Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2024-04-05, n. 202403170

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2024-04-05, n. 202403170
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202403170
Data del deposito : 5 aprile 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 05/04/2024

N. 03170/2024REG.PROV.COLL.

N. 04080/2019 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4080 del 2019, proposto da
-OMISSIS-S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato N S M, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio legale Placidi Srl in Roma, via Barnaba Tortolini 30;

contro

Comune di Terlizzi, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati F L, A M, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Terza) n. 01466/2018, resa tra le parti;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Terlizzi;

Visti tutti gli atti della causa;

Visto l'art. 87, comma 4-bis, cod.proc.amm.;

Relatore all'udienza straordinaria di smaltimento dell'arretrato del giorno 10 gennaio 2024 il Cons. R R e uditi per le parti gli avvocati Matassa Nino Sebastiano e Lofoco Fabrizio;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. L’appellante è proprietaria, nel Comune di Terlizzi, di un’area sita nel borgo di Sovereto, contraddistinta in Catasto al Fogllio 36, mapp. 2 e 157, che lo strumento urbanistico generale aveva, in passato, classificato in zona “B2 – area di completamento”.

2. In relazione alla suddetta area il precedente proprietario aveva ottenuto parere favorevole su un progetto che prevedeva la demolizione di un vecchio fabbricato e la ricostruzione di un nuovo fabbricato con maggiore volumetria.

3. L’appellante Società acquistava il fondo con contratto del 1° ottobre 2012, e poi ritirava il permesso di costruire n. 58/2013;
il 19 dicembre 2013 presentava una richiesta di variante.

4. Con delibera di Consiglio Comunale n. 5/2014, del 22 gennaio 2014, veniva adottata una variante allo strumento urbanistico generale finalizzata a tipizzare come zona “A1” una limitata porzione del territorio del borgo di Sovereto, nella quale porzione sono incluse anche le particelle di proprietà della società appellante.

5. La Società presentava osservazioni, che venivano respinte con delibera di Consiglio Comunale n. 56/2015 del 12 novembre 2015, malgrado il parere favorevole all’accoglimento dell’osservazione espresso dal Dirigente dell’Ufficio Comunale nella sua relazione prot. n. 282/UTC del 5.11.2015.

6. La Società impugnava innanzi al Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, le citate delibere di Consiglio Comunale, unitamente alla delibera di Consiglio Comunale n. 1 del 14 gennaio 2014 e alla “Relazione sulla proposta di variante urbanistica ai sensi dell’art. 16, commi 2 e 3 L:R. 56/1980”.

7. Il TAR, con ordinanza cautelare n. 100/2016 imponeva al Comune il riesame delle osservazioni. In esito a ciò il Comune confermava il respingimento delle osservazioni, con delibera n. 32/2016 che veniva gravata con motivi aggiunti.

8. In esito al giudizio il TAR, con la sentenza in epigrafe indicata, respingeva tutti i ricorsi.

9. La Società -OMISSIS-ha proposto appello.

10. Il Comune di Terlizzi si è costituito in giudizio insistendo per la reiezione del gravame.

11. La causa è stata chiamata all’udienza straordinaria del 10 gennaio 2024, in occasione della quale è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

12. Va dato atto, preliminarmente, che nel corso del giudizio è sopravvenuta la perdita di efficacia delle misure di salvaguardia scattate con l’adozione della variante dello strumento urbanistico generale: la Società aveva quindi comunicato che avrebbe intrapreso i lavori assentiti con il permesso di costruire n. 58/2013, ma il Comune ha emesso una diffida nonché un ordine di sospensione dei lavori. Tali atti sono stati ritualmente impugnati dalla Società, e annullati dal Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia.

12.1. Nondimeno la Società non ha intrapreso i lavori prima della definitiva approvazione della variante urbanistica impugnata, e ciò determina la persistenza dell’interesse alla decisione dell’appello in epigrafe indicato,

13. Questi i motivi d’appello articolati dalla Società:

13.1. Con il primo motivo d’appello la Società deduce l’erroneità della sentenza in relazione alla assenza dei presupposti per la inclusione dell’area in zona A.

Il TAR ha affermato che il potere pianificatorio del Comune, essendo per natura ampiamente discrezionale, può essere utilizzato per tipizzare quale zona “A” un’area che intenda tutelare per ragioni storiche e artistiche.

La Società lamenta che le deliberazioni impugnate sono incentrate sulle esigenze di tutela del “Borgo” di Sovereto, già ricompreso in zona A, senza alcuna specifica analisi e considerazione delle oggettive caratteristiche del suolo della società appellante, che in passato era stato classificato in zona B. Rileva l’appellante che l’area di sua proprietà non avrebbe le caratteristiche richieste per la classificazione in zona A, essendo collocato alla periferia del borgo di Sovereto, non essendo interessato dalla presenza di manufatti storici, né essendo stato interessato, nel corso degli anni, dalla imposizione di vincoli paesaggistici. L’appellante invoca anche la Circolare del Ministero dei lavori pubblici n. 3210 del 28 ottobre 1967, in cui si indicano i criteri utili a stabilire quali aree del territorio debbano essere inclusi nelle zone “A”: tali criteri evidenziano che deve trattarsi di suoli su cui sorgano edifici realizzati prima del 1860 oppure edifici costituenti “costume edilizio altamente qualificato”, ed è pacifico che i suoli di proprietà dell’appellante non possiedono tali caratteristiche. L’appellante deduce di aver denunziato, già in primo grado, il difetto di motivazione sulla scelta compiuta dal Comune, e tuttavia il TAR ha disatteso la relativa censura. Secondo l’appellante, però, tale motivazione tradirebbe un travisamento del D.M. 1444/68 da parte del TAR, secondo cui la zonizzazione deve dipendere dalla oggettiva connotazione dei suoli e non dalle intenzioni dell’amministrazione comunale, sia pure orientate alla tutela di un sito storico e di pregio;
inoltre la motivazione del TAR non tiene conto del fatto che l’area di proprietà dell’appellante era stata considerata, appena pochi anni prima, tale da essere tipizzata in zona “B”, il che conferma che non possiede le caratteristiche che ne giustificano l’inclusione nella zona “A”;
nello stesso senso, del resto, depone il parere con cui l’Ufficio Tecnico aveva proposto l’accoglimento delle osservazioni presentate dalla appellante avverso la delibera di adozione della variante.

13.2. Con il secondo motivo d’appello la Società deduce l’erroneità della sentenza laddove ha respinto il quarto motivo di ricorso, con cui si denunciava l’uso improprio della pianificazione urbanistica per l’imposizione surrettizia di un vincolo indiretto a protezione di un’area di interesse storico-culturale.

Il TAR, respingendo la censura, ha ritenuto che l’Amministrazione comunale può imporre un “vincolo” su di un’area in virtù del potere di pianificazione che è ampiamente discrezionale;
e ciò

anche avuto riguardo alla estensione del concetto di pianificazione “del territorio” che non può essere limitato alla sola regolamentazione edilizia.

Secondo l’appellante tale impostazione sarebbe contraddetta dalla giurisprudenza sia dello stesso TAR Bari che del Consiglio di Stato, secondo cui l’imposizione di vincoli di natura paesaggistica/ambientale e la gestione dei vincoli stessi pertiene all’Autorità centrale: il comune che utilizzi lo strumento urbanistico per imporre vincoli di tal sorta, quindi, straripa dai compiti e dalle funzioni ad esso affidate. Nella presente sede, peraltro, sia l’Autorità statale che quella regionale, pur sollecitati dal Comune a vincolare l’area in questione, hanno risposto megativamente, sicché le delibere impugnate risultano viziate non solo perché l’Amministrazione comunale si è arrogata competenze che esulano da quelle attinenti il governo del territorio ma anche perché le determinazioni assunte contrastano con le valutazioni effettuate dalla Soprintendenza e dalla Regione. Consapevole di tale illegittimità il Comune non avrebbe trasmesso gli atti alla Regione per l’approvazione definitiva della variante.

13.3. Con il terzo motivo d’appello si censura l’appellata sentenza nelle statuizioni con cui ha respinto le censure che evidenziavano l’avanzato stadio del procedimento di rilascio del permesso di costruire e l’affidamento maturato dalla appellante.

Secondo il TAR non sussisterebbe legittimo affidamento in quanto la Società, per eludere le norme di salvaguardia, avrebbe riferito la richiesta di permesso di costruire in variante, n. 77/2013, alla pratica edilizia del 2011, il che non sarebbe corretto.

L’appellante sottolinea, oltre alla perplessità del ragionamento del TAR, anche la circostanza che aveva acquistato il terreno dopo che il Comune aveva già evaso positivamente l’originaria pratica edilizia, tanto da ottenere il rilascio del p.d.c. n. 58/2013, del quale ha chiesto la variante.

13.4. Con il quarto motivo d’appello si deduce l’erroneità della sentenza appellata per aver respinto la censura con cui si denunciava che la variante non era corredata della documentazione richiesta dall’art. 15 della L.R. n. 56/1980: il Comune avrebbe infatti predisposto solo una relazione generica dell’Ufficio Tecnico comunale, omettendo di corredare la richiesta delle cartografie e dei grafici rappresentanti la situazione di fatto.

Il TAR ha respinto la censura sul rilievo che la documentazione tecnica era già stata acquisita al momento della predisposizione dello strumento urbanistico approvato dalla Giunta Regionale nel 2000;
pertanto, in una logica di semplificazione non poteva ritenersi necessaria la ripetizione di adempimenti già svolti.

Replica l’appellante che, essendo state omesse le cartografie, la variante adottata non consente di apprezzare la sopravvenienza, rispetto allo strumento urbanistico approvato nel 2010, di circostanze che giustificano il mutamento nella tipizzazione del suolo, da zona B a zona A. L’omessa trasmissione degli atti alla Regione sarebbe da ascrivere, secondo l’appellante, proprio alla assenza dei necessari elaborati.

13.5. Con il quinto motivo d’appello si censura la sentenza appellata per aver ritenuto che Il Comune ha seguito correttamente la procedura di variante prevista dall’art. 16 della L.R. n. 56/1980, in particolare con riferimento alla preventiva adozione di un atto di indirizzo, da individuarsi nella delibera di Consiglio Comunale n. 1/2014.

Osserva l’appellante che nella citata delibera di C.C. n. 1/2014 non sarebbe dato rinvenire un idoneo atto di indirizzo, non essendo stati indicati con precisione gli obiettivi, le ragioni e i criteri di impostazione della variante, non potendo al tal fine ritenersi sufficiente il richiamo al resoconto del verbale di seduta.

13.6. L’appellante impugna, infine, anche il capo della sentenza che ha ritenuto infondata la censura con era stata denunciata l’illegittimità degli atti impugnati poiché assunti senza il necessario visto

di regolarità contabile, ex art. 49, co. 1 d.lgs. n. 267/2000: il TAR ha ritenuto che tale parere non fosse necessario.

L’appellante insiste nel riproporre la censura, osservando che l’approvazione di una variante urbanistica ha evidenti ricadute sulla situazione patrimoniale dell’Ente comunale: la destinazione di una area costituisce difatti il presupposto per la determinazione della base imponibile relativa ai tributi locali (IMU, ICI) ovvero nella determinazione degli oneri concessori;
pertanto, l’approvazione della variante comporta “riflessi diretti ed indiretti” sulla situazione economico-finanziaria dell’Ente che richiedono obbligatoriamente il parere di regolarità contabile. Nel caso di specie la variante priva l’area inclusa in zona A di potenzialità edificatorie, determinando, a carico del Comune, del gettito di IMU e ICI precedentemente goduto.

14. I primi due motivi possono essere esaminati congiuntamente, in quanto tra loro complementari: essi non meritano favorevole valutazione.

14.1. L’appellante invoca alcuni precedenti che il Collegio ben conosce: in particolare la sentenza dello stesso TAR Bari n. 295/2011, che è stata confermata dalla sentenza della IV Sezione di questo Consiglio di Stato n. 519/2016;
tali precedenti, tuttavia, non si attagliano pienamente al caso di specie.

14.2. Si deve infatti rilevare che la vicenda decisa con i ricordati pronunciamenti aveva ad oggetto una previsione di strumento urbanistico generale mediante la quale uno specifico edificio, ed il relativo terreno pertinenziale, pur collocato in zona tipizzata quale “zona residenziale estensiva”, veniva assoggettato ad un vero e proprio vincolo di natura architettonica, cioè ad una disciplina specifica, relativa a quel solo bene singolarmente considerato, che di fatto ne limitava lo sfruttamento edilizio, a dispetto di quanto sarebbe stato consentito dalla zonizzazione urbanistica.

14.3. Il Consiglio di Stato, nella citata sentenza n. 519/2016, ha richiamato e condiviso la precedente giurisprudenza facente capo alla sentenza della Sezione IV n. 4818/2005, secondo la quale i beni costituenti bellezze naturali possono formare oggetto di distinte forme di tutela ambientale, anche in via cumulativa, a seconda del profilo considerato, con la duplice conseguenza che la tutela paesaggistica è perfettamente compatibile con quella urbanistica o ecologica, trattandosi di forme complementari di protezione, preordinate a curare, con diversi strumenti, distinti interessi pubblici, e che il comune conserva la titolarità, nella sua attività pianificatoria generale, della competenza ad introdurre vincoli o prescrizioni preordinati al soddisfacimento di interessi paesaggistici. La pronuncia in esame ha anche richiamato il precedente di cui alla pronuncia n. 3255/2013, avente ad oggetto una variante urbanistica generale del Comune di Firenze, le cui N.T.A. prevedevano che determinati immobili del Centro Storico potessero essere utilizzati solo come cinema-teatri, librerie, negozi di antiquariato e gallerie d’arte, o altre destinazioni assimilabili. Nell’occasione questo Consiglio, dato atto che nella fattispecie il Comune di Firenze aveva inteso “ perseguire la finalità istituzionale di salvaguardia dei caratteri tradizionali dei centri storici, contrastando il rischio di degrado e snaturamento ” e pur riconoscendo che tale finalità rientra tra quelle istituzionalmente ascrivibili ai comuni, si è interrogato sulla facoltà, per un’amministrazione comunale, di imporre un vincolo sulla utilizzazione di singoli beni ricorrendo al potere conformativo esplicato mediante zonizzazione e, più ancora, mediante “microzonizzazioni”, dando risposta negativa.

14.3. I precedenti citati, dunque, hanno chiarito che nell’attività di pianificazione i comuni, mediante la pianificazione territoriale, possono perseguire finalità di tutela dei centri storici, ma non possono stabilire destinazioni d’uso specifiche di singoli edifici né imporre vincoli di interesse culturale, poiché simili previsioni “ costituiscono espressione di un potere di apprezzamento essenzialmente tecnico, con cui si manifesta una prerogativa propria dell'Amministrazione dei beni culturali nell'esercizio della sua funzione di tutela del patrimonio. Analoghi principii devono valere laddove l’interesse sia di natura architettonica, artistica, etc, ovviamente stante la equiordinazione di tali “interessi” che giustificano il provvedimento di apposizione del vincolo: equiordinazione contenuta nel d.lgs. 22 gennaio 2004, n.42 “ (così Cons. Stato, Sez. IV, n. 519/2016).

14.4. Nel caso di specie non si versa nella medesima perché il Comune si è limitato ad estendere il perimetro della zona A al fine di garantire la preservazione del borgo storico di Soverato: non si è trattato, dunque, di introdurre una “microzonizzazione”, incoerente con la “macrozonizzazione” circostante, né si è trattato di imporre un vincolo di destinazione d’uso, equiparabile ad un vincolo di natura culturale, sul fondo di proprietà dell’appellante.

