cui si contestava l’esito negativo dell’accertamento attitudinale, alla luce delle valutazioni psicodiagnostiche effettuate in sede di verificazione;
b) rigettava i motivi di ricorso sollevati avverso la sanzione della sospensione dal servizio, in relazione all’art. 4 n. 14 e 15 del D.P.R. n. 737/1981;
c) rigettava le domande risarcitorie, sia per i danni di natura patrimoniale, conseguenti alla decurtazione economica subita, sia di tipo “non patrimoniale”, dovuti al carattere persecutorio dei comportamenti subiti, nonché dal nocumento all’immagine;
d) compensava le spese di lite per un terzo, stante il parziale rigetto del ricorso, e, per il resto, le poneva a carico dell’Amministrazione resistente;
e) poneva a carico dell’Amministrazione il compenso spettante ai verificatori.
5. - Con l’appello in esame, notificato il 5 marzo 2015 e depositato il 13 marzo successivo, il Sig. -O- critica la sentenza nella parte a lui sfavorevole, con cui si rigettano le censure avverso il provvedimento nel capo che dispone la sospensione dal servizio per sei mesi, a decorrere dal 2 luglio 2005 (per i motivi contenuti nella deliberazione del 24 giugno 2013) e ripropone i motivi respinti in primo grado.
6. - Il Ministero dell’Interno ha proposto controricorso e appello incidentale, con atto notificato il 24 marzo 2015 e depositato l’8 aprile successivo, impugnando la stessa sentenza nella parte in cui ha accolto le censure rivolte avverso l’esito dell’accertamento attitudinale disposto dall’Amministrazione ed ha ritenuto sussistere i requisiti richiesti per l’espletamento delle funzioni di polizia in capo al ricorrente, a seguito della verificazione disposta in via giudiziale.
7. - Con ordinanza collegiale n. 4990 del 2 novembre 2015, è stata disposta verificazione al fine di accertare la sussistenza dei requisiti attitudinali, non essendo dubbia l’idoneità psicofisica del soggetto interessato, alla luce delle risultanze della verificazione disposta in primo grado presso il Dipartimento di Salute Mentale dell’Ospedale San Carlo Borromeo di Milano, ma non chiara e oggetto di contestazione l’idoneità del soggetto anche sotto lo specifico profilo attitudinale.
8. - La verificazione è stata affidata ad apposita Commissione presso il Centro di reclutamento della Guardia di Finanza di Roma e si è svolta in data 1° febbraio 2016;gli esiti relativi sono stati depositati in giudizio il 4 febbraio successivo.
9. - L’appellante ha contestato la verificazione con memoria depositata in data 10 febbraio 2016.
10. - All’udienza pubblica del 3 marzo 2016, la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
1. - Pregiudizialmente, va esaminato l’appello incidentale proposto dall’Amministrazione, concernendo la questione preliminare dell’idoneità al servizio dell’appellante e, dunque, della sussistenza della legittimazione e dell’interesse alla proposizione del ricorso.
2. - Con la verificazione disposta con ordinanza collegiale n. 4990 del 2 novembre 2015, è stato approfondito l’aspetto della sussistenza dei requisiti attitudinali allo svolgimento delle funzioni di polizia, alla luce del DM n. 198/2003.
2.1. - Il giudizio finale riportato dall’interessato, in esito ai test somministrati ed al colloquio, è negativo e, specificamente, i giudizi per le singole caratteristiche attitudinali sono i seguenti: a) Livello evolutivo: non adeguato;b) controllo emotivo: non adeguato;c) capacità intellettiva: non adeguata;d) socialità: non adeguata.
2.2. - La Commissione motiva la propria valutazione esaminando preliminarmente i precedenti accertamenti compiuti, e rilevando, con riguardo alle valutazioni psicodiagnostiche del Dipartimento di Salute Mentale dell’Ospedale San Carlo Borromeo di Milano, che in quella sede non è stato svolto un esame di carattere attitudinale, ma un’indagine incentrata su aspetti di natura clinica e psicopatologica, riconducibile piuttosto ad un accertamento di idoneità psico-fisica, peraltro già superato positivamente dal soggetto anche presso la Polizia di Stato.
Ciò risulta evidente dalla tipologia di test somministrati che, fatta eccezione per il test BFQ, sono volti ad accertare la presenza di psicopatologia.
Tale aspetto, tuttavia, è diverso e non sovrapponibile all’accertamento del possesso dei requisiti attitudinali di cui alla tabella 2, punto 1, del DM 198/2003: i primi sono volti ad escludere psicopatologie;i secondi, sul presupposto di una personalità “normale” e “sana” psicologicamente, mirano ad accertare il possesso di qualità emotive, intellettive, relazionali ottimali per l’espletamento delle particolari mansioni affidate nel corpo di polizia, nel raffronto con un profilo ideale, punto di riferimento della verifica.
2.3. - Il Collegio, considerata la complessità e completezza dell’esame svolto e le motivazioni esternate dalla Commissione, che sembrano corrette e convincenti da un punto di vista dell’iter logico seguito, ritiene di far proprio il giudizio espresso dall’organo tecnico.
3. - Le contestazioni che l’appellante muove alla verificazione non sono condivisibili.
3.1. - L’appellante sospetta la non imparzialità dell’organo verificatore per il solo fatto che alle operazioni si fosse presentato, in qualità di rappresentante designato dall’Amministrazione, il dott. -O-, uno dei componenti della Commissione presso la Polizia di Stato, che lo aveva precedentemente valutato, e che gli fosse stato consentito un contatto con la nuova Commissione.
