Consiglio di Stato, sez. VII, sentenza 2024-06-19, n. 202405473

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VII, sentenza 2024-06-19, n. 202405473
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202405473
Data del deposito : 19 giugno 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 19/06/2024

N. 05473/2024REG.PROV.COLL.

N. 09426/2021 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Settima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 9426 del 2021, proposto dalla
Amministrazione Separata di Assergi (Frazione del Comune di L’Aquila), in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall’avv. R L e con domicilio digitale come da P.E.C. da Registri di Giustizia;

contro

Comune di L’Aquila, in persona del Sindaco pro tempore , rappresentato e difeso dall’avv. D d N e con domicilio digitale come da P.E.C. da Registri di Giustizia;

nei confronti

dott. Angelo Polito, non costituito in giudizio;

per il parziale annullamento

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per l’Abruzzo – L’Aquila, Sezione Prima, n. 352/2021 del 24 giugno 2021, resa tra le parti sul ricorso R.G. n. 561/2013.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Vista la memoria di costituzione e difensiva del Comune di L’Aquila;

Visti la memoria e i documenti dell’appellante Amministrazione Separata;

Vista l’ordinanza collegiale istruttoria n. 5882/2023 del 14 giugno 2023;

Visto il riscontro fornito dall’Amministrazione Separata all’incombente istruttorio;

Vista l’ulteriore ordinanza collegiale istruttoria n. 9834/2023 del 16 novembre 2023;

Viste la documentazione inviata dall’Amministrazione Separata e la nota dell’Agenzia del Demanio – sede di Pescara;

Vista la memoria finale dell’appellante;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 23 aprile 2024 il Cons. P D B e dato atto che nessuno è comparso per le parti;

Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:


FATTO e DIRITTO

1. Con l’appello in epigrafe l’Amministrazione Separata di Assergi (d’ora in poi anche solo A.S.A.) ha impugnato la sentenza del T.A.R. Abruzzo, L’Aquila, Sez. I, n. 352/2021 del 24 giugno 2021, chiedendone il parziale annullamento.

1.1. In particolare l’A.S.A. lamenta come la sentenza appellata, pur accogliendo la sua domanda di annullamento del provvedimento del Commissario ad acta deputato all’esecuzione della sentenza del medesimo T.A.R. Abruzzo n. 891/2004 del 19 agosto 2004, abbia negato che fosse possibile da parte del Commissario la rinnovazione dell’esercizio del potere.

1.2. In fatto, l’Amministrazione Separata di Assergi (Frazione del Comune di L’Aquila situata alle pendici del Gran Sasso) lamenta che il Comune di L’Aquila avrebbe usurpato gran parte del demanio civico della predetta Frazione e che parte di questa usurpazione riguarderebbe i terreni su cui insistono gli impianti sportivi-ricettivi (funivia, alberghi, ecc.) del Gran Sasso d’Italia. Il Comune di L’Aquila, inoltre, avrebbe concesso a soggetti terzi (i gestori dei servizi di telecomunicazioni, del campeggio, degli alberghi, della funivia, ecc.) di utilizzare porzioni del demanio usurpato, percependo i relativi canoni senza riversarli a favore dell’A.S.A., in violazione del disposto dell’art. 3, ult. comma, della l.r. n. 68/1999.

1.3. Dopo un pregresso contenzioso e nel perdurare della situazione di occupazione (in tesi) abusiva da parte del Comune di L’Aquila, l’A.S.A. ha presentato istanze e diffide al Comune stesso volte ad ottenere la reintegrazione di terreni che farebbero parte del demanio civico dell’Amministrazione Separata, nonché il pagamento degli indennizzi dovuti per l’occupazione dei terreni e il riversamento dei canoni percepiti per occupazioni del demanio civico. Essendo il Comune rimasto inerte, l’A.S.A. promuoveva ricorso avverso il silenzio della P.A., che veniva accolto dal T.A.R. Abruzzo, L’Aquila, con la citata sentenza n. 891/2004, la quale, conseguentemente, dichiarava l’obbligo del Comune di provvedere sulle suddette istanze e diffide.

