Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2020-10-26, n. 202006524

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2020-10-26, n. 202006524
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202006524
Data del deposito : 26 ottobre 2020
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 26/10/2020

N. 06524/2020REG.PROV.COLL.

N. 01019/2020 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1019 del 2020, proposto da
G M, rappresentato e difeso dagli avvocati G B e R S, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Antonio Iorio in Roma, corso Vittorio Emanuele II, n. 287;

contro

A S, rappresentata e difesa dagli avvocati A M e B S, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Gian Marco Grez in Roma, corso Vittorio Emanuele II, n. 18;
Università degli Studi Verona, Ministero dell'Istruzione, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

nei confronti

Alessandra F non costituita in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (Sezione Prima) n. 1118/2019.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio delle parti;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 15 ottobre 2020 il Cons. Giordano Lamberti;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1 - A S, professoressa associata di Genetica Medica presso l’Università di Trieste, ha partecipato alla procedura selettiva indetta ai sensi dell’art. 18 della legge 30 dicembre 2010, n. 240, con decreto rettorale n. 3746/2018 dell’Università di Verona, per la copertura di un posto di professore ordinario del Settore Concorsuale 06/A1 Genetica Medica, Settore Scientifico Disciplinare MED/03 Genetica Medica, presso il Dipartimento di Neuroscienze, Biomedicina e Movimento.

2 - Con ricorso al T.A.R. per il Veneto, la stessa ha impugnato gli atti relativi alla predetta procedura ed in particolare il Decreto Rettorale 9351/2018 del 13 novembre 2018 e la delibera del Consiglio di Dipartimento di Neuroscienze, Biomedicina e Movimento del 25 ottobre 2018, con cui è stata proposta la chiamata del Prof. M.

2.1 – La ricorrente ha contestato che il Consiglio di Dipartimento ha scelto, con la delibera del 25 ottobre 2018, il candidato prof. M, seppur meno qualificato, perché giudicato dalla Commissione come “molto buono”, e pertanto inferiore al giudizio dalla stessa ricevuto (“eccellente”), nonché a quello di un’altra candidata (prof.ssa F che ha ricevuto il giudizio: “ottimo”).

3 - Con la sentenza n. 1118/2019, il T.A.R. per il Veneto ha accolto il ricorso, imponendo “ la rinnovazione del procedimento emendato dei vizi riscontrati ”.

4 – Avverso tale pronuncia ha proposto appello il Prof. G M per i motivi di seguito esaminati.

Si è costituita in giudizio la ricorrente in primo grado, riproponendo i motivi proposti in via subordinata ed assorbiti dal T.A.R.

5 – Con il primo motivo di appello, si censura la sentenza di primo grado nella parte in cui valorizza il fatto che i candidati usciti dalla valutazione della Commissione avevano conseguito giudizi di valore diversi tra loro, con una preferenza accordata alla Prof.ssa S, la cui preparazione era stata giudicata eccellente e quindi prevalente rispetto alle altre, per trarre la conclusione che, in ragione di tale circostanza, il Consiglio di Dipartimento avrebbe dovuto limitarsi a recepire tale giudizio e a proporre la nomina della stessa.

5.1 – Secondo l’appellante, diversamente da quanto sostenuto dal Giudice di primo grado, le specifiche funzioni che la legge chiede di specificare ai fini della procedura possono assumere rilievo ai fini della valutazione comparativa dei candidati al posto di professore ordinario messo a bando dall’Università.

A tal fine, prospetta che il sistema normativo desumibile dalla legge statale propone non una esclusione o una gerarchia tra criteri di giudizio (settore concorsuale tipizzato da una parte e specifiche funzioni dall’altro), quanto piuttosto una loro parificazione ai fini del giudizio da compiersi.

Più precisamente, secondo l’appellante, nessun elemento interpretativo può consentire di assegnare alla dicitura “informazioni” sulle funzioni da svolgere una caratterizzazione volta a squalificare tale criterio, sino a far prevalere una accezione di mero elemento accessorio del bando, facendo prevalere la “funzione informativa” sulla sua individuazione come criterio di valutazione.

5.2 – Sotto altro profilo, l’appellante critica la valutazione del T.A.R. circa l’ambiguità del testo regolamentare, nella parte in cui rimette al Consiglio dipartimentale il ruolo di proporre la nomina dei candidati più qualificati “anche” in relazione alla specifica tipologia di impegno didattico e scientifico richiesta che, secondo il Giudice di prime cure, deve essere letta in forza di un’interpretazione sistematica - in quanto un’interpretazione testuale sarebbe insoddisfacente perché la lettera dell’inciso sarebbe incerta – così da allinearla alla legge n. 240/2010.