14.5. Per quanto riguarda, più specificamente, le previsioni di cui al D.M. 1444/68, giova rammentare che tale D.M. è stato emanato in attuazione dell’art. 41 quinquies , ultimo comma, della L. n 1150/42, - introdotto nel corpo della legge urbanistica fondamentale dall’art. 17 della L. n. 765/67 -, il quale stabilisce che “ I limiti e i rapporti previsti dal precedente comma sono definiti per zone territoriali omogenee, con decreto del Ministro per i lavori pubblici di concerto con quello per l'interno, sentito il Consiglio superiore dei lavori pubblici. In sede di prima applicazione della presente legge, tale decreto viene emanato entro sei mesi dall'entrata in vigore della medesima ”.

Le indicazioni contenute neL d.m. n. 1444/68, relativamente alle zone territoriali omogenee, devono quindi intendersi come indicative e, soprattutto finalizzate alla individuazione dei limiti inderogabili di densità edilizia, di altezza e di distanze tra i fabbricati nonché dei rapporti tra le varie zone del territorio comunale. Si deve dunque ammettere che nella individuazione delle zone territoriali omogenee il pianificatore territoriale dispone di un margine di discrezionalità che è esercitato legittimamente sin tanto che i rapporti massimi previsti dal d.m. 1444/68 siano rispettati: anzi, proprio per la ragione che è importante assicurare le dovute proporzioni tra le varie zone del territorio comunale, occorre riconoscere ai comuni un margine di elasticità nel riconoscimento delle zone territoriali omogenee, elasticità che potrebbe essere compromessa ove le indicazioni dell’art. 2, del citato d.m., dovessero essere intese come inderogabili. Nella interpretazione del d.m. 1444/68 non si deve dimenticare, insomma, che esso ha prima di tutto lo scopo di assicurare una pianificazione del territorio che risponda, nelle giuste proporzioni, alle varie esigenze della popolazione, e, inoltre, che assicuri uniformità nella edificazione all’interno delle zone territoriali della medesima classe, per assicurare una ordinata urbanizzazione del territorio.

14.6. Premesso quanto sopra, la variante adottata dal Comune di Terlizzi, a mezzo della quale sono state incluse nella zona A alcune aree poste a margine del nucleo storico del borgo di Sovereto, nel dichiarato intento di mantenere l’integrità del suddetto nucleo storico, non appare violare le previsioni dell’art. 2 del d.m. 1444/68, secondo cui possono essere tipizzate quali zone A anche le zone circostanti a quelle direttamente interessate dalla insistenza di agglomerati urbani a carattere storico, artistico o ambientale: la norma lascia chiaramente, ai comuni, una discrezionalità nel valutare quali siano le zone circostanti “ che possono ritenersi parte integrante ” degli indicati agglomerati urbani, e l’esercizio di tale discrezionalità risulta insidacabile in sede di sindacato generale di legittimità, salvo che non ricorra l’evidente travisamento dei fatti o la manifesta irrazionalità.

14.7. Nel caso di specie, tuttavia, non si apprezzano tali vizi nella variante urbanistica impugnata nel presente giudizio, essendo ammesso anche dalla parte appellante che i fondi interessati dalla variante urbanistica si trovano ai margini del nucleo storico di Sovereto, e come tali possono contribuire a mantenerlo integro, evitando che nuove costruzioni ne ostruiscano la visibilità, ne corrompano la natura e ne determinino il progressivo “soffocamento”.

14.8. Sulla base delle considerazioni che precedono vanno respinti i primi due motivi d’appello.

15. Parimenti infondato è il terzo motivo d’appello, che si fonda sulla lesione dell’affidamento riposto dalla Società sulla durata della tipizzazione, in zona B, dei fondi da essa acquistati.