1.4. Vista la perdurante inerzia del Comune di L’Aquila, l’A.S.A. formulava istanza di nomina di un Commissario ad acta e tale istanza veniva accolta con ordinanza del T.A.R. Abruzzo, L’Aquila, n. 553/2005 del 5 luglio 2005.

1.5. Il provvedimento adottato dal Commissario ad acta , di cui al verbale n. 1 del 12 ottobre 2006, non si rivelava, tuttavia, integralmente satisfattivo delle pretese dell’A.S.A, atteso che il Commissario disponeva sì la reintegra dei terreni, ma non provvedeva sulla restituzione dei canoni percepiti dal Comune, né sugli indennizzi, operando – lamenta ancora l’A.S.A. – una compensazione tra le somme dovute dal Comune con somme che sarebbero state percepite dall’Amministrazione Separata a titolo di canoni di concessione e, comunque, errando nei calcoli.

2. Di conseguenza l’A.S.A. proponeva ricorso contro la determinazione commissariale, lamentando come la stessa non avesse disposto la restituzione dei canoni e indennizzi ottenuti dal Comune dagli occupanti;
in parallelo, un distinto ricorso veniva proposto dal Comune di L’Aquila avverso la riferita determinazione commissariale, nella parte in cui aveva disposto la reintegra in favore della collettività di Assergi delle terre civiche e accertato la debenza di somme a carico del Comune stesso e in favore dell’A.S.A. per complessivi € 266.063.00.

2.1. L’adito T.A.R. Abruzzo, L’Aquila, riuniti i due ricorsi, con sentenza n. 391/2012 del 6 giugno 2012 li dichiarava inammissibili per difetto di giurisdizione, per avere le contestazioni ivi contenute a oggetto la spettanza o meno di somme di denaro.

2.2. Sia l’appello principale dell’A.S.A. contro la sentenza n. 391/2012 cit., sia l’appello incidentale interposto dal Comune di L’Aquila venivano accolti da questo Consiglio con sentenza della Sez. IV n. 3453/2013 del 25 giugno 2013, la quale restituiva gli atti al primo giudice.

2.3. A seguito della riassunzione del giudizio da parte della sola Amministrazione Separata, l’adito T.A.R. Abruzzo, L’Aquila, con la sentenza n. 352/2021 oggetto del presente gravame ha annullato il provvedimento del Commissario ad acta , sia sotto il profilo della disposta reintegra, sia sotto quello della quantificazione di canoni e indennizzi: della prima, in quanto la reintegra non potrebbe essere disposta fino a quando il Commissario per gli Usi Civici, adito dalla stessa A.S.A. con ricorso n. 47 del 1993, non si sia pronunciato sulla natura e consistenza dei terreni contesi;
dei secondi, poiché la loro quantificazione sarebbe viziata da difetto di motivazione.

2.4. Peraltro – lamenta ancora l’A.S.A. – la sentenza appellata ha escluso la possibilità di un rinnovato esercizio del potere ad opera del Commissario:

a) per l’assenza di un accertamento della reale natura dei terreni da parte del Commissario per gli usi civici, investito della questione con ricorso n. 47 del 1993 promosso dalla stessa A.S.A., che, secondo il primo giudice, è pregiudiziale dal punto di vista logico-giuridico rispetto all’eventuale disposizione della reintegra;

b) perché la domanda dell’A.S.A. di pagamento di canoni ed indennizzi ha ad oggetto l’adozione di atti paritetici, la cui cognizione risulta attribuita al G.O., senza che la valutazione della giurisdizione implicitamente effettuata dal Tribunale nel giudizio sul silenzio definito con la sentenza n. 891/2004 possa coprire con il giudicato il difetto di giurisdizione esistente sulla pretesa sostanziale azionata dall’Amministrazione Separata.

3. Nell’appello l’A.S.A. ha contestato per più profili la sentenza impugnata, deducendo con un unico motivo le censure di: violazione del principio di effettività della tutela giurisdizionale (inteso come attitudine del processo a garantire realmente la tutela della posizione giuridica protetta dal diritto sostanziale), così come statuito dall’art.1 c.p.a.;
violazione dei principi del diritto europeo, richiamati espressamente dalla norma ricordata e, specificamente, di quelli di cui agli artt. 20, 21 e 47 della Carta di Nizza, i quali sanciscono il principio di uguaglianza dinanzi alle leggi, di non discriminazione ed il principio della tutela giurisdizionale effettiva;
violazione del principio della ragionevole durata del processo.

3.1. In sostanza, l’Amministrazione Separata ha criticato la decisione appellata perché essa avrebbe posto nel nulla l’intera vicenda giudiziaria, iniziata negli anni Novanta, con l’esito di non consentire alla parte ricorrente di ottenere il bene della vita in termini ragionevoli e di non rispettare il principio di concentrazione innanzi al G.A. della tutela ex art. 7 c.p.a.. Inoltre, la sentenza gravata si porrebbe in contrasto con le precedenti decisioni del T.A.R. Abruzzo n. 741/1995 (recante reiezione del ricorso del Comune di L’Aquila contro le delibere regionali che avevano disposto la reintegra dei terreni in favore dell’A.S.A. e la rendicontazione delle somme introitate), n. 600/2001 (che ha respinto il ricorso del Comune contro il decreto regionale n. 700/1998) e n. 891/2004;
si porrebbe altresì in contrasto con le decisioni di questo Consiglio n. 5075/2005 (che ha respinto l’appello contro la sentenza del T.A.R. Abruzzo n. 600/2001) e n. 3453/2013 e lascerebbe prive di copertura le pretese dell’A.S.A., risalenti al 1985, consentendo nel contempo al Comune sia di proseguire nella occupazione illegittima dei terreni collettivi di Assergi, sia di percepire i canoni ad esso versati dai terzi (Telecom, Enel, ecc.) per la loro utilizzazione.

3.2. Secondo l’appellante il T.A.R. sarebbe incorso in errore nell’affermare che, fino all’accertamento della reale natura dei terreni ad opera del Commissario per gli usi civici, nessun provvedimento può essere adottato, poiché i terreni in discorso apparterrebbero senza contestazione al dominio collettivo di Assergi e come tali sarebbero gestiti dall’Amministrazione Separata: la loro natura sarebbe stata accertata, ai sensi dell’art. 29 del r.d. n. 332/1928, mediante verifica amministrativa compilata nel 1935 dall’ing. G L, approvata e pubblicata, mai opposta dalle parti e, pertanto, valida ed efficace ad ogni effetto. Al Commissario per gli usi civici compete la funzione di risolvere “ tutte le controversie circa l’esistenza, la natura e l’estinzione ” dei diritti civici: ma nel caso di specie non vi sarebbe mai stata alcuna controversia tra l’A.S.A. e il Comune di L’Aquila sulla qualitas soli , come emergerebbe dalla sentenza n. 741/1995, essendo pacifica tra le parti la natura collettiva dei beni, e del resto la Regione Abruzzo, proprio per la natura di demanio collettivo dei terreni, con decreto n. 700 del 1998 li avrebbe reintegrati in favore dell’A.S.A..

3.3. Ancora, l’appellante critica la statuizione del T.A.R. circa l’impossibilità di pronunciarsi su un eventuale riesercizio del potere da parte del Commissario ad acta , poiché questo, nella sua veste di ausiliario del giudice, non potrebbe esercitare poteri nell’ambito di una giurisdizione sottratta ex lege al giudice che lo ha nominato e riservata al giudice ordinario. In contrario – sostiene l’appellante – si dovrebbe applicare la regola secondo cui gli atti del Commissario ad acta nominato per l’esecuzione di un giudicato sono impugnabili in via funzionale dinanzi al giudice che ne ha disposto l’investitura, al quale andrebbe riconosciuta una specifica competenza funzionale (vengono richiamati a tal fine gli artt. 114 e 117 c.p.a.). Al contrario di quanto ritenuto dal T.A.R., questo Consiglio, con la già citata sentenza n. 3453/2013, avrebbe affrontato la questione riconoscendo la piena giurisdizione del G.A. a decidere in merito all’inerzia del Comune di L’Aquila: negare la giurisdizione comporterebbe, in definitiva, negare l’effettività della tutela giurisdizionale.

3.4. Da ultimo, l’A.S.A. ha censurato l’affermazione del T.A.R., secondo cui la sentenza n. 891/2004 non ha mai statuito che il Commissario dovesse provvedere sulla reintegra dei terreni, né procedere alla quantificazione degli eventuali canoni dovuti, stante la pendenza di un ricorso sulla natura degli stessi pendente innanzi al Commissario per gli Usi Civici (n. 47/1993): all’opposto, la sentenza n. 891/2004 avrebbe condannato il Comune a pronunciarsi sulle richieste dell’A.S.A. di restituzione dei terreni, di pagamento degli indennizzi per la loro occupazione e di restituzione dei canoni percepiti in relazione ad essi e il Commissario ad acta si dovrebbe limitare a dare esecuzione al decreto della Regione Abruzzo n. 700 del 1998, che già aveva disposto la reintegra dei terreni.

3.5. L’A.S.A. ha poi riproposto le censure espresse nel giudizio di primo grado e non prese in esame dal T.A.R. e la domanda di risarcimento dei danni, formulando le seguenti conclusioni:

a) che questo giudice d’appello, in parziale riforma della sentenza gravata, accertasse e dichiarasse la giurisdizione del G.A. nel dare attuazione alla sentenza n. 891/2004, e quindi nell’eliminare il silenzio mantenuto dal Comune di L’Aquila in merito all’occupazione abusiva di una porzione del dominio collettivo della Frazione di Assergi;

b) che, inoltre, questo giudice d’appello disponesse la nomina di un altro e diverso Commissario ad acta con l’incarico di provvedere a dare soluzione all’inerzia del Comune resistente;

c) che venisse disposta la condanna al risarcimento del danno connesso alla mancata esecuzione della sentenza n. 891/2004, nonché la condanna ex art. 26 c.p.a..

4. Si è costituito in giudizio il Comune di L’Aquila con memoria di costituzione e difesa, eccependo la strumentalità del contenzioso promosso da controparte, a fronte di un’evoluzione della vicenda volta – a suo dire – verso una composizione conciliativa della regolazione complessiva dei rapporti tra la collettività di Assergi, il Comune di L’Aquila, la “ Centro Turistico del Gran Sasso ” S.p.A. e la Regione Abruzzo.

4.1. Con ordinanza n. 5882/2023 del 14 giugno 2023 la Sezione ha disposto istruttoria, chiedendo alle parti di specificare quale fosse lo stato del giudizio intentato innanzi al Commissario per gli Usi Civici (n. 47 del 1993) e di documentarne l’eventuale esito.

4.1.1. In ottemperanza all’incombente istruttorio l’A.S.A. ha affermato che nella fattispecie in esame non è intervenuta alcuna sentenza del Commissario per gli Usi Civici, mentre il Comune di L’Aquila non ha fornito riscontro all’istruttoria.

4.2. Con ordinanza n. 9834/2023 del 16 novembre 2023 la Sezione ha reiterato l’istruttoria, attesa la sua pregiudizialità rispetto alla definizione della controversia e il carattere ampiamente insufficiente del riscontro fornito alla stessa. Sono stati disposti incombenti istruttori, altresì, nei confronti del Commissario Regionale per gli Usi Civici dell’Abruzzo, della Regione Abruzzo e dell’Agenzia del Demanio. Al Comune di L’Aquila è stato inoltre chiesto di riferire sullo stato del procedimento volto “ all’auspicata conciliazione delle parti ” citato nei suoi scritti difensivi.

