Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2015-07-07, n. 201503381

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2015-07-07, n. 201503381
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201503381
Data del deposito : 7 luglio 2015
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 10302/2014 REG.RIC.

N. 03381/2015REG.PROV.COLL.

N. 10302/2014 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 10302 del 2014, proposto da:
M A, rappresentato e difeso dagli avv. S D P e G D P, con domicilio eletto presso la Srl Italia Regus Business Centres in Roma, piazza del Popolo, 18;

contro

Comune di Campobasso;
Ufficio Elettorale Centrale presso il Tribunale di Campobasso, Commissione Elettorale Circondariale di Campobasso, U.T.G. - Prefettura di Campobasso e Ministero dell'Interno, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura dello Stato, domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi, 12;

nei confronti di

Gianluca M, rappresentato e difeso dagli avv. Demetrio Rivellino e Stefano Scarano, con domicilio eletto presso l’avv. Clementino Palmiero in Roma, Via Albalonga, 7;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. MOLISE - CAMPOBASSO: SEZIONE I n. 00646/2014, resa tra le parti, concernente la proclamazione degli eletti nell’elezione del Consiglio Comunale di Campobasso del 25 maggio 2014.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’U.T.G. - Prefettura di Campobasso, del Ministero dell'Interno e di Gianluca M;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 21 aprile 2015 il Cons. Paolo Giovanni Nicolò Lotti e uditi per le parti gli avvocati S D P, Stefano Scarano, Demetrio Rivellino e l'Avvocato dello Stato Stefano Varone;


FATTO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Molise, Sez. I, con la sentenza 27 novembre 2014, n. 646, ha dichiarato inammissibile il ricorso per l’annullamento del Verbale di proclamazione dei consiglieri comunali eletti relativo alle elezioni del Consiglio Comunale di Campobasso svoltesi il 25 maggio 2014, nella parte in cui l’Ufficio Elettorale Centrale, a seguito della ripartizione del numero dei seggi spettante a ciascuna lista, ha proclamato eletto alla carica di Consigliere Comunale per la lista n. 8 avente il contrassegno Segnale Civico, collegata con il candidato A B alla carica di sindaco, il Sig. Gianluca M ed ha posto in graduatoria, come primo dei non eletti, il ricorrente M A e per la conseguente ricollocazione di M A, previa correzione del Verbale di proclamazione dei consiglieri comunali eletti, quale primo degli eletti con sua proclamazione alla carica di Consigliere Comunale di Campobasso.

Il TAR fondava la sua decisione rilevando, sinteticamente, che il ricorso era generico, in quanto sfornito del benché minimo principio di prova e mirante, in modo surrettizio, ad ottenere un riesame di numerose schede di voto a fini meramente esplorativi.

Secondo il TAR, inoltre, nel caso di specie la gran parte delle censure risultano formulate in maniera non univoca, nel senso che nel corpo di ciascuna di esse sono declinate diverse fattispecie astrattamente idonee a determinare l’effetto desiderato: una tale modalità di articolazione dei motivi di censura deve ritenersi inammissibile in quanto inficia il principio di necessaria specificità dei motivi.

Nel caso di specie, per il TAR, il ricorrente ha precisato la natura dei vizi denunziati, il numero delle schede contestate e le sezioni di riferimento, ma ha omesso ogni riferimento a circostanze concrete cui ancorare l’effettiva genesi dei vizi e di fornire riscontri documentali idonei a far ritenere, anche solo a livello presuntivo, l’esistenza dei vizi denunciati, peraltro articolati in via alternativa ed astratta, senza ancoraggio alcuno a concreti riscontri fattuali.

Per il TAR era, invece, necessario documentare, tramite l’esibizione, quanto meno parziale, dei verbali delle sezioni, in primo luogo l’effettiva esistenza, poi il numero delle schede dichiarate nulle in ciascuna sezione e, infine, le motivazioni per cui le schede sono state dichiarate nulle secondo quanto specificato a p. 34 del verbale di sezione, onde accertarne l’effettiva corrispondenza con le doglianze articolate in ricorso, onde evitare che la richiesta verificazione venga svolta “al buio”, sulla ragionevole aspettativa di poter rivenire una o più schede dichiarate nulle o da dichiarare tali, effettivamente riferibili alle censure articolate in via meramente astratta ed ipotetica.

L’appellante contestava la sentenza del TAR chiedendo l’accoglimento del ricorso di primo grado e deducendo i seguenti motivi:

- Violazione e falsa applicazione d.P.R. n. 570-60;

- Violazione e falsa applicazione d.lgs. n. 267-00;

- Violazione e falsa applicazione d.P.R. n. 132-93;

- Violazione e falsa applicazione artt. 3, 97 e 117, lett. m), Cost.;

- Eccesso di potere, errore nei presupposti, illogicità, sviamento dall’interesse pubblico, imparzialità di trattamento, difetto di motivazione, manifesta ingiustizia, violazione dei principi di ragionevolezza e trasparenza.

Si costituiva il controinteressato chiedendo il rigetto dell’appello e proponendo appello incidentale, ripresentando in sostanza il ricorso incidentale di primo grado.

All’udienza pubblica del 21 aprile 2015 la causa veniva trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. 1. Preliminarmente si dà atto che il presente appello è stato ritualmente proposto mediante deposito in segreteria e notifica ai ricorrenti vittoriosi in primo grado, posto che la regola secondo cui il ricorso va notificato «unitamente al decreto di fissazione dell’udienza» (art. 130, comma 3, cod. proc. amm.) è applicabile al solo giudizio davanti al TAR, mentre per il giudizio d’appello «si applicano le norme che regolano il processo d’appello innanzi al Consiglio di Stato» (art. 131, comma 2, del codice del processo).

In particolare, grazie alla fissazione presidenziale del merito «in via d’urgenza» (art. 131, comma 2, del codice del processo) in seguito al deposito del ricorso ed alla conseguente notifica alle altre parti, anche questa modalità di vocatio in ius appare in linea con le esigenze di celerità enunciate per il contenzioso elettorale dalla legge di delega per il riassetto del processo amministrativo n. 69/2009 (art. 44).

2. Il Collegio rileva in via di fatto che la vicenda oggetto del giudizio riguarda le elezioni amministrative per il rinnovo del Sindaco e del Consiglio Comunale di Campobasso svoltesi in data 25 maggio 2014 alle quali ha partecipato l’appellante Sig. M A quale candidato alla carica di consigliere comunale per la lista n. 8 avente il contrassegno Segnale Civico collegata al candidato sindaco A B, poi risultato eletto al primo turno.

L’appellante risultava primo dei non eletti della predetta lista all’esito delle operazioni di rito e, quindi, con ricorso ritualmente e tempestivamente notificato impugnava il Verbale di proclamazione dei consiglieri comunali eletti nella parte in cui l’Ufficio Elettorale Centrale, a seguito della ripartizione del numero dei seggi spettante a ciascuna lista,aveva proclamato eletto alla carica di consigliere comunale per la lista n. 8, il controinteressato in appello, Sig. G M, primo degli eletti con 186 voti di preferenza e posto in graduatoria con un solo voto di differenza.

Secondo l’appellante, in alcune sezioni elettorali erano stati erroneamente annullati e non attribuiti voti di preferenza che invece dovevano essergli assegnati come validi mentre al controinteressato M erano stati illegittimamente attribuiti voti di preferenza che, al contrario, dovevano essere annullati.

Il controinteressato M proponeva ricorso incidentale per far accertare l’illegittimità delle operazioni elettorali in conseguenza del fatto che non gli erano stati attribuiti 48 voti di preferenza per diverse tipologie di errori vizianti e dell’illegittima attribuzione di 19 voti di preferenza al ricorrente principale per diverse tipologie di errori vizianti.

3. Il Collegio ritiene preliminarmente che il Ministero dell’Interno, la Prefettura-Ufficio Territoriale del Governo di Campobasso e la Commissione Elettorale Circondariale di Campobasso evocati in questo giudizio sono privi di legittimazione passiva per consolidata giurisprudenza amministrativa (cfr., ex multis, Consiglio di Stato, sez.V, 19 giugno 2012, n. 3557) e, pertanto devono essere estromesse.

4. Il Collegio osserva, parimenti preliminarmente, che la fondamentale decisione del Consiglio di Stato, Ad. Plen., 20 novembre 2014, n. 32, invocata per ragioni diametralmente opposte dalle parti in causa, ha stabilito i seguenti principi di diritto che qui si riportano sinteticamente:

- il principio di specificazione dei motivi, seppure lievemente temperato, richiede sempre, ai fini dell'ammissibilità del ricorso o delle singole doglianze, che vengano indicati, con riferimento a circostanze concrete, la natura dei vizi denunziati, il numero delle schede contestate, le sezioni di riferimento;

- l'osservanza dell'onere di specificità del motivo non assorbe l'onere della prova;

