Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2016-10-05, n. 201604095

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2016-10-05, n. 201604095
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201604095
Data del deposito : 5 ottobre 2016
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 05/10/2016

N. 04095/2016REG.PROV.COLL.

N. 05819/2015 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 5819 del 2015, proposto da:
M C, A C C, A C, rappresentati e difesi dagli avvocati A A, A C, con domicilio eletto presso A A in Roma, Via degli Avignonesi, 5;

contro

Commissario Straordinario Delegato per l’Emergenza Rifiuti, Bonifica Tutela Acque Regione Campania e Amministrazione Provinciale di Napoli non costituiti in giudizio;
Presidenza del Consiglio dei Ministri, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi, 12;

nei confronti di

Fibe Spa, rappresentato e difeso dagli avvocati Ennio Magri', Benedetto Giovanni Carbone, con domicilio eletto presso Ennio Magri' in Roma, Via Guido D'Arezzo N.18;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. LAZIO - ROMA: SEZIONE I n. 04581/2015, resa tra le parti, concernente occupazione d'urgenza di aree per realizzazione impianto di produzione del Cdr in area Asi Comune di Giugliano – risarcimento danni.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Presidenza del Consiglio dei Ministri e di Fibe Spa;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 17 marzo 2016 il Cons. N R e uditi per le parti gli avvocati Abbamonte, Massimo Ambroselli (su delega di Magrì) e l'avv. dello Stato Varrone;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

I ricorrenti sono usufruttuari e nudi proprietari pro indiviso di un’area, sita nel Comune di Giugliano in Campania, località masseria Annunziata, contraddistinta in catasto al fg. 26, p.lla 38 coltivata a frutteto.

Detto terreno ubicato nella più ampia area dell’agglomerato industriale di Giugliano in Campania, è stato interessato dalla esecuzione dei lavori di variante in ampliamento dell’impianto di produzione di CDR ubicato nell’area ASI dello stesso Comune.

Con ordinanza n. 84 del 5 marzo 2002 il vice-commissario del Governo, ricorrendo l’emergenza ambientale rifiuti della Regione Campania, disponeva l’occupazione d’urgenza di tale area per cinque anni, per la realizzazione dell’impianto di che trattasi da parte della società FIBE s.p.a..

A fronte di detto provvedimento i ricorrenti proponevano avanti al Tar Campania - Napoli, ricorso rubricato r.g. n. 6981 del 2002 per richiedere l’annullamento previa sospensione del verbale di consistenza ed immissione in possesso del 3 giugno 2002 della soc.

FIBE

Spa.

Il Tar Campania si pronunciava con sentenza dichiarativa della incompetenza funzionale in favore del Tar Lazio, e successivamente i ricorrenti riassumevano il giudizio, deducendo l’illegittimità degli atti impugnati, ma validamente notificati, rilevando la violazione dell’art. 7 della legge 241/90, la mancata prefissazione dei termini di ultimazione dell’opera e la mancanza del verbale redatto in contraddittorio di immissione in possesso, senza alcuna valida giustificazione atta a consentire le pur previste deroghe alla vigente legislazione.

Con successiva ordinanza n. 22 dell’1 febbraio 2005, l’Amministrazione disponeva la proroga di due anni dei termini previsti per l’emanazione del decreto di esproprio (mai notificato), e con ordinanza del 5 luglio 2007 n. 224 notificata il 26 settembre 2007 il Commissariato di Governo provvedeva alla ulteriore proroga sino a tutto il 31 agosto 2008.

Avverso detti nuovi provvedimenti i ricorrenti presentavano avanti al Tar Lazio ulteriore ricorso rubricato r.g. n. 11028 del 2007.

Gli stessi proponevano altresì motivi aggiunti con ricorso r.g. n. 672/2012, svolgendo domanda restitutoria e risarcitoria.

Con ordinanza n. 514 del 2014 il Tar adito provvedeva alla riunione dei ricorsi disponendo la chiamata in causa della Provincia di Napoli, quale proprietaria dell’impianto realizzato.

Con successiva ordinanza istruttoria n. 9470 del 2014 il Tar adito disponeva l’acquisizione di una articolata ed analitica relazione corredata di idonea documentazione da parte degli Uffici coinvolti.

Con sentenza n. 4581 del 2015 il Tar, rilevata la carenza di legittimazione passiva della

FIBE

Spa, riuniti i ricorsi ed i relativi motivi aggiunti, in parte li respingeva, in parte li dichiarava improcedibili ed in parte li accoglieva, condannando l’Amministrazione al pagamento in via equitativa di Euro 250.000,00 a titolo di integrale ristoro del danno derivante dall’occupazione abusiva del fondo fino alla data della comunicazione in via amministrativa o della notifica a cura di parte della sentenza di primo grado, precisando che da tale importo dovrà essere previamente defalcato quanto già corrisposto a titolo di indennizzo per l’occupazione d’urgenza riferita al medesimo periodo.

Avverso tale sentenza hanno proposto appello gli odierni appellanti, sulla base di sei articolati motivi di impugnazione, chiedendo l’accoglimento delle domande avanzate nonché il conseguente annullamento degli atti impugnati in prime cure, l’accoglimento delle domande afferenti la restituzione dei suoli previa riduzione in pristino e la condanna delle Amministrazioni appellate, la declaratoria del diritto al risarcimento danni ex art. 42 bis D.P.R. n. 327/2001 s.m.i..

La FIBE S.p.a. si è costituita chiedendo il rigetto dell’avverso appello, previo accertamento e declaratoria del passaggio in giudicato della sentenza di primo grado nella parte in cui ha dichiarato la carenza di legittimazione passiva di

FIBE

Spa, con conseguente estromissione della stessa.

Si è altresì costituita l’Avvocatura dello Stati per conto della P.C.M. con atto di costituzione formale, non contenente ulteriori difese.

Prima dell’udienza di discussione l’appellante ha rinunciato alla domanda cautelare , contestualmente chiedendo la fissazione dell’udienza di merito.

In vista di tale udienza le parti hanno depositato memorie e note difensive, ribadendo il contenuto delle rispettive domande, eccezioni e deduzioni ed insistendo per l’accoglimento delle già prese conclusioni.

Chiamata all’udienza pubblica del 17 marzo 2016, uditi i patrocinatori delle parti, la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

Con un primo motivo di ricorso l’appellante deduce error in judicando - violazione e falsa applicazione art. 35 D.Lgs. 104/2010 s.m.i.

Parte appellante deduce che nessuna notifica è mai stata effettuata ai proprietari/ricorrenti circa le ordinanze n. 12/00 e 79/2002 tanto meno al sig. A C.

Controparte non ha fornito alcuna prova circa l’avvenuta notifica delle predette ordinanze di approvazione del progetto e del piano di esproprio ad alcuno dei proprietari catastali.

La dichiarazione di pubblica utilità deve essere notificata personalmente ai proprietari delle aree interessate dalla realizzazione di un’opera pubblica, per la decorrenza dell’impugnazione.

Ebbene nel caso di specie, stante l’omessa notifica delle due ordinanze alcun termine è mai iniziato a decorrere per l’impugnativa delle stesse.

Con una seconda censura l’appellante rileva error in judicando - violazione e falsa applicazione dell’art. 3 L.n. 1/78 - violazione e falsa applicazione dell’art. 13 L.n. 2359 del 1865.

Al riguardo risulta che il Vice Commissario ha omesso di indicare le ragioni per le quali si è reso necessario derogare alle leggi vigenti, sia in sede di approvazione della variante al progetto che nei successivi atti, ovvero ha omesso di indicare le norme in deroga alle quali son stati posti in essere gli atti impugnati.

L’urgenza qualificata che consente all’amministrazione di derogare all’obbligo di comunicazione dell’avvio del procedimento non può essere rinvenuta “in re ipsa” trattandosi di procedura espropriativa avviata dal Commissario Delegato ex OPCM, ovvero perché egli opera in una situazione di emergenza.

L’appellante individua un ulteriore elemento di erroneità della pronuncia di primo grado, nel mancato rispetto dell’art. 13 L. n. 2359/1865 circa la necessità delle parti di conoscere i termini di inizio e ultimazione dei lavori e delle procedure espropriative.

Gli appellanti lamentano che anche siffatta garanzia procedimentale non è stata rispettata, né alcuna espressa e circostanziata indicazione della sua legittima deroga è contenuta nei provvedimenti adottati dalla struttura commissariale.

Con una terza censura l’appellante espone error in judicando - violazione di legge e falsa applicazione dell’art. 20 L.n. 865/1970 - omessa pronuncia.

Al riguardo lo stesso precisa che un termine può essere validamente prorogato solo se non sia ancora scaduto di validità. La proroga, attiene gli atti in scadenza ma non gli atti già scaduti.

Ed invero, nell’ipotesi di atti che hanno perso efficacia, non può esserci proroga, ma semmai rinnovazione della procedura.

Nel caso di specie l’ord. n. 224 del 5 luglio 2007 prorogava i termini per l’emanazione del decreto di esproprio di cui all’ord. n. 22 del 1 febbraio 2005, che a sua volta prorogava i termini per l’emanazione del decreto di esproprio, che recavano come scadenza l’1 febbraio 2007. Da ciò ne discende che l’ord. n. 224 del 5 luglio 2007 ha illegittimamente prorogato al 2 agosto 2008 termini già scaduti da 5 mesi, e, quindi, improrogabili.

Con una quarta censura l’appellante deduce error in judicando - violazione e falsa applicazione DPR 327/2001 s.m.i. violazione e falsa applicazione dei principi in tema di obbligazione risarcitoria - violazione e falsa applicazione art. 1224 c.c. - omessa pronuncia.

Quanto alla domanda di riconoscimento del risarcimento del danno a titolo di occupazione illegittima, oltre agli interessi legali e rivalutazione maturati, trattandosi di debito di valore, l’appellante rileva che nulla è stato detto dal giudice di prime cure, laddove per pacifica giurisprudenza, gli interessi legali sulla somma liquidata a titolo di risarcimento del danno decorrono di diritto ed il giudice può attribuire gli stessi d’ufficio anche in assenza di una specifica domanda.

Detti interessi, unitamente alla rivalutazione, tendono alla reintegrazione del danneggiato nella situazione patrimoniale antecedente il fatto illecito e devono essere calcolati anno per anno sul valore della somma via via rivalutata.

Con il quinto motivo l’appellante deduce error in judicando - violazione e falsa applicazione dell’art. 5 del decreto legge convertito con modificazioni dalla L. 6 febbraio 2014 n.

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