4.3. L’A.S.A. ha adempiuto all’ordinanza, depositando la sentenza del Commissario per il riordino degli usi civici della Regione Abruzzo n. 12 del 7 novembre 2018, emessa sul ricorso n. 47 del 1993 e recante accertamento della natura demaniale civica di una parte dei terreni in contestazione (cfr. infra ). L’Agenzia del Demanio ha fornito riscontro negativo all’incombente istruttorio, mentre le altre Amministrazioni compulsate non hanno fornito alcun riscontro.

4.4. L’Amministrazione Separata ha depositato una breve memoria, insistendo per l’accoglimento del gravame.

4.5. All’udienza pubblica del 23 aprile 2024 il Collegio, dato atto che nessuno è comparso per le parti, ha trattenuto la causa in decisione.

5. L’appello è parzialmente fondato, nei termini di seguito esposti.

5.1. L’appello è fondato, anzitutto, nella parte in cui censura il capo della sentenza di prime cure che, dopo aver disposto l’annullamento del provvedimento commissariale impugnato, ha però escluso la possibilità di un rinnovato esercizio del potere da parte del Commissario ad acta . Infatti, l’assunto del T.A.R. per il quale tale rinnovato esercizio non è possibile fino all’accertamento della natura dei terreni in contestazione, trova confutazione nel dato fattuale, emerso a seguito dell’istruttoria disposta da questa Sezione, per cui detto accertamento è stato già compiuto dal giudice adito (il Commissario per il riordino degli usi civici della Regione Abruzzo) con sentenza n. 12 del 7 novembre 2018, che ha dichiarato la natura demaniale civica di una parte dei terreni stessi.

5.2. In particolare, la sentenza del predetto Commissario ha accertato la natura demaniale civica “ dei fondi censiti al NCT del Comune dell’Aquila foglio 4 part. 780, foglio 17 part. 186, 187 e 188, nonché delle altre indicate negli allegati 32, 33 e 34 alla Relazione del c.t.u. geom. B ”: si tratta della relazione versata in atti dal C.T.U. geom. Silvano B il 2 febbraio 2015, integrata dalla relazione aggiuntiva del 6 febbraio 2016. Secondo quanto si legge nella sentenza in esame, tali altre particelle sono le nn. 11 (albergo Campo Imperatore) e 12 (ex stazione di arrivo della funivia) del foglio n. 4, per un totale di mq. 5.100 (all. n. 32);
i fondi oggetto della “ verifica demaniale Lorito ”, censiti al NCEU, il primo in ditta Osservatorio Astronomico di Roma quale concessionario e Demanio dello Stato quale proprietario, il secondo in ditta Istituto Botanico dell’Università degli Studi di L’Aquila (all. n. 33);
e infine una parte dell’area oggi occupata dall’Hotel Cristallo (già stazione di base della funivia e autorimessa), cioè l’area occupata da tale fabbricato che corrisponde alle ex particelle nn. 102, 103 e 104 del foglio n. 15, ora parte della part. n. 839 del foglio n. 16 (all. 34).

5.3. Da quanto detto si ricava che il Commissario ad acta , in ottemperanza della sentenza del T.A.R. Abruzzo n. 891/2004 e in sede di rinnovato esercizio del potere, è tenuto a provvedere sull’istanza di reintegra dei terreni in contestazione presentata dall’A.S.A., in conformità all’accertamento circa la natura di detti terreni contenuto nella sentenza del Commissario per il riordino degli usi civici della Regione Abruzzo n. 12 del 7 novembre 2018, dunque disponendo la reintegra con riguardo ai terreni per i quali la natura demaniale civica è stata accertata da detta sentenza.

5.4. Il punto necessita di una precisazione.

5.5. La sentenza appellata ha affermato al riguardo che la sentenza n. 891/2004 non avrebbe statuito che il Commissario ad acta dovesse provvedere sulla reintegra dei terreni facenti parte del demanio civico dell’A.S.A., né che dovesse procedere alla quantificazione degli eventuali canoni dovuti e che in realtà non avrebbe potuto farlo, “ considerato che il potere di disporre la reintegra spetta all’Ente regionale ”. L’A.S.A. contesta tale affermazione con una specifica doglianza, che il Collegio reputa fondata e da condividere.

5.6. Invero, l’assunto del T.A.R. cozza contro il dato testuale della sentenza n. 891/2004: questa ha evidenziato come all’origine del contenzioso sul silenzio vi fosse l’inerzia del Comune di L’Aquila nell’adempiere all’obbligo su di esso gravante (da ultimo per effetto della sentenza dello stesso T.A.R. Abruzzo, L’Aquila, n. 600/2001, che ha respinto il ricorso contro il decreto regionale n. 700 del 1998, recante la reintegra dei terreni facenti parte del demanio civico dell’A.S.A.) di reintegrare in favore dell’Amministrazione Separata le porzioni di demanio frazionale occupate, nonché di versare, sempre in favore dell’A.S.A., le somme che il Comune ha ottenuto dagli occupanti di tali porzioni. Dunque, anche questo capo della sentenza appellata va riformato, in quanto il T.A.R. non ha considerato che la Regione Abruzzo ha già esercitato i propri poteri e che, perciò, si tratta per il Comune di L’Aquila (e, nell’inerzia di questo, per il Commissario ad acta nominato) di darvi attuazione, ovviamente, come ora visto, nei limiti dell’accertamento contenuto nella sentenza del Commissario per gli usi civici n. 12/2018.

6. Da quanto esposto discende, altresì, che il Commissario ad acta , in sede di riesercizio del potere, dovrà provvedere anche sull’istanza dell’A.S.A. di restituzione dei canoni percepiti dal Comune e di corresponsione degli indennizzi, alla luce sia dell’effetto conformativo della sentenza appellata (nel capo recante annullamento del verbale commissariale), sia, pure per questo verso, dell’accertamento contenuto nella sentenza del Commissario per gli usi civici n. 12//2018.

6.1. Sul punto mette conto ricordare che l’A.S.A. aveva lamentato come il Commissario ad acta , con il verbale n. 1 del 12 ottobre 2006, non avesse provveduto sulla restituzione dei canoni percepiti dal Comune, né sugli indennizzi, operando una compensazione tra le somme dovute dal Comune con somme a dire del Commissario percepite dall’A.S.A. a titolo di canoni di concessione e, comunque, errando nei calcoli: di tal ché, a fronte di una pretesa creditoria superiore a £. 4.000.000.000 (come si legge nella sentenza gravata), il provvedimento commissariale ha quantificato la somma dovuta dal Comune di L’Aquila in € 266.063,00, che ha ritenuto più che compensata con gli importi corrisposti dal Comune stesso nel periodo dal 1974/2005, pari ad € 269.767.48, oltre € 2.113,86 per l’utilizzo di un’area da parte dell’ENEL: in altre parole, secondo il Commissario ad acta il Comune di L’Aquila avrebbe corrisposto all’A.S.A. somme in eccesso rispetto al suo effettivo debito.

6.2. Il T.A.R. ha accolto la doglianza, riscontrando, nella quantificazione delle somme dovute a titolo di canoni (o indennizzo) per l’occupazione dei terreni, il vizio di difetto di motivazione, poiché “ non risulta chiara la metodologia seguita per determinare l’ammontare dei canoni né l’individuazione del debito dell’Amministrazione frazionale che è stato portato in compensazione ”. Detto capo della sentenza di prime cure non è stato impugnato dalla parte che vi avrebbe avuto interesse (il Comune di L’Aquila) ed è passato in giudicato, risultando quindi definitivamente vincolante per l’attività del Commissario ad acta di riesercizio del potere.

7. Da questo punto di vista occorre sottolineare che nessun ostacolo al rinnovato esercizio del potere da parte del Commissario ad acta può ravvisarsi – al contrario di quanto afferma la sentenza di prime cure – in un presunto difetto di giurisdizione sulla pretesa sostanziale azionata dall’Amministrazione Separata.

7.1. Sostiene, infatti, la sentenza che l’attività da espletare nel caso di specie si estrinsecherebbe in meri comportamenti della P.A. e atti paritetici, la cui cognizione è sottratta al G.A. (cioè al giudice di cui il Commissario ad acta nominato è l’ausiliario) e spetta invece al G.O.: non sarebbe sufficiente, in contrario, la valutazione della giurisdizione implicitamente effettuata dallo stesso T.A.R. Abruzzo, L’Aquila con la sentenza n. 891/2004, che si è pronunciata sul silenzio, e con la successiva ordinanza n. 553/2005, che ha nominato il Commissario ad acta per dare esecuzione alla precedente, poiché la suddetta valutazione, se, come osservato dal Consiglio di Stato (con sentenza n. 3453/2013: v. infra ), ha radicato la giurisdizione amministrativa sugli atti amministrativi, tuttavia non basta a “coprire” con il giudicato il sopra visto difetto di giurisdizione sulla pretesa sostanziale (da soddisfare attraverso meri comportamenti e atti non autoritativi).

7.2. Senonché, anche per questo profilo l’appello risulta fondato, poiché la sentenza impugnata ha dato una lettura troppo riduttiva della citata decisione di questo Consiglio, Sez. IV, n. 3453/2013 del 25 giugno 2013. Infatti quest’ultima (come già visto) ha riformato la sentenza del T.A.R. Abruzzo, L’Aquila, n. 391/2012, che aveva dichiarato l’inammissibilità, per difetto di giurisdizione del G.A., dei ricorsi proposti sia dal Comune di L’Aquila, sia dall’A.S.A., avverso il verbale n. 1 del 12 ottobre 2006 del Commissario ad acta .

7.3. Ha osservato, in specie, la sentenza n. 3453/2013: I) che il T.A.R. Abruzzo, nel pronunciarsi sul silenzio serbato dal Comune di L’Aquila sulle istanze dell’A.S.A. con la sentenza n. 891/2004 (non impugnata e passata in giudicato), ha ritenuto implicitamente la propria giurisdizione in materia, atteso che, per costante giurisprudenza, l’azione avverso il silenzio è ammissibile solo se la pretesa sostanziale oggetto di controversia rientra nella giurisdizione del giudice amministrativo;
II) che “ la questione della giurisdizione in subiecta materia non può essere rimessa in discussione in relazione all’impugnazione degli atti commissariali, i quali costituiscono soltanto esecuzione del decisum di cui alla ricordata sentenza nr. 891 del 2004 ”;
III) che la disciplina introdotta dall’art. 114, comma 6, c.p.a. (la quale, sebbene successiva all’atto commissariale del 2006, è comunque applicabile in fase di rinnovato esercizio del potere), devolve al giudice dell’ottemperanza ogni questione involgente gli atti commissariali tra le parti del giudizio originario.

7.4. Sul punto è opportuno richiamare un recente arresto di questo Consiglio (Sez. IV, 18 marzo 2021, n. 2335) che, nell’affrontare la questione dell’inesperibilità da parte della P.A. del potere di autotutela nei confronti degli atti del Commissario ad acta , per essere questo un ausiliario del giudice e non un organo straordinario dell’Amministrazione, ha affermato che gli atti del Commissario possono essere contestati solo avanti il medesimo giudice che lo ha nominato. Infatti, ai sensi dell’art. 117, comma 4, c.p.a., “ il giudice conosce di tutte le questioni relative all’esatta adozione del provvedimento richiesto, ivi comprese quelle inerenti agli atti del commissario ”: è dunque evidente – sottolinea la pronuncia in commento – “ la ratio legis di concentrare in capo al giudice la cognizione di tutte le vicende conseguenti alla pronuncia avverso il silenzio-inadempimento, ivi incluso il sindacato sugli atti commissariali eventualmente emanati ”, ciò che, del resto, “ collima con la strutturale natura giuridica del commissario ad acta , figura che promana dal giudice, che svolge funzioni ausiliarie allo stesso e di cui costituisce longa manus : in definitiva, il commissario svolge attività soggettivamente giurisdizionale, pur se calata in una forma amministrativa ”. Allorché, pertanto, il giudice stigmatizzi come anti-giuridico il silenzio inadempimento della P.A., l’esigenza di una piena ed effettiva tutela della posizione soggettiva agita in giudizio (art. 1 c.p.a.) impone che il giudice stesso, a mezzo del Commissario ad acta , provveda a quella ponderazione comparativa, anche discrezionale, omessa in modo illegittimo dalla P.A. in violazione del generale dovere di conclusione del procedimento (art. 2 della l. n. 241/1990) e senza che tale delibazione sia annullabile in autotutela dalla P.A.: l’elemento decisivo è quindi costituito “ dalla natura intrinseca degli atti commissariali, in quanto tali ”, poiché questi “ non sono geneticamente riconducibili all’ordinario esercizio della potestà amministrativa, ma, al contrario, conseguono proprio, a monte, al rilievo giurisdizionale di un illegittimo esercizio di tale potestà o di un’illegittima omissione di tale doveroso esercizio. Ne consegue, in un sistema che costituzionalmente non tollera vuoti di tutela giurisdizionale, l’esigenza di una supplenza giudiziaria, veicolata tramite una specifica figura che, sostituendosi all’Amministrazione, emani, quale ausiliario del giudice e nell’esercizio, dunque, di un potere soggettivamente giurisdizionale, i necessari atti ”. L’Amministrazione – conclude la Quarta Sezione – se non può esercitare nei confronti degli atti commissariali il potere di autotutela, tuttavia non è privata della facoltà di contestarli, con l’attivazione dell’apposito rimedio del reclamo.

7.5. In definitiva, pertanto, anche il capo ora visto della sentenza appellata deve essere riformato, in accoglimento della specifica censura dell’appellante.

8. In conclusione, l’appello è fondato e da accogliere nella sua parte impugnatoria, attesa la fondatezza delle censure con lo stesso dedotte, con conseguente riforma nei termini appena visti della sentenza appellata nei capi oggetto di impugnazione.

8.1. Non possono essere invece accolte né la domanda di sostituzione del Commissario ad acta , né quella di risarcimento del danno. La prima, perché la nomina di un nuovo Commissario apporterebbe verosimilmente ulteriori ritardi alla definizione del contenzioso, dovendo un nuovo ausiliario ripartire dall’inizio nell’esame della pratica. La seconda, perché l’A.S.A. non ha dimostrato l’esistenza di un pregiudizio che non possa essere ristorato attraverso l’attività di esecuzione del dictum della sentenza n. 891/2004, secondo le indicazioni della presente decisione.

8.2. Dalla parziale fondatezza dell’appello discende l’obbligo del Commissario ad acta nominato con l’ordinanza n. 335/2005 di un rinnovato esercizio del potere, nei limiti segnati dalla presente decisione e tenuto conto degli accertamenti di cui alla sentenza del Commissario per gli usi civici n. 12 del 7 novembre 2018. A tale rinnovato esercizio, infatti, non ostano né il preteso difetto di giurisdizione, né la pendenza (non esistente in fatto) del giudizio innanzi al citato Commissario per gli usi civici in ordine alla natura demaniale civica dei terreni contestati.

9. Sussistono, comunque, giusti motivi per disporre l’integrale compensazione tra le parti delle spese del doppio grado del giudizio, attese la parziale fondatezza del gravame e la novità e la complessità delle questioni trattate, le quali inducono a escludere la sussistenza dei presupposti per accogliere la domanda di condanna ex art. 26 c.p.a..

Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi