Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2023-09-13, n. 202308297

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2023-09-13, n. 202308297
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202308297
Data del deposito : 13 settembre 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 13/09/2023

N. 08297/2023REG.PROV.COLL.

N. 09233/2020 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 9233 del 2020, proposto da
O V, rappresentata e difesa dagli avvocati F S, C Z S, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Comune di Zagarolo, rappresentato e difeso dall'avvocato E D G, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

e con l'intervento di

ad opponendum:
J E B V, S H R M, rappresentati e difesi dall'avvocato F B, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per la riforma

della sentenza breve del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, sezione seconda bis n. 03556/2020, resa tra le parti;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Zagarolo;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 18 maggio 2023 il Cons. Diana Caminiti e uditi per le parti gli avvocati Pierluigi per delega di Scorsone, Di Giovanni e Baglioni;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1.Con atto notificato in data 26 novembre 2020 e depositato il giorno successivo O V ha interposto appello avverso la sentenza in forma semplificata, ex art. 60 c.p.a., del Tar per il Lazio, sezione seconda bis, 20 marzo 2020, n. 3556, che ha rigettato il ricorso proposto avverso l’ordinanza sindacale del Comune di Zagarolo, n. 124 del 26.11.2019, adottata ai sensi dell’art. 54 comma 4 del Tuel, con cui le si ordinava, in qualità di proprietaria della porzione di terreno identificata al catasto

terreni al foglio 45, p.lla 394, di provvedere urgentemente e comunque entro e non oltre il termine di 15 giorni dalla notifica, alla verifica di stabilità dell'intera vegetazione arborea presente sul costone tufaceo ricadente nella sua proprietà e all'eventuale abbattimento degli alberi pericolanti.

2. L’ordinanza de qua è stata adottata per scongiurare, a fronte della improvvisa caduta di un albero di alto fusto su una abitazione privata, nei pressi della strada, il pericolo di ulteriori crolli di altri elementi del crostone tufaceo proveniente dall’area di proprietà della ricorrente.

Con la medesima ordinanza si ordinava lo sgombero dell’abitazione, sul quale si era abbattuto l’albero, risultata disabitata e di altra abitazione adiacente che invece era abitata.

2.1 La ricorrente in prime cure lamentava l’omessa comunicazione di avvio del procedimento, l’avvenuto spossessamento della particella ad opera del comune che aveva realizzato sulla particella intermedia una strada pubblica e comunque l’abdicazione al diritto di proprietà, il difetto dei presupposti per l’adozione dell’ordinanza contingibile ed urgente, avuto riguardo anche alla circostanza che si era ordinato lo sgombero delle abitazioni, il difetto di istruttoria, il difetto di motivazione, avuto riguardo anche alla genericità dell’ordine impartito e alla circostanza che l’abbattimento degli alberi non poteva intervenire senza autorizzazione della soprintendenza, essendo l’area sottoposta a vincolo paesaggistico ed archeologico, circostanza questa che denotava anche il vizio di istruttoria.

2.2. Il Tar ha disatteso tutte le doglianze osservando come sussistessero tutti i presupposti per l’adozione dell’ordinanza contingibile ed urgente, idonei a giustificare anche l’omessa comunicazione di avvio del procedimento, come il provvedimento fosse sufficientemente motivato e preceduto da una congrua istruttoria e come del tutto destituito di fondamento fosse l’asserita perdita di proprietà per mera “rinuncia abdicativa”, o per “non uso”, senza alcun atto formale di acquisto della proprietà stessa da parte del Comune o pronuncia giudiziaria di usucapione.

3. Avverso la sentenza de qua parte appellante ha articolato i seguenti motivi:

I) Errore nel giudicare per violazione di legge ed erroneità con riferimento alla ritenuta sussistenza dei requisiti e presupposti prescritti dall’art. 54, comma 4 del d.lgs 267/2020 – 1.1 incolumità pubblica e sicurezza urbana – 1.2 contingibilità ed urgenza;

2) Errore nel giudicare per violazione di legge ed erroneità per eccesso di potere dell’ordinanza emessa ex art. 54, comma 4 del d. lgs. 267/200 stante la contestata genericità dell’ordine imposto nonché’ l’indeterminatezza e illogicita’ manifesta della motivazione e difetto di istruttoria.

3) Errore nel giudicare per violazione di legge con riferimento all’art. 7 e segg. l. 241/90.