5.3 – Secondo parte appellante, la sentenza del T.A.R. sarebbe errata anche dove ha ravvisato il contrasto degli atti impugnati con il principio, affermato dalla giurisprudenza, secondo cui in una procedura selettiva l’Amministrazione che ha bandito il concorso non può legittimamente disattendere i risultati, ritualmente approvati, dell’attività valutativa della commissione giudicatrice all’uopo nominata (Cons. Stato n. 2855/2016).

5.4 – Con il secondo motivo di appello, si deduce l’errata valutazione dei precedenti giurisprudenziali valorizzati dal T.A.R. e si rivendica la pertinenza dei precedenti citati in primo grado, volti a dimostrare come, a fronte di regolamenti di diversi atenei sostanzialmente speculari, la giurisprudenza aveva correttamente interpretato il ruolo del Consiglio di Dipartimento, che non può costituire un mero nuncius della Commissione.

6 – Le censure, che possono essere esaminate congiuntamente stante la loro connessione, sono infondate, dovendosi confermare la sentenza impugnata.

Nel caso di specie viene in considerazione una procedura di chiamata, attivata dall’Università di Verona, a norma dell’art. 18 della l. 240/2000.

In base a tale disposizione le Università, con proprio regolamento adottato ai sensi della legge n. 168 del 1989, disciplinano la chiamata dei professori di prima e di seconda fascia nel rispetto dei principi enunciati dalla Carta europea dei ricercatori, di cui alla raccomandazione della Commissione delle Comunità europee n. 251 dell’11 marzo 2005, ovvero, per quanto rileva ai fini del presente giudizio, mediante “ specificazione del settore concorsuale e di un eventuale profilo esclusivamente tramite indicazione di uno o più settori scientifico-disciplinari;
informazioni dettagliate sulle specifiche funzioni, sui diritti e i doveri e sul relativo trattamento economico e previdenziale
”;
valutazione delle pubblicazioni scientifiche, del curriculum e dell'attività didattica degli studiosi” .

L’Università di Verona ha dettato con proprio regolamento (decreto rettorale rep. 1012 n. 179235 del 6 luglio 2016) la disciplina delle chiamate dei professori universitari ai sensi dell’art. 18 della Legge n. 240/2010.

Per quanto rileva in questa sede, il regolamento qualifica come “selettiva” la procedura di cui all’art. 18 della legge n. 240 del 2010 (art. 4, comma 1, lett. a; cfr . anche il Titolo II), chiarendo espressamente all’art. 6, comma 1, che la chiamata ha luogo previo svolgimento di un procedimento selettivo che assicuri la “valutazione comparativa” dei candidati e la pubblicità degli atti.

L’art. 8, al comma 1, prevede espressamente che la Commissione di valutazione proceda alla “valutazione comparativa” delle candidature per la posizione di professore di prima e di seconda fascia, esprimendo un giudizio motivato relativamente alla valutazione di pubblicazioni scientifiche, del curriculum e dell’attività didattica (e, qualora il bando richieda lo svolgimento di una prova didattica, la valutazione dell’attività didattica tiene conto anche dell’esito di tale prova).

Il medesimo art. 8, al comma 2, prevede che la Commissione, sulla base della valutazione effettuata, formuli una rosa di candidati idonei e che il Consiglio di Dipartimento proponga la chiamata di quello o, in caso di più posti, di quelli maggiormente qualificati, anche in relazione alle specifiche tipologie di impegno didattico e scientifico indicate nel bando.

Risulta coerente con tale disciplina il decreto rettorale n. 3746/2018 del 4 maggio 2018 dell’Università di Verona, in base al quale: “ a) la Commissione proceda alla valutazione comparativa delle candidature in conformità ai criteri generali indicati nell’allegato A del bando, esprimendo un giudizio motivato relativamente alla valutazione di: pubblicazioni scientifiche, curriculum e attività didattica (art. 6);
b) la Commissione formula una rosa di candidati idonei all’interno della quale il Consiglio di Dipartimento scelga quello o, in caso di più posti, quelli maggiormente qualificati, anche in relazione alle specifiche tipologie di impegno didattico e scientifico indicate nell’allegato A del bando (art. 6);
c) il Dipartimento, con deliberazione motivata e voto favorevole della maggioranza assoluta dei professori di prima fascia aventi diritto al voto, proponga la chiamata di quello o, in caso di più posti, di quelli maggiormente qualificati, anche in relazione alle specifiche tipologie di impegno didattico e scientifico indicate nel bando (art. 7)
”.

