Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2014-12-31, n. 201406454

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2014-12-31, n. 201406454
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201406454
Data del deposito : 31 dicembre 2014
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 04153/2014 REG.RIC.

N. 06454/2014REG.PROV.COLL.

N. 04153/2014 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4153 del 2014, proposto dal Comune di Otranto, in persona del sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato M P, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato L P in Roma, Via Giulio Venticinque n. 6;

contro

L C, G F, L M, C T e M V, tutti rappresentati e difesi dall'avvocato M F, con domicilio eletto presso lo studio legale dell’avvocato G P in Roma, corso Rinascimento n. 11;
A T e A M, non costituiti;

e con l'intervento di

ad adiuvandum:
L B e F D M, rappresentati e difesi dall'avvocato Luca Bruni, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato L P in Roma, Via Giulio Venticinque n. 6;

per la riforma

della sentenza del T.a.r. per la Puglia – sede staccata di Lecce - Sezione I, n. 2245 del 6 novembre 2013.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio dei signori L C, G F, L M, C T e M V;

Visto l’atto di intervento ad adiuvandum proposto dai signori L B e F D M;

Vista la memoria difensiva depositata dalle parti appellate in data 17 novembre 2014;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 18 dicembre 2014 il consigliere V P e uditi per le parti gli avvocati Panareo anche su delega dell’avvocato Bruni, e Finocchito;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. L’oggetto del presente giudizio è costituito dalla delibera del consiglio comunale di Otranto – n. 44 del 26 settembre 2006 – recante, nella sostanza:

a) la conferma dell’interesse dell’ente all’acquisto in proprietà di alcune aree condominiali (pari a circa 1.782 mq) facenti parte del complesso residenziale ex gestione INA Casa ex IACP sito alla via Porto Craulo (complesso residenziale oggi denominato “Condominio Riviera degli Haethy – ex IACP”);

b) il mandato al dirigente competente a partecipare alla stipula di un eventuale rogito notarile per la cessione delle aree in questione;

c) il mandato al dirigente competente ad inserire nel programma dei lavori pubblici, una serie di interventi infrastrutturali da realizzarsi nella zona urbana di riferimento.

1.1. In particolare, e per quanto di interesse ai fini della presente controversia, nelle premesse della delibera in esame, il consiglio comunale ha preso atto:

d) che la volontà dell’ente di acquisire le aree in questione era stata già manifestata in precedenti delibere consiliari e giuntali, successivamente ad una specifica istanza avanzata dai condomini proprietari in data 5 novembre 1984;

e) che tali aree erano di fatto in uso pubblico e che sulle medesime erano stati realizzati, in passato, lavori di pubblica utilità (rete pluviale e rete fognaria);

f) <<che tuttavia a tutt’oggi non si è ancora provveduto a stipulare con rogito notarile il trasferimento della proprietà delle aree suddette, anche per il rifiuto opposto da alcuni proprietari, che antecedentemente avevano assentito a tale cessione>> ;

g) che 23 condomini proprietari, nella nota acquisita al protocollo comunale 3898 del 19 aprile 2006, avevano ribadito <<…la volontà a dare adempimento agli atti relativi alla acquisizione delle aree in proprietà comunale, invitando il Dirigente dell’U.T.C. alla stipula degli atti di trasferimento>>.

2. Con ricorso proposti davanti al T.a.r. per la Puglia, i signori L C, G F, L M, C T, M V, A T e A M, hanno impugnato la delibera n. 44 del 2006 articolando, in un unico complesso motivo (pagine 4 – 12 del ricorso di primo grado), le seguenti censure:

a) il comune avrebbe inteso approvare un preliminare improprio, immediatamente traslativo della proprietà delle aree contestate, come automatica conseguenza della accettazione della proposta di cessione formulata da alcuni condomini proprietari in data 5 novembre 1984;

b) la dichiarazione del 5 novembre 1984 era inidonea a fungere da proposta di vendita perché priva della sottoscrizione di tutti i condomini proprietari;

c) le delibere comunali intervenute antecedentemente a quella impugnata non avevano integrato il requisito dell’accettazione della proposta di vendita delle aree condominiali;

d) la delibera n. 44 configura una acquisizione in proprietà iure imperii , una forma di espropriazione del diritto di proprietà in danno del condominio o di costituzione di servitù coattiva di uso pubblico sempre a carico del medesimo ente;

e) non c’è mai stato un uso pubblico delle aree in questione ma una semplice tolleranza e in ogni caso il mero esercizio di fatto di tale uso pubblico non abiliterebbe il comune a realizzare opere pubbliche sul relativo sedime.

3. L’impugnata sentenza - T.a.r. per la Puglia – Bari - Sezione I, n. 77 dell’11 gennaio 2012 - ha annullato la delibera, compensando fra le parti le spese di lite, sulla scorta delle seguenti considerazioni:

a) è stato ritenuto che la delibera n. 44 abbia confermato l’acquisizione al patrimonio comunale delle aree contese e che il comune abbia desunto tale effetto traslativo dalla delibera giuntale n. 186 del 1985 e da quella consiliare n.117 dello stesso anno;

b) è stato escluso che sia mai stato stipulato un atto formale di cessione e che si sia dunque perfezionato un valido acquisto;

c) è stata assodata l’inidoneità dell’istanza formulata dai condomini in data 5 novembre 1984 a fungere da proposta contrattuale;

d) è stato escluso l’acquisto delle aree per usucapione in favore del comune.

4. Avverso la su menzionata sentenza il comune di Otranto ha interposto appello - notificato il 23 aprile 2014 e depositato il successivo giorno 19 maggio – articolando due autonomi motivi.

5. Si sono costituiti i signori L C, G F, L M, C T, M V deducendo l’inammissibilità e l’infondatezza del gravame.

6. Con ordinanza cautelare di questa Sezione – n. 2571 del 25 giugno 2014 – è stata accolta l’istanza di sospensione degli effetti dell’impugnata sentenza.

7. Con atto ritualmente notificato (il 3 ottobre 2014) e depositato (il 28 ottobre 2014) sono interventi ad adiuvandum i signori L B e F D M.

8. La causa è stata assunta in decisione all’udienza pubblica del 18 dicembre 2014.

9. L’appello è fondato e deve essere accolto nei limiti appresso precisati.

10. Preliminarmente il Collegio:

a) disattende l’eccezione di nullità dell’appello - sollevata dalla difesa degli intimati nella memoria di costituzione depositata il 19 giugno 2014 (pag. 3) sotto il profilo della omessa acquisizione al fascicolo d’ufficio della delibera giuntale che ha autorizzato il sindaco a proporre il gravame (peraltro puntualmente menzionata nella procura alle liti rilasciata dal sindaco al difensore), sia perché tale situazione, per giurisprudenza pacifica, non integra alcuna causa di nullità del ricorso, sia perché è versata in atti la delibera in questione (n. 108 dell’8 aprile 2014);

b) parimenti disattende l’eccezione di inammissibilità della produzione documentale effettuata dal comune per la prima volta innanzi al Consiglio di Stato - sollevata dalla difesa degli intimati nella memoria di costituzione (pag. 4) sotto il profilo della violazione del divieto dei nova in appello sancito dall’art. 104, co. 2, c.p.a. – in quanto tale preclusione, per giurisprudenza pacifica (cfr. fra le tante Cons. Stato, Sez. VI, n. 6497 del 2011;
Sez. VI, n. 2738 del 2011;
Sez. V, 1925 del 2011), non si riferisce al deposito del provvedimento impugnato e dei documenti correlati trattandosi di adempimento doveroso ai sensi dell’art. 46, co. 2, c.p.a., (certamente applicabile al giudizio di appello), che legittima il giudice ad acquisire d’ufficio atti per definizione indispensabili al giudizio;

c) rileva l’inammissibilità, per violazione del divieto dei nova sancito dall’art. 104, co. 1, c.p.a., della domanda proposta dal comune per la prima volta in appello (pagina 14 del gravame) per ottenere dal Consiglio di Stato l’accertamento dell’esistenza di una servitù di uso pubblico sulle aree in contesa;

d) rileva che, attesa l’inammissibilità del ricorso di primo grado (come subito si dirà in prosieguo), può prescindersi, ai sensi dell’art. 49, co. 2, c.p.a., dall’esame della questione di difettosa integrazione del contraddittorio sollevata dagli interventori ad adiuvandum e delle correlate eccezioni di inammissibilità sollevate dalla difesa degli intimati appellati.

11. Riveste carattere dirimente dell’intera lite, l’esame del primo motivo di appello proposto dal comune (pagine 6 – 10 del gravame), con il quale, in buona sostanza, si evidenzia l’erroneità della sentenza nella parte in cui non ha rilevato che la delibera n. 44 non ha mai prodotto alcun trasferimento di proprietà.

11.1. Dall’esame del contenuto effettivo della delibera oggetto del presente giudizio emerge che il comune:

a) ha dato per presupposta la proprietà delle aree contese in capo ai singoli condomini e non ha costituito alcuna servitù di uso pubblico;

b) si è limitato a fare affidamento sulla futura disponibilità di tutti i condomini a stipulare l’atto di cessione delle aree autorizzando, da subito, il competente dirigente ad intervenire (ma, ovviamente, solo se e) quando si stipulerà il relativo rogito notarile;

c) si è limitato ad effettuare la normale attività di programmazione di lavori pubblici senza per ciò solo esercitare alcuna specifica funzione amministrativa urbanistica, espropriativa o di stazione appaltante in relazione alle aree contese;

d) il riferimento all’uso pubblico del cortile deve intendersi propriamente rivolto alla situazione pregressa (connotata da una situazione di tolleranza);
in ogni caso l’uso pubblico di fatto di un’area privata non presuppone la necessaria titolarità di un diritto proprietario o reale (pubblico o privato che sia).

11.2. Una volta individuato il reale oggetto della delibera e gli effetti della volontà provvedimentale dell’ente – certamente non dispositivi bensì puramente optativi, in relazione agli assetti proprietari futuri delle aree in questione, e programmatori dei lavori pubblici da realizzarsi (sempre de futuro ) - resta esclusa la configurabilità di ben due fondamentali condizioni dell’azione impugnatoria (vagliate secondo le coordinate sistematiche tracciate, da ultimo, da Cons. Stato, Ad. plen., 25 febbraio 2014, n. 9, in chiave deflattiva del contenzioso attraverso il controllo di meritevolezza degli interessi sostanziali in gioco tramite lo scrutinio rigoroso sulla sussistenza delle condizioni per proporre al giudice domande), in particolare:

a) la sussistenza dell’interesse ad agire dei privati, sia perché la loro sfera giuridica non è stata incisa negativamente, in via immediata e diretta, dagli effetti del contestato provvedimento privo di qualsivoglia effetto lesivo attuale, sia perché la causa petendi della domanda è basata su una mera congettura (per giunta priva di fondamento);

b) la sussistenza della legittimazione al ricorso, posto che la domanda introdotta dai privati è finalizzata a tutelare non interessi legittimi ma interessi di mero fatto connotati da un’indole emulativa (cfr., su entrambi i punti, Cons. Stato, Ad. plen., n. 9 del 2014 cit.).

11.3. Per completezza si rileva che l’odierna vicenda si colloca all’interno di una defatigante e risalente controversia, di indole schiettamente civilistica e in avanzato stato di risoluzione nelle sedi proprie, e che la linea esegetica prescelta dal Collegio è stata già seguita dalla Sezione nella controversia, per alcuni aspetti analoga, definita inter partes con la sentenza n. 2431 del 13 maggio 2014 secondo cui << La riscontrata carenza d’interesse a base del ricorso di prime cure è già pienamente sufficiente ad imporre la reiezione dell’appello. Non vi è pertanto luogo ad occuparsi del tema della esistenza o meno dell’uso pubblico del cortile, né tantomeno di quello del suo regime proprietario, aspetti sui quali nella pertinente sede giudiziaria civile pende già il complesso contenzioso che contrappone le parti, cui questa ulteriore controversia non risulta in grado di apportare sotto alcun verso un proprio valore aggiunto>>.

12. In conclusione l’appello deve essere accolto con la conseguente riforma dell’impugnata sentenza e la declaratoria di inammissibilità del ricorso di primo grado.

13. Nella novità della questione risolta e nel peculiare andamento del processo fra primo e secondo grado, il Collegio ravvisa le eccezionali ragioni, ai sensi del combinato disposto degli artt. 26, co. 1, c.p.a. e 92, co. 2, c.p.c., per compensare integralmente fra tutte le parti costituite le spese di ambedue i gradi di giudizio.

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