Consiglio di Stato, sez. VII, sentenza 2024-07-01, n. 202405806

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VII, sentenza 2024-07-01, n. 202405806
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202405806
Data del deposito : 1 luglio 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 01/07/2024

N. 05806/2024REG.PROV.COLL.

N. 04407/2023 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Settima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4407 del 2023, proposto da
-OMISSIS-, rappresentata e difesa dall'avvocato M G, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Comune di -OMISSIS-, Ministero delle Infrastrutture e delle Mobilità Sostenibili, Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti - Ufficio Circondariale Marittimo- Guardia Costiera di Soverato, non costituiti in giudizio;
Ministero dell'Economia e delle Finanze, Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria (Sezione Seconda) n.-OMISSIS- resa tra le parti;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero dell'Economia e delle Finanze e di Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 14 maggio 2024 il Cons. M V;

Nessuno è comparso per le parti;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Avanti il giudice di prime cure, l’originaria ricorrente, odierna appellante, ha chiesto l’annullamento:

- del provvedimento n. prot. -OMISSIS- del 20 marzo 2021 del Comune di -OMISSIS- di rigetto dell’istanza di condono edilizio presentata in data 30 settembre 1986, in relazione ad un fabbricato, realizzato in località -OMISSIS-(al Foglio -OMISSIS- particelle -OMISSIS- e -OMISSIS-);

- dell’ordinanza comunale, ex art. 35 T.U. Edilizia, di demolizione e ripristino dello stato dei luoghi n. -OMISSIS-.

Il TAR adito ha respinto il ricorso.

In particolare, il TAR ha ritenuto infondati i due motivi di ricorso per l’assorbente motivo che l’area su cui è stato realizzato il manufatto della ricorrente è soggetta al vincolo di tutela paesaggistica ai sensi del d. lgs. n. 42/2004, in virtù del DM 7 marzo 1966, nonché al vincolo idrogeologico, ai sensi dell’art. 1, titolo 1, cap. 1 della Legge Forestale 30 dicembre 1923 n. 3267.

L’istanza di condono, secondo la sentenza impugnata, non è stata corredata dei necessari pareri rilasciati dalle autorità preposte alla tutela dei citati vincoli paesaggistici e idrogeologici, così come espressamente richiesto dall’art. 32 della legge n. 47/1985.

A nulla rileva, ha osservato poi il primo giudice, il fatto che l’immobile sia stato asseritamente realizzato in epoca anteriore al 1967, in un momento in cui non era necessario l’ottenimento di alcun titolo autorizzativo per l’edificazione di un manufatto in aree site al di fuori del centro urbano, in un Comune non dotato di alcun piano regolatore.

I vincoli paesaggistici e idrogeologici erano presenti anche al momento in cui è stato asseritamente realizzato l’immobile, essendo questi riconducibili al DM del 7 marzo 1966 e alla Legge Forestale 30 dicembre 1923, n. 3267.

Di conseguenza, secondo il giudice di prime cure, tale circostanza è di per sé sufficiente a fondare la legittimità del provvedimento di diniego di condono.

In ogni caso deve osservarsi, soggiunge la sentenza impugnata, che essendo ricompresa nel demanio marittimo l’area su cui è stato realizzato il manufatto, non sarebbe possibile alcuna sanatoria per l’abuso commesso in tale area.

Con ordinanza 2534/2023 questo Consiglio ha respinto l’istanza cautelare volta a sospendere l’esecutività della sentenza impugnata.

Avverso la citata sentenza in data 23 maggio 2023 è stato depositato ricorso in appello.

Si sono costituiti in giudizio il Ministero dell'Economia e delle Finanze e il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti.

Nell’udienza pubblica del 14 maggio 2024 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

In sede di appello, è stato dedotto:

-omesso esame di un fatto storico e di risultanze istruttorie aventi carattere decisivo

Con il primo motivo, argomenta l’appellante che il giudice di prime cure, chiamato a decidere su oltre sessanta ricorsi aventi lo stesso oggetto e parimenti quasi identici, ha redatto un’unica sentenza, rigettando le censure mosse.

A differenza degli altri ricorrenti, i quali si erano visti rigettare il ricorso da parte del giudice amministrativo, avverso l’ordinanza di sgombero, l’odierna ricorrente, evidenzia l’appellante, aveva proposto ricorso ex art. 703 c.p.c. dinanzi al Tribunale di Catanzaro, il quale con ordinanza del -OMISSIS-/2020 accoglieva l’istanza di manutenzione del possesso e ordinava al Comune di -OMISSIS- di cessare immediatamente dalla turbativa dedotta, nonché di astenersi per il futuro da turbative similari.

Tale provvedimento era stato regolarmente notificato e non era stato oggetto di gravame.

Il giudice ordinario stabiliva che, sottolinea l’appellante, in assenza di una destinazione al servizio pubblico, essendo il bene incontestatamente e da molto tempo nella disponibilità esclusiva del privato ricorrente, la P.A. era obbligata ad avvalersi dei mezzi ordinari concessi dall’ordinamento giuridico a tutela e difesa della proprietà e del possesso al fine di recuperarne la disponibilità.

Nemmeno migliore sorte avevano i riferimenti effettuati al vincolo paesaggistico ed idrogeologico esistente sulla zona in questione, venendo in rilievo vincoli che riguardavano indistintamente beni privati e pubblici e che non erano idonei, pertanto, a determinare la destinazione in concreto del bene al servizio pubblico.

Conseguentemente, l'ordinanza di sgombero era per il Tribunale ordinario affetta da nullità assoluta, in quanto espressione di un potere di autotutela esecutiva radicalmente privo dei suoi presupposti legittimanti.

Conseguentemente, afferma l’appellante, la certezza che il bene sia su area del demanio marittimo, per come il giudice di prime cure ha statuito, non è così certo.

Il TAR adito avrebbe dunque dovuto valutare, secondo l’appellante, la documentazione depositata e dichiarare la mancanza degli effetti riflessi delle sentenze del Tribunale, della Corte d’Appello ed infine della Corte di Cassazione n° -OMISSIS-/2016, nei confronti dell’odierna appellante, la quale ha posseduto e possiede uti domini il terreno controverso (disponibile e non appartenente al demanio marittimo) per come il Tribunale di Catanzaro ha stabilito con ordinanza n° -OMISSIS-/2020 del -OMISSIS-/2020 ed ha, inoltre, proposto domanda di usucapione pendente dinanzi al Tribunale ordinario di Catanzaro con RG n°-OMISSIS-.

-sui vincoli paesaggistici e idrogeologici

Con il secondo motivo, espone l’appellante che il giudice di prime cure sostiene che l’istanza di condono non era corredata dai necessari pareri così come espressamente richiesto dall’art. 32 della legge. n° 47/85 e che a nulla rilevava il fatto che l’immobile fosse stato realizzato in epoca anteriore al 1967, in quanto il Comune non era dotato di piano regolatore e i vincoli paesaggistici e idrogeologici erano presenti al momento dell’asserita realizzazione.

Tale assunto, per l’appellante, è privo di fondamento.

Da una parte, ritiene l’appellante che la legge forestale (R.D. n. 3267/23) costituisca una normativa non applicabile al caso concreto;
dall’altra, che nel corpo del D.M. 21/12/1999, non è riportato il foglio -OMISSIS- con la conseguenza che erra il giudice di prime cure nel sostenere che il terreno fosse soggetto a vincoli paesaggistici e idrogeologici all’epoca della realizzazione dell’immobile (ante 1967).

-sul bando pubblico

Soggiunge l’appellante che il giudice di prime cure sostiene che il bando pubblico n° 4 del 1964, contenente l’invito ad occupare e costruire in attesa di procedere alla lottizzazione e alla cessione a titolo oneroso del suolo, non costituiva un titolo edilizio, in quanto non emesso ad personam ed emesso prima che i suoli fossero resi edificabili mediante lottizzazione.

Il bando pubblico, argomenta viceversa l’appellante, è l’atto con cui la Pubblica amministrazione comunica che ha bisogno di un contraente cui affidare un lavoro, un servizio, una fornitura.

Conseguentemente, non può essere emesso ad personam , ma deve spiegare l’oggetto del contratto e le modalità di gara.

Nel caso di specie, l’unico elemento per l’aggiudicazione era quello di essere “nativi”, ossia essere nati e residenti nel Comune di -OMISSIS-.

Inoltre, il terreno è stato lottizzato a scopo edificatorio, è stato identificato (foglio -OMISSIS-part.lle nn° -OMISSIS- e -OMISSIS-) come il legittimo proprietario ed il mancato trasferimento a titolo oneroso non inficia il contratto, essendo la proposta seguita dall’accettazione.

L’amministrazione comunale ha urbanizzato l’area e percepisce le tasse relative.

-l’ordinanza di demolizione di immobile sottoposto a sequestro penale

Il giudice di prime cure ha stabilito poi che la dedotta nullità dell’ordinanza di demolizione, in quanto avente ad oggetto un bene sottoposto a sequestro penale, era irrilevante ai fini del corretto esercizio del potere sanzionatorio dell’autorità comunale.

L’ordine di una condotta giuridicamente impossibile si rivela privo di un elemento essenziale e, come tale, affetto da invalidità radicale, e, in ogni caso, inidoneo a produrre qualsivoglia effetto di diritto. L’appello è infondato.

Osserva il Collegio, preliminarmente, che la vicenda oggetto del presente contenzioso si inscrive in nel quadro più ampio numero di ricorsi sostanzialmente analoghi in merito ai quali sono intervenute plurime pronunce di questo Consiglio.

In particolare, quanto al primo motivo di appello, ritiene il Collegio che quanto dedotto in merito agli effetti asseritamente preclusivi della pronuncia del giudice ordinario adito dall’odierno appellante non possa essere accolto.

Infatti, sui molteplici aspetti della vicenda di cui è causa, come detto, si è formata una consolidata giurisprudenza del giudice amministrativo ( ex plurimis , Consiglio di Stato, Sezione VII, nn.9975,9974,9962,9961,9960,8873 del 2022, n. 2307/2023, n. 2643/2024) che ha determinato in modo chiaro ed inequivocabile elementi di fatto e di diritto della fattispecie che non sussistono ragioni per revocare in dubbio.

Tra questi, la pubblicità del suolo e l’inesistenza di diritti reali in capo ai privati, in disparte che si tratti di area demaniale o appartenente al patrimonio statale o di enti locali, condizione che legittima di per sé l’adozione dei provvedimenti amministrativi volti al ripristino dei luoghi rispetto agli abusi riscontrati.

Quanto al secondo motivo di appello, è anch’esso infondato.

Ha ragione infatti il primo giudice a ritenere l’area su cui è stato realizzato il manufatto della ricorrente soggetta al vincolo di tutela paesaggistica ai sensi del d.lgs. n. 42/2004, in virtù del DM 7 marzo 1966, nonché al vincolo idrogeologico, ai sensi dell’art. 1 titolo 1 Cap. 1 Legge Forestale 30 dicembre 1923 n. 3267.

Da ciò consegue l’indispensabile parere delle autorità preposte alla tutela dei citati vincoli paesaggistici e idrogeologici sulle istanze di condono, così come espressamente richiesto dall’art. 32, Legge n. 47 del 1985, che nel caso di specie non risultano emessi.

D’altro canto, la natura delle disposizioni richiamate dal primo giudice, che hanno carattere generale, non paiono fondatamente poter essere messe in discussione dagli argomenti sviluppati nel secondo motivo di appello, che ne deduce l’inapplicabilità.

Quanto alle considerazioni svolte nell’atto di appello avuto riguardo alla natura del bando pubblico,

esse non rivestono profili di fondatezza, essendo di tutta evidenza l’incomparabilità del bando in questione con qualsivoglia titolo edilizio, come pure rilevato dal primo giudice, e ciò non solamente per essere un atto rivolto alla generalità, ma anche per la totale assenza di requisiti essenziali come le indicazioni delle caratteristiche delle eventuali costruzioni.

Relativamente, infine, alla dedotta nullità dell’ordinanza di demolizione, in quanto avente ad oggetto un bene sottoposto a sequestro penale, giova richiamare la sentenza di questa Sezione n. 2643/2024 nella parte in cui, condivisibilmente, rileva che “ (…) l’esercizio del potere repressivo di un abuso edilizio è autonomo rispetto ai poteri repressivi rimessi ad altre autorità (e in particolare: all’Autorità giudiziaria penale), la circostanza che il manufatto abusivo sia oggetto di sequestro penale è irrilevante ai fini del corretto esercizio del potere sanzionatorio da parte dell’Autorità comunale, con il corollario che la pendenza del sequestro penale non rende illegittimo l’ordine di demolizione avente a oggetto lo stesso immobile(…) ” . Ed inoltre “(….) in questo senso è, d’altronde, il consolidato indirizzo della Sezione, secondo il quale, ai fini della legittimità di un ordine di demolizione, della sua eseguibilità e della validità dei conseguenti provvedimenti sanzionatori, è irrilevante la pendenza di un sequestro, poiché la misura cautelare reale non costituisce un impedimento assoluto all’attuazione dell’ingiunzione (….) “.

L’appello, pertanto, va respinto.

Sussistono nondimeno peculiari motivi per la compensazione delle spese del presente grado di giudizio tra le parti.

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