- un ricorso recante motivi specifici può ugualmente risultare esplorativo ogniqualvolta emerga, ad una valutazione riservata al giudicante, che con esso si punti a conseguire il risultato di un complessivo riesame del voto in sede contenziosa;

- fermo quanto emerge dal verbale, laddove il ricorrente lamenti che le determinazioni assunte dal seggio siano il frutto di una errata e perciò illegittima applicazione della normativa che regola le operazioni elettorali, l'onere della prova gravante sul ricorrente, imposto dall'art. 40 comma 1, lett. c), c.p.a., in rapporto all’art. 64, comma 1, c.p.a., è circoscritto all’allegazione di elementi indiziari, pur estranei agli atti del procedimento, ma dotati della attendibilità sufficiente a costituire un principio di prova plausibile ed idoneo a legittimare l'attività acquisitiva del giudice.

In particolare, con riguardo a quest’ultimo profilo, la menzionata decisione dell’Adunanza Plenaria ha considerato sufficienti principi di prova le dichiarazioni sostitutive dell'atto di notorietà rilasciate, ai sensi del d.P.R. n. 445-2000, da rappresentanti di lista, in epoca successiva alla proclamazione dell'esito della consultazione, anche se gli stessi soggetti non abbiano svolto contestazioni in sede di spoglio delle schede.

Pertanto, è vero che, per la peculiarità del contenzioso elettorale, quando come nella specie si richieda l'accertamento giudiziale delle illegittimità eventualmente commesse dalla sezione elettorale nella attribuzione dei suffragi o nella valutazione di validità o invalidità dei voti espressi, occorrerà procedere all’acquisizione e verifica diretta del materiale in contestazione da parte del giudice, poiché ove sia materialmente possibile l'accesso del giudice al fatto, ossia al documento che contiene la vera prova dell'errore, non è consentito al giudice pervenire ad un legittimo convincimento sulla base di una rappresentazione indiretta del fatto medesimo.

Tuttavia, tale verificazione diretta del fatto (rectius: delle schede) da parte del giudice intanto potrà essere disposta, in quanto sia acquisito in giudizio un principio di prova per iscritto sull’esistenza circostanziata degli specifici vizi così come formulati in ricorso, principio di prova la cui sussistenza rappresenta l’unico presupposto per legittimare una verificazione diretta delle schede da parte dell’ausiliario del giudice.

5. Nel caso in esame, l’attuale appellante, come ha correttamene considerato il TAR, non soltanto non risulta avere assolto all’onere probatorio che sullo stesso incombe seppure nella forma attenuata sopra precisata, ma ha proposto motivi di ricorso che, sulla base sia del tenore letterale della loro motivazione, sia sulla base del loro contenuto sostanziale, risultano meramente ipotetici, generici e in parte contraddittori.

In primo luogo, dunque, sotto il profilo della prova, si deve ripete che l’attenuazione del relativo onere non esclude, come detto, che lo stesso debba farvi fronte, anche ricorrendo ad elementi del tutto indiziari o a dichiarazioni sostitutive di atto di notorietà dalle quali evincersi la possibile fondatezza delle censure dedotte, per consentire al giudice di poter esercitare il proprio potere acquisitivo, che in assenza di allegazioni di parte finirebbe per costituire una mera verifica esplorativa ed oggettiva, sottratta al potere dispositivo delle parti, della legittimità delle operazioni elettorali, in contrasto con la natura di giurisdizione soggettiva che contrassegna l’attività del giudice amministrativo nel nostro ordinamento.

Nel caso di specie, il ricorrente in primo grado non ha depositato alcuna documentazione da cui dedurre, seppure solo in via indiziaria, la possibile esistenza dei vizi dedotti;
non ha depositato le copie dei verbali delle sezioni nelle quali i vizi si sarebbero verificati, limitatamente alle parti rilevanti ai fini di far supporre l’esistenza del vizio;
non ha prodotto alcuna dichiarazione sostitutiva di atti di notorietà da parte dei rappresentanti di lista che erano presenti in alcuni seggi che avevano certamente interesse a far valere l’errore in cui fosse incorso il seggio elettorale, poiché in ipotesi di annullamento di voti in favore dell’appellante, poteva ragionevolmente supporsi l’annullamento di voti in favore della lista di appartenenza.

Pertanto, si può ragionevolmente evincere che, nel caso in esame, i vizi dedotti siano frutto di mere ipotesi e non siano stati tratti da elementi concreti conosciuti dall’appellante, con la conseguenza che, avendo essi finalità esplorativa, mirano ad un inammissibile rinnovo delle operazioni dì scrutinio nelle sezioni indicate, in contrasto con quanto stabilito dall’invocata sentenza del Consiglio di Stato, Ad. Plen., 20 novembre 2014, n. 32.

