Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2020-04-22, n. 202002557

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2020-04-22, n. 202002557
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202002557
Data del deposito : 22 aprile 2020
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 22/04/2020

N. 02557/2020REG.PROV.COLL.

N. 01106/2018 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1106 del 2018, proposto da
G P, rappresentato e difeso dall'avvocato C S, con domicilio digitale di pec come da registri di giustizia e domicilio eletto presso il suo studio, in Catanzaro, via Santa Maria di Mezzogiorno, n. 17;

contro

Comune di Sorbo San Basile, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall'avvocato F I, con domicilio digitale di pec come da registri di giustizia;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria – Catanzaro (Sezione Seconda), n. 01061/2017, resa tra le parti, concernente un’ordinanza di demolizione.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Sorbo San Basile;

Visti tutti gli atti della causa;

Udita la relazione esposta dal Cons. Alessandro Maggio nella camera di consiglio del giorno 16 aprile 2020, svoltasi, ai sensi dell’art. 84, comma 5, del D.L.n.18 del 17 marzo 2020, attraverso videoconferenza con l’utilizzo di piattaforma “Microsoft Teams” come previsto dalla circolare 13 marzo 2020, n. 6305 del Segretario Generale della Giustizia Amministrativa;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

Il sig. G P ha ottenuto dal Comune di Sorbo San Basile la concessione di un’unità immobiliare con destinazione d’uso a laboratorio.

Successivamente il Comune ha deciso di alienare al concessionario la proprietà di tale bene.

Nelle more della definizione del procedimento di alienazione il sig. P ha ricevuto l’ordinanza 23/4/2014, n. 9 con cui il Comune gli ha ingiunto di demolire le opere abusive realizzate nel fabbricato oggetto di concessione.

Ritenendo l’ordinanza illegittima il sig. P l’ha impugnata con ricorso al T.A.R. Calabria – Catanzaro, il quale con sentenza 7/7/2017, n. 1061, lo ha respinto, così motivando: “ le censure dedotte in ricorso sono infondate per le seguenti ragioni: a) è irrilevante, ai fini della legittimità dell’ordinanza di demolizione, la circostanza dell’avvio da parte del Comune dell’iter di alienazione dell’immobile de quo sul quale il ricorrente avrebbe diritto di prelazione;
b) il provvedimento impugnato non riguarda il diritto di prelazione del ricorrente, bensì l’ordine di demolizione di opere realizzate dal concessionario senza titolo;
c) irrilevante è che la modifica della destinazione d’uso dell’immobile sarebbe avvenuta quasi contestualmente alla sottoscrizione dell'immobile e che il Comune ne fosse a conoscenza, non inficiando ciò la legittimità dell’ordinanza di demolizione;
d) appare priva di pregio l’obiezione che fa leva sulla circostanza che l’immobile sia di proprietà del Comune, non ostando ciò alla demolizione delle opere abusive ivi realizzate dal concessionario;
e) non vale argomentare sulla limitazione per il ricorrente, quale concessionario, di proporre istanza di concessione in sanatoria, non incidendo certamente tale argomento sulla legittimità dell’ordinanza di demolizione.

6. Quanto alla violazione delle norme partecipative, giova ricordare il consolidato orientamento giurisprudenziale, seguito anche da questo Tribunale Amministrativo Regionale, secondo cui, in ragione del contenuto rigidamente vincolato che li caratterizza, gli atti sanzionatori in materia edilizia, tra cui l’ordine di demolizione, non devono essere preceduti da comunicazione d’avvio del relativo procedimento (cfr. T.A.R. Campania, Napoli, Sez. IV, 28 aprile 2016 n. 2154;
T.A.R. Calabria, Catanzaro, sez. II, 5 luglio 2016, n.1471).

7. In merito alla ritenuta violazione dell’art.3 della legge n.241 del 1990, invero solo citata e non esplicitata, il Collegio ritiene la censura infondata, attesa l’esplicita motivazione, in fatto e in diritto, dell’impugnata ordinanza.

8. Anche il motivo relativo alla necessità di una motivazione rafforzata è infondato, atteso che l’ordinanza di demolizione è atto vincolato, che non richiede una specifica valutazione delle ragioni di interesse pubblico, né una comparazione di questo con gli interessi privati coinvolti, né una motivazione sulla sussistenza di un interesse pubblico concreto ed attuale alla demolizione, non potendo ammettersi l’esistenza di alcun affidamento tutelabile alla conservazione di una situazione di fatto abusiva, che il tempo non può giammai legittimare (cfr. da ultimo Cons. di St. sez. VI, 8 aprile 2016, n.1393;
T.A.R. Calabria Catanzaro sez. II, 8 novembre 2016, n.2124)
”.

Avverso la sentenza ha proposto appello il sig. P.

Per resistere al ricorso si è costituito in giudizio il Comune di Sorbo San Basilio.

Con successive memorie le parti hanno meglio illustrato le rispettive tesi difensive.

All’udienza telematica del 16/4/2020 la causa è passata in decisione.

In via preliminare va disattesa l’eccezione con cui il Comune di Sorbo San Basile deduce che l’appello sarebbe inammissibile in quanto privo di censure nei confronti della sentenza gravata.

Difatti, contrariamente a quanto l’appellato afferma, il ricorso rivolge specifiche critiche alla pronuncia oggetto di impugnazione.

Sempre in via preliminare va esaminata la questione posta dall’appellante con la memoria depositata in giudizio in data 16/3/2020.

Sostiene quest’ultimo che gli effetti dell’impugnata ordinanza di demolizione potrebbero ritenersi cessati in virtù di due successive ordinanze con cui il comune ha, tra l’altro, disposto l’acquisizione gratuita al patrimonio comunale delle opere illecitamente eseguite.

Il rilievo è privo di pregio.

E invero, l’acquisizione gratuita al patrimonio comunale dei manufatti abusive costituisce effetto automatico della mancata ottemperanza all’ordine di demolizione e l’adozione dell’atto che ne dichiara il verificarsi non comporta la perdita di efficacia del provvedimento ripristinatorio, atteso che, anzi, proprio l’efficacia di quest’ultimo legittima il consequenziale atto di acquisizione, di natura meramente dichiarativa.

L’appello va, quindi, esaminato nel merito.

Con un unico motivo d’appello si denuncia l’errore commesso dal Tribunale nel ritenere l’impugnata ordinanza di demolizione esente dai vizi dedotti.

E invero, in virtù del lungo tempo trascorso tra la commissione degli interventi abusivi e l’adozione del provvedimento sanzionatorio, nonché del fatto che il comune sarebbe stato a conoscenza degli abusi contestati sin dall’anno 2000 e che, ciononostante, avrebbe avviato e portato avanti il procedimento di alienazione del bene oggetto di concessione, l’appellante avrebbe maturato un affidamento meritevole di tutela in ordine alla legittimità della situazione di fatto che avrebbe imposto all’autorità procedente di corredare l’ordinanza di demolizione di una motivazione rafforzata, motivazione che invece nella specie sarebbe mancante.

La doglianza così riassunta non merita accoglimento.

In base a un consolidato orientamento giurisprudenziale che il Collegio condivide, il lungo tempo trascorso dalla realizzazione dell’opera abusiva non è idoneo a radicare in capo al privato interessato alcun legittimo affidamento in ordine alla conservazione di una situazione di fatto illecita, per cui anche in tal caso l’ordine di demolizione assume carattere doveroso e vincolato e la sua emanazione non richiede alcuna motivazione in ordine alle ragioni di pubblico interesse (diverse da quelle inerenti al ripristino della legittimità violata) che impongono la rimozione dell’abuso (Cons. Stato, A.P. 17/10/2017, n. 9, Sez. VI, 4/10/2019, n. 6720;
8/4/2019, n. 2292;
5/11/2018, n. 6233;
26/3/2018, n. 1893;
23/11/2017, n. 5472 e 5/1/2015, n. 13;
Sez. II, 19/6/2019, n. 4184;
Sez. IV, 11/12/2017, n. 5788).

Le illustrate coordinate di diritto risultano perfettamente applicabili anche all’odierna fattispecie.

Infatti, stante la doverosità del provvedimento ripristinatorio, risulta del tutto privo di rilievo la circostanza che il comune fosse a conoscenza del lavori illecitamente eseguiti dall’odierno appellante.

Del tutto ininfluente è poi il fatto che il bene su cui sono stati realizzati gli interventi abusivi fosse oggetto di un procedimento di dismissione a favore del medesimo appellante, stante l’assenza di qualunque interferenza tra il detto procedimento e quello sanzionatorio.

L’appello va, in definitiva, respinto.

Restano assorbiti tutti gli argomenti di doglianza, motivi od eccezioni non espressamente esaminati che il Collegio ha ritenuto non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso.

Spese e onorari di giudizio, liquidati come in dispositivo, seguono la soccombenza.

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