“Sconcertante” sarebbe per l’appellante che i vertici della Guardia di Finanza ne hanno permesso l’accesso alla verificazione e che, anzi, allo stesso fosse stato consentito di controllare i criteri della nuova verificazione.
Ciò invaliderebbe gli esiti dell’istruttoria.
Secondo l’appellante, unico giudizio “ terzo e imparziale ” è quello espresso dalla struttura pubblica sanitaria (Ospedale San Carlo Borromeo di Milano), che aveva effettuato la prima verificazione.
3.2. - Il Collegio osserva che non può trovare condivisione la censura, atteso che la verificazione è stata condotta con criteri obiettivi e con dovizia di particolari, senza apparire in alcun modo influenzata nel suo svolgimento dalla presenza “ in loco ” del rappresentante dell’Amministrazione, ed ha assolto in modo esauriente allo scopo conoscitivo per cui è stata disposta che (lo si ricorda) è diverso rispetto a quello assolto dall’Ospedale San Borromeo.
Dal verbale delle operazioni risulta, peraltro, che il dott. -O- ha ritenuto non necessario presenziare alle operazioni, considerato che il sig. -O- non ha inteso avvalersi dell’assistenza di un proprio perito di fiducia (foglio 3).
3.3. - Quanto alle garanzie di difesa delle parti in sede di esecuzione della verificazione, va evidenziato che, nel silenzio dell'art. 66 cod. proc. amm., il quale, a differenza dell’art. 67 relativo alla C.T.U., non prevede espressamente la facoltà di nomina di consulenti di parte, non si ritiene vi sia un divieto di partecipazione con l’assistenza di un perito di fiducia, anche ove nulla disponga in merito l’ordinanza istruttoria (Consiglio di Stato, sez. IV, 11/03/2013, n. 1464).
Sicché non sussiste il vizio d’invalidità della verificazione per il solo fatto della presenza del rappresentante dell’Amministrazione, che, peraltro, come sopra ricordato, non ha assistito alle operazioni di verificazione.
3.4. - La sola presenza del rappresentante dell’amministrazione alle operazioni di verificazione, consentita dalla legge, non sarebbe, in ogni caso, sufficiente a provare la “ parzialità ” dell’organo preposto alla verificazione o l’esercizio di qualche forma di condizionamento e influenza dell’amministrazione-parte in causa, a fronte dell’obiettività cui risulta essere stata improntata l’attività conoscitiva della Commissione e dell’assenza di altri sintomi di sviamento.
3.5. - Un’ulteriore doglianza mossa dall’appellante concerne il fatto che, mentre non gli sarebbe stata data la possibilità di avvalersi di un proprio perito di fiducia, nulla disponendo l’ordinanza al riguardo, la controparte si sarebbe avvalsa arbitrariamente di tale possibilità.
Il Collegio non ritiene fondata la censura.
Si è già detto della possibilità per le parti, che l’art. 66 c.p.a. non esclude, di avvalersi dell’assistenza di un tecnico di fiducia durante l’espletamento della verificazione.
Non risulta che l’appellante abbia richiesto di esercitare tale facoltà.
3.6. - In ogni caso, ad escludere la fondatezza della censura, va aggiunto che per le caratteristiche proprie della verificazione, la presenza di un rappresentante dell’amministrazione non va intesa alla stregua della presenza del “tecnico” o del “difensore di parte”.
La verificazione è mezzo di prova che nel processo amministrativo consente al giudice di richiedere gli opportuni chiarimenti, oltre che ad una amministrazione “terza”, anche alla stessa amministrazione che ha emanato il provvedimento impugnato, senza che ciò implichi violazione del principio di terzietà, del diritto di difesa e del contraddittorio, in quanto l'onere istruttorio viene diretto all'amministrazione in quanto “Autorità pubblica” che, in tale specifica qualità, deve collaborare con il giudice al fine di accertare la verità dei fatti (Consiglio di Stato, sez. VI, 26/03/2013, n. 1671;sez. IV, 19/02/2007, n. 881).
Nella specie, a maggiore garanzia di trasparenza e per “ rispondere persuasivamente ai timori espressi dall’appellante principale ”, con l’ordinanza istruttoria si è ritenuto motivatamente di affidare la verifica ad organo “terzo” specializzato, estraneo alla Polizia, e pur tuttavia appartenente ad altra Forza di polizia, che svolge compiti analoghi a quelli della Commissione competente all’accertamento dei requisiti attitudinali presso la Polizia di Stato, secondo modalità comparabili con quelle previste dal D.M. 30 giugno 2003, n. 196, al fine di acquisire elementi di conoscenza più pertinenti.
Alla luce di tali considerazioni, la presenza del rappresentante dell’Amministrazione, seppure nella modalità di “ controllo ” dei test somministrati, non contrasta con le caratteristiche del mezzo di prova, come sopra delineate, ove non sia dimostrato un diverso ruolo “inquinante” nell’espletamento dell’istruttoria da parte del predetto rappresentante, di tale consistenza da potersi configurare il vizio di sviamento di potere nell’attività discrezionale valutativa della Commissione.
4. - In conclusione, l’appello incidentale dell’Amministrazione va accolto con conseguente riforma della sentenza appellata nella parte in cui ha ritenuto sussistere i requisiti d’idoneità alle funzioni dell’appellante.
5. - Conseguentemente, va dichiarato improcedibile per difetto di legittimazione ad agire e di interesse il ricorso di primo grado.
6. - Le spese di giudizio si compensano tra le parti, attesa la peculiarità del caso.
7. - Le spese della verificazione vanno poste a carico dell’appellante e si liquidano come da dispositivo.