Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2015-03-16, n. 201501357
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Testo completo
N. 01357/2015REG.PROV.COLL.
N. 08464/2014 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 8464 del 2014, proposto da:
2/A S.r.l. e Addessi S.r.l.,
in persona dei rispettivi legali rappresentanti p.t.,
rappresentati e difesi dagli avv. Antonio D'Alessio e Giuseppe Addessi, con domicilio eletto presso lo studio del primo, in Roma, viale Bruno Buozzi, 99,
contro
Regione Lazio,
in persona del Presidente p.t. della Giunta Regionale,
costituitasi in giudizio, rappresentata e difesa dall'avv. Stefania Ricci, con domicilio eletto presso l’Avvocatura Regionale, in Roma, via Marcantonio Colonna, 27,
per la revocazione
della sentenza del Consiglio di Stato, Sezione Terza, n. 1126/2014.
Visti il ricorso per revocazione ed i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio della Regione Lazio;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive domande e difese;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore, nell'udienza pubblica del giorno 5 marzo 2015, il Cons. Salvatore Cacace;
Uditi per le parti, alla stessa udienza, l’avv. Antonio Lirosi per delega dell’avv. Antonio D'Alessio e l’avv. Stefania Ricci;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO e DIRITTO
1. - Le odierne ricorrenti adivano, con ricorso R.G. n. 213/2010, il T.A.R. per il Lazio, Sezione staccata di Latina, per chiedere il risarcimento dei danni subiti a causa del comportamento tenuto dalla Regione Lazio nella vicenda che si era conclusa con la mancata erogazione dei contributi richiesti per la Misura I.4 “Miglioramento delle condizioni di trasformazione e commercializzazione dei prodotti agricoli” del Piano di Sviluppo Rurale ( P.S.R. ), per il periodo 2000/2006.
2. - Il T.A.R., con sentenza della Sezione I, n. 249 del 29 marzo 2012, respingeva il ricorso.
Dopo aver sinteticamente descritto la complessa vicenda che aveva fatto seguito alla richiesta avanzata dalla società A2, il 28 febbraio 2001, per ottenere un contributo di € 535.093,63 ( per un progetto di ampliamento dell’impianto di trasformazione e commercializzazione di prodotti ortofrutticoli freschi che prevedeva una spesa complessiva di € 1.337.734,07 ) e dopo aver ricordato che sulla vicenda lo stesso Tribunale si era già pronunciato con la sentenza n. 617 del 9 agosto 2007, il T.A.R. ha evidenziato che la Regione, con determinazione n. C2021 ( recte C2012 ) dell’8 agosto 2007 ha poi ammesso a finanziamento la domanda presentata dalla S.r.l. 2/A «per un investimento complessivo (di) € 1.494.679,05 ed un contributo (di) € 597.871,62 aumentato per la revisione dei prezzi…».
In relazione a tale circostanza il Giudice di primo grado ha osservato che, mentre l’interessata si era attivata per far valere le sue ragioni nei confronti dei provvedimenti negativi che erano stati adottati dall’amministrazione, non aveva invece poi dato «pronta e concreta collaborazione con l’amministrazione, una volta che quest’ultima decideva - con la richiamata determina - di ammettere a finanziamento la domanda presentata».
Il T.A.R. ha, quindi, ritenuto che «l’omessa produzione dei documenti richiesti che avrebbe condotto all’erogazione del contributo e… la mancata e tempestiva impugnazione della determina di ammissione» costituiscono «circostanze che hanno indubbiamente concorso alla produzione dell’entità del danno», ai sensi dell’art. 1227 del c.c. e dell’art. 30 del c.p.a., ed ha quindi respinto il ricorso, ritenendo che le interessate non avevano evitato il danno attraverso una agevole attività personale.
3. - Le originarie ricorrenti, ritenendola erronea, hanno appellato, con ricorso R.G. n. 7121/2012, l’indicata sentenza.
Con sentenza n. 1126/14 questa Sezione ha respinto il ricorso, ritenendo che “la mancata erogazione dei contributi richiesti è stata certamente determinata in maniera decisiva dall’azione delle stesse appellanti” ( pag. 8 sent. ).
In proposito, in particolare, la sentenza d’appello, fatto rinvio ai principii dettati dall’art. 30 del c.p.a. e, più in generale, dall’art. 1227 del c.c. ( secondo cui deve essere valutata l’incidenza complessiva della condotta della parte nella produzione del danno ), ha ritenuto che le appellanti avrebbero “dovuto impugnare, nei termini, il provvedimento concessivo dell’8 agosto 2007, per far valere le loro eventuali ragioni nei confronti di un atto che aveva loro assegnato un contributo ritenuto inferiore a quello spettante. Non avendo impugnato tempestivamente tale determinazione, se ne sono consolidati gli effetti, con la conseguenza che non può essere certamente ora reclamato un risarcimento per tali maggiori somme. Nemmeno il risarcimento può essere riconosciuto per la parte ammessa a contribuzione e poi non erogata, tenuto conto che le appellanti non hanno provveduto agli adempimenti che erano ancora necessari per la conclusione del procedimento ed hanno fatto scadere i relativi termini” ( pag. 11 sent. ).
4. – In data 3 ottobre 2014 le dette appellanti hanno avviato per la notifica ricorso, poi depositato il successivo 21 ottobre 2014, per la revocazione della citata sentenza d’appello n. 1126/14, ex artt. 106 c.p.a. e 395, n. 4, c.p.c., per la parte concernente “il rigetto della domanda di riforma della sentenza del TAR e la conseguente pronuncia di diniego della sussistenza del credito vantato per risarcimento danni quantomeno per la parte ammessa a contribuzione e poi non erogata” ( pag. 2 ric. ).
Secondo le ricorrenti tale pronuncia si fonderebbe “sull’erronea affermazione … che le odierne ricorrenti non avrebbero effettuato gli adempimenti necessari per la