5. In ogni caso, anche a prescindere dalla questione probatoria di cui sopra, il Collegio ravvisa un difetto evidente di specificità dei motivi di censura nel ricorso di primo grado.

Infatti, l’attuale appellante ha indicato il numero di schede e di sezioni ove i vizi si sarebbero verificati, ma non ha dedotto in modo equivoco la fattispecie viziata, bensì ha formulato più fattispecie tra loro alternative o concorrenti.

In particolare:

- la deduzione in ordine ai voti che non sarebbero stati attribuiti nelle sezioni n. 5 (1 voto), n. 10 (1 voto), n. 13 (2 voti) e n. 36 (1 voto) è inammissibile, poiché il vizio dedotto è formulato in via alternativa, deducendosi che il simbolo della lista di appartenenza “può essere stato votato o meno, così come può esservi stata o meno l’espressione di voto per un candidato sindaco”;

- la deduzione in ordine ai voti che non sarebbero stati attribuiti nelle sezioni n. 5 (1 voto), 20 (1 voto), e n. 22 (2 voti) è inammissibile perché essa è formulato in via del tutto ipotetica ed è generica (“l’elettore ha segnato più di un contrassegno di lista ma ha espresso la preferenza per il candidato ricorrente in corrispondenza di una di esse, nello specifico (ma non solo), di quella di appartenenza”;

- la deduzione in ordine alla mancata attribuzione di preferenza - sezione n. 5 (1 voto), n. 17 (1 voto), n. 27 (1 voto), n. 40 (1 voto), è inammissibile perché presenta fattispecie fra loro alternative, ma non è dato sapere a quale dei voti ciascuna corrisponda, risolvendosi in una mera contestazione ipotetica (ipotesi di due preferenze maschili, di cui la prima era quella espressa per l’appellante, e ipotesi di preferenze maschile e femminile, ma nella quale quest’ultima apparteneva ad altra lista);

- la deduzione di vizi della sezione n. 5 (1 voto), n. 8 (1 voto), n. 15 (1 voto), n. 22 (1 voto) è espressa in forma generica;

- la deduzione di motivi - sezione n. 39 (1 voto), n. 44 (2 voti), con il quale si censura l’attribuzione di preferenze inficiate dall’espressione del voto accompagnato da chiari segni di riconoscimento, è inammissibile poiché è formulata senza specificare quali siano stati i segni di riconoscimento apposti dall’elettore;

- le deduzioni sull’ipotizzata illegittima attribuzione in favore del controinteressato di preferenze viziate dal voto plurimo per più candidati alla carica di sindaco e dalla preferenza in corrispondenza o meno del simbolo della lista di appartenenza, segnando o meno il contrassegno della lista stessa - sezioni n. 21 (1 voto) e n. 38 (1 voto) sono inammissibili perché formualte in via ipotetica ed evidentemente generiche;

- per le deduzione in ordine ai voti che non sarebbero stati attribuiti nelle sezioni n. 5 (1 voto), n. 48 (1 voto), e n. 56 (2 voti), l’appellante incidentale contesta che nelle sezioni indicate vi siano schede con manifestazioni di voto del tipo indicato;
pertanto, in assenza, come detto, di un principio di prova, il relativo motivo è inammissibile;
parimenti per l’ultima censura, relativa alla presunta illegittima attribuzione di voto al controinteressato, espresso come seconda preferenza a candidati di sesso maschile appartenenti alla medesima lista: sezione n. 35 (1 voto), ti. 52 (1 voto) e n. 53 (1 voto);

- infine, le deduzioni relative alle sezioni n. 36 (1 voto) e n. 48 (1 voto) ed alle sezioni n. 11 (1 voto), n. 24 (1 voto) e n. 28 (1 voto) sono all’evidenza ipotetiche.

6. Conclusivamente, alla luce delle predette argomentazioni, l’appello deve essere respinto, in quanto infondato e deve essere disposta l’estromissione del Ministero, della Prefettura-Ufficio Territoriale del Governo di Campobasso e della Commissione Elettorale Circondariale di Campobasso evocate in giudizio.

Le spese di lite del presente grado di giudizio, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza con riguardo al controinteressato in appello, mentre possono essere compensate con riferimento al Ministero evocato in giudizio, sussistendo giusti motivi.

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