Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2023-08-03, n. 202307499

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2023-08-03, n. 202307499
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202307499
Data del deposito : 3 agosto 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 03/08/2023

N. 07499/2023REG.PROV.COLL.

N. 06324/2022 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso in appello numero di registro generale 6324 del 2022, proposto da
D s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore , in relazione alla procedura CIG n. 8673839660, rappresentata e difesa dall’avvocato M G F, con domicilio digitale come da PEC Registri di Giustizia;

contro

Comune di Montecorvino Rovella, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall’avvocato B I, con domicilio digitale come da PEC Registri di Giustizia;

nei confronti

A2A Illuminazione Pubblica s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati Stefano Cassamagnaghi e Francesco Caputi Iambrenghi, con domicilio digitale come da PEC Registri di Giustizia;
S Illuminazione Pubblica s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall’avvocato Giovanni Francesco Nicodemo, con domicilio digitale come da PEC Registri di Giustizia;
S s.p.a., Centrale unica di committenza Sele-Picentini, non costituite in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Campania, Sezione staccata di Salerno (Sezione prima) n. 1796/2022.


Visto il ricorso in appello;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Montecorvino Rovella;

Visto l’atto di costituzione in giudizio di A2a Illuminazione Pubblica s.r.l.;

Visto l’atto di costituzione in giudizio di S Illuminazione pubblica s.r.l.;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del 26 gennaio 2023 il Cons. Anna Bottiglieri e uditi per le parti gli avvocati Feola, Iannuzzi, Nicodemo e Cassamagnaghi;

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.


FATTO

Con delibera giuntale n. 151/2020 il Comune di Montecorvino Rovella approvava ex art. 183 comma 15 d.lgs. 50/2016 la proposta di finanza di progetto del costituendo raggruppamento temporaneo di imprese con mandataria capogruppo A2A Illuminazione Pubblica s.r.l. e mandante Selectra s.p.a. relativo all’affidamento in concessione ventennale degli interventi di efficientamento e rendimento energetico, riqualificazione tecnologica e gestione degli impianti di illuminazione pubblica, nominava promotore il RTI e dichiarava l’intervento di pubblica utilità, che con delibera consiliare n. 46/2020 veniva inserito nel programma biennale 2020/2021 di acquisizione di beni e di servizi.

Con determina a contrarre n. 193/2021 il Comune stabiliva di indire l’affidamento della concessione mediante una procedura aperta retta dal criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa e di avvalersi per il suo espletamento della Centrale unica di committenza Sele-Picentini, la quale adottava e pubblicava gli atti di gara (bando/disciplinare del 24 maggio 2021) aventi a base il progetto di fattibilità/proposta del promotore.

Alla procedura partecipavano il RTI A2A e D s.p.a., che aveva presentato a suo tempo una proposta di finanza di progetto relativa allo stesso affidamento la quale, come da delibera n. 151/2020, era stata comparata con la proposta del RTI A2A e non prescelta.

Espletata la gara:

- D risultava prima in graduatoria e si aggiudicava la procedura (determina comunale n. 108/2022);

- il RTI A2A, nel cui ambito Selectra Illuminazione Pubblica s.p.a. era subentrata alla mandante Selectra s.p.a. per conferimento di ramo di azienda, esercitava il diritto di prelazione;

- l’Amministrazione, previa revoca della precedente aggiudicazione, aggiudicava la gara al RTI A2A (determina n. 292/2022).

D impugnava gli atti di gara innanzi al Tribunale amministrativo regionale per la Campania con ricorso e due atti di motivi aggiunti. Sosteneva, a monte, che il RTI A2A avrebbe dovuto essere escluso dalla gara per varie ragioni e, ulteriormente, che trattavasi di una ordinaria procedura competitiva che non si era innestata in quella di finanza di progetto, da cui l’insussistenza in capo al RTI dell’azionato diritto di prelazione, comunque non previsto dalla lex specialis . Avanzava domande demolitorie, risarcitorie, in forma specifica e per equivalente, e sanzionatorie.

Il Comune di Montecorvino Rovella, A2A e Selectra I.P. si costituivano in resistenza.

Con la sentenza in epigrafe l’adito T respingeva l’impugnativa e condannava D alle spese del giudizio.

D ha appellato la sentenza. Ha dedotto: 1) Error in iudicando ;
violazione e falsa applicazione degli artt. 95 comma 10 e 97 comma 5 d.lgs. 50/2016;
eccesso di potere per falso presupposto, contraddittorietà, illogicità, irragionevolezza, difetto d’istruttoria e di motivazione;
violazione del principio della par condicio ;
2) Error in iudicando ;
falsa applicazione dell’art. 183 comma 15 d.lgs. 50/2016;
violazione della lex specialis , con particolare riferimento ai criteri di valutazione dell’offerta tecnica di cui al punto 18.1 del bando/disciplinare;
violazione dell’art. 95 comma 8 d.lgs. 50/2016;
eccesso di potere per falso presupposto, contraddittorietà, illogicità, irragionevolezza, difetto d’istruttoria e di motivazione;
violazione del principio d’imperatività e della par condicio ;
3) Error in iudicando ;
falsa applicazione dell’art. 183 comma 15 d.lgs. 50/2016;
violazione della lex specialis , con particolare riferimento ai criteri di valutazione dell’offerta tecnica di cui al punto 18.1 del bando/disciplinare;
violazione dell’art. 95 comma 8 d.lgs. 50/2016;
eccesso di potere per falso presupposto, contraddittorietà, illogicità, irragionevolezza, difetto d’istruttoria e di motivazione;
violazione del principio d’imperatività e della par condicio ;
4) Error in iudicando ;
violazione dell’art. 96 comma 4 d.P.R. 207/2010;
falsa applicazione dell’art. 183 comma 15 d.lgs. 50/2016;
violazione della lex specialis ;
violazione dell’art. 95 comma 14 d.lgs. 50/2016;
eccesso di potere per falso presupposto, contraddittorietà, illogicità, irragionevolezza, difetto d’istruttoria e di motivazione;
violazione del principio d’imperatività e della par condicio ;
5) Error in iudicando ;
falsa applicazione dell’art. 183 comma 15 d.lgs. 50/2016;
violazione della lex specialis ;
eccesso di potere per falso presupposto, contraddittorietà, illogicità, irragionevolezza, difetto d’istruttoria e di motivazione;
violazione del principio d’imperatività e della par condicio ;
6) Error in iudicando ;
violazione e falsa applicazione degli artt. 48 comma 9, 10, 17, 18, 19 e 19- ter d.lgs. 50/2016, dell’art. 106 d.lgs. 50/2016;
violazione del principio di continuità del possesso dei requisiti;
difetto di adeguata istruttoria;
violazione del principio della par condicio competitorum ;
7) Error in iudicando ;
violazione e falsa applicazione degli artt. 46 e 89 d.lgs. 50/2016, dell’art. 96 d.lgs. 81/2008, della lex specialis , punti 7.7 e 8 del bando/disciplinare;
mancanza dei requisiti partecipativi;
difetto di adeguata istruttoria;
8) Error in iudicando ;
violazione e falsa applicazione dell’art. 93 comma 3 e 8 d.lgs. 50/2016;
violazione della lex specialis , punto 10 bando/disciplinare;
difetto di adeguata istruttoria;
9) Error in iudicando ;
falsa applicazione dell’art. 183 comma 15 d.lgs. 50/2016;
violazione della lex specialis , con particolare riferimento ai criteri di valutazione dell’offerta tecnica di cui al punto 18.1 del bando/disciplinare di gara;
violazione dell’art. 95 comma 8 d.lgs. 50/2016;
eccesso di potere per falso presupposto, contraddittorietà, illogicità, irragionevolezza, difetto d’istruttoria e di motivazione;
violazione del principio d’imperatività e della par condicio . Ha concluso per la riforma della sentenza gravata, l’accoglimento del ricorso e dei motivi aggiunti di primo grado, l’annullamento di tutti gli atti impugnati, l’accertamento e la declaratoria dell’inefficacia del contratto nelle more eventualmente stipulato tra il Comune di Montecorvino Rovella e il RTI A2A, ai sensi dell’art. 121, o, in subordine, dell’art. 122 Cod. proc. amm., e del diritto della ricorrente a subentrare nel contratto stesso ai sensi dell’art. 124 Cod. proc. amm. o, in subordine, per la condanna del Comune di Montecorvino Rovella al risarcimento dei danni ex art. 30 Cod. proc. amm. e al pagamento delle sanzioni pecuniarie previste dall’art. 123 dello stesso Codice.

A2A, il Comune di Montecorvino Rovella e Selectra I.P. si sono costituti in resistenza e hanno depositato memorie difensive instando per la reiezione del gravame e illustrandone l’infondatezza.

Alla camera di consiglio del 25 agosto 22 D ha rinunziato alla domanda cautelare avanzata nell’atto di appello.

Nel prosieguo:

- tutte le parti hanno depositato memorie di richiamo delle difese svolte negli atti già in fascicolo;

- successivamente, il 13 gennaio 2023, D ha depositato una memoria di replica;

- A2A, Selectra I.P. e il Comune di Montecorvino Rovella hanno sostenuto l’inammissibilità di detta memoria di replica e ne hanno chiesto l’espunzione dal giudizio per violazione dell’art. 73 Cod. proc. amm., provvedendo comunque a confutarne le argomentazioni.

La causa è stata trattenuta in decisione alla pubblica udienza del 26 gennaio 2023.

DIRITTO

1. In via preliminare, va scrutinata l’eccezione formulata dalle parti resistenti Comune di Montecorvino Rovella, A2A e Selectra I.P. avverso la memoria di replica depositata dall’appellante D il 13 gennaio 2023.

