Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2023-12-05, n. 202310510
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Segnala un errore nella sintesiIl Consiglio di Stato ha respinto l'appello, confermando la legittimità della sanzione. Il giudice ha argomentato che la società, pur operando come hosting provider, svolgeva un'attività commerciale attiva, violando la normativa che vieta la vendita di biglietti a prezzi superiori a quelli nominali da parte di soggetti non autorizzati. Inoltre, il Consiglio ha ritenuto infondate le censure relative alla violazione dei diritti europei, evidenziando che la normativa nazionale era compatibile con gli obiettivi di tutela dei consumatori e di prevenzione dell'evasione fiscale. La sentenza ha quindi ribadito l'importanza di garantire un mercato equo e la protezione dei diritti degli utenti.
Sul provvedimento
Testo completo
Pubblicato il 05/12/2023
N. 10510/2023REG.PROV.COLL.
N. 06136/2021 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 6136 del 2021, proposto da
Viagogo Ag, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati C M, M V L R, M M, E M, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio C M in Roma, via del Banco di S. Spirito 42;
contro
Autorità per Le Garanzie Nelle Comunicazioni - Roma, Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
nei confronti
Ticketone S.p.A., non costituito in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza) n. 03955/2021, resa tra le parti, per l’annullamento della sanzione amministrativa pecuniaria pari ad € 3.700.000,00; di ogni altro atto, presupposto o susseguente, comunque connesso, ivi incluso, ove occorra, l'atto di contestazione n. 02/19/DSD notificato in data 16 luglio 2019.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Autorita per Le Garanzie Nelle Comunicazioni - Roma e di Autorita' Garante della Concorrenza e del Mercato;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 23 novembre 2023 il Cons. D P e uditi per le parti gli avvocati M V L R, E M, e Federica Varrone dell'Avvocatura Generale dello Stato.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con l’appello di cui in epigrafe la società Viagogo impugnava la sentenza n. 3955 del 2021 del Tar Lazio, di rigetto dell’originario gravame. Quest’ultimo era stato proposto dalla stessa società al fine di ottenere l’annullamento della delibera n. 104/20/CONS, resa all’esito della riunione del Consiglio del 16 marzo 2020 e notificata a mezzo PEC in data 21 aprile 2020, adottata dall’Autorità a conclusione della contestazione n. 02/19/DSD, con cui è stata accertata, inter alia, “la violazione, da parte della società Viagogo AG […] dell’art. 1, comma 545, della legge 11 dicembre 2016, n. 232 e successive modifiche e integrazioni” e, per l’effetto, è stata irrogata nei confronti della Società una sanzione amministrativa pecuniaria pari ad € 3.700.000,00.
Nel ricostruire in fatto e nei documenti la vicenda parte appellante contestava il contenuto della sentenza e le relative argomentazioni, formulando quindi i seguenti motivi di appello:
- violazione del divieto di integrazione postuma (in sede giurisdizionale) della motivazione del provvedimento amministrativo, violazione del giusto procedimento e dell’ambito soggettivo e oggettivo di applicazione della legge. Avendo il Tar erroneamente fondato la propria valutazione su una motivazione nuova, introdotta dall’Autorità solamente con la memoria depositata in data 15 febbraio 2021, laddove si è sostenuto che la legge non vieta solo “la vendita o qualsiasi forma di collocamento dei titoli di accesso ad eventi di spettacolo” da parte di soggetti non autorizzati, ma anche tutte le attività di pura intermediazione che non comportino una partecipazione giuridica al rapporto di “vendita” o di “collocamento” sul mercato in senso stretto;
- eccesso di potere. travisamento della natura dell’attività svolta dalla ricorrente e, segnatamente, dei compiti dell’hosting provider; conseguente errata imputazione alla società della condotta vietata dalla legge; contraddittorietà e difetto di motivazione nella sentenza. violazione e falsa applicazione della direttiva 2000/31/ce (“direttiva e-commerce”) (artt. 3, 14 e 15) e del d.lgs. di recepimento n. 70/2013 (“decreto e-commerce”) (artt. 16 e 17). La Decisione e la Sentenza si basano sul presupposto erroneo di voler riconoscere in capo alla Società il ruolo di hosting provider attivo
- violazione e falsa applicazione dell’art. 1, commi 545 – 545-quinquies della legge 11 dicembre 2016, n. 232 come modificato dalla legge 30 dicembre 2018, n. 145;
- carenza di motivazione della sentenza sulla incompatibilità della legge e/o del provvedimento sanzionatorio e della sentenza impugnata con norme, principi e diritti fondamentali prevalenti di diritto ue e costituzionali e, segnatamente la direttiva ecommerce (artt. 3 e 14-15), il divieto di restrizioni alla concorrenza e alla libera circolazione dei servizi (art. 56, 102 e 106 tfue, nonché gli artt. 41 e 117, comma 1 cost, anche per interposizione dall’art. 16 della carta dei diritti fondamentali dell’unione europea). in subordine, richiesta di rinvio pregiudiziale e/o di legittimità, rispettivamente, alla corte di giustizia dell’unione europea sull’interpretazione delle predette norme ue e/o alla corte costituzionale sulla compatibilità con le norme costituzionali;
- in via subordinata, sproporzione della sanzione pecuniaria, irragionevolezza e carenza della motivazione; errata applicazione del c.d. cumulo materiale della sanzione amministrativa. violazione e falsa applicazione degli artt. 8 e 8-bis della legge 24 novembre 1981, n. 689 e delle linee guida agcom di cui all’allegato a della delibera 265/15/cons.