4. Si è costituito il Comune di Zagarolo, con articolata memoria difensiva, instando per il rigetto dell’appello.

5. Si sono inoltre costituiti, con atto di intervento ad opponendum e con deposito di documenti, i sig.ri J E B V e S H R M, proprietari dell’abitazione di cui era stato ordinato lo sgombero, adiacente a quella interessata dalla caduta dell’albero, assumendo come né la ricorrente avesse ottemperato all’ordinanza, né il Comune, nonostante il tempo trascorso avesse proceduto all’esecuzione in danno, impedendo loro di fare rientro nella propria abitazione, concludendo per la reiezione del gravame.

6. In vista della trattazione del merito della causa, la signora V ha prodotto memoria di discussione diretta e di replica, ex art. 73 comma 1 c.p.a., e gli interventori ad opponendum memoria di discussione diretta ed il Comune memoria di replica.

6.1. In particolare l’appellante con la memoria diretta ha eccepito inammissibilità dell’atto di intervento ad opponendum, sulla base del rilievo che gli interventori erano destinatari dell’ordinanza impugnata ma per disposizione autonoma rispetto a quella contestata in giudizio.

7. La causa è stata trattenuta in decisione all’esito dell’udienza del 18 maggio 2023, sulle conclusioni ivi rassegnate dalle parti.

DIRITTO

8. In limine litis va vagliata l’eccezione di inammissibilità dell’atto di intervento ad opponendum dei sig. ri J E B V e S H R M avanzata da parte appellante.

8.1. La stessa va disattesa in quanto gli interventori, in quanto destinatari dell’ordinanza impugnata nella parte in cui impone lo sgombero dell’abitazione nelle more dell’esecuzione dei lavori di messa in sicurezza ad opera di parte appellante, sono all’evidenza portatori di un interesse opposto a quello fatto valere da parte appellante, già ricorrente in prime cure , e segnatamente di un interesse coincidente con quello del Comune di Zagarolo all’ottemperanza dell’ordinanza de qua da parte della sig.ra V.

Detto interesse è stato ben evidenziato nell’atto di intervento laddove si precisa che con l’ordinanza gravata “ veniva perciò interdetto ad essi l'accesso ai suddetti immobili “fino a che lo stato di pericolo che ne ha determinato lo sgombero non abbia a cessare”.

Gli interventori, nel lamentare anche la mancata esecuzione d’ufficio dell’ordinanza, assumono che la loro famiglia a tutt’oggi non avrebbe potuto fare rientro nell’abitazione.

L’ interesse indiretto fatto valere si radica pertanto non direttamente sulla parte dell’ordinanza che impone loro lo sgombero – che avrebbero dovuto impugnare in via autonoma - ma sulla parte, oggetto dell’odierno contenzioso, relativa all’esecuzione della verifica e dei necessari lavori da parte dell’appellante, rispetto alla quale gli stessi sono portatori di un interesse riflesso.

Da ciò l’ammissibilità dell’intervento alla luce del costante orientamento giurisprudenziale secondo cui nel processo amministrativo, per l'ammissibilità dell'intervento ad opponendum è sufficiente che l'interventore possa vantare un interesse di fatto rispetto alla controversia, che sia avvinto da un nesso di dipendenza o accessorietà rispetto a quello azionato in via principale e che gli consenta di ritrarre un vantaggio indiretto e riflesso dall'accoglimento del ricorso (Cons. Stato sez. III, 22 marzo 2017, n.1303;
Cons. Stato, Sez. V, 23 febbraio 2017, n. 849;
già, Ad. Plen., 28 gennaio 2015, n. 1), rectius , nell’ipotesi di specie, dal suo rigetto.

8.2. Peraltro va anche specificato come, in applicazione della giurisprudenza in materia non possa tenersi conto di quanto addotto con la memoria di discussione ex art. 73 comma 1 c.p.a. e documentato ulteriormente dagli interventori rispetto al thema decidendum dell’odierno appello, riferito in particolare alla corrispondenza intercorsa con il Comune (ex multis, Cons. Stato, sez. IV, 14 aprile 2014, n. 1810 secondo cui nel processo amministrativo all'interventore ad opponendum è preclusa la possibilità di estendere o comunque alterare il thema decidendi definito dal ricorso principale ed eventualmente da quello incidentale, dovendo svolgere un'attività difensiva volta ad ottenere, mediante la puntualizzazione e la dispiegazione di argomenti, il rigetto del gravame;
di conseguenza, ove la sua posizione assuma i connotati dell'autonomia, ancorché correlata con quella delle parti del giudizio, egli è tenuto a proporre una propria iniziativa giudiziaria, non potendo far valere un proprio distinto ed autonomo interesse nel giudizio instaurato da altro soggetto, avente un diverso oggetto).

9. I motivi di appello in quanto fondato su profili connessi, ovvero sul difetto di presupposti e di istruttoria, nonché sulla violazione della partecipazione procedimentale, con conseguente deficit di istruttoria, possono essere esaminati congiuntamente.