1.1. L’art. 73 Cod. proc. amm. stabilisce che “ Le parti possono produrre documenti fino a quaranta giorni liberi prima dell’udienza, memorie fino a trenta giorni liberi e presentare repliche, ai nuovi documenti e alle nuove memorie depositate in vista dell’udienza, fino a venti giorni liberi ”.

La giurisprudenza ha tratto dalla norma il corollario che l’oggetto della replica debba restare contenuto nei limiti della funzione di contrasto alle difese svolte nella memoria conclusionale avversaria, onde evitare che il deposito della memoria di replica si traduca in un mezzo per eludere il termine di legge per il deposito delle memorie conclusionali. In altre parole, ha affermato che il presupposto essenziale della memoria di replica è la memoria conclusionale di controparte cui replicare (tra altre, Cons. Stato, IV, 21 novembre 2022, n. 10224;
27 luglio 2020 n. 4759;
II, 30 settembre 2019, n. 6534).

Nella specie, tale presupposto non è ravvisabile.

Con memoria depositata il 10 gennaio 2023 nell’ambito del primo termine di cui al citato art. 73, D, ritenendo che le memorie delle parti avverse – depositate tra il 22 e il 23 agosto 2022, in prossimità della camera di consiglio fissata per la trattazione della domanda cautelare avanzata nell’atto di appello (poi rinunziata) – trovassero “puntuale e adeguata confutazione” nel suo stesso atto di appello, e in dichiarato ossequio al principio di sinteticità degli atti processuali, ha rinviato alle deduzioni svolte nel gravame.

Parimenti hanno fatto le resistenti, che con memorie depositate nello stesso primo termine, sempre in applicazione del principio di sinteticità, si sono riportate alle difese già svolte.

Alla data di deposito da parte di D della memoria di replica non vi erano quindi memorie conclusionali delle parti avverse cui replicare.

1.2. L’eccezione in esame va pertanto accolta, e, per l’effetto, la memoria di replica depositata da D il 13 gennaio 2023 va dichiarata inammissibile ed espunta dagli atti di causa.

2. Si passa quindi all’esame del merito dell’appello che, si rammenta, riguarda la procedura indetta, come meglio in fatto, dal Comune di Montecorvino per l’affidamento in concessione ventennale degli interventi di efficientamento e rendimento energetico, riqualificazione tecnologica e gestione degli impianti di illuminazione pubblica.

3. D ha sostenuto in primo grado che il RTI A2A avrebbe dovuto essere escluso dalla gara per violazione dell’art. 95 comma 10 d.lgs. 50/2016, e segnatamente per avere indicato nella sua offerta economica il costo della manodopera per la sola attività di gestione e manutenzione dell’impianto (€ 502.965,00), e non per i propedeutici lavori di riqualificazione e ammodernamento.

3.1. Il T ha respinto la doglianza con la seguente motivazione:

La gara per cui è causa ha ad oggetto l’affidamento in concessione tramite finanza di progetto;
ne consegue che la gara economica riguarda esclusivamente il canone assoggettabile a ribasso, mentre non riguarda anche i costi di ammodernamento (e i costi di manodopera per i lavori di ammodernamento), i quali quindi non sono inclusi nella determinazione del canone di concessione e rimangono a carico dell’impresa. In altri termini, le concessioni dell’impianto di illuminazione pubblica, come quella per cui è causa, non sono qualificabili come concessioni di lavori e tantomeno come appalti di lavori, ma come concessioni di servizi, alle quali quindi non si applica l’obbligo di indicazione dei costi della manodopera nei termini che intende invece parte ricorrente. Insomma, il costo dei descritti lavori è estraneo alla offerta economica, così che è sottratto alla gara e al ribasso, mentre più propriamente costituisce un investimento posto a esclusivo carico dell’aggiudicatario, per il quale il Comune resistente non è tenuto a corrispondere nessun corrispettivo.

Dunque, correttamente il concorrente ha indicato la somma di euro 4.680.000,00, a base della concessione, quale somma che riguarda solo la gestione del servizio di illuminazione pubblica e non il costo per la esecuzione dei citati lavori;
correttamente inoltre i costi della manodopera relativi ai lavori sono separatamente riportati nel Quadro economico del Bando, indicati nella somma di euro 1.210.244,00 (essendo distinti e autonomi dal canone di concessione);
tale costo quindi integra l’investimento a carico dell’impresa, senza onere di remunerazione a carico della stazione appaltante. A parte invece sono indicati i costi della manodopera relativi alla gestione del

servizio, pari a euro 502.965,00 ”.

3.2. Con il primo motivo di appello si sostiene l’erroneità di tale capo di sentenza, in quanto fondato sul dato astratto e meramente qualificatorio costituito dall’oggetto della gara (concessione di servizi), senza considerare il concreto contenuto del bando/disciplinare e in particolare il punto 3, che, nello stabilire il canone concessorio annuo posto a base di gara (€ 234.000,00) su cui formulare l’offerta economica ai sensi dell’art. 17, lett. d), vi ricomprende il “canone ammortamento investimenti” (€ 98.900,00), e gli artt. 2 e 8 del capitolato speciale di concessione, che ricomprendono espressamente nel suo oggetto anche i lavori di ammodernamento dell’impianto, riferendoli alla categoria OG10.

Per D, da tali norme si deriva che i costi relativi ai lavori sull’impianto, peraltro di rilevante importo (€ 1.210.244,00), sono inclusi nel canone di concessione, e, quindi nell’offerta economica e nel ribasso percentuale, sono soggetti alla verifica di congruità di cui all’art. 97 comma 5 lett. d) d.lgs. 50/2016, e fanno parte della remunerazione del concessionario: gli operatori economici concorrenti avevano pertanto l’obbligo di indicare nell’offerta economica i costi della manodopera per i lavori, anche perché il bando/disciplinare, nel richiamare al punto 17 l’obbligo ex art. 95 comma 10 si riferisce indistintamente alle “prestazioni oggetto dell’appalto”, e la loro mancata indicazione integra una ipotesi non di sottostima, bensì di omessa indicazione a effetto escludente, come affermato da questa Sezione in una fattispecie sovrapponibile (Cons. Stato V, 17 febbraio 2022, n. 1191).

Sempre secondo D, l’ipotesi che il costo dei lavori non sia ricompreso nell’offerta economica non si tradurrebbe nella deroga all’obbligo della loro indicazione, trattandosi di attività che il concessionario è obbligato a effettuare e tenuto conto della ratio di salvaguardia dei diritti dei lavoratori impiegati nell’esecuzione delle commesse pubbliche che ispira l’art. 95 comma 10 d.lgs. 50/2016 e delle sue finalità. In altri termini, per l’appellante, l’obbligo di indicare il costo della manodopera nella gara de qua sussisteva anche indipendentemente dalla sua relazione con una attività oggetto dell’offerta economica, come ritiene affermato da altra decisione della Sezione (Cons. Stato, V, 8 marzo 2018, n. 1500).

Infine, l’appellante evidenzia che il canone di concessione, comprendendo l’ammortamento degli investimenti, remunera anche i lavori in oggetto e il rischio che con essi si assume il concessionario, sicchè l’appalto di cui trattasi è assimilabile a un appalto ordinario, in quanto si pone al di fuori dello schema tipico della finanza di progetto, che esclude in radice detta remunerazione, essendo in esso fissato, ai fini del raggiungimento dell’equilibrio economico-finanziario, un prezzo (canone) non superiore al 49% dell’investimento complessivo (art. 165 comma 2 d.lgs. 50/2016), mentre nel caso di specie il canone copre tutte le prestazioni richieste al concessionario, costo dei lavori compresi.

3.3. Il motivo è infondato.

3.4. Come sottolineato dalla sentenza appellata, la concessione riguarda unicamente la gestione ventennale degli impianti di pubblica illuminazione, previo loro efficientamento energetico e riqualificazione tecnologica: si tratta quindi di una concessione di servizi, cui consegue l’obbligo della concessionaria di gestire il servizio di pubblica illuminazione, dopo aver efficientato e ammodernato l’impianto, a fronte della remunerazione costituita dal pagamento di un canone onnicomprensivo.

Indi, ancorchè il progetto nel suo complesso implichi, nell’ambito della gestione del servizio per un importo a base di gara pari a € 4.680.000, corrispondente al “canone di concessione per 20 anni” (bando/disciplinare, quadro economico punto 3, voce A2), l’esecuzione di lavori per € 1.210.244, la competizione tra i concorrenti ha riguardato esclusivamente la gestione del servizio di pubblica illuminazione, sulla cui sola base, e tenuto conto del relativo importo, gli operatori economici hanno formulato l’offerta economica, esprimendo il ribasso percentuale.

Il costo dei lavori di efficientamento energetico e riqualificazione tecnologica, ancorchè indicato distintamente nel quadro economico del bando, è pertanto cosa diversa dal canone di concessione sul quale si è fondata la gara, costituendo l’investimento integralmente posto a carico dell’aggiudicataria, sulla quale ricade il relativo rischio, in conformità all’istituto del project financing , atteso che per detti lavori l’Amministrazione non corrisponde alcuna remunerazione.

La conclusione resta ferma anche considerando che, come sottolinea l’appellante, una parte del canone di concessione si riferisce all’ammortamento degli investimenti.

In particolare, da tale previsione non può dedursi che il concorrente avrebbe dovuto indicare nell’offerta economica il costo della manodopera relativo ai lavori, in quanto una cosa è la remunerazione, ovvero il pagamento di un determinato corrispettivo per l’esecuzione di un lavoro o per la prestazione di un servizio, altra cosa è l’ammortamento. Esso costituisce lo strumento per misurare la riduzione di valore che un determinato bene facente parte del patrimonio di impresa, strumentale all’esercizio dell’attività, subisce con il passare del tempo, ed è calcolata al solo fine di accertare l’effettiva situazione patrimoniale dell’imprenditore a una determinata data. E’ quindi un meccanismo contabile finalizzato a suddividere l’incidenza di un costo in una pluralità di annualità, tendenzialmente coincidenti con il periodo di utilizzazione del bene al quale si riferiscono (Cons. Stato, V, 21 giugno 2013, n. 3403, che cita Cass. civ., Sez. trib., 18 febbraio 2009, n. 3858, e Cass. n. 8347 del 2006).

