Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2021-12-10, n. 202108257

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2021-12-10, n. 202108257
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202108257
Data del deposito : 10 dicembre 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 10/12/2021

N. 08257/2021REG.PROV.COLL.

N. 02098/2019 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2098 del 2019, proposto dalla Casa Regina Apostolorum della Pia Società Figlie di San Paolo, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato F R, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Gian Giacomo Porro 18;

contro

Regione Lazio, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato R B, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso gli uffici dell’avvocatura regionale in Roma, via Marcantonio Colonna 27;
Commissario ad Acta Sanità per la Regione Lazio, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio fisico ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

nei confronti

Azienda Ospedaliera San Camillo – Forlanini, non costituita in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio n. 9750/2018.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della Regione Lazio e del Commissario ad Acta Sanità per la Regione Lazio;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 2 dicembre 2021 il Cons. Umberto Maiello e dato atto, quanto ai difensori e alla loro presenza, di quanto indicato a verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Con il ricorso di primo grado la Congregazione religiosa, titolare dell’Ospedale Generale Regina Apostolorum, classificato ospedale generale di zona, ha impugnato l’attività provvedimentale (DCA del 24 giugno 2009, n. 43) con cui il Commissario ad acta ha modificato la ripartizione del FSR 2018 relativamente alla quota di finanziamento delle attività di alta specializzazione e complessità organizzativa connessa ad attività con rilevanti costi di attesa, tra cui le funzioni di emergenza, originariamente stabilita con DGR Lazio n. 1050 del 2007.

1.1. In particolare, vale premettere che già la delibera regionale n. 1050 del 2007 aveva previsto di attribuire a determinati ospedali un finanziamento aggiuntivo per le attività di “alta specializzazione e complessità organizzativa”, sulla base di parametri predefiniti.

1.2. Su tale sistema si è, poi, innestato il DCA n. 43 del 2009, oggetto del presente giudizio, il quale, preso atto dell’incremento dei fondi disponibili per il finanziamento dei livelli essenziali di assistenza sanitaria, ha operato una integrazione della d.G.R. n. 1050/2007, incrementando i fondi da questa già stanziati.

Segnatamente, con il suddetto decreto sono stati recepiti i contenuti di cui alla delibera n. 175 del 2008, di integrare la remunerazione per le funzioni di emergenza, mediante previsione di un finanziamento aggiuntivo proporzionale al valore dei ricoveri per acuti.

2. La Congregazione religiosa ricorrente deduceva, innanzi al giudice di prime cure ed a sostegno della spiegata azione impugnatoria, i seguenti motivi di doglianza: Violazione per falsa applicazione degli artt. 2, 4, 8 quinques e 8 sexies D.Lgs 502 del 30 dicembre 1992 e successive integrazioni e modificazioni;
del

DPCM

29 novembre 2001;
violazione per falsa applicazione dell'art. 3 della L. n. 241 del 1990 per carenza assoluta di motivazione;
violazione dell'art. 7 e ss della L: n. 241 del 1990;
violazione del giusto procedimento;
eccesso di potere per difetto di istruttoria, travisamento dei fatti, contraddittorietà, illogicità, disparità di trattamento, comportamento perplesso, violazione dell'art. 97 Cost.-.

2.1. Sosteneva, in sintesi, di essere stata immotivatamente esclusa dalla ripartizione di detto fondo di finanziamento dell’attività di alta specializzazione e complessità organizzativa sulla scorta di un procedimento rimasto oscuro quanto alle regole ed agli atti compiuti.

3. Con la sentenza qui appellata, n. 9750 del 5.10.2018, il TAR per il Lazio, Sezione Terza Stralcio, ha respinto il ricorso.

3.1. Il giudice di prime cure ha, anzitutto, escluso la completa equiparazione tra gli ospedali privati classificati e gli ospedali pubblici, dichiarando poi infondate le censure attoree e valorizzando, tra l’altro, l’ampia discrezionalità che connota l’esercizio dei poteri di programmazione della spesa sanitaria.