6.1 – In fatto: è pacifico che la scelta del prof. G M da parte del Consiglio di Dipartimento è avvenuta, nel caso in esame, facendo leva sulle specifiche tipologie di impegno didattico e scientifico indicate nel bando, così superando la valutazione della Commissione, che aveva valutato il profilo scientifico del candidato come “molto buono”, e, pertanto, nettamente inferiore al giudizio ricevuto dalla Prof.ssa S (“eccellente”) e dalla prof.ssa F (“ottimo”).

6.2 – Stante tale esito, appare in primo luogo pertinente la citazione, da parte del T.A.R., della giurisprudenza secondo cui “ in linea generale, le specifiche funzioni cui è chiamato il vincitore della selezione rilevano solo sul distinto piano della finalità informativa (art. 18, comma 1, lett. a, della legge n. 240/2010) e non possono essere identificate con il settore scientifico disciplinare da prendere a riferimento ai fini della valutazione dei concorrenti […] Nel caso di specie, invece, dall’analisi degli atti emerge come la specificazione informativa […] abbia illegittimamente finito con l’essere considerata quale requisito principale fondante la valutazione comparativa finale a favore dell’appellato, minando in radice l’attendibilità della valutazione […]”. Va escluso che la valutazione comparativa possa…unicamente sulla specificazione delle funzioni, elemento di carattere eminentemente informativo […] ” (Consiglio di Stato, Sez. VI, n. 5050 del 2018).

In base a tale orientamento, le specifiche funzioni a cui è eventualmente chiamato il vincitore della selezione rilevano solo sul distinto piano della finalità informativa (art. 18, comma 1, lett. a) e non coincidono con quelle del settore scientifico disciplinare da prendere a riferimento ai fini della valutazione dei concorrenti.

Pertanto, in forza del combinato disposto dell’art. 15, comma 1, e dell’art. 18, comma 1, lett. a), della stessa legge n. 240 del 2010, la procedura comparativa di chiamata dei professori universitari deve esclusivamente incentrarsi sul tipizzato settore scientifico disciplinare, cosicché rileva il settore concorsuale nel suo insieme, senza che sia consentito dare preminenza ad uno dei campi di competenza rientranti nel settore stesso.

7 – Nel caso in esame, le conclusioni che precedono risultano imposte dallo stesso Bando e dal Regolamento di Ateneo, laddove prescrivono che “ il Dipartimento, con deliberazione motivata e voto favorevole della maggioranza assoluta dei professori di prima fascia aventi diritto al voto, proponga la chiamata di quello o, in caso di più posti, di quelli maggiormente qualificati, anche in relazione alle specifiche tipologie di impegno didattico e scientifico indicate nel bando (art. 7) ”.

Invero, la disposizione è chiara nell’individuare il candidato da proporre in quello “ maggiormente qualificato ”, e nel caso di specie è pacifica e non contestata la maggior qualificazione della Prof. ssa S, che ha riportato un giudizio di eccellenza da parte della Commissione.

La previsione che include nella valutazione demandata al Dipartimento anche le specifiche tipologie di impegno didattico e scientifico indicato nel bando, non può consentire, come prospettato da parte appellante, una assoluta prevalenza di tale aspetto rispetto alla precedente valutazione effettuata dalla Commissione in base ad oggettivi e predeterminati criteri relativi alle pubblicazioni scientifiche, al curriculum e all’attività didattica svolta dal candidato.

Invero, pur potendo proporre la chiamata “ anche in relazione alle specifiche tipologie di impegno didattico e scientifico indicate nel bando”, risulta non conforme ai principi che ispirano qualunque procedura selettiva il completo sovvertimento della valutazione – neppure contestata – formulata dalla Commissione, in considerazione dell’impegno scientifico indicato nel bando, in base al quale, secondo il Dipartimento, la candidata prof.ssa S in termini comparativi risulterebbe meno aderente rispetto ai candidati professori M e F.

7.1 – Al riguardo, deve ulteriormente osservarsi che, siccome nel momento in cui i candidati giungono alla valutazione finalizzata alla chiamata gli stessi sono stati già valutati per la loro preparazione scientifica in sede di Commissione nazionale ed hanno già conseguito l’idoneità all’insegnamento nello specifico settore scientifico disciplinare, nella procedura di chiamata la valutazione del profilo dei candidati è finalizzata anche alle specifiche esigenze dell’Ateneo che effettua la chiamata stessa (“ anche in relazione alle specifiche tipologie di impegno didattico e scientifico indicate nel bando” ), che possono attenere anche ad aspetti non prettamente scientifici.

Ciò non toglie che, stante la natura concorsuale della procedura di chiamata, questa debba prevedere specifici e chiari elementi di valutazione - in omaggio ai principi di trasparenza e par conditio - che devono essere preventivamente ed esplicitamente individuati dal Bando come specifici elementi di valutazione.

7.2 – Come già evidenziato, in relazione agli specifici parametri volti a valutare la qualificazione dei candidati, la Commissione ha inequivocabilmente evidenziato il divario tra la ricorrente in primo grado e l’appellante con riguardo al curriculum, alle pubblicazioni scientifiche, all’attività didattica e in termini di giudizio complessivo.

A fronte di una così netto e macroscopico divario tra i due candidati, appare arbitraria la scelta del Dipartimento di privilegiare – “ in relazione alle specifiche tipologie di impegno didattico e scientifico” – l’appellante , risolvendosi tale opzione nella sostanziale vanificazione della procedura di valutazione demandata alla Commissione, in base agli specifici ed oggettivi criteri individuati dal Bando.

Invero, nel caso in esame, il Consiglio di Dipartimento non ha neppure disconosciuto i risultati della valutazione operata dalla Commissione, avendoli invece completamente ignorati, attraverso la valorizzazione delle specifiche tipologie di impegno didattico e scientifico indicate nel bando.

Inoltre, deve essere evidenziato come il Dipartimento non abbia neppure compiutamente motivato per quale ragione le “specifiche tipologie di impegno” avrebbero dovuto prevalere sulla “qualificazione”.

Al riguardo, deve essere evidenziato che, anche a voler prescindere dall’orientamento giurisprudenziale innanzi citato, “le specifiche tipologie di impegno didattico e scientifico indicate nel bando” possono al più costituire un parametro ulteriore, atto se del caso ad integrare quello della “ maggior qualificazione ”, che, però, a norma del regolamento di Ateneo e del Decreto rettorale di indizione della procedura, non può essere ignorato.

Tale conclusione si desume dall’utilizzo del termine “ anche ”, che indica la possibilità di tenere conto delle specifiche tipologie di impegno didattico in aggiunta alla maggior qualificazione, ma non implica affatto il potere del Dipartimento di sovvertire gli esiti della valutazione, effettuata dalla Commissione in base a specifici e predeterminati criteri integranti il parametro di selezione della “ maggior qualificazione” per proporre un candidato.

In tal senso devono essere letti i riferimenti giurisprudenziali contenuti nella sentenza impugnata, in base ai quali “ la selezione dei candidati deve svolgersi sulla base di criteri valutativi predeterminati ed opportunamente pubblicizzati negli atti preparatori, i quali devono trovare puntuale attuazione nella fase di vera e propria valutazione dei concorrenti. Le valutazioni affidate alla cura dell'organo tecnico sono dunque vincolanti per l'amministrazione che ha indetto la selezione in ordine ai giudizi tecnico-discrezionali formulati sui profili curriculari dei candidati. In altri termini, l'Amministrazione che ha bandito il concorso non può legittimamente disattendere i risultati, ritualmente approvati, dell'attività valutativa della commissione giudicatrice all'uopo nominata […] Diversamente opinando si verrebbe a creare un inusitato potere di veto da parte della Amministrazione capace di sterilizzare ad libitum il contenuto degli apprezzamenti tecnico discrezionali dell'organo competente a compiere la valutazione dei concorrenti, in spregio ai più elementari principi di trasparenza e buon andamento dell'azione amministrativa ” ( cfr. Cons. Stato, sez. VI, 28 giugno 2016).

8 – Alla luce delle considerazioni che precedono perdono di interesse le ulteriori questioni sollevate con l’atto di appello che, pertanto, non deve trovare accoglimento.

La complessità delle questioni e l’ambiguità del tenore letterale degli atti impugnati giustificano la compensazione delle spese di lite.

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