L’Autorità appellata si costituiva in giudizio chiedendo la declaratoria di inammissibilità ed il rigetto dell’appello.
Con ordinanza cautelare n. 4483 del 2021 veniva accolta la domanda di sospensione dell’esecuzione della sentenza impugnata.
Con ordinanza n. 592 del 2022 veniva sospeso il giudizio e disposto rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia UE.
All’esito del giudizio in Corte UE, veniva pubblicata la sentenza 27 aprile 2023 che dichiarava il ricorso irricevibile.
Alla pubblica udienza del 23 novembre 2023 la causa passava in decisione.
DIRITTO
1. Preliminarmente, va confermato il rigetto della eccezione di inammissibilità dell’appello, formulata dalla difesa erariale sul presupposto della mera riproposizione delle censure di primo grado.
1.1 In linea generale, ai sensi dell’art. 101 cod.proc.amm. il ricorrente ha l’onere di specificare i motivi di appello, non potendo limitarsi a un generico richiamo delle ragioni già presentate dinanzi al giudice di primo grado, dovendo contestare specificamente sul punto la sentenza impugnata. Il fatto che l’appello sia un mezzo di gravame ad effetto devolutivo, non esclude l’obbligo dell’appellante di indicare nell'atto le specifiche critiche rivolte alla sentenza impugnata e, inoltre, i motivi per i quali le conclusioni del primo giudice non sono condivisibili, non potendo il ricorso in appello limitarsi ad una generica riproposizione degli argomenti dedotti in primo grado.
L'appello deve essere ritenuto ammissibile qualora dallo stesso sia possibile desumere le argomentazioni fatte valere da chi ha proposto l'impugnazione, in contrapposizione a quelle evincibili dalla sentenza impugnata; peraltro, il grado di specificità dei motivi di appello deve essere parametrato e vagliato alla luce del grado di specificità della sentenza contestata (cfr. ad es. Consiglio di Stato, sez. VI, 3 febbraio 2020, n. 857).
1.2 Nel caso di specie l’atto d’appello è pienamente conforme ai parametri richiamati.
In termini formali contiene una chiara specificazione dei motivi dedotti (cfr. pagg. 5 ss. dell’atto di appello); in termini sostanziali contiene una puntuale critica, nella parte oggetto di contestazione, alle argomentazioni svolte dal Tar in piena adesione al provvedimento impugnato, in merito sia alla natura dell’attività svolta – in specie quale hosting provider passivo e non attivo – sia alla insussistenza dei presupposti di cui alla normativa statale applicata.
2. Passando al merito della vertenza, la soluzione della controversia impone un breve riassunto del procedimento confluito nel provvedimento impugnato, nei termini già evidenziati in sede di rinvio pregiudiziale ma che, a fini di completezza, occorre ribadire in sede di decisione finale.
2.1 A seguito dell’acquisizione di taluni esposti formulati da società operanti nel settore dell’organizzazione di eventi musicali, di società di vendita nel mercato primario di titoli ad eventi musicali e di associazioni di categoria, l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni ha effettuato un’attività di controllo sul sito “viagogo.it”, gestito dall’omonima società odierna appellante, all’esito della quale ha rilevato che nell’arco temporale marzo - maggio 2019, sono stati messi in vendita biglietti a prezzi maggiorati rispetto ai prezzi nominali presenti sui siti di vendita primari autorizzati, con riferimento a 37 eventi (concerti e spettacoli) e che, anche tramite il social www.facebook.com/viagogo, si realizza, attraverso il rimando al sito web della società, analoga fattispecie di messa in vendita di biglietti a prezzo maggiorato.
2.2 Quindi l’Autorità notificava alla ricorrente l’atto di contestazione n. 02/19/DSD, con il quale contestava che di aver “messo in vendita titoli di 5 accesso ad attività di spettacolo senza essere titolare dei sistemi per la loro emissione e ad un prezzo superiore al prezzo nominale del mercato primario autorizzato, in violazione di quanto previsto dall’articolo 1, comma 545, legge 11 dicembre 2016, n. 232 e successive modifiche e integrazioni”. Successivamente all’acquisizione delle difese della società, con decisione del 16 marzo 2020, notificata a mezzo PEC in data 21 aprile 2020, l’Autorità confermava in parte gli addebiti, escludendo però le sanzioni circa: (i) la messa in vendita di titoli di accesso senza essere titolare dei sistemi per la loro emissione; e (ii) la promozione dell’attività sul social network www.facebook.com/Viagogo, ritenendo la stessa attività non autonomamente sanzionabile, ma quale elemento suscettibile di incidere sulla gravità