15.1. Il mero rilascio di un permesso di costruire non è idoneo a far insorgere un affidamento tutelato: l’art. 15, comma 4, del D.P.R. n. 380/2001 stabilisce che “ Il permesso decade con l'entrata in vigore di contrastanti previsioni urbanistiche, salvo che i lavori siano già iniziati e vengano completati entro il termine di tre anni dalla data di inizio ”: è quindi evidente che per il legislatore la mera circostanza dell’avvenuto rilascio di un titolo edilizio non crea un affidamento tale da essere tutelato indipendentemente dall’inizio dei lavori;
nella specie i lavori, benché assentiti prima che venisse adottata la variante contestata, non hanno avuto inizio.

16. Possono essere esaminati congiuntamente il quarto e quinto dei motivi d’appello, aventi ambedue ad oggetto la ritualità della disciplina seguita per l’adozione della variante, ritualità che viene contestata sia sotto il profilo della incompletezza della documentazione, sia sotto il profilo della mancanza dell’atto di indirizzo richiesto dall’art. 16, comma 2, della L.R. n. 56/1980.

16.1. L’appellante contesta che la delibera di Consiglio Comunale n. 1/2014 possa qualificarsi quale atto di indirizzo, perché non indicherebbe le motivazioni, gli obiettivi, i criteri di impostazione.

16.3. Tuttavia è incontestabile che da tale delibera emerge la volontà del Consiglio Comunale di salvaguardare il borgo di Sovereto nei termini indicati nella relazione del Dirigente del Settore Servizi tecnici n. 578/UTC del 18 dicembre 2013, ovvero tipizzando quale zona A1, quella parte del borgo di Sovereto già tipizzata quale zona B2 dallo strumento urbanistico generale entrato in vigore il 30 settembre 2000. La delibera di C.C. n. 1/2014, inoltre, dà chiaramente mandato all’Ufficio Tecnico Comunale di riformulare la proposta di deliberazione di adozione della apposita variante, ai sensi dell’art. 16, commi 2 e 3, della L.R. 56/1980.

16.4. Il Collegio ritiene, conclusivamente, che la delibera di C.C. n. 1/2014 ben possa fungere da atto di indirizzo, come richiesto dalla indicata norma regionale, tenuto conto anche della limitata portata della variante, che aveva quale unica finalità quella della salvaguardia del borgo di Sovereto e quale unico obiettivo quello di tipizzare in zona A le aree del borgo di Sovereto già tipizzate in zona B1: l’atto di indirizzo, dunque, non necessitava una motivazione più specifica e puntuale sui criteri e gli obiettivi.

16. Quanto alla mancanza delle cartografie e dei grafici il Collegio rileva che documenti simili sono allegati, unitamente a fotografie aeree dei luoghi, alla relazione del Dirigente dei Servizi Tecnici sulla proposta di variante predisposta in seguito all’atto di indirizzo. Pertanto la censura deve ritenersi infondata, risultando corredata della documentazione necessaria a far comprendere al Consiglio Comunale il contenuto della variante urbanistica.

17. Con il sesto, e ultimo, dei motivi d’appello si censura l’erroneità della sentenza per aver ritenuto che la delibera di adozione della variante urbanistica non necessitasse del visto di regolarità contabile previsto dall’art. 49 del d. l.VO 267/00.

17.1. La censura va respinta richiamando il consolidato orientamento di questo Consiglio di Stato, secondo cui i pareri previsti per l'adozione delle deliberazioni comunali dall'art. 49 del T.U.E.L. (e prima ancora dall'art. 53 della legge 8 giugno 1990, n. 142) sono preordinati all'individuazione sul piano formale, dei funzionari che li formulano, dei responsabili in via amministrativa e contabile delle deliberazioni adottate, eventualmente in solido con i componenti degli organi politici;
così che la loro eventuale mancanza costituisce una mera irregolarità che non incide sulla legittimità e la validità delle deliberazioni stesse (cfr. Cons. Stato sez. IV 16 novembre 2020 n. 7043;
sez. V, 21 agosto 2009, n. 5012;
sez. IV, 22 giugno 2008, n. 3888).

18. In conclusione l’appello va respinto.

19. La peculiarità della vicenda giustifica, nondimeno, la compensazione delle spese del presente giudizio.

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