Sotto altro profilo, per la gara de qua , la realizzazione dei lavori è strumentale alla gestione del servizio, nella prospettiva, e non nella certezza, di poter recuperare nel tempo, in tutto o in parte, secondo la struttura della singola offerta e i risultati di gestione, il relativo costo con l’incasso del canone di concessione annuale, sicchè il fatto che nel canone rientri una quota di ammortamento è previsione che non neutralizza il rischio dell’attività di impresa, poiché il risultato economico dell’investimento effettuato resta comunque dipendente dalla efficienza e oculatezza nella gestione del servizio: D non può quindi essere seguita neanche quando afferma che nella specie non si tratta di una procedura di finanza di progetto, bensì di un vero e proprio contratto di appalto.

In definitiva, il costo della manodopera è una componente dell’offerta economica (art. 95 comma 10 d.lgs. 50/2016) e nella gara de qua l’offerta economica, incentrata sul solo servizio di gestione e manutenzione dell’impianto, non riguardava l’esecuzione dei lavori, il cui costo non era assoggettato ad alcun ribasso.

Nulla muta considerando la giurisprudenza della Sezione invocata dall’appellante, che non è sovrapponibile al caso di specie, riguardando la prima decisione (n. 1191/2022) l’obbligo dei concorrenti di indicare i costi della manodopera non solo per i servizi “programmati” ma anche per quelli “non programmati” in quanto entrambi ricompresi nell’offerta, la seconda (n. 1500/2018) la verifica di congruità di una offerta implicante, attraverso il ricorso al subappalto, l’utilizzo di manodopera a costi inferiori ai minimi salariali.

Può solo aggiungersi, per mera completezza che, come rappresentato dal Comune resistente, il RTI A2A ha contabilizzato il costo della manodopera per i lavori nell’ambito del computo metrico presentato in sede di gara.

4. D ha contestato in primo grado il conseguimento da parte dell’offerta tecnica del RTI A2A di 13 punti per gli elementi valutativi di tipo soggettivo di cui al punto 18.1 del bando/disciplinare, la cui mancata attribuzione, in tutto o in parte, avrebbe comportato l’esclusione del RTI per mancato raggiungimento della “soglia minima di sbarramento” di 40 punti stabilito nello stesso punto, sostenendone la non spettanza, in quanto i relativi requisiti erano in possesso della sola mandante S e non anche della mandataria A2A.

4.1. Il T ha respinto la censura con la seguente motivazione:

In mancanza di un’espressa previsione della lex specialis che imponga che gli elementi giustificativi del punteggio siano posseduti in capo a ciascuna impresa che componga il RTI, il possesso del requisito del punteggio, posseduto una sola impresa componente il RTI si estende a vantaggio di tutto il RTI, senza che occorra accertare il possesso del requisito in capo a tutte le

imprese che partecipano al raggruppamento. Peraltro, il Comune resistente nella memoria depositata in data 23.5.2022 ha affermato che la stessa D s.r.l., sia nel ricorso originario sia nei primi motivi aggiunti, avrebbe ammesso che le imprese facenti parte del RTI sarebbero tutte coinvolte indistintamente nella esecuzione di ciascuna delle prestazioni oggetto dell’appalto, con la sola eccezione della fornitura della energia elettrica, così qualificando come orizzontale il RTI con prestazioni quindi ricadenti su tutti gli operatori del Raggruppamento aggiudicatario.

Insomma, il RTI è qualificabile come orizzontale, e ciascuno dei punteggi contestati dalla ricorrente non attiene a requisiti di partecipazione, ma riguarda attività che possono essere svolte indistintamente da tutti gli operatori che compongono il raggruppamento. Sul punto quindi il

Collegio condivide l’orientamento della giurisprudenza in base al quale nel RTI di tipo orizzontale le imprese eseguono le stesse prestazioni e sono obbligate in solido nei confronti della stazione

appaltante, così che è giustificata la scelta dell’Amministrazione di assegnare i punteggi in contestazione al RTI nel suo insieme (T.A.R. Lombardia, Milano, sez. IV, 16/11/2021, n. 2536) ”.

4.2 . D sostiene con la prima parte del secondo motivo di appello che tale capo di sentenza è erroneo, in quanto il RTI A2A è un raggruppamento di tipo misto e non orizzontale e una parte, anche consistente, delle prestazioni, segnatamente la fornitura dell’energia elettrica, è di spettanza esclusiva della capogruppo A2A, come si rinviene da quanto esplicitato dalle componenti del RTI sia nelle istanze di partecipazione alla gara che nella dichiarazione di impegno a costituire il raggruppamento, che prevede che l’attività di fornitura di energia elettrica, che nell’affidamento de quo assume rilevanza qualitativa e quantitativa (rispetto al canone di concessione annuo pari a € 234.000,00, la quota “corrispettivo energia”, pari a € 86.000,00, rappresenta il 37% del valore dell’appalto) è di spettanza esclusiva della capogruppo, cosa del resto riconosciuta anche dalla sentenza impugnata.

Prosegue l’appellante rilevando che, una volta accertata la natura mista del RTI A2A, viene meno l’intero l’impianto argomentativo del decisum di primo grado sulla questione in esame, e, in ogni caso, non mancano autorevoli precedenti giurisprudenziali secondo cui, ai fini dell’attribuzione del punteggio per gli elementi valutativi di tipo soggettivo, anche nell’ipotesi di raggruppamento di tipo “orizzontale”, occorre che ne siano in possesso tutti i membri del raggruppamento, se - come nella specie - si tratti di criteri da valutare secondo il metodo cd. on/off ed il bando non disponga alcunché in senso contrario (C. Stato, sez. V, 17 marzo 2020, n. 1916).

4.3. Sul punto, osserva il Collegio che l’appellante non mette in dubbio che, come osservato dal giudice di prime cure, non si tratta di requisiti di qualificazione, bensì di elementi, di carattere soggettivo, di valutazione dell’offerta tecnica.

Ciò posto, questa Sezione del Consiglio di Stato, ha affermato, in riferimento alle certificazioni di qualità [di cui le leggi di gara possono prevedere il possesso sia come requisito di partecipazione sia come criterio valutativo dell’offerta finalizzato all’attribuzione di punteggi premiali (Cons. Stato, III, 12 luglio 2018, n. 4283;
V, 22 ottobre 2018, n. 6026;
III, 27 settembre 2016, n. 3970)], un principio atto a essere traslato nella fattispecie;
in particolare, ha ritenuto che quando il possesso della certificazione costituisce non un requisito di ammissione alla procedura, bensì un elemento integrativo e di valorizzazione dell’offerta, e la legge di gara non ne richieda il possesso, a pena di inammissibilità, in capo a ogni componente del raggruppamento, e inoltre non preveda distinzioni, nell’ambito dell’oggetto contrattuale, tra prestazioni principali e prestazioni secondarie (di tal che tutte le imprese che concorrano in forma di raggruppamento temporaneo siano abilitate a eseguire le medesime lavorazioni, non separabili né distinguibili, in termini qualitativi), ai fini del riconoscimento del punteggio aggiuntivo per l’individuazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa le certificazioni di qualità sono da ascrivere al RTI nel suo complesso (V, 16 marzo 2020, n. 1881).

Tale indirizzo ermeneutico è sostanzialmente confermato dalla più recente decisione di questa Sezione (Cons. Stato, V, 1° dicembre 2022, n. 10566), che, tenendo conto dei contrapposti precedenti giurisprudenziali sulla questione (tra cui la decisione n. 1916/2020 invocata dalla appellante), afferma che:

- “ quando le certificazioni di qualità siano richieste per la valutazione delle offerte tecniche, esse devono essere funzionali a qualificare l’offerta tecnica dal punto di vista oggettivo, cioè ad offrire garanzie di qualità dell’esecuzione delle prestazioni contrattuali, senza tradursi in un indebito vantaggio per gli operatori economici che, sul piano soggettivo, possano vantare certificazioni o marchi che prescindano dal contenuto dell’offerta. Il relativo apprezzamento è rimesso in toto alla stazione appaltante ;

- quindi la legge di gara, ferma restando, naturalmente, la sua sindacabilità sotto il profilo della ragionevolezza, proporzionalità e adeguatezza (e nella specie la legge di gara non è in contestazione) può “ variamente connotare la rilevanza della qualità dell’offerta del concorrente, singolo o plurisoggettivo, ai fini dell’attribuzione del punteggio. Si tratta di una conclusione supportata dal testo dell’art. 95, comma 6, il quale, nel prevedere la valutazione delle offerte sulla base di caratteristiche soggettive dell’impresa, purché connesse all’oggetto dell’appalto, consente di valorizzare il possesso delle certificazioni anche in capo ad una soltanto delle imprese del raggruppamento se idoneo comunque a connotare positivamente l’offerta di quest’ultimo. Si tratta, in sostanza, di un meccanismo analogo a quello delineato dallo stesso art.95, comma 6, in relazione ad altri criteri di valutazione dell’offerta tra quelli contemplati nelle lettere da b) a g), i quali, pur potendo dipendere dalle caratteristiche soggettive di una singola impresa vengono però considerati, nel caso di imprese raggruppate, sommando, o meglio valutando complessivamente, il criterio riferito al concorrente plurisoggettivo ”;

- quindi, “ In definitiva, anche per il criterio di valutazione dell’offerta riferito al possesso di certificazioni ambientali, la disciplina va desunta dall’interpretazione della legge di gara, secondo i consueti canoni ermeneutici, con l’unico limite che qualora sia previsto un criterio c.d. on/off non è consentito all’interprete il frazionamento del punteggio ”.

Calando tali coordinate ermeneutiche nel caso di specie, la censura in esame si rivela infondata.

E’ infatti dirimente che: la lex specialis (come detto qui non in contestazione) non ha in alcun modo correlato l’attribuzione del punteggio premiale al possesso degli elementi di valutazione di cui trattasi in capo a ciascun componenti del RTI;
i punteggi in parola afferiscono ad attività che possono essere svolte indistintamente da tutti gli operatori che compongono il raggruppamento, e sono del tutto estranei alla fornitura di energia elettrica, riferendosi ad altre attività (lavori, gestione e manutenzione degli impianti);
inoltre, l’attività di fornitura di energia elettrica, come noto, può essere assicurata soltanto dai soggetti abilitati a fornirla, quale è A2A.

4.4. Alla luce delle conclusioni dianzi rassegnate risultano infondate anche le censure formulate nella seconda parte del motivo, con cui, in relazione ad alcuni degli elementi valutativi di cui sopra e all’attribuzione dei relativi punteggi, l’appellante:

- contesta l’affermazione del T che, sul presupposto del carattere orizzontale del RTI, ha ritenuto sufficiente la presenza del “Project Manager” nell’organigramma di una sola delle imprese del RTI;

- contesta l’affermazione del T circa il possesso in capo ad entrambe le componenti del RTI dell’elemento premiale costituito dal ‘rating di legalità”;

- contesta che la regola applicata dal T possa valere per altri elementi valutativi, di tipo squisitamente soggettivo/organizzativo.

4.5. Carente di un sottostante interesse è invece la critica alla sentenza impugnata pure formulata nell’ambito di cui trattasi in relazione all’elemento di valutazione “2.3 Impegno alla fornitura dei componenti dei sistemi luce per i 10 anni successivi alla scadenza del contratto al miglior prezzo di mercato”: anche la sottrazione del punteggio relativo a tale elemento (punti 2) non collocherebbe l’offerta tecnica del RTI A2A, che ha conseguito un punteggio complessivo pari a 42,911, sotto la “soglia minima di sbarramento” di 40 punti.

5. D, sempre ai fini dell’esclusione del RTI A2A per mancato raggiungimento della “soglia minima di sbarramento”, ha contestato in primo grado l’attribuzione al RTI A2A di 1 punto relativo al criterio valutativo “2.1 Possesso del brevetto relativo agli apparecchi proposti per l’impianto di pubblica illuminazione” e di 2 punti relativi al già citato criterio “2.3 Impegno alla fornitura dei componenti dei sistemi luce per i 10 anni successivi alla scadenza del contratto al miglior prezzo di mercato”, sostenendo che le componenti del RTI A2A non possedevano neanche singolarmente detti elementi di valutazione.

In particolare, D ha evidenziato che, per il primo criterio, A2A ha dichiarato il possesso del brevetto per una parte soltanto degli apparecchi proposti, in quanto l’offerta tecnica del RTI ha previsto l’istallazione di n. 114 proiettori a LED per i quali non è in possesso di brevetto, e che, per il secondo, S ha reso una dichiarazione difforme da quella richiesta, non essendosi impegnata, come prescritto dalla lex specialis , “alla fornitura dei componenti dei sistemi luce per i 10 anni successivi alla scadenza del contratto al miglior prezzo di mercato”, limitando il suo impegno alle “migliori condizioni di mercato” e agli “acquisti in rete della PA o strumento utilizzato dalla PA a quella data” e non al mercato tout court .

5.2. Il T ha respinto le censure rilevando che “ Non è censurabile l’attribuzione del punteggio contestato, non essendo emersa l’assenza dei brevetti richiesti.

Con riguardo al punto 2.1 della griglia contenuta nel Disciplinare relativamente al “brevetto relativo agli apparecchi proposti per l’impianto di pubblica illuminazione”, la lex specialis non impone espressamente che il sistema brevettato sia applicato a tutte le 2.176 istallazioni luminose.

Con riguardo invece al punto 2.3 della griglia, relativo all’impegno a fornire componenti dei sistemi luce per i dieci anni successivi alla scadenza del contratto al miglior prezzo di mercato, non è fondata la censura relativa all’attribuzione del punteggio, in quanto non contrasta con le previsioni della lex specialis la dichiarazione resa da S, anche con riferimento ai parametri della determinazione del prezzo di mercato ”.

5.3. Il terzo motivo di appello di dirige avverso le predette conclusioni.

Quanto al primo criterio valutativo di cui trattasi, sostiene l’appellante che, contrariamente a quanto rilevato dal T, esso, per come formulato, ovvero in assenza di una specificazione al riguardo, e in quanto di tipo “on/off”, richiedesse il possesso del brevetto per tutti gli apparecchi di cui era prevista l’installazione.

Quanto al secondo, sostiene che la motivazione con cui il T ha ritenuto la conformità della dichiarazione di S è tautologica, in quanto detta dichiarazione, equivoca e limitativa, non poteva conseguire il punteggio attribuito, sia in quanto una cosa è il “miglior prezzo di mercato” e altra cosa sono le “migliori condizioni di mercato”, formulazione comprendente aspetti che travalicano il prezzo, costituente il precipuo oggetto dell’impegno, sia perchè l’impegno avrebbe dovuto riguardare il miglior “prezzo di mercato” inteso nella più ampia accezione, e non il ristretto ambito degli “acquisti in rete della PA o strumento utilizzato dalla PA a quella data”.

5.4. La seconda censura è infondata.

Il Collegio non ravvisa alcuna ragione per la quale la dizione utilizzata nella dichiarazione di S sarebbe inidonea a consacrare l’impegno negoziale relativo al prezzo, in quanto:

- se è vero che la dizione “migliori condizioni di mercato” può riguardare anche aspetti diversi dal prezzo, tuttavia non è dubbio che nel comune sentire il primo e il principale di tali aspetti è proprio il prezzo;

- il riferimento agli acquisti in rete della pubblica amministrazione individua lo sfondo naturale della fornitura di cui trattasi, sicchè il suo richiamo non risulta né limitativo né ambiguo.

5.5. La prima censura è invece carente di un sottostante interesse alla sua proposizione, atteso che anche la eventuale sottrazione del punteggio (1) assegnato per il criterio 2.1 non determinerebbe la collocazione dell’offerta tecnica del RTI A2A, che come detto ha conseguito un punteggio complessivo pari a 42,911, sotto la “soglia minima di sbarramento” di 40 punti.

6. Con l’impugnativa di primo grado D ha sostenuto, anche rimandando a una relazione tecnica, che il RTI A2A doveva essere escluso dalla gara: a) per aver allegato all’offerta economica un piano economico finanziario (Pef) privo di idonea e attendibile asseverazione, perchè mancante dell’essenziale e necessaria verifica “della congruenza dei dati con la bozza di convenzione” di cui all’art. 96 comma 4 d.P.R. 207/2010;
b) perché lo stesso Pef non ha considerato costi ineludibili e ha sottostimato altri costi, la cui valutazione o corretta valutazione restituirebbe un risultato di gestione in perdita;
c) per non aver allegato all’offerta tecnica alcuni elaborati (“elaborati grafici e descrittivi” e “relazione di compatibilità ambientale”) che il bando prescriveva come essenziali (punti 16 e 18), da cui l’indeterminatezza dell’offerta;
d) per aver previsto nell’offerta tecnica varianti vietate dal bando (punto 18);
e) per aver apportato inammissibili modifiche al contenuto negoziale della bozza di convenzione posta a base di gara, rendendo così l’offerta condizionata.

6.1. Il T ha respinto tutte tali censure con motivazioni che il quarto motivo di appello sottopone a critica, con osservazioni che non sono convincenti.

6.2. Nel respingere la doglianza di cui al punto a) il T ha rilevato che il Pef risultava regolarmente asseverato ai sensi dell’art. 96 comma 4 d.P.R. 207/2010 e conforme alle indicazioni della bozza di convenzione, ha osservato che la ricorrente non aveva dimostrato profili specifici di difformità, ha affermato che i rilievi della ricorrente relativi alla “aliquota Irap”, alla “periodicizzazione della quota energia” e “all’aggiornamento del canone”, oltre a non essere pertinenti ai fini dell’esame dell’offerta e dei requisiti, erano comunque infondati come da difese svolte da A2A nella memoria depositata il 23 aprile 2022.

Al riguardo, l’appellante continua a sostenere che l’invalidità dell’asseverazione del Pef del RTI A2A, attestandosi in essa che “i dati ed i documenti allegati al piano economico e finanziario non sono stati sottoposti a verifica di congruità” e che la verificazione è avvenuta sulla base dei dati e dei documenti “forniti dalle committenti”, escludendosi ogni responsabilità della società asseverante “circa la veridicità dei dati riportati nel Piano economico e finanziario”, con conseguente violazione dell’art. 96 comma 4 del d.P.R. 207/2010, che prevede che l’asseverazione del PEF deve accertare la “ congruenza dei dati con la bozza di convenzione ”, condizione che condurrebbe già da sola all’esclusione dell’offerta, inficiando in radice l’attendibilità dell’asseverazione e quindi del PEF, stante l’assimilabilità, come da giurisprudenza, della fattispecie della mancanza nel PEF di un’idonea e completa asseverazione a quella della sua mancata presentazione (C. Stato, sez. III, 12 ottobre 2020, n. 6042).

La censura è destituita di fondamento.

Acclarato che è pacifico che il Pef di RTI A2A è stato asseverato, e che non è in contestazione neanche l’abilitazione in possesso dell’Ente certificatore, il valore della relativa certificazione non può essere disconosciuto per il tramite delle precisazioni da questo apportate all’incombente, in quanto l’asseverazione, consistendo ai sensi dell’art. 96 comma 4 del d.P.R. 207/2010 nella “ valutazione degli elementi economici e finanziari, quali costi e ricavi del progetto e composizione delle fonti di finanziamento, e nella verifica della capacità del piano di generare flussi di cassa positivi e della congruenza dei dati con la bozza di convenzione ”, è finalizzata a esaminare e verificare la sostenibilità della struttura finanziaria del progetto, e non a effettuare una verifica sulla congruità dei singoli dati riportati nel Pef.

Del resto, come osserva A2A, anche l’asseverazione del Pef speso in gara da D utilizza precisazioni di tenore analogo a quelle qui contestate, mentre non vi è alcuna dimostrazione che nella fattispecie l’asseverazione sia affetta dalle gravi carenze che hanno dato luogo all’affermazione del principio di cui alla invocata sentenza di questo Consiglio di Stato n. 6042/2020, le quali, peraltro, in quella fattispecie, in cui si registravano “carenze formali e contenutistiche del Pef, della proposta tecnica e della bozza di convenzione”, riguardavano, a monte, la complessiva proposta di finanza di progetto, ritenuta priva “degli elementi minimi” ai fini della sua valutazione sotto i profili della corrispondenza all’interesse pubblico, della sostenibilità economica e finanziaria e della fattibilità tecnica.

6.3. D sostiene di avere denunziato in primo grado, contrariamente a quanto affermato dal T, profili specifici di difformità tra il Pef del RTI A2A e la bozza di convenzione, consistenti nel fatto che il Pef prevede l’indicizzazione trimestrale della quota energia e l’aggiornamento del canone “in base ai criteri stabiliti nel CSA”, laddove l’art. 8 della bozza di convenzione posta a base di gara prevede un’indicizzazione annuale e diversi criteri di aggiornamento.

Il rilievo è inconferente.

Sul punto, si osserva che, come emerge dalle chiare indicazioni della sentenza impugnata, il T, al di là di ogni altra osservazione, ha ritenuto l’inconsistenza delle predette censure alla luce delle specifiche difese formulate da A2A nella memoria depositata in primo grado il 23 aprile 2022: sicchè, a prescindere dalla critica di “originalità” che l’appellante indirizza a siffatta tecnica espositiva, non vi è dubbio che il giudice di prime cure, richiamandole, ha fatto proprie tali difese.

Queste difese – che evidenziano che, poiché il Pef presentato dal RTI, come riportato nelle premesse e a pagina 12, utilizza, a vantaggio di sicurezza, un incremento annuo nullo, entrambe le predette questioni (indicizzazione della quota energia trimestrale;
aggiornamento del canone) non hanno rilevanza sul calcolo degli indicatori di redditività e sostenibilità economica presentati, dal momento che questo è ipotizzato come costante durante tutta la vita della concessione, cioè non subisce alterazioni per i criteri di aggiornamento – risultano qui per un verso incontestate, e per altro verso convincenti.

6.4. Anche nel respingere la censura di cui al precedente punto b), consistente nell’utilizzazione nel Pef del RTI A2A di una aliquota Irap pari a 3,90, inferiore a quella vigente in Campania (5,72), il T ha richiamato le ridette difese di A2A che sono del seguente tenore:

“… per le società di capitali ed enti equiparati, l’aliquota ordinaria è proprio pari al 3,9%. Per convenzione nella stesura dei piani economici finanziari, la prassi è solita utilizzare tale aliquota, indipendentemente dalla specifica aliquota IRAP della regione di interesse dell’attività svolta, considerato che le variazioni regionali sono minime e non incidono sul PEF.

A tutto concedere, contestato comunque fermamente che nel caso di specie si dovesse applicare l’aliquota IRAP della Regione Campania, anche l’applicazione di tale aliquota (5,27%) non sarebbe in grado di alterare l’equilibrio economico finanziario. L’impatto è stimato in complessivi 16.000 euro su tutta la durata della concessione, con un effetto di contrazione dell’IRR di circa lo 0,11%. Essendo il TIR del progetto stimato pari al 5%, e il WACC quantificato pari al 4%, l’applicazione dell’aliquota IRAP del 5,27% porterebbe a un PEF con TIR >
WACC e quindi un VAN positivo
…”.

Ciò posto, l’appellante continua ad affermare in questa sede che il costo dell’Irap altera l’equilibrio finanziario della concessione se considerato “insieme ad altri costi omessi o sottovalutati”, quali quelli di progettazione definitiva ed esecutiva dei lavori di ammodernamento dell’impianto, censura che si rivela infondata, dal momento che A2A ha chiarito nella stessa memoria che i costi di progettazione sono ricompresi nei “lavori iniziali” del Pef, stimati in complessivi € 1.495.747,48, e non convince il contrario rilievo dell’appellante, potendo detta somma bene ricomprenderli alla luce del valore stimato dei lavori (€ 1.210.244,00).

6.5. Nel respingere la censura sub c), relativa all’indeterminatezza dell’offerta del RTI A2A per mancata allegazione all’offerta tecnica di alcuni elaborati che il bando (punti 16 e 18) prevedeva come essenziali (“elaborati grafici e descrittivi”;
“relazione di compatibilità ambientale”) il T ha osservato che il progetto di fattibilità del raggruppamento, posto a base di gara, era già munito di tutti i prescritti elementi progettuali, grafici e descrittivi.

L’appellante avversa tale conclusione affermando che un conto è la funzione del progetto di fattibilità posto a base di gara, tutt’altra è quella del progetto di fattibilità, con i relativi elaborati, che tutti i concorrenti, compreso il “promotore”, dovevano allegare alle loro offerte tecniche, tant’è che la legge di gara prevedeva che detti elaborati, a pena di esclusione, dovessero essere sottoscritti dal rappresentante legale del concorrente o da un suo procuratore. Soggiunge che, del resto, il progetto di fattibilità presentato in sede di gara dal RTI A2A è diverso da quello che aveva presentato quale promotore.

La censura, di valenza meramente formale, non coglie nel segno.

Rileva al riguardo, oltre a quanto rilevato dal primo giudice in ordine al fatto che il progetto di fattibilità del raggruppamento era stato posto a base di gara ed era già munito di tutti i prescritti elementi progettuali, grafici e descrittivi, che il raggruppamento ha presentato in gara sia una “relazione degli interventi”, sia una serie di elaborazioni grafiche di dettaglio, in tal modo ottemperando sia al punto 16 del bando, che correlava il progetto di fattibilità tecnico ed economica alla illustrazione della qualità progettuale e delle caratteristiche dell’intervento, sia al punto 18, che stabiliva i criteri di valutazione delle offerte tecniche sul presupposto della loro apprezzabilità, complessiva e in dettaglio.

6.6. Quanto alla carenza della relazione di compatibilità ambientale, l’appellante contesta il capo di sentenza con cui il T ha ritenuto che “ a parte il rilievo che la ricorrente non ha dimostrato che essa fosse richiesta espressamente dalla lex specialis, occorre evidenziare che il RTI nella proposta presentata in sede di gara ha ampiamente indicato elementi da cui valutare la sussistenza di benefici ambientali e di qualità ambientale dell’intervento (cfr. la voce ”Qualità e tecnologia dei sistemi per l'illuminazione pubblica offerti” - capitoli 4, 5, 8, 9, 10, nonché la voce “Efficienza luminosa dei moduli LED, paragrafi “Prestazione energetica degli apparecchi di illuminazione indice IPEA” e “Classificazione energetica dell’impianto di illuminazione pubblica (IPEI)”;
1.5 “Entità del risparmio energetico” - capitoli 2, 3, 4, 5 e 7)
”.

Sul punto, l’appellante afferma di avere indicato in primo grado la norma di bando che imponeva la presentazione della relazione di compatibilità ambientale, costituita dal punto 18 che, a pagina 20, prescriveva l’obbligo di allegare all’offerta tecnica “ elaborati grafici e descrittivi costituenti il progetto di fattibilità tecnica ed economica come previsti dalla vigente normativa ed in coerenza con la documentazione tecnica posta a base di gara ”, dovendosi intendere tra la vigente normativa ivi richiamata anche l’art. 23 del d.lgs. 50/2016 e gli artt. 14 e 17 del d.P.R. 207/2010, che includono detta relazione tra le componenti essenziali di un progetto di fattibilità tecnica ed economica.

Sostiene ancora l’appellante che la relazione tecnica del RTI A2A richiamata dal T come illustrativa dei benefici e delle qualità ambientali dell’intervento non poteva supplire alla mancanza della relazione di compatibilità ambientale, riguardando solo gli effetti benefici scaturenti dal risparmio energetico e non l’impatto degli interventi e dei lavori del complessivo progetto del raggruppamento, prevedente anche opere stradali.

La censura è infondata.

Premesso che il T ha rilevato una mancata dimostrazione e non una carente indicazione, è lo stesso sviluppo della censura a confermare i dubbi del giudice di prime cure circa l’inesistenza di una norma di bando che imponesse la presentazione della relazione di compatibilità ambientale.

Il punto 16 del bando/disciplinare, avente a oggetto il “Contenuto dell’offerta tecnica”, non prescrive la presentazione della relazione di compatibilità ambientale.

Il successivo art. 18, pure essendo dedicato al criterio di aggiudicazione (OEPV) e ai criteri di valutazione delle offerte, reca nel suo ambito un riquadro, titolato “Indicazioni per la predisposizione dell’offerta tecnica”, nell’ambito del quale è inserita la previsione richiamata dall’appellante.

Tanto chiarito, è d’uopo rilevare che le “Indicazioni per la predisposizione dell’offerta tecnica”, che poi riguardano anche l’articolazione delle offerte economiche (il cui contenuto è già regolato dal punto 17) e che, nel loro complesso, non sembrano trovare nell’ambito della lex specialis una appropriata collocazione, da un lato non sono munite di sanzione espulsiva, dall’altro, nel riferirsi alla produzione degli elaborati costituenti il progetto di fattibilità tecnica ed economica secondo la “normativa vigente”, sono estremamente generiche e, in quanto tali, non possono costituire la fonte della prescrizione asseritamente violata nei sensi assunti dall’appellante.

Occorre quindi orientarsi sull’aspetto sostanziale della questione, e prendere atto che la qualità ambientale del progetto è presa in considerazione dal criterio n. 1 dello stesso punto 18, titolato “Valore tecnico, funzionale ed ambientale del progetto di fattibilità tecnica ed economica e dei lavori da eseguire sugli impianti di pubblica illuminazione”, comprendente anche il sub-criterio relativo alle “Qualità e caratteristiche degli interventi e dei servizi offerti sugli impianti”, sicchè deve concludersi che, in astratto, la legge di gara ha rimesso l’apprezzamento dell’aspetto ambientale dell’intervento in tutte le sue specifiche componenti, come desumibile dall’offerta tecnica nel suo complesso, all’attribuzione del relativo punteggio.

6.7. Con altra censura del motivo in trattazione l’appellante contesta il capo di sentenza con cui, respingendo la censura di inammissibilità del progetto del RTI per l’introduzione di una variante, il T ha ritenuto che “ ’offerta del RTI A2A non contempla nessuna variante in senso tecnico, ma mere migliorie tecniche, del tutto ammissibili, quali la gradazione e colorazione della luce LED, per meglio adattare il tipo di luce al contesto di riferimento, nonché l’ampliamento di 40 punti luce per illuminazione funzionale, e la previsione di altri 5 punti luce per sistemi di messa in sicurezza di attraversamenti pedonali, nonché l’ampliamento da 60 a 90 giorni di alcuni termini di preavviso ”.

In particolare, l’appellante si duole che la diversa “temperatura di colore” e la “riduzione degli ampliamenti di punti luce a discrezione della stazione appaltante” siano state ritenute delle semplici “migliorie tecniche” e non delle varianti ai sensi dell’art. 95 comma 14 d.lgs. n. 50/2016, la cui presentazione era vietata dal punto 18, pagina 19, del bando/disciplinare, categoria cui tali interventi dovrebbero essere ascritti alla luce della costante giurisprudenza amministrativa, in quanto aspetti non considerati tra gli elementi di valutazione dell’offerta tecnica analiticamente elencati al punto 18.1.

La tesi non convince, e ciò proprio alla luce della giurisprudenza amministrativa, che chiarisce che, allorquando il sistema di selezione delle offerte sia basato sul criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, le soluzioni migliorative si differenziano dalle varianti perché le prime possono liberamente esplicarsi in tutti gli aspetti tecnici lasciati aperti a diverse soluzioni sulla base del progetto posto a base di gara e oggetto di valutazione delle offerte dal punto di vista tecnico, rimanendo comunque preclusa la modificabilità delle caratteristiche progettuali già stabilite dall’Amministrazione, mentre le seconde si sostanziano in modifiche del progetto dal punto di vista tipologico, strutturale e funzionale, per la cui ammissibilità è necessaria una previa manifestazione di volontà della stazione appaltante. In tale prospettiva, le proposte migliorative consistono in soluzioni tecniche che, senza incidere sulla struttura, sulla funzione e sulla tipologia del progetto a base di gara, investono singole lavorazioni o singoli aspetti tecnici dell’opera, lasciati aperti a diverse soluzioni, configurandosi come integrazioni, precisazioni e migliorie che rendono il progetto meglio corrispondente alle esigenze della stazione appaltante, senza tuttavia alterare i caratteri essenziali delle prestazioni richieste (Cons. Stato, V, 15 novembre 2021;
n. 760;
25 febbraio 2021, n. 1080;
12 maggio 2020, n. 2969;
8 ottobre 2019, n. 6793;
V, 3 maggio 2019, n. 2873;
8 ottobre 2019, n. 6793;
14 settembre 2018, n. 5388;
17 gennaio 2018, n. 269 e 270;
VI, 19 giugno 2017, n. 2969;
C.G.A.R.S., 30 aprile 2018, n. 251).

In altre parole, le varianti si distinguono dalle migliorie per essere un aliud pro alio (Cons. Stato, V, 27 ottobre 2022, n. 9249;
20 giugno 2022, n. 5027, III, 9 febbraio 2021, n. 1225/2021;
V 25 luglio 2019, n. 5258;
III, 28 settembre 2018, n. 5568).

Tale condizione non è palesemente rinvenibile nel caso di specie, né in riferimento alla “diversa temperatura di colore”, del tutto inidonea ad alterare la struttura, la funzione e la tipologia dell’intervento, né tantomeno in riferimento alla possibilità, prefigurata dal progetto del RTI A2A, di riduzione dei punti luce offerti in ampliamento, sol che si consideri che tale eventualità è stata rimessa alle scelte discrezionali della stazione appaltante da effettuarsi nella fase di progettazione definitiva ed esecutiva.

6.8. Con la finale censura del motivo in trattazione l’appellante attacca la motivazione con cui il T, nel respingere la censura relativa alle modifiche apportate dal RTI alla bozza di convenzione, ha affermato che questa “ non rientra tra gli oggetti di esame ai fini del punteggio o dell’ammissione da parte della stazione appaltante, e che comunque contiene mere puntualizzazioni o semplici chiarimenti. Infine integrano elementi irrilevanti ai fini della valutazione dell’offerta e dell’attribuzione del punteggio i seguenti profili: il richiamo all’art. 176 c. 7 D. Lgs. n. 50 del 2016 per l’ipotesi di risoluzione;
la specificazione in ordine alla modalità di quantificazione dell’indennizzo in ipotesi di recesso;
la specificazione del pagamento separato tra mandante e mandataria in conformità alla indicazione dell’Agenzia delle Entrate
”.

L’appellante afferma che tale motivazione evidenzia che il T non ha bene compreso la censura respinta, in quanto essa tendeva a dimostrare che l’offerta del RTI A2A avesse assunto i caratteri di un’offerta condizionata, in quanto implicante la mancata accettazione delle clausole unilateralmente modificate, e si rivelasse contraria alla lex specialis , che non consentiva modifiche al contenuto negoziale della bozza di convenzione a base di gara, incorrendosi altrimenti nella violazione della par condicio competitorum , che sostiene essere integrata dalle modifiche unilateralmente apportate dal RTI A2A alla bozza di convenzione, in quanto esse, lungi dall’essere mere puntualizzazioni o chiarimenti, sono tutte a vantaggio del concessionario e riguardano contenuti cruciali del rapporto concessorio [metodi di “aggiornamento del corrispettivo” (art. 8);
modalità di “liquidazione del corrispettivo” (art. 9);
conseguenze per il caso di recesso dal contratto” (art. 24);
ipotesi di “risoluzione del contratto” e relative conseguenze (art. 25);
termini della comunicazione della dismissione provvisoria o definitiva degli impianti (art. 8), della voltura dei misuratori in capo al concessionario (art. 13) e del recesso del concessionario (art. 24)].

La doglianza non è persuasiva.

A fronte della mera e generica asserzione dell’appellante che le modifiche in parola sono idonee a snaturare il rapporto contrattuale con effetti a vantaggio del solo concessionario, conviene illustrare le difese svolte da A2A, che chiariscono che le previsioni contestate “ costituiscono mere puntualizzazioni derivanti dall’applicazione di norme di legge o a fine di migliore chiarezza, o addirittura prevedono condizioni migliorative per l’Amministrazione. In quest’ultimo senso si veda il riferimento all’anno di pubblicazione del project financing per il calcolo delle oscillazioni di costo dell’energia, del tutto inidoneo a determinare le conseguenze indicate dalla ricorrente in quanto, in applicazione degli indici ufficiali, la variazione di aggiornamento è del 31,6%, (e non del 135%), e cioè di €. 26.462,54. Sta di fatto che il meccanismo ufficiale di aggiornamento è lo stesso riportato nella bozza di concessione predisposta dall’Amministrazione, con l’unica eccezione – appunto - che si è precisato il riferimento all’anno 2020 (di avvio della procedura) con un beneficio di chiarezza per l’operatore e l’ente appaltante. Del pari del tutto irrilevante è la precisazione del pagamento separato tra mandataria e mandante come da indicazioni dell’Agenzia delle Entrate, la precisazione sulle modalità di calcolo dell’indennizzo in caso di recesso, od ancora il richiamo, per i casi di risoluzione, all’art. 176, co. 7, D. Lgs. 50/2016 o al PEF. Del tutto neutre, se non addirittura più favorevoli per il concedente, sono poi le previsioni che portano da 60 a 90 giorni alcuni termini di preavviso, anche al fine di renderli più coerenti con le tempistiche necessarie alla pubblica Amministrazione concedente per adottare le consequenziali decisioni ”.

Si tratta di considerazioni condivisibili, mentre, quanto al resto, come già rilevato dal T, deve osservarsi che la bozza di convenzione non costituiva oggetto di esame ai fini della gara, da cui l’impossibilità di prefigurare per via delle modifiche in parola sia la paventata lesione della par condicio che la sussistenza di una offerta condizionata.

7. Con il quinto motivo l’appellante si duole del mancato accoglimento della doglianza con cui aveva sostenuto che il RTI A2A non era titolare di un diritto di prelazione, in quanto la gara de qua , tenuto conto del concreto contenuto del bando, era una gara ordinaria, e non indetta nell’ambito della procedura di finanza di progetto con la quale, nel 2020, il raggruppamento era stato individuato quale promotore, da cui l’inapplicabilità dell’art. 183 comma 15 del d.lgs. 50/2016, e che, in ogni caso, nel suo ambito non era previsto il diritto di prelazione.

7.1. Queste le motivazioni della reiezione:

la procedura è qualificabile come finanza di progetto, a cui consegue la previsione del diritto di prelazione. Infatti, il bando-disciplinare del 24 maggio 2021 ha posto a base di gara la documentazione tecnica di cui all’art. 23, commi 14 e 15 del D.Lgs. n. 50/2016, composta, tra l’altro, dal Progetto di fattibilità, cioè dalla Proposta del promotore. Inoltre, nel quadro economico sono indicate le seguenti voci, che in modo non equivoco richiamano la procedura di finanza di progetto: C7 spese tecniche art. 183, c. 9, D.Lgs. 50 del 18.04.2016 (cioè predisposizione delle offerte in fase di gara da corrispondere all’aggiudicatario in caso di esercizio della prelazione);
C8 spese tecniche art. 183, c. 9, D.Lgs. 50 del 18.04.2016 (da corrispondere al promotore). Inoltre il bando-disciplinare ha espressamente previsto il diritto di prelazione.

Analoghe considerazioni possono essere svolte con riferimento alla determina prot. 108 del 2022 con cui la gara è stata aggiudicata a D lasciando impregiudicata la possibilità del diritto di prelazione. In tale determina espressamente indica lo svolgimento della procedura di finanza di progetto con conseguente possibilità di esercizio del diritto di prelazione. Peraltro, a conclusioni analoghe a quelle suggerite dal dato testuale si perviene anche considerando l’oggetto centrale della gara, costituito dalla concessione relativa all’impianto di pubblica illuminazione comunale mediante finanza di progetto, e non da un appalto di lavori o servizi, risultando così infondati i contrari rilievi di parte ricorrente: l’aggiudicatario infatti avrà in concessione ventennale l’impianto di pubblica illuminazione comunale, con assunzione a proprio carico dei lavori di ammodernamento, di efficientamento, e di manutenzione, e riscuotendo dal Comune solo il canone per l’erogazione del servizio, che costituisce il corrispettivo del servizio ”.

7.2. Contro tale iter argomentativo l’appellante avanza varie critiche, tutte destituite di fondamento.

In particolare:

a) è vero che il fatto che la gara avesse a oggetto la concessione di un servizio non significa che si tratti di una procedura di progetto di finanza, tuttavia il primo giudice non ha assolutamente operato siffatta equazione, bensì ha qualificato la gara sulla base del percorso procedimentale in cui essa si è inserita e delle specifiche previsioni in essa contenute;

b) è già stato sopra escluso (capo 3.4.) che la gara possa essere ritenuta di tipo ordinario solo perché una parte del canone di concessione si riferisce all’ammortamento degli investimenti del concessionario;

c) le circostanze che il bando richiamasse il “progetto di fattibilità (Proposta del promotore)” ponendolo a base di gara e prevedesse, nel quadro economico, le voci C7 e C8 relative alle spese tecniche ex art. 183 comma 9 d.lgs. 50/2016, non sono elementi “spuri”, ma elementi che qualificano la tipologia della procedura competitiva, restando invece irrilevante che i concorrenti potessero presentare un nuovo “progetto di fattibilità-tecnica ed economica” (punto 16 del bando), ciò che non priva il “progetto di fattibilità (Proposta del promotore)” della sua funzione individuativa della natura della procedura e del suo oggetto, in coerenza con la regolazione delle spese tecniche di cui sopra in modo del tutto conforme alla tipologia della finanza di progetto;

d) non si ravvisa la denunziata divaricazione tra la pregressa procedura di finanza di progetto e la gara de qua .

In particolare, non può dirsi, come fa l’appellante, che la pregressa procedura riguardasse una concessione di lavori, tanto non essendo consentito né alla luce del suo oggetto, come risultante dalla delibera giuntale n. 151/2020 (“procedura mediante finanza di progetto per l’affidamento in concessione degli interventi di efficientamento e rendimento energetico, riqualificazione tecnologica e gestione degli impianti di illuminazione pubblica”) né da quanto emergente sia dalla stessa delibera che dalla delibera consiliare n. 46/2020 (che ha inserito l’intervento nel programma biennale 2020/2021 di acquisizione di beni e di servizi) e dalla determina a contrarre n. 193/2021, che si riferiscono entrambe a una procedura di finanza di progetto riguardante la concessione di servizi;

e) ai fini della qualificazione della tipologia della procedura, è del tutto indifferente che l’Amministrazione, a maggior tutela dell’interesse pubblico, abbia previsto gli stessi requisiti di partecipazione prescritti per le procedure ordinarie di gara;

f) l’asserita differenziazione, anche sotto il profilo della documentazione richiesta per la partecipazione e delle modalità di svolgimento della gara, tra la procedura de qua e quella regolata dall’art. 183 d.lgs. 50/2016 potrebbe incidere, al più, sulla intrinseca coerenza della lex specialis , e, sussistendone un corrispondente interesse, essere fatta valere in giudizio (cosa nella specie non avvenuta), e giammai ridondare nell’attribuzione alla procedura stessa di una natura diversa da quella che va a essa inequivocabilmente attribuita sotto i profili formale e sostanziale;

g) il diritto di prelazione non è stato previsto per implicito, né emerge solo dalla determina di aggiudicazione, poi revocata, a D, risultando chiaramente dal punto 3, voce C7 del bando/disciplinare, che fa riferimento alle “ spese tecniche art. 183 comma 9 Legge 50 del 18.4.2016 (predisposizione delle offerte in fase di gara – da corrispondere alla aggiudicataria in caso di esercizio della prelazione) ”.

8. L’appellante aveva sostenuto in primo grado che il RTI A2A dovesse essere escluso dalla procedura in quanto, in occasione del trasferimento, in corso di gara, del ramo d’azienda da S s.p.a. a S Illuminazione Pubblica s.r.l. e del subentro di quest’ultima nella posizione di mandante del RTI, e nel rilevante arco temporale intercorrente tra il predetto trasferimento (26 novembre 2021) e la relativa comunicazione al Comune (17 febbraio 2022), S s.p.a. ha continuato a partecipare alla gara quale mandante del RTI controinteressato, benchè non fosse più titolare dei requisiti partecipativi, e comunque per mancanza di continuità, in corso di gara, del possesso della SOA e dei requisiti partecipativi di cui al punto 7.3 del bando, lettere b), “Essere una Società che fornisce servizi energetici (ESCO) certificata ai sensi della UNI CEI 11352-2014”), ed f), “Avere, per proprio organico, un EGE certificato ai sensi della norma UNI CEI 11339:2009”).

8.1. Il T ha respinto dette censure con le seguenti motivazioni:

- “ non sussiste alcun motivo di esclusione derivante da asserita soluzione di continuità del possesso dei requisiti ”, in quanto “ l’operazione di trasferimento d’azienda è avvenuta all’interno del medesimo gruppo societario ”, essendo S s.p.a,. che ha costituito S Illuminazione Pubblica s.r.l., l’unico socio, la controllante totale e il soggetto che nomina gli amministratori e i sindaci, ciò che “ ha comportato che il sostrato sostanziale che ha consentito alla cedente di ottenere le certificazioni è stato integralmente trasferito alla cessionaria, così che quest’ultima, senza soluzione di continuità, è divenuta titolare degli elementi che giustificano le certificazioni, e la stazione appaltante, dopo il trasferimento, ha positivamente accertato in capo alla cessionaria il possesso dei requisiti già verificati in capo alla cedente ”.

- è irrilevante il “ dato formalistico della intrasferibilità della attestazione SOA e dei conseguenti tempi tecnici necessari per il rilascio della nuova attestazione in favore della cessionaria di azienda, ciò non potendo giustificare l’esclusione in quanto altrimenti verrebbe vanificata la stessa possibilità di effettuare un trasferimento di azienda” ;

- in particolare, “l’interpretazione fornita da parte ricorrente determinerebbe un’interpretatio abrogans dell’art. 106 D. Lgs. 50/2016, impedendo di fatto le operazioni di trasferimento in corso di gara, con inammissibile compromissione non solo del favor partecipationis, ma anche della libertà imprenditoriale ”;

- “ la cedente S SPA dispone della certificazione UNI CEI 11352:2014 (requisito di ESCO) con scadenza in data 10.06.2022, mentre la cessionaria S Illuminazione Pubblica S.r.L. dispone della certificazione UNI CEI 11352:2014 a decorrere dalla data del 11.1.2022 e con scadenza in data 10.01.2025 ed ha potuto conseguire tale certificazione proprio sulla base del trasferimento di azienda e del conseguente conferimento degli elementi aziendali prima appartenenti alla cedente. È quindi evidente che il rilascio della certificazione in favore della cessionaria mai avrebbe potuto essere contestuale al trasferimento di azienda, il quale è quindi un presupposto per il rilascio della certificazione alla cessionaria, ovviamente però richiedendosi tempi tecnici affinchè siano certificati i requisiti per il rilascio in favore della cessionaria, pur se gli elementi materiali che giustificano il rilascio della nuova certificazione sono stati trasferiti dalla cedente alla cessionaria senza soluzione di continuità al momento della stipula del trasferimento di azienda ”;

- “ Peraltro la cessionaria, subito dopo la iscrizione alla Camera di Commercio avvenuta in data 1.12.2021, si è diligentemente attivata al fine di ottenere il rilascio di tutte le certificazioni e attestazioni in discorso;
la diligente attivazione per il rinnovo è circostanza dirimente al fine dell’accertamento della continuità del possesso dell’attestazione SOA, avendo la giurisprudenza evidenziato che «Al fine della verifica della continuità del possesso del requisito di cui all’attestato di qualificazione, è sufficiente che l’impresa abbia stipulato con la SOA il relativo contratto, o abbia presentato una istanza di rinnovo idonea a radicare l’obbligo dell'organismo di eseguire le connesse verifiche, nel termine normativamente previsto, cioè nei 90 giorni precedenti la scadenza del termine di validità dell’attestazione, ai sensi dell’art. 76, comma 5, del d.P.R. n. 207 del 2010 (ex multis , Cons. Stato, Ad. plen. n. 16 del 2014;
n. 27 del 2012;
V, 8 marzo 2017, n. 1091). Diversamente, il decorso dei predetti 90 giorni non preclude di per sé il rilascio dell’attestazione: essa deve però considerarsi nuova e autonoma rispetto all’attestazione scaduta, e comunque decorrente, quanto a efficacia, dalla data del suo effettivo rilascio, senza, cioè, retroagire al momento di scadenza della precedente, ovvero senza saldarsi con quest'ultima (Cons. Stato, V, 6 luglio 2018, n. 4148)» (Cons. Stato, sez. V, 18/11/2020, n. 7178). Dopo essersi diligentemente attivato, il concorrente ha conseguito, dopo un tempo ragionevolmente breve, la SOA in data 21.12.2021, e la certificazione UNI-CEI 11352:2014 in data 11.1.2022, e così effettuando all’esito la comunicazione del mutamento soggettivo al Comune di Montecorvino Rovella in data 17.2.2022
”.

8.2. I predetti capi di sentenza, avversati con il sesto motivo, vanno interamente condivisi, e del resto non costituiscono oggetto di vere e proprie confutazioni, in quanto la censura si limita a riesporre fatti e questioni già rappresentati e sollevati in primo grado e a riassumere le motivazioni del T, con un velo critico che non assurge al livello di reale contrapposizione delle motivazioni giuridiche che hanno sostenuto le conclusioni del primo giudice.

In particolare:

a) non sono comprensibili le ragioni per le quali l’appellante lamenta che il T abbia descritto il “sostrato sostanziale” del fenomeno successorio costituito dal trasferimento di ramo d’azienda posto in essere, nel cui ambito non si nega in alcun modo che la cessione sia intervenuta tra due distinti e autonomi soggetti giuridici, ma solo si sottolineano le condizioni che hanno caratterizzato il “passaggio” delle certificazioni di cui sopra dalla cedente alla cessionaria, che è stato poi puntualmente illustrato anche sotto il profilo procedimentale e formale;

b) la questione della carenza della continuità del possesso dei requisiti di cui alle predette certificazioni viene ripetuta come se il T non l’avesse affrontata e motivatamente respinta.

Quanto invece alla mancanza di continuità del possesso di cui al punto 7.3. del bando, lettera f), consistente nell’avere “per proprio organico un EGE certificato ai sensi della norma UNI CEI 11339:2009”, e al fatto che l’EGE indicato dalla originaria mandante S s.p.a , nominativamente individuato, non era più dipendente né della cedente né della cessionaria da marzo 2022, censura che l’appellante sostiene non essere stata esaminata dal primo giudice, basti osservare che nei secondi motivi aggiunti proposti in primo grado (pagina 12) l’appellante osservava che S IP aveva assunto detto EGE il 2 dicembre 2021.

9. E’ infondato il settimo motivo, con cui l’appellante torna a sostenere che il RTI A2A era privo del requisito partecipativo “Coordinatore della sicurezza” ex art. 98 d.lgs. 81/2008, avendolo indicato senza allegare il contratto di avvalimento.

Il T ha respinto la censura rilevando come la lex specialis , al punto 7.7, prevedesse al riguardo solo che il coordinatore della sicurezza dovesse possedere la relativa abilitazione, e non la necessità di stipulare un contratto di avvalimento per munirsene.

La conclusione va condivisa: la contraria tesi dell’appellante è fondata su un non consentito parallelismo tra tale figura e quella del progettista, in quanto la circostanza che le due figure professionali siano regolate dalla stessa norma di bando non si traduce nella loro sottoposizione allo stesso regime giuridico.

10. L’appellante ha sostenuto in primo grado che il RTI A2A avrebbe dovuto essere escluso dalla procedura perchè la garanzia provvisoria presentata ai fini della partecipazione era scaduta il 25 dicembre 2021 e non era stata rinnovata, e che, quindi, era venuto meno l’impegno a rilasciare la garanzia definitiva prescritta dalla legge di gara e dall’art. 93 d.lgs. 50/2016.

10.1. Il T ha respinto la censura rilevando che il bando prevedeva, al punto 10, che l’offerta dovesse avere una validità di 180 giorni ed essere corredata dall’impegno del garante a rinnovare la garanzia ai sensi del citato art. 93 comma 5 per ulteriori 180 giorni, nel caso in cui al momento della sua scadenza non fosse ancora intervenuta l’aggiudicazione, e tanto su richiesta della stazione appaltante, richiesta nella specie mai formulata.

Ha ulteriormente osservato che il RTI aveva comunque prodotto la dichiarazione di impegno al rilascio della garanzia definitiva, manifestazione di volontà che, avendo carattere di autonomo negozio giuridico, non aveva perso efficacia alla scadenza della garanzia provvisoria.

10.2. L’appellante contesta tale capo di sentenza osservando che, ai sensi del punto 10 del bando, la richiesta della stazione appaltante è prevista solo per l’estensione temporale della garanzia provvisoria (la garanzia provvisoria, se prestata in forma di fideiussione, dovrà “ essere corredata dall’impegno del garante a rinnovare la garanzia ai sensi dell’art. 93, comma 5 del Codice, su richiesta della stazione appaltante per ulteriori 180 giorni, nel caso in cui al momento della sua scadenza non sia ancora intervenuta l’aggiudicazione ”), e non per l’impegno a rilasciare la garanzia provvisoria definitiva, sicchè il RTI avrebbe dovuto provvedere autonomamente a estendere l’efficacia temporale di detto impegno.

Contesta altresì la possibilità di considerare il ridetto impegno autonomo rispetto alla cauzione provvisoria nella quale esso è contenuto.

11.2. La tesi non convince, sia perché fondata esclusivamente sulla “contestualità” dell’impegno rispetto alla garanzia provvisoria, cosa che di per sé nulla dice sulla questione posta dal T, sia per la semplice ed evidente ragione che, anche a voler escludere l’autonomia dell’impegno, a maggior ragione la sua scadenza lo avrebbe sottoposto allo stesso regime (di “richiesta” della stazione appltante), previsto dalla legge di gara per la scadenza della garanzia provvisoria.

11. L’ultimo motivo di appello si dirige avverso il capo di sentenza con cui il T ha respinto la censura secondo cui l’atto di trasferimento del ramo d’azienda da S s.p.a. a S I.P. s.r.l., con conseguente subentro in corso di gara di questa nella posizione di mandante del RTI, non aveva comportato un effetto traslativo degli elementi valutativi di tipo soggettivo di cui al punto 18.1 del bando, il cui possesso ha determinato l’attribuzione al RTI di tredici punti, e che comunque non era stato verificato che la cessionaria fosse effettivamente subentrata nel possesso di tali requisiti di tipo soggettivo.

11.1. Il T ha ritenuto l’infondatezza delle doglianze rilevando che:

- “ dagli atti emerge che la Stazione appaltante, nella già citata Determina di aggiudicazione n. 292 del 4.4.2022, ha dato conto di avere verificato che con conferimento di ramo di azienda è stato previsto il trasferimento alla nuova Società “dei requisiti economico-finanziari e tecnico-organizzativi” in precedenza già in capo a S s.p.a. e concernenti, quindi, l’intero ramo d’azienda conferito. Quindi è accertato il possesso di tutti i requisiti in capo alla cessionaria ”;

- “ in base al trasferimento di azienda sono stati trasferiti alla cessionaria tutti gli elementi aziendali, quindi anche quelli inclusi nel presente motivo di ricorso, e la circostanza che è stato accertato il possesso di tutti i requisiti in capo alla cessionaria è confermato anche dal citato decreto di aggiudicazione n. 292 del 2022 ”.

11.2. Per l’appellante, la determina n. 292/2022 dà conto della verifica del possesso in capo alla subentrata dei soli requisiti di partecipazione, e non anche degli elementi valutativi, dei quali pertanto non sussiste prova del trasferimento.

Prosegue l’appellante che il trasferimento degli elementi valutativi non è provato neanche dall’atto di conferimento del ramo d’azienda, ancorchè questo abbia previsto il trasferimento “dei requisiti economici-finanziari e tecnico-organizzativi”, sia perché tale formulazione ha carattere generale e non consente di verificare quali dei ridetti elementi valutativi di tipo soggettivo vi siano ricompresi, sia perché, trattandosi di trasferimento di ramo d’azienda riguardante il solo settore della pubblica illuminazione, e alcuni degli elementi di valutazione riguardavano l’attività di realizzazione e gestione di impianti in generale, non è invocabile il principio universalistico della cessione dell’azienda o di un ramo della stessa, secondo cui i singoli elementi che compongono il compendio aziendale sono di per sè tutti trasferiti alla cessionaria, senza necessità di specificarli uno per uno.

11.3. Il motivo è infondato.

Come già rilevato dal T, la stazione appaltante, nella determina di aggiudicazione, ha dato atto che, a seguito del conferimento di ramo di azienda, “i requisiti economico-finanziari e tecnico-organizzativi” della cedente “sono stati interamente trasferiti” alla cessionaria.

Gli elementi valutativi vanno ascritti nella predetta seconda categoria, e in ogni caso il loro trasferimento consegue alla cessione di ramo d’azienda, che riguarda proprio il settore della pubblica illuminazione investito dall’appalto, e, quindi, come rimarcato dal T, tutti gli elementi aziendali che la compongono.

12. Per tutto quanto precede, l’appello va respinto.

Le spese del grado seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

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