Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2018-06-14, n. 201803693
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Pubblicato il 14/06/2018
N. 03693/2018REG.PROV.COLL.
N. 06173/2011 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 6173 del 2011, proposto da Policlinico di Monza -Casa di cura privata s.p.a., in persona del legale rappresentante
pro tempore
, rappresentato e difeso dagli avvocati P P e C D P, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato P P in Roma, via G. Mercalli, n.13, nonché dagli avvocati F D P e P B, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato P B in Roma, via Luigi Ceci, n. 21;
contro
Regione Lombardia, in persona del Presidente della Giunta regionale
pro tempore
, rappresentato e difeso dagli avvocati Pio Dario Vivone, Maria Emilia Moretti e Marinella Orlandi, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Emanuela Quici in Roma, via Nicolò Porpora, n. 16;
nei confronti
A.S.L. Provincia di Monza e Brianza (già A.S.L. Provincia di Milano 3) e Istituto Nazionale per lo studio e la cura dei tumori, non costituiti in giudizio;
per la riforma della sentenza del T.A.R. per la Lombardia, Sez. III, n. 1370/2010, resa tra le parti, concernente assegnazione dei fondi per la qualità avanzata per le attività sanitarie di ricovero ordinario per acuti per l’esercizio del 2007
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio della Regione Lombardia;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza del giorno 15 maggio 2018 il Cons. Antonella Manzione e uditi per le parti gli avvocati F D P e Emanuela Quici su delega dell’avvocato Maria Emilia Moretti;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. Con ricorso al T.A.R. per la Lombardia Policlinico di Monza s.p.a., società operante nel settore della sanità privata, ha impugnato la deliberazione della Giunta regionale n. VIII/7860 del 30 luglio 2008 avente ad oggetto “Determinazioni in ordine alla valutazione della qualità avanzata delle attività sanitarie per acuti -assegnazione dei fondi per la qualità avanzata di cui alla D.G.R. n. VIII/6682 del 27 febbraio 2008”, in quanto nell’allegato elenco dei beneficiari del contributo non figura la casa di cura gestita dalla stessa nel territorio del Comune di Monza.
2. Ha lamentato in particolare la retroattività nella definizione dei criteri di valutazione dei requisiti, preclusiva di una corretta programmazione dell’attività imprenditoriale;l’irragionevole e ingiustificato cambiamento dei criteri di assegnazione del fondo per la qualità avanzata rispetto agli anni precedenti;la scarsa intelligibilità dei criteri, tali da non consentire agli operatori di comprendere come addivenire ai richiesti standard di qualità;la carenza di istruttoria e la violazione delle regole sul giusto procedimento, in quanto la delibera è stata adottata senza il previo inoltro della comunicazione di avvio dello stesso e senza il coinvolgimento delle parti sindacali.
3. Il T.A.R. per la Lombardia con la sentenza n. 1370 del 7 maggio 2010 ha respinto il ricorso, facendo leva in particolare sulla riconosciuta natura premiale delle risorse previste dal fondo di cui all’art. 13 della L.R. n. 31/1997: ciò rende possibile la determinazione postuma dei criteri di valutazione della qualità, essendo peraltro gli stessi per lo più indipendenti dal comportamento delle aziende o comunque correlati a livelli generali di diligenza ai quali ogni operatore dovrebbe conformarsi. Quanto all’avvenuto mutamento degli stessi, oltre a negarlo in fatto, il giudice di prime cure contesta la sussistenza dell’interesse a ricorrere, non avendo la casa di cura chiarito in che modo esso si sarebbe risolto in un pregiudizio a suo carico. Generica, e come tale inammissibile, è la doglianza di mancanza di chiarezza enunciativa;infine infondata, in ragione della natura programmatoria dell’atto, l’asserita violazione delle regole di cui alla l. n. 241/1990.
4. Avverso tale sentenza ha proposto appello il Policlinico, riproponendo i menzionati quattro motivi di censura in quanto erroneamente valutati o scarsamente approfonditi dal giudice di prime cure. In particolare, l’interesse al mantenimento dei precedenti criteri di valutazione sarebbe dimostrato dal fatto che applicando quelli preesistenti, in passato l’azienda era stata selezionata per la remunerazione della qualità avanzata. Ha inoltre reiterato istanza istruttoria di nomina di C.T.U. per la verifica del contenuto dei provvedimenti avversati e delle modifiche dagli stessi introdotti rispetto al passato.
5. Si è costituta in giudizio la Regione Lombardia per resistere alle istanze e deduzioni avversarie. In vista dell’odierno giudizio, ha depositato memoria nella quale, in particolare, si richiamano le statuizioni della sentenza del Consiglio di Stato n. 2444/2016, concernente analogo oggetto in relazione al medesimo ricorrente. La ricorrente a sua volta ha prodotto memoria di replica, ribadendo sostanzialmente le proprie ragioni.
6. Nella pubblica udienza del 15 maggio 2018 il Collegio, sentiti i difensori delle parti, ha trattenuto la causa in decisione.
DIRITTO
7. Preliminarmente il Collegio ritiene necessario richiamare i contenuti della sentenza 8 giugno 2016, n. 2444, con la quale questa Sezione ha respinto il ricorso del Policlinico di Monza per l’annullamento della deliberazione n.VIII/6682 del 27 febbraio 2008 avente ad oggetto le determinazioni assunte dalla Regione Lombardia << in ordine alla valutazione della qualità avanzata delle attività sanitarie di ricovero ordinario per acuti e di riabilitazione relativamente all’esercizio 2007> >, individuando anche i necessari indicatori e il metodo di valutazione degli stessi.
8. Trattasi, come si evince già dalla lettura dell’oggetto, di un provvedimento dai contenuti strettamente correlati a quelli dell’atto oggi avversato, che ne costituisce mera attuazione. Ne è inevitabile pertanto la lettura congiunta, anche alla luce delle definitive conclusioni fissate in merito alla legittimità del procedimento seguito dalla decisione n. 2444/2016.
9. Il Collegio ritiene dunque opportuno delineare preliminarmente con esattezza i confini giuridici e fattuali del provvedimento oggetto dell’odierno ricorso, onde confrontarli con quelli di cui alla precedente delibera del 27 febbraio 2008, che ne costituisce l’antecedente logico e cronologico, e valutarne l’autonoma rilevanza ovvero, al contrario, la ripercussione dei vizi addebitati alla prima, anche sulla seconda, come cerca di fare parte ricorrente.
Oggetto dell’odierno gravame è, dunque, la deliberazione n. VIII/7860 del 30 luglio 2008 con la quale la Giunta regionale, in attuazione dei criteri indicati con la precedente deliberazione n. VIII/6682 del 27 febbraio 2008 e sulla base delle risultanze dell’istruttoria effettuata dai competenti uffici dell’Ente, individua le strutture aventi titolo alle erogazioni e l’entità delle somme assegnate a ciascuna. Tale individuazione peraltro è effettuata limitatamente alle funzioni di qualità avanzata del ricovero per acuti, in quanto in relazione a quelle della riabilitazione, la delibera dà atto che il procedimento di assegnazione dei fondi è ancora in corso per la ravvisata necessità di un supplemento di istruttoria con le A.S.L. << al fine di valutare le ore lavorate per ciascuna U.O. di Riabilitazione specialistica >>.
10. Lamenta dunque la ricorrente che la delibera n. 7860/2008 sarebbe affetta anch’essa dal vizio della determinazione postuma dei parametri valutativi, aggravato nello specifico dall’avere essa “ritoccato” perfino il contenuto di quella del 27 febbraio 2008. Lamenta altresì la mancanza di motivazione del cambiamento delle regole rispetto a quelle preesistenti, utilizzate per remunerare la allora denominata “eccellenza” delle prestazioni.
11. Rileva il Collegio come in realtà la determinazione dei criteri di valutazione sia avvenuta esclusivamente con il provvedimento del febbraio del 2008, peraltro a procedimento di acquisizione dei dati richiesti ancora in corso, in quanto legato alla chiusura formale dell’esercizio 2007, avvenuta a far data dal 29 febbraio 2008. La lamentata retroazione di quei criteri trova la sua legittimazione, come meglio esplicitato nel prosieguo, nella funzione della remunerazione della qualità delle strutture, secondo la ricostruzione effettuata al riguardo nella più volte ricordata sentenza n. 2444/2016, alla quale non può che farsi pedissequo richiamo.
12. I due distinti motivi di ricorso sopra ricordati meritano una trattazione congiunta, essendo difficile disgiungere le ragioni dell’uno dall’essenza dell’altro. La ricorrente, infatti, si duole delle nuove metodiche valutative sia in quanto “nuove”, appunto, laddove le preesistenti a suo dire l’avrebbero in qualche modo favorita;sia in quanto intervenute ad annualità da valutare già conclusa, e quindi indebitamente retroattive. Ciò a valere per l’intero procedimento valutativo dell’annualità 2007, come risultante dal combinato disposto delle due deliberazioni della Giunta regionale che in egual misura avrebbero inciso sulla errata determinazione dei parametri di giudizio.
13. Gli elementi di novità contenuti nella delibera del 30 luglio 2008 – recte , le disposizioni della stessa che non appaiono nell’immediato riconducibili alla sola fase attuativa dei criteri già stabiliti qualche mese prima- sarebbero da ravvisare in poche indicazioni contenutistiche, sulle quali nello specifico in verità il giudice di prime cure non si sofferma affatto. L’effettiva valenza dispositiva, e non meramente esplicativa, delle stesse, non risulta in alcun modo provata da parte ricorrente.
In particolare, la delibera ripartisce tra le due funzioni di qualità avanzata la somma globale stanziata di € 78.785.552, nella misura di € 42.000.000 per la qualità avanzata delle attività sanitarie di ricovero ordinario per acuti ed € 32.785.552, per la qualità avanzata delle attività sanitarie di riabilitazione in degenza ordinaria. Precisa poi che l’indicatore della percentuale di pazienti con diagnosi di tumore maligno, non può trovare applicazione per la cardiologia, cardiochirurgia e chirurgia vascolare in quanto, in considerazione della comune esperienza, per tali specialità essa << non può costituire la diagnosi principale, bensì esclusivamente una complicanza o una comorbilità, per la quale è già previsto un apposito indicatore (“indice di comorbilità ”)>>. Infine riferisce dell’avvenuto abbassamento del peso dei tre indicatori di efficienza previsti, portato da 0,5 a 0,3 << al fine di valorizzare ulteriormente gli indicatori di efficacia e di complessità, che si ritengono prioritari >>.
14. Chiarito quanto sopra, ritiene il Collegio che il punctum pruriens dell’odierno ricorso sia già stato affrontato e risolto nella menzionata sentenza n. 2444/2016, cui peraltro si rinvia anche per l’efficace ricostruzione del quadro normativo nazionale e regionale in materia di remunerazione della qualità delle prestazioni delle strutture sanitarie private, comunque denominata. La tipologia del beneficio in esame è tale, dunque, per cui esso non va correlato alla preventiva attribuzione di uno specifico obiettivo indicato alla struttura privata, in funzione del quale la stessa dovrebbe orientare la propria attività;ma mira genericamente a premiarne i risultati di efficienza. Pertanto, se finisce effettivamente per esercitare un qualche impulso propositivo sulle scelte dell’azienda, esso è da ascrivere all’apprezzabile funzione di stimolo che la prospettiva di un beneficio economico correlato ad un positivo giudizio di valore finisce comunque per assolvere. La valutazione della qualità, d’altro canto, non può che essere legata a fattori, la cui conoscenza preventiva si appalesa superflua in quanto espressione delle regole comuni di diligenza operativa, ovvero correlata a variabili indipendenti perfino dalle scelte della struttura (si sensi al rapporto fra pazienti totali e pazienti provenienti da altre regioni, opportunamente menzionato a titolo di esempio anche dal giudice di prime cure). Il valutatore ha soltanto l’onere di ancorare la misurazione di un dato oggettivo e preesistente quale la qualità dei servizi resi in maniera quanto più possibile obiettiva e scientifica.
15. In tale percorso di individuazione -anche postuma- delle regole del giudizio, si inserisce dunque il contenuto della delibera del 30 luglio 2008, con la quale non si introducono nuovi parametri, ma si chiarisce la lettura data a quelli preesistenti. Quanto detto per l’evidente ragione che la deliberazione riferisce dei risultati finali dell’attività valutativa;nel rendere noti i nominativi dei beneficiari, “precisa”, come testualmente indicato nella stessa, attraverso quale percorso applicativo gli uffici incaricati dell’istruttoria hanno dato attuazione ai criteri predeterminati ( dando un’indicazione pro futuro solo in relazione alla funzione della riabilitazione, stante che per la stessa si dichiara necessario un supplemento di istruttoria).
D’altro canto, come già affermato da questa Sezione nella sentenza n. 2444, la delibera n. 6682/2008 a sua volta non aveva affatto innovato i criteri precedenti, come tali preventivamente noti, quanto meno nella loro sostanziale efficacia, a tutte le aziende del settore. Nel corpo della stessa si legge infatti che << gli indicatori, i criteri di elaborazione e di pesatura degli stessi ed il totale delle risorse destinate alle due funzioni oggetto della presente deliberazione saranno i medesimi già utilizzati per l’attribuzione delle funzioni non tariffabili relative all’esercizio 2006 >>. L’unica novità rispetto alla ‘delibera-base’, che risale al 2004 (D.G.R. n. 16827 del 2004), << consisteva nell’indicazione, per ogni singolo parametro, del coefficiente di pesatura, numericamente espresso, e nel significato dell’indicatore (ascrivibile alla categoria dell’efficacia o della complessità o del processo delle prestazioni e della casistica erogata) >>. <<S e così si può definirla >>, precisa tuttavia la Sezione in limine alla enunciata esplicitazione, per l’evidente ragione che la concretezza degli effetti di tale asserito cambiamento, rispondente piuttosto ad esigenze di affinamento che di sostanza, non appare in alcun modo rilevabile, né è in concreto rilevata dalla ricorrente. Un’attenta analisi ermeneutica fa emergere solo un diverso ordine degli indicatori o, appunto, l’esplicitazione dei coefficienti di pesatura: né l’uno né l’altra tali da motivare ex se l’asserita modifica radicale e ingiustificata del sistema nella sua impalcatura generale. A diverse conclusioni si potrebbe se mai giungere confrontando le indicazioni della delibera relativa al 2003, (D.G.R. n. 12287 del 4 marzo 2003) con quelle consolidatesi a partire dal 2004: la modifica del titolo necessario per l’attribuzione delle risorse (che è passato dal riconoscimento delle “funzioni di eccellenza” a quelle di “qualità avanzata”) in termini non meramente nominali, ma espressivi di una diversa determinazione dei valori osservati e dei connessi parametri di valutazione, avviene proprio in tale anno, inaugurando il nuovo sistema sulla base del quale, peraltro, l’azienda non ha più ottenuto il riconoscimento dell’ambito beneficio. Il revirement sostanziale, che pure la casa di cura minimizza per accentuare l’inspiegabile esclusione della stessa a parità di criteri e miglioramento della struttura, risponde a scelta discrezionale già avallata da questo Consiglio di Stato in sede di disamina dei ricorsi presentati dalla stessa sia in relazione alla mancata attribuzione del beneficio per l’anno 2004, che per l’anno 2005 (cfr. Cons. Stato, Sez. III, 11 luglio 2011, n. 4157;nonché id ., 25 novembre 2011, n. 5822, entrambe sfavorevoli alla ricorrente).
15. Il coefficiente di pesatura, di cui si fa menzione, dunque, solo a partire dalla delibera del febbraio 2008, costituisce un elemento di calcolo di cui gli uffici si sono necessariamente avvalsi anche in passato, come precisato dall’avvocatura regionale da ultimo nella memoria citata in epigrafe. La sua indicazione preventiva, senza chiarire peraltro se si tratti di un limite massimo, nel qual caso applicarne in concreto uno più basso non implicherebbe comunque una ipotetica distorsione applicativa, ovvero una soglia rigida, come tale inderogabile anche verso il basso, risponde semplicemente ad apprezzabili esigenze di trasparenza. Nella stessa direzione della condivisione del percorso seguito, si colloca l’esplicitazione della percentuale concretamente applicata e delle ragioni della scelta effettuata (la valorizzazione degli altri indicatori).
Neppure peraltro in relazione all’applicazione di tale riduzione del coefficiente la ricorrente chiarisce quale sia il suo interesse concreto al mantenimento di quello preesistente, laddove inteso come rigido.
In generale dunque le argomentazioni più volte reiterate per confutare la carenza di interesse stigmatizzata dal giudice di prime cure si fondano su un erroneo ragionamento sillogistico in forza del quale la sola circostanza che nel vigore di regole diverse –e dunque, con quelle del 2003- la casa di cura ha ottenuto il beneficio, implica automaticamente la conservazione delle stesse le garantisca analoga inclusione anche per il futuro. Con ciò omettendo di considerare la variabile comparatistica rappresentata dagli eventuali maggiori miglioramenti nel contempo realizzati dalle altre strutture operanti nel settore.
16. Quanto alla lamentata carenza motivazionale in relazione alla indicata ripartizione del budget complessivo stanziato tra le due funzioni remunerabili (ricovero per acuti e riabilitazione), è evidente che la finalità di programmazione finanziaria sottesa alla stessa ne rende infondata la prospettazione. Essa infatti è espressione di una scelta di politica finanziaria in ambito sanitario, connotata in quanto tale da ampia discrezionalità sindacabile in sede giurisdizionale negli stretti limiti della sussistenza di macroscopici vizi di illogicità o di arbitrarietà, di certo non sussistenti nel caso di specie (cfr. ex plurimis , Cons. Stato, Sez. III, 7 dicembre 2017, n. 5780).
17. D’altro canto, anche a tale proposito la ricorrente non chiarisce in che misura tale ripartizione possa appalesarsi lesiva, anche potenzialmente, dei propri interessi, peraltro in fatto mutati nel prosieguo della vicenda se si considera che l’eventuale propensione ad ampliare l’entità della somma assegnata all’una funzione piuttosto che all’altra, si è “ribaltata” a seguito del completamento dell’ iter di individuazione dei beneficiari del contributo per la qualità del servizio relativo all’anno 2007. La delibera n. 8731 del 22 dicembre 2008 ha infatti incluso la casa di cura tra i soggetti destinatari del contributo sul fondo per la funzione di qualità avanzata delle attività sanitarie nel settore della riabilitazione.
18. Resta infine da dire degli ultimi due motivi di doglianza, anch’essi più propriamente riferibili alla deliberazione del febbraio 2008 che alla successiva. La lamentata scarsa chiarezza delle metodiche, già affrontata in casi analoghi dal Consiglio di Stato (cfr. Cons. Stato, Sez. III, 6 dicembre 2013, n. 5855) non appare condivisibile in quanto i criteri risultano esplicitati in maniera tutt’altro che generica, indeterminata e non intelligibile,<< trovando nella ragionevolezza, prima che nel buon senso, il loro fondamento ed essendo applicabili da anni, a partire dalla D.G.R. n. 16827 del 2004, la quale reca una ricca bibliografia e dà conto delle concrete modalità di individuazione dei parametri> >(cfr. ancora Cons. Stato, n. 2644/2016).
19. Quanto alle censure procedurali relative alla violazione della l. n. 241/1990 e segnatamente alla violazione degli artt. 3 e 7 della stessa, la sentenza del T.A.R. osserva che il provvedimento impugnato costituisce atto a fini generali che, a norma dell’art.13, comma 1, della legge n. 241/1990 non richiede l’adozione della procedure partecipative dalla stessa legge previste. Tale considerazione è comprovata dal fatto che il provvedimento è atto di organizzazione e programmazione di tipo generale e in quanto tale rivolto alla generalità degli istituti operanti in Lombardia, che sono tutti potenzialmente eleggibili al riconoscimento di cui si discute. Pertanto esso non può essere considerato un atto plurimo rivolto a ciascuno dei destinatari, come ritiene l’appellante. Si può utilmente aggiungere che, proprio in quanto si tratta di un provvedimento a fini generali, oltre a non richiedere l’attivazione delle procedure partecipative, esso non deve essere motivato in modo specifico con riferimento ai singoli istituti, dal momento che legittimamente le premesse si limitano a far riferimento alle valutazioni operate in fase istruttoria secondo i criteri fissati dalla D.G.R. n. VIII/6682 del 2008, valutazioni che, insieme ai relativi punteggi, erano evidentemente conoscibili da tutti gli interessati mediante accesso agli atti (sul punto cfr. anche, Cons. Stato, Sez. III, n. 5822/2014, cit. supra ).
Il difetto di preventiva consultazione con le rappresentanze dei soggetti che operano nel servizio sanitario, infine, non può riguardare qualunque provvedimento attuativo o di dettaglio. Suddetta consultazione, infatti, concerne doverosamente le regole generali di gestione del Servizio socio sanitario regionale, contenute, per l’anno 2007, nella deliberazione n. VIII/3776 del 13 dicembre 2006, nella quale si dà espressamente atto dell’avvenuta interlocuzione con le rappresentanze dei soggetti che operano nello stesso.
20. Da tutto quanto sopra emerge chiaramente la inutilità della richiesta C.T.U. L’appellante non ha portato elementi concreti nemmeno per dimostrare una scorretta applicazione in sede di valutazione della propria posizione. Tale valutazione, evidentemente sottesa alla esclusione dall’elenco dei beneficiari, in assenza di specifiche contestazioni, ovvero della produzione di un principio di prova di senso opposto, non può che essere confermata sulla base dei parametri e dei limiti che il giudice amministrativo deve obbligatoriamente rispettare nella verifica dell’esercizio di discrezionalità tecnica da parte dell’Amministrazione.
21. In conclusione, per le ragioni esposte, l’appello deve essere respinto, con conseguente conferma della sentenza impugnata.
Le spese del presente grado di giudizio, considerata la particolarità tecnica delle questioni qui esaminate, possono essere interamente compensate tra le parti.