Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2023-07-17, n. 202306988

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2023-07-17, n. 202306988
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202306988
Data del deposito : 17 luglio 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 17/07/2023

N. 06988/2023REG.PROV.COLL.

N. 03310/2021 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3310 del 2021, proposto dal signor -OMISSIS- rappresentato e difeso dagli avvocati L P e G B, con domicilio digitale come da PEC Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato L P in Roma, via Archimede, n. 143;

contro

il Ministero della difesa, in persona del Ministro pro tempore , ed il Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri, in persona del Comandante pro tempore , rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

per la riforma

della sentenza del T.a.r. per la Toscana, Sezione I, n.-OMISSIS- resa inter partes , concernente un risarcimento danni a causa di mobbing .


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero della difesa e del Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 23 maggio 2023 il consigliere Giovanni Sabbato e uditi per le parti l’avvocato G B e l’avvocato dello Stato Emma Damiani;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. La vicenda oggetto dell’appello in trattazione è innescata dal ricorso n. -OMISSIS- proposto innanzi al T.a.r. Firenze, con cui il signor -OMISSIS- Maresciallo Ordinario dell’Arma dei Carabinieri, aveva chiesto il risarcimento dei danni derivanti dal comportamento vessatorio assunto dal superiore gerarchico, -OMISSIS-tale da provocargli, anche a seguito della sottoposizione ad alcuni procedimenti penali innescati da accuse infamanti e dai quali usciva indenne, una condizione di forte stress con conseguente danno che quantificava in € 1.000.000,00 o nella diversa maggiore o minore somma ritenuta di giustizia.

2. A sostegno del ricorso aveva dedotto la sussistenza della fattispecie del mobbing , con conseguente diritto al risarcimento.

3. Nella resistenza dell’Amministrazione, il Tribunale adìto (Sezione I) ha così deciso il gravame al suo esame:

- ha condannato il Ministero resistente al risarcimento della somma di euro 5.000 da maggiorarsi con interessi e rivalutazione;

- ha condannato il Ministero alla refusione delle spese legali in Euro 3.500 oltre IVA e c.p.a. ed al pagamento delle spese di consulenza tecnica in Euro 2.440 oltre accessori di legge.

4. In particolare, il Tribunale ha rilevato, ai danni del ricorrente, “ l’insorgenza di una sindrome -OMISSIS- inizialmente anche piuttosto intensa sviluppatasi in fase acuta nell’arco di un quadriennio e poi progressivamente assestatasi su un quadro psicopatologico di disturbo dell'adattamento persistente quantificabile con percentuale del 12 per cento di invalidità temporanea riferibile al periodo 2003/2008 atteso che alla attualità permane solo un lieve disagio psichico non inquadrabile in alcuna patologia codificata ”.

5. Avverso tale pronuncia il signor -OMISSIS- ha interposto appello, notificato il 2 aprile 2021 e depositato l’8 aprile 2021, lamentando, attraverso tre motivi di gravame (pagine 7-24), quanto di seguito sintetizzato:

I) ERROR IN IUDICANDO: ERRONEA E/O OMESSA PRONUNCIA SU PUNTI DECISIVI. ERRONEITA’ E/O DIFETTO DI MOTIVAZIONE. ERRONEA VALUTAZIONE DELLE RISULTANZE ISTRUTTORIE. CONTRADDITTORIETA’, in quanto l’impostazione del T.a.r. evincibile dalle due ordinanze istruttorie era quella di riconoscere un danno biologico sia “ permanente ” che “ temporaneo ” affinché fosse operata una distinta quantificazione delle due voci di danno. Inoltre il T.a.r. assumeva come dato pacifico la stabilizzazione (se pur in forma latente meno grave) del disturbo psicopatologico anche dopo il periodo 2003/2008 e non teneva conto delle risultanze prodotte in atti attraverso la consulenza di parte;
conclude invocando il risarcimento del danno biologico complessivo nell’importo di € 92.211,00 o, in subordine, in misura non inferiore ad € 25.754,40;

II) ERROR IN IUDICANDO : ERRONEA E/O OMESSA PRONUNCIA SU PUNTI DECISIVI. ERRONEITA’ E/O DIFETTO DI MOTIVAZIONE. ERRONEA VALUTAZIONE DELLE RISULTANZE ISTRUTTORIE E CONTRADDITTORIETA’ SOTTO ULTERIORE PROFILO, con richiesta di liquidazione equitativa del danno patrimoniale (anche in considerazione del periodo di forzata astensione dal lavoro) ed esistenziale in un importo non inferiore ad € 200.000,00.

6. L’appellante ha concluso chiedendo, in riforma dell’impugnata sentenza, l’accoglimento, anche previo eventuale supplemento istruttorio di verificazione e/o di consulenza tecnica d’ufficio, delle domande risarcitorie di cui sopra.

7. In data 4 maggio 2021 il Ministero della difesa si è costituito in giudizio con memoria di controdeduzioni, anche al fine di proporre, ai dichiarati sensi degli artt. 96 c.p.a. e 334 c.p.c., appello incidentale avverso la statuizione accoglitiva della domanda risarcitoria per i seguenti motivi:

I. VIOLAZIONE DEL PRINCIPIO DI CORRISPONDENZA TRA IL CHIESTO ED IL PRONUNCIATO. PRESCRIZIONE, non essendosi pronunciato il T.a.r. sulla eccezione di prescrizione sollevata dalla resistente Amministrazione (a pag. 14 della memoria difensiva) in relazione alla pretesa risarcitoria avanzata nel 2012 in quanto riferibile a vicende - sussumibili nell’ambito di applicazione dell’art. 2043 cod. civ. - risalenti all’anno 2003;

II. FALSA APPLICAZIONE DEGLI ARTT. 2043 E 2049 COD. CIV. NONCHÉ DELL’ART. 28 COST. in quanto la illiceità penale della condotta tenuta dal dipendente Ten.-OMISSIS- nell’esercizio delle funzioni di comando, unica ad essere considerata provata, comporta una netta recisione del rapporto di immedesimazione organica donde si fonda la responsabilità diretta dell’Amministrazione per il fatto del suo dipendente;

III. ERRONEA E CONTRADDITTORIA QUALIFICAZIONE DELLA FATTISPECIE, in quanto il T.a.r. ha ritenuto configurabile una fattispecie di mobbing anziché limitarsi alla rilevazione di una condotta (certamente) illecita ma circoscritta nel tempo (protrattasi per circa 6 mesi) e rimasta nell’ambito del rapporto tra il Mar. -OMISSIS- ed il suo superiore Ten.-OMISSIS-;
inoltre l’Amministrazione ha adottato ogni iniziativa atta ad alleviare la sofferenza dell’appellante.

8. In data 21 aprile 2023 parte appellante ha depositato memoria insistendo per l’accoglimento del gravame. In particolare ha evidenziato che i fatti di reato accertati nei suoi confronti hanno concorso a determinare un quadro più ampio di condotte lesive in cui hanno partecipato, in via attiva od omissiva, anche ulteriori alti ufficiali e/o superiori gerarchici e dal 2003, fino almeno alla condanna definitiva del-OMISSIS- in sede penale (2009), non vi è stato alcun intervento da parte dell’Amministrazione.

9. La causa, chiamata per la discussione all’udienza del 23 maggio 2023, è stata trattenuta in decisione.

10. L’appello è fondato nei sensi e nei limiti della motivazione che segue.

10.1 Come esposto in narrativa la presente controversia all’esame della Corte è innescata da due contrapposte iniziative impugnatorie della sentenza di prime cure assumendo quella assunta dalla difesa erariale rilievo preliminare in quanto investe il capo accoglitivo della pronuncia del T.a.r. Le deduzioni sollevate dall’Amministrazione sono meritevoli di essere esaminate preliminarmente in quanto incidenti sull’ an del risarcimento.

10.2. Le critiche a tal uopo formulate si sviluppano attraverso tre linee argomentative, articolate secondo altrettanti tre distinti motivi di gravame, dei quali il primo comporta la riproposizione dell’eccezione di prescrizione già sollevata in prime cure e non esaminata dal Tribunale.

10.3. Premesso che ogni eventuale mancata disamina di tale allegazione di un fatto estintivo della pretesa altrui nel contesto della pronuncia di prime cure non si traduce, secondo il costante orientamento dell’Adunanza plenaria (sentenza 30 luglio 2018, n. 10), in una lacuna motivazionale che giustifichi la regressione della causa residuando solo la necessità di provvedere allo scrutinio in questa sede di giudizio, come del resto invocato da parte appellante;
si deve quindi ripercorrere quanto a tal uopo argomentato dalla parte eccipiente, secondo cui il termine quinquennale di prescrizione ex art. 2043 c.c. sarebbe abbondantemente decorso stante il decorso del ben superiore lasso temporale tra l’anno 2003, cui si riferiscono i fatti assuntivamente dannosi, ed il 2012, cui risale la pretesa risarcitoria.

10.4. L’eccezione va respinta avuto riguardo alla dimensione temporale dei fatti contestati all’Amministrazione così come emerge dagli atti di causa, dovendosi rilevare che nella stessa sentenza impugnata, facendo leva sulle risultanze della Relazione del CTU e della successiva Relazione integrativa, la condotta ritenuta tale da integrare la fattispecie del mobbing è stata perpetrata per “ l’intero quinquennio 2003/2008 ”. Nel contesto della Relazione principale del CTU è dato infatti rilevare quanto segue: “ Nel caso di specie è stato possibile accertare che, in conseguenza delle vicende narrate nel ricorso dell’arco temporale dal 2003 al 2008, il ricorrente -OMISSIS- ha subito un danno psichico caratterizzato da sindrome dell’adattamento “persistente” costituente danno biologico ...”, tanto più che il lasso temporale su descritto risulta conforme al quesito sottoposto dal T.a.r. al CTU (“ Accerti il CTU se il ricorrente, in conseguenza delle vicende narrate nel ricorso nell’arco temporale dal 2003 al 2008 abbia subito un danno psichico e/o altri danni biologici e ne quantifichi l’ammontare ”). Ne consegue, come conclusivamente sul punto osservato da parte appellante che, stante il carattere unitario e continuativo del periodo in cui sono stati accertati i fatti lesivi conclusisi nel 2008, la domanda risarcitoria proposta mercé la proposizione del ricorso nel 2012 deve reputarsi esercitata entro il termine di prescrizione quinquennale e quindi tempestivamente.

10.5. Infondato è anche il secondo motivo dell’appello incidentale, col quale si deduce che il comportamento doloso, accertato in sede penale, del Comandante-OMISSIS-, unico soggetto al quale ascrivere il danno sofferto dall’appellante, sarebbe tale da recidere il rapporto di immedesimazione organica che fonda la responsabilità diretta dell’Amministrazione per il fatto del suo dipendente. Sottolinea al riguardo l’appellante incidentale che la condotta del Tenente-OMISSIS- risulta essere stata tenuta proprio nell’esercizio delle funzioni di comando in maniera da integrare il reato proprio di “ ingiuria ad inferiore ex art. 196 c.p.m.p.

L’infondatezza di quanto per tal via dedotto si deve alla stessa ricostruzione della vicenda di causa come ritraibile dagli accertamenti espletati nel corso del giudizio di prime cure, dai quali è emersa la complessità del quadro causale che ha ingenerato la condizione di sofferenza psicologica a danno del -OMISSIS-, tanto che il CTU, in sede di relazione integrativa, osservava che “ il quadro psicopatologico presentato dal ricorrente e emerso in conseguenza delle vicende riportate in atti e documentato dalle relative certificazioni, è riferibile al periodo che va dal 2003 al 2008 ”. E’ emerso, più esattamente, un atteggiamento ostile nei riguardi dell’appellante ascrivibile non solo al -OMISSIS-ma anche ad altri superiori gerarchici (Ten. Col. -OMISSIS- Comandante del Reparto Operativo Provinciale di Foggia, Col.-OMISSIS- Comandante Provinciale di Foggia ed il Generale di Divisione-OMISSIS- del Comando Regione Puglia) già solo per il fatto che non si peritavano di denunciare il comportamento vessatorio assunto dal-OMISSIS- nonché si abbandonavano, in certi frangenti, a manifestazioni di gratuita riprovazione nei riguardi del -OMISSIS-. Viene in considerazione quindi una vicenda complessa e variegata, oltreché dipanantesi in un arco temporale significativo, la cui rilevanza a fini eziopatogenetici rispetto alla fattispecie del mobbing non è attenuata o financo esclusa dalla presenza di una condotta penalmente rilevante ascrivibile al superiore gerarchico dell’appellante.

10.6. Venendo all’esame del terzo motivo dell’appello incidentale, circa la pretesa insussistenza della condotta mobbizzante, valgono le considerazioni testé formulate in ordine alla consistenza materiale della vicenda sia sul piano del coinvolgimento soggettivo di plurimi esponenti della scala gerarchica sia sotto il profilo dell’estensione temporale della condotta, come detto inquadrabile nel periodo 2003-2008 e quindi pari ad oltre un quinquennio. Come da preciso orientamento di questa Sezione, infatti, “ ai fini della configurabilità della condotta lesiva rientrante nel mobbing, posta in essere dal datore di lavoro nei confronti del lavoratore nell'ambiente di lavoro, idonea a fondare il diritto al risarcimento del danno dalla stessa derivante, in sede processuale devono emergere i seguenti aspetti: la molteplicità dei comportamenti di carattere persecutorio, illeciti o anche leciti se considerati singolarmente;
l'evento lesivo della salute o della personalità del dipendente;
il nesso eziologico tra la condotta del datore o del superiore gerarchico e il pregiudizio all'integrità psicofisica del lavoratore;
la sussistenza dell'intento persecutorio
” (cfr. sentenza 24 maggio 2022, n.4136).

La giurisprudenza ha invero avuto modo di circoscrivere l’ambito in cui la fattispecie del mobbing può emergere occorrendo a tal uopo il riscontro di un elemento psicologico della condotta non semplicemente colposo, ma doloso: “ Infatti, in caso di denunziato mobbing si può ritenere sussistente l'illecito solo se si accerti che l'unica ragione della condotta è consistita nel procurare un danno al lavoratore, mentre bisogna escluderlo in caso contrario, indipendentemente dall'eventuale prevedibilità e occorrenza in concreto di simili effetti. Una restrizione del genere, se permette per un verso di rinvenire nel mobbing un'ulteriore manifestazione del divieto di agire intenzionalmente a danno altrui, che costituisce canone generale del nostro ordinamento giuridico e fondamento dell’ “exceptio doli generalis”, consente per altro verso di escludere dall’orbita della fattispecie tutte quelle vicende in cui fra datore di lavoro e lavoratore si registrano semplicemente posizioni divergenti o perfino conflittuali, affatto connesse alla fisiologia del rapporto di lavoro (Cons. Stato, Sez. IV, 10 gennaio 2012 n. 14;
id., Sez. IV, 15 ottobre 2018, n. 5905)
” (cfr. Cons. Stato, sez. II, n. 862/2021).

Si è quindi sottolineato che “ l’elemento oggettivo della fattispecie del mobbing è integrato dai ripetuti soprusi legati tra loro dall’intento persecutorio nei confronti della “vittima ”” (cfr. ex multis , Cons. Stato, sez. IV, 7 febbraio 2019, n. 910).

Ebbene la condotta di mobbing senz’altro traspare alla luce della complessità della vicenda, in quanto consente di percepire tutti gli elementi costitutivi della fattispecie, ivi compreso quello psicologico, come detto necessario, senza che l’amministrazione abbia mostrato di assumere iniziative tempestive e determinanti al fine di impedire la sua consumazione pur essendone ben a conoscenza.

11. Si impone quindi la disamina dell’appello principale, promosso dal -OMISSIS- al fine di conseguire una rideterminazione in melius del danno risarcibile risultando a suo parere “irrisoria” la somma stabilita dal T.a.r. nell’importo di € 5.000,00.

11.1. Ritiene il Collegio che, pur non potendosi non accedere ad una determinazione equitativa del danno sofferto dall’appellante principale maggiormente proporzionato rispetto al danno patito, occorre evidenziare che tale rideterminazione può riguardare soltanto il danno biologico, in quanto il risarcimento del danno patrimoniale, connesso alla percezione dei ratei stipendiali, costituisce un effetto automatico della pronuncia di primo grado assumendo ineludibili fini ripristinatori della posizione economica dell’odierno appellante e che pertanto prescinde dal presente giudizio.

11.2. In definitiva, ritiene il Collegio che, alla luce della consistenza materiale della vicenda e della sofferenza psichica patita dal -OMISSIS- nel periodo in questione, la somma da porre a carico del Ministero della giustizia a titolo di risarcimento del danno da mobbing patito dal Maresciallo -OMISSIS- sia pari ad euro 30.000,00 (trentamila/00) oltre accessori.

12. Conclusivamente il Collegio respinge l’appello incidentale, proposto dall’Amministrazione, mentre accoglie parzialmente l’appello principale proposto dal signor -OMISSIS- rideterminando il danno non patrimoniale risarcibile in suo favore nell’importo di € 30.000,00 oltre rivalutazione monetaria ed interessi legali da determinarsi, essendo stata liquidata detta somma equitativamente e quindi considerata ex se già parametrata ai valori attuali, dalla presente pronuncia fino al dì del soddisfo.

12.1. Le spese del giudizio, secondo il canone della soccombenza, sono da porre a carico del Ministero nella misura stabilita in dispositivo.

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