4. Avverso la suddetta decisione l’appellante, contestando l’aderenza delle statuizioni in cui si articola il suindicato decisum alle censure compendiate nel ricorso, deduce che:

a) vi è obbligo da parte della Regione Lazio di svolgere una corretta programmazione, nel rispetto di tutti i soggetti erogatori, siano essi di soggettività pubblica che privata, in quanto il sistema normativo di riferimento è incentrato sul riconoscimento del diritto dell’utente alla libera scelta assistenziale;

b) del tutto inconferenti sarebbero le argomentazioni spese dal giudice di prime cure quanto alla necessità dell’Amministrazione regionale di farsi carico, a fronte di ipotesi di disavanzo, del ripristino del capitale netto delle Aziende pubbliche, non dipendendo la mancata attribuzione del fondo qui in rilievo dall’esigenza di finanziare il ripiano dei bilanci delle strutture sanitarie pubbliche, attività già di per sé illegittima ove operata in violazione dei principi di concorrenza, né il ricorrente avrebbe inteso, comunque, chiedere o fruire di forme di sovvenzionamento vertendo la pretesa azionata in prime cure sulla mancata inclusione della ricorrente, quale titolare di ospedale che svolge anche attività di alta assistenza e specializzazione, nel riparto di maggiori somme così come previsto dall’impugnato DCA 43/2009;

c) non sarebbero chiare le ragioni di omessa applicazione nel procedimento qui in rilievo dell’articolo 7 della L. n. 241 del 1990, ponendosi, comunque, in contrasto con i principi di cui all’art. 97 e 111 cost. l’assegnazione di somme di denaro a terzi, da parte della Pubblica Amministrazione, in assenza di un procedimento ben codificato e tale da poter essere verificato dai potenziali terzi soggetti non destinatari di dette somme;

d) non vi sarebbe traccia nella delibera in contestazione di una preventiva ed accurata istruttoria tecnica e comunque delle motivazioni sulla base delle quali la Regione Lazio ha inteso escludere dalla ripartizione di dette maggiori somme l’Ospedale ricorrente, favorendo in via indiscriminata strutture pubbliche e private concorrenti.

4.1. Si è costituita la Regione Lazio, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

4.2 Con ordinanza n. 8572 del 12.12.2019 – poi sollecitata con decreto presidenziale n. 866 del 28.5.2021 – il Collegio ha disposto incombenti istruttori e, segnatamente, di “ acquisire presso la Regione Lazio, in persona del Direttore Generale responsabile della Direzione Risorse Umane e Finanziarie del SSR, o suo delegato, un’analitica relazione esplicativa, corredata degli atti richiamati (e, comunque, necessariamente della delibera 1050/2007 e della delibera 175/2008), che individui:

1) le funzioni assistenziali qui finanziate;

2) gli indicatori confezionati per la selezione delle strutture individuate meritevoli di finanziamento siccome eroganti le suddette prestazioni;

3) gli atti istruttori riferiti al mancato riscontro in capo all’odierna appellante del possesso degli indicatori qui in rilievo nella misura eventualmente stabilita ”.

In data 11.11.2021 la Regione ha adempiuto all’ordine istruttorio.

4.3. All’udienza del 2.12.2021 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

5. L’appello è infondato e, pertanto, va respinto.

5.1. In via preliminare, mette conto evidenziare che il venir meno della gestione commissariale, con conseguente rinuncia al mandato dell’Avvocatura erariale, non genera i presupposti per l’operatività dell’istituto dell’interruzione del giudizio. Questo Consiglio, con orientamento pressoché costante, ha affermato che nel giudizio amministrativo il subentro di un ente pubblico ad un altro ente non costituisce, in linea di principio, causa interruttiva del processo, dando luogo piuttosto ad un fenomeno di successione nel rapporto processuale, atteso che, in situazioni corrispondenti a riassetti di apparati organizzativi necessari della pubblica amministrazione, qual è l’apparato che vede coinvolta in via diretta l’attuazione dei principi di buon andamento e di imparzialità della stessa amministrazione ai sensi dell’art. 97 Cost., viene in rilievo non una successione a titolo universale nel senso proprio del termine, ma una successione nel munus (v., ex plurimis, Cons. St., sez. III, n. 3756 del 20.7.2016, sez. V, 12.5.2015, n. 2354).

6. Quanto al merito della res iudicanda , vale anzitutto evidenziare che, con il mezzo in epigrafe, attraverso l’impugnativa della sentenza di primo grado, sono attratte nel fuoco della contestazione i provvedimenti con cui, per l’anno 2008, si è provveduto a ripartire tra gli operatori di settore un finanziamento aggiuntivo per le attività di “alta specializzazione e complessità organizzativa” remunerate non a tariffa per singola prestazione resa, ma con finanziamenti extratariffari sulla base di un costo standard rapportato alle funzioni assistenziali particolarmente complesse di cui al comma 2 del medesimo art. 8 sexies d.lgs. 502/1992.

6.1. E, invero, il mentovato articolo prescrive al comma 1 che “ Le strutture che erogano assistenza ospedaliera e ambulatoriale a carico del Servizio sanitario nazionale sono finanziate secondo un ammontare globale predefinito indicato negli accordi contrattuali di cui all'articolo 8-quinquies e determinato in base alle funzioni assistenziali e alle attività svolte nell'ambito e per conto della rete dei servizi di riferimento. Ai fini della determinazione del finanziamento globale delle singole strutture, le funzioni assistenziali di cui al comma 2 sono remunerate in base al costo standard di produzione del programma di assistenza, mentre le attività di cui al comma 4 sono remunerate in base a tariffe predefinite per prestazione ”.

6.2. Il successivo comma 2 rimette alle Regioni, sulla scorta di apposito decreto del Ministro della sanità, sentita l'Agenzia per i servizi sanitari regionali, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, la definizione delle funzioni assistenziali nell'ambito delle attività che rispondono a predeterminate caratteristiche generali, tra cui, alla lettera e), le attività con rilevanti costi di attesa, ivi compreso il sistema di allarme sanitario e di trasporto in emergenza, nonché il funzionamento della centrale operativa, di cui all'atto di indirizzo e coordinamento approvato con decreto del Presidente della Repubblica 27 marzo 1992, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 76 del 21 marzo 1992 .

6.3. Di poi il comma 4 stabilisce che la remunerazione delle attività assistenziali diverse da quelle di cui al comma 2 è determinata in base a tariffe predefinite, limitatamente agli episodi di assistenza ospedaliera per acuti erogata in regime di degenza ordinaria e di day hospital, e alle prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale.

6.4. La lettura sistemica del suindicato reticolo normativo mette in evidenza che, ai fini del finanziamento delle funzioni assistenziali erogate dalle singole strutture, l’art. 8 sexies del d.lgs. n. 502/1992, come introdotto dal d.lgs. n. 229/1999, introduce due criteri di riferimento: quello definito “ in base al costo standard di produzione del programma di assistenza ” e la remunerazione “ in base a tariffe predefinite ”.

6.5. Le funzioni cc.dd. non tariffabili sono oggetto, dunque, in rapporto di alternatività ovvero di complementarità con il regime prestazionale remunerato a tariffa.

Attraverso di esse, il sistema sanitario regionale mira a coprire costi fissi aggiuntivi non frazionabili e a “premiare” il particolare livello di efficacia e di efficienza organizzativa delle strutture sanitarie, in rapporto al numero e alla complessità della casistica trattata. Ciò attraverso il riconoscimento di un beneficio economico ulteriore rispetto al finanziamento delle prestazioni rese, comunque già remunerate secondo le regole generali (cfr. CdS. III Sezione, 4935 del 13.8.2018).

6.6. Spetta alle Regioni – che godono di un potere ampiamente discrezionale - definire le funzioni assistenziali da premiare in via aggiuntiva valorizzando quelle ritenute maggiormente meritevoli di essere incentivate nell’ambito delle aree di attività dalla norma di riferimento individuate.

Anche in questo caso si si verte pur sempre “in materia di esercizio del potere autoritativo di fissazione dei tetti di spesa e di controllo della spesa sanitaria in funzione di tutela della finanza pubblica affidato alle regioni” con la peculiarità che qui viene in rilievo, come già anticipato, “il carattere pur sempre aggiuntivo della quota forfettaria destinata alla remunerazione delle funzioni” destinata alla copertura dei costi fissi a prescindere dal numero delle prestazioni rese (cfr. ex multis Consiglio di Stato, sezione III, 6 dicembre 2013, n. 5841, 5845, 5855).

7. Così ricostruita la cornice giuridica di riferimento, vale, anzitutto, osservare come nella ricostruzione del percorso che ha condotto l’atto qui avversato, per come ricostruito dalla Regione Lazio, e nella suddetta parte non fatto oggetto di contestazioni, è emerso che:

- la d.G.R. n. 1050/2007 ha previsto un finanziamento a funzione, ai sensi di quanto stabilito dal richiamato art. 8 sexies, basato sulla valutazione di una serie di “parametri di attività” correlati alla complessità della casistica ed al potenziale consumo di risorse, così come determinabili dai sistemi informativi sanitari regionali allora detenuti dall’Agenzia di Sanità Pubblica;

- fra questi parametri (riportati nell’allegato B della suindicata delibera), nell’ambito dell’attività ospedaliera è stata valutata anche la complessità della casistica affrontata per il tramite dei servizi di emergenza e pronto soccorso (ricoveri da emergenza);

- al contempo, la d.G.R. n. 1050/2007, con espressa previsione, ha dichiarato “aboliti tutti gli altri finanziamenti aggiuntivi ed extratariffari per la remunerazione delle attività di alta specializzazione e complessità organizzativa, afferenti al fondo funzioni previsto da precedenti provvedimenti di Giunta sui sistemi tariffari”, riferendosi in particolare a quelli che erano stati adottati in precedenza, anche dalle d.G.R. n. 436 e n. 437 del 2007 (per l’esercizio 2007), che indicavano dei meri importi come finanziamenti aggiuntivi, senza specificare puntualmente modalità e criteri di calcolo adottati;

- successivamente alla d.G.R. n. 1050/2007, la Regione ha adottato la d.G.R. n. 175/2008, così riconfermando anche per l’esercizio 2008 che “ ad integrazione della remunerazione tariffaria delle prestazioni di pronto soccorso è previsto il mantenimento delle funzioni di emergenza con un finanziamento aggiuntivo proporzionale al valore dei ricoveri per acuti ”;

- il DCA n. 43/2009, nel prendere atto del finanziamento aggiuntivo per le funzioni di emergenza così come ulteriormente disposto dalla stessa d.G.R. n. 175 del 2008, pari a complessivi € 82.004.392, ha rilevato che lo stesso, per € 72.224.470 era stato già assegnato e incluso nei finanziamenti previsti dalla d.G.R. n. 1050/2007, mentre solo per € 9.779.922 interessava ulteriori strutture ospedaliere non incluse nelle quote di riparto di cui alla d.G.R. n.1050/2007. Per queste ultime, pertanto, il DCA n. 43/2009 ha provveduto all’integrazione del finanziamento, riallineando il livello complessivo dello stesso a quello previsto dalla d.G.R. n. 175/2008;

- dunque, la d.G.R. n. 175/2008 ha previsto un diverso finanziamento della quota destinata alle funzioni di emergenza rispetto a quello originariamente previsto dalla d.G.R. n. 1050/2007, e di tanto il DCA n. 43/2009 ha dovuto tenere conto, in modo di evitare una duplicazione degli stessi finanziamenti;

- in particolare, nell’allegato A alla d.G.R. n. 1050/2007 viene contemplato un sistema parametrico teso alla misurazione della complessità assistenziale e basato sull’attività di ricovero;
nella d.G.R. n. 175/2008 trova regolamentazione un finanziamento aggiuntivo proporzionale al valore dei ricoveri per acuti;

- sicché, il finanziamento a funzione destinato alla remunerazione delle prestazioni di emergenza-urgenza è quello rinveniente dalla congiunta considerazione delle assegnazioni previste dalla d.G.R. n.1050/2007 e dalla d.G.R. n. 175/2008, così come formalmente ricognite ed integrate con il DCA n. 43/2009.

8. A fronte delle descritte emergenze processuali il costrutto giuridico dell’appellante non può essere qui condiviso.

8.1. Occorre, anzitutto, sgombrare l’ambito cognitivo del presente giudizio da questioni che non appaiono centrali rispetto alla res iudicanda e sulle quali, viceversa, lo stesso giudice di primo ha oltremodo indugiato.

8.2. Segnatamente, la natura dell’ospedale appellante e la sua matrice privatistica riflettono una valenza neutra ai fini della ripartizione del fondo qui in rilievo, essendo pacifico che il finanziamento in argomento – dal quale l’appellante è stato escluso – non è affatto governato da criteri incentrati sulla riconducibilità o meno dei singoli operatori ad un’orbita pubblicistica, figurando – come riconosciuto da entrambe le parti – nell’elenco dei soggetti ammessi anche soggetti di diritto privato.

8.3. I criteri selettivi all’uopo confezionati per redistribuire tali aggiuntive risorse impingono piuttosto in elementi oggettivi che afferiscano alle peculiari attività che la Regione, in ossequio alle coordinate sopra esposte, ha inteso valorizzare.

8.4. Vale, altresì, soggiungere, sempre al fine di concentrare l’attenzione del Collegio sulle censure meritevoli di ribaltare, in potenza, la decisione di primo grado, che l’appellante più volte ha stigmatizzato l’omessa pronuncia del TAR, ovvero l’assoluta carenza argomentativa del decisum di prime cure, su motivi di doglianza compendiati nel mezzo di primo grado.

Com’è noto, eventuali deficit nel corredo argomentativo della sentenza di primo grado assurgono, di per se stessi, a causa di nullità della decisione medesima con obbligo di rinvio al primo giudice, ai sensi dell’art. 105, comma 1, c.p.a., nei soli casi di motivazione apparente, siccome apodittica e tautologica, riespandendosi in tutti gli altri casi, come ha stabilito l’Adunanza plenaria in alcune fondamentali pronunce (v. a titolo esemplificativo, ex plurimis, Ad. plen., 28 settembre 2018, n. 15), il principio regolatorio secondo cui il giudice d’appello ben può integrare l’iter motivazionale, ancorché carente, della sentenza impugnata.

In coerenza con i principi generali suespressi sarà cura di questo giudice scrutinare, nei limiti del devolutum , i motivi di doglianza riproposti e che, in via di mera tesi, non risultano adeguatamente valutati.

9. Orbene, nella suddetta prospettiva, deve, anzitutto, qui rilevarsi che cade nel fuoco della contestazione attorea il solo DCA 43/2009, non avendo l’appellante articolato in questa sede specifiche censure avverso gli atti presupposti, pur genericamente richiamati nel ricorso di primo grado, tra cui la DGR della Regione Lazio 1050/2007 (che assume impugnata separatamente, ma non vi è specifica evidenza di ciò), con la quale è stato disposto il riparto del FSR 2008 tra le aziende sanitarie per il finanziamento dei LEA nella misura di € 8.750.000.000 (e d’altro canto un’autonoma impugnativa della DGR della Regione Lazio 1050/2007 sarebbe tardiva).

9.1. Il suddetto provvedimento (DCA 43/2009) trae alimento dall’acquisizione di ulteriori disponibilità del FSR, incrementato, per effetto di stanziamenti aggiuntivi o venir meno di previsioni di spesa, a € 8.751.000,000 rispetto a quanto previsto nella DGR 1050/2007.

9.2. Come già precedentemente evidenziato, l’ambito di intervento del DCA qui in rilievo è stato, altresì, indotto dalla necessità di raccordo dei criteri di finanziamento delle funzioni assistenziali di emergenza che trovavano già riconoscimento nell’originale riparto della DGR 1050/2007, quali quote a funzione per l’alta specializzazione e complessità organizzativa connesse ad attività con rilevanti costi di attesa, e che risultano valorizzate anche nella DGR n. 175/2008 in cui, riproponendo un criterio già recepito nella DGR 143/06, si è previsto che “ad integrazione della remunerazione tariffaria delle prestazioni di pronto soccorso è previsto il mantenimento delle funzioni di emergenza con un finanziamento aggiuntivo proporzionale al valore dei ricoveri per acuti”.

9.3. Tanto premesso, deve, anzitutto, opporsi ai rilievi dell’appellante che il provvedimento impugnato si inscrive nel novero degli atti generali sottratti all’obbligo di comunicazione del procedimento e motivazionale, atteso quanto previsto dagli artt. 3 comma 2 e art. 13 della L. 241/90. Questa stessa Sezione, in un caso analogo, a fronte della lamentata violazione dei principi del giusto procedimento e del contraddittorio di cui alla L. n. 241 del 1990, ha dichiarato l’infondatezza di tali motivi di censura, affermando che si tratta di un “atto generale e, come tale, sottratto dall’art. 13 della l. n. 241 del 1990 alla disciplina dell’art. 7 della stessa legge, dovendosi ascrivere la delibera contestata al novero «degli atti aventi natura programmatoria , la cui adozione influisce, nella materia qui in esame, sulla possibilità stessa di disporre delle risorse per remunerare le prestazioni erogate» (Cons. Stato, sez. III, n. 2444/2016) e la divisata qualificazione del provvedimento quale atto di organizzazione e di programmazione di tipo generale - in quanto rivolto alla generalità degli istituti operanti nella Regione Lazio, tutti potenzialmente eleggibili al riconoscimento di cui si discute - ne esclude la riconduzione al genus dell’atto plurimo (Cons. Stato, sez. III, n. 3693/2018).

9.4. Deve, poi, soggiungersi, per i profili di merito, che il DCA 43/2009 si è innestato su un pregresso contesto regolatorio innovandolo, oltre che per la revisione delle singole specifiche posizioni di singoli operatori, solo per il finanziamento delle quote a funzione per le attività di emergenza, rispetto alle quali l’appellante non ha dimostrato di poter concorrere.

Peraltro, in disparte quanto appena evidenziato, deve soggiungersi in termini più generali che, in coerenza con le finalità peculiari che reggono il meccanismo di remunerazione delle funzioni in argomento, non tariffabili, sono stati previsti, nella d.G.R. n. 1050/2007, appositi indicatori in grado di misurare le prestazioni rese in funzione degli obiettivi selezionati.

Nell’impianto regolatorio all’uopo confezionato risultano indicati in dettaglio i parametri presi in considerazione per misurare il peso della complessità aziendale, apprezzabile a partire da una determinata soglia limite.

Sulla scorta e in applicazione, in via automatica, dei suindicati parametri l’appellante non è stato, dunque, incluso nell’elenco dei soggetti meritevoli di finanziamento in quanto, in ragione di quanto evincibile dallo stesso rapporto di accreditamento, anzitutto, non fa parte della rete di emergenza/urgenza né risulta dotato di reparti in cui si svolgono attività con particolari “complessità organizzative” o di “alta specializzazione”, dovendo qui precisarsi che non è la mera presenza di ricoveri attribuiti a DRG di alta complessità a giustificare di per sé l’assegnazione di tali quote aggiuntive di finanziamento ma il livello di concentrazione di tali prestazioni nella singola struttura.

Nella suddetta prospettiva di valutazione, deve rilevarsi che l’appellante, prescindendo del tutto dalla suindicata griglia di valutazione, si limita, in maniera del tutto generica, a contestare il procedimento imbastito dalle strutture regionali e la carenza di motivazione, senza tuttavia operare alcun raffronto analitico tra i parametri obiettivi assunti a base dell’assegnazione del beneficio, il metodo di calcolo ivi esplicato e i dati riportati in graduatoria.

Della correttezza delle scelte operate dalla Regione si è avuta conferma, in assenza di ulteriori e più conferenti elementi di segno contrario, all’esito dell’istruttoria che ha giustappunto consentito di verificare la sufficiente esplicitazione dei parametri selettivi che la Regione ha applicato per selezionare le attività (e dunque le strutture) meritevoli sulla base dei quali l’appellante ben avrebbe potuto argomentare in modo consapevole e sufficientemente puntuale le proprie doglianze ed evidenziare le ragioni che militavano, in via di mera tesi, per l’inclusione anche della propria struttura nell’elenco delle strutture potenzialmente meritevoli di finanziamento aggiuntivo.

9.5. Si rivela, dunque, infondata, in uno alla censura di carenza di motivazione, anche la deduzione di disparità di trattamento rispetto a terzi competitori, formulata nel contesto del medesimo motivo di appello, ma non assistita da specifiche indicazione dei riferimenti, oggettivi e soggettivi, ai terzi operatori del settore in relazione alla cui posizione si chiede che venga apprezzata la sussistenza di valutazioni discriminatorie o che, comunque, valga a far dubitare della congruenza degli atti impugnati.

L’appellante non ha prospettato, in definitiva, elementi concreti per dimostrare una scorretta applicazione in sede di valutazione della propria posizione.

Tale valutazione, evidentemente sottesa alla esclusione dall’elenco dei beneficiari, in assenza di specifiche contestazioni, ovvero della produzione di un principio di prova di senso opposto, non risulta illegittima, in considerazione dei parametri e dei limiti che il giudice amministrativo deve rispettare nella verifica dell’esercizio della discrezionalità tecnica da parte dell’Amministrazione.

Tanto è sufficiente ai fini del rigetto dell’appello.

Ciò nondimeno la peculiarità della vicenda qui in rilievo, anche in considerazione del complessivo comportamento processuale della Regione nell’evasione dell’ordine istruttorio impartito dal Collegio, giustifica la compensazione delle spese del presente grado di giudizio.

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