9.1. Segnatamente con il primo motivo parte appellante lamenta l’erroneità della sentenza, laddove aveva ritenuto sussistessero i presupposti per l’adozione ordinanza contingibile ed urgente, atteso che le due abitazione erano stata sgomberate e che peraltro l’ordinanza non mirava a preservare l’incolumità pubblica e la sicurezza urbana, essendo volta a tutelare gli interessi dei privati, risultando l’area di sua proprietà confinante con particelle di proprietà privata, ovvero con le due abitazioni interessate dall’ordinanza di sgombero.

Lamenta inoltre il difetto dei presupposti per l’adozione dell’ordinanza contingibile ed urgente in quanto non proceduta da una congrua istruttoria, essendo il provvedimento contestato basato esclusivamente su una relazione di servizio ove apoditticamente si asseriva esservi porzioni di rocce tufacee parzialmente distaccate, redatta dal tecnico comunale A D G, capo area IV del Comune di Zagarolo, neppure deputato all’accertamento, essendo assegnato ad area con competenza all’urbanistica ed all’edilizia privata.

Parimenti, in tesi di parte appellante, l’istruttoria non poteva intendersi supportata dalle foto prodotte né dal fonogramma dei vigili del fuoco che dava semplicemente atto dell’ammaloramento di costone tufaceo e dell’impossibilità di accertarne le cause.

Il difetto di istruttoria inoltre sarebbe dimostrato dalla genericità dell’ordine impartito e dalla circostanza che non si era tenuto conto che l’area era gravata da vincolo paesaggistico ed archeologico.

9.2. Con il secondo motivo la sig.ra V lamenta l’erroneità della sentenza laddove non aveva rilevato il difetto di istruttoria e di motivazione del provvedimento, comprovato anche dalla genericità dell’ordine imposto, essendo stato solo successivamente specificato che l’ordine di effettuare la verifica della stabilità della vegetazione comportasse la necessità del deposito di una verifica a firma di un tecnico;
tant’è che solo a distanza di un anno dall’accadimento la giunta comunale aveva emanato una delibera di indirizzo dove incaricava il Responsabile dell’Area V ambiente, Dott. Melis di “ avviare le attività necessarie per l’affidamento di un incarico professionale che consenta di verificare la stabilità dell’intera vegetazione ….”.

Tra l’altro, la genericità dell’ordine imposto dal Comune sarebbe, a detta di parte appellante, ulteriormente ravvisabile laddove in un primo momento si limitava ad ordinare – ordine generalissimo – di “ verificare la staticità della vegetazione arborea ” – per poi richiedere, illegittimamente, con pec del 28 settembre 2020 in atti, che si dovessero accertare anche gli interventi da intraprendere per la messa in sicurezza della vegetazione.

L’Amministrazione comunale, in tesi di parte appellante, avrebbe pertanto dovuto sin dall’emissione dell’ordinanza contestata, se del caso, destinare la ricorrente dell’ordine di nominare un tecnico competente per verificare concretamente lo stato dell’area e individuare le opere di messa in sicurezza e le modalità di realizzazione delle stesse.

La medesima Amministrazione non si era affatto preoccupata dei vincoli insistenti sul terreno (paesaggistico ed archeologico) e, conseguentemente, di verificare se l’ordine – generalissimo – imposto alla ricorrente “ eventuale abbattimento di alberi pericolanti ” – contrastasse con la normativa imposta dai predetti vincoli.

9.3. Con il terzo motivo parte appellante lamenta che il giudice di prime cure , ritenendo erroneamente sussistenti i presupposti per l’emissione dei un’ordinanza ex art. 54, comma 4 TUEL, non aveva dato rilievo al vizio procedimentale eccepito in ricorso, posto che non erano state attivate le garanzie partecipative di cui agli artt. 7 e segg. l. n. 241/90, prime tra tutte la comunicazione di avvio del procedimento e successivamente l’invito ad effettuare un sopralluogo in contraddittorio, richiesto poi dalla ricorrente all’amministrazione comunale per le vie brevi anche per individuare, eventualmente, gli accertamenti specifici da eseguire, solo successivamente ed illegittimamente determinati dall’Amministrazione Comunale.

L’appellane assume che la partecipazione al procedimento, come evidenziato in prime cure , avrebbe potuto determinare un diverso esito provvedimentale concertando, anche con gli enti preposti alla tutela del vincolo paesaggistico ed archeologico sussistente sull’immobile, quanto eventualmente necessarie per scongiurare ulteriori cadute di alberi.

10. Prima di passare alla disamina di tali motivi giova precisare che secondo la costante giurisprudenza in materia (ex multis Cons. Stato sez. V, 02/05/2023, n.4459;
Cons. Stato, sez. II, 11/07/2020, n. 4474;
conforme, III, 29/05 2015, n. 2697) presupposti per l'adozione dell'ordinanza contingibile e urgente risiedono nella sussistenza di un pericolo irreparabile ed imminente per la pubblica incolumità, non altrimenti fronteggiabile con i mezzi ordinari apprestati dall'ordinamento, nonché nella provvisorietà e la temporaneità dei suoi effetti, nella proporzionalità del provvedimento, non essendo pertanto possibile adottare ordinanze contingibili e urgenti per fronteggiare situazioni prevedibili e permanenti o quando non vi sia urgenza di provvedere, intesa come assoluta necessità di porre in essere un intervento non rinviabile, a tutela della pubblica incolumità.

Il collegio non ignora inoltre che il potere di ordinanza contingibile e urgente presuppone necessariamente situazioni non tipizzate dalla legge di pericolo effettivo, la cui sussistenza deve essere suffragata da istruttoria adeguata e da congrua motivazione, e in ragione di tali situazioni si giustifica la deviazione dal principio di tipicità degli atti amministrativi e la possibilità di derogare alla disciplina vigente, stante la configurazione residuale, quasi di chiusura, di tale tipologia provvedimentale (Cons. Stato, sez. II, 22/04/2021, n.3260).

11. Ciò posto, va peraltro in primo luogo osservato come non siano meritevoli di considerazione le doglianze esposte solo nel presente atto di appello che non trovano corrispondenza nel ricorso di prime cure , fondate rispettivamente sulla dedotta incompetenza del soggetto che aveva adottato la relazione di servizio nonché quelle riferite alla circostanza che, ove si fosse proceduto alla comunicazione di avvio del procedimento, la ricorrente avrebbe potuto concertare con il comune le opere di mesa in sicurezza, avuto riguardo ai vincoli sussistenti sull’area de qua. Dette censure non possono pertanto trovare ingresso nel presente giudizio di appello, in quanto formulate in violazione del divieto dei nova di cui all’art. 104 comma 1 c.p.a..

Infatti secondo la giurisprudenza di questo Consiglio di Stato il divieto dei nova, sancito dall'art. 104, comma 1, c.p.a., esclude che possano essere introdotti, per la prima volta nel giudizio di secondo grado, profili di doglianze, in fatto e diritto, ulteriori rispetto a quelli che, proposti con atti ritualmente notificati, hanno delimitato il perimetro del thema decidendum in prime cure (ex multis Cons. Stato sez. III, 29/03/2023, n.3217 che ha altresì osservato che “ trattasi di un divieto imprescindibile - di carattere assoluto e di ordine pubblico processuale - che promana dalla fondamentale esigenza di assicurare il rispetto del principio del doppio grado di giurisdizione e che impone l'immutabilità della causa petendi introdotta in primo grado. L'effetto devolutivo dell'appello, oggi consacrato dall'art. 104 c.p.a., dal quale discende il divieto di porre nuove difese rispetto a quelle formulate innanzi al primo giudice, assicura che l'oggetto del giudizio del gravame non risulti più ampio di quello su cui si è pronunciato il giudice della sentenza appellata (Cons. St., sez. IV, 8 gennaio 2018, n. 76) ”.

12. Ciò posto le doglianze sono infondate.

12.1. Nell’ipotesi di specie sussistevano tutti i presupposti per l’adozione dell’ordinanza contingibile ed urgente, avuto riguardo al crollo dell’albero già avvenuto su una delle due abitazioni interessate poi dallo sgombero e alla circostanza che detto sgombero non poteva che avere carattere circoscritto nel tempo, in attesa dell’ottemperanza dell’ordinanza contingibile ed urgente da parte dell’appellante, e della circostanza che, seppure non erano accertate le cause del pericolo, la fonte del pericolo era senza dubbio ascrivibile alla proprietà privata della ricorrente, onerata pertanto dal procedere alla previa ed ordinata verifica, propedeutica rispetto ad eventuali e necessari lavori di messa in sicurezza. La decisione di provvedere allo sgombero immediato delle abitazioni era pertanto conseguenza proprio del pericolo e dell’urgenza di provvedere all’eliminazione di detto pericolo e quindi non solo, come dedotto dagli interventori, non valeva ad escludere tale urgenza ma era connaturato alla stessa, trattandosi di un provvedimento adottato in ragione della necessità di scongiurare quel pericolo.

Pertanto non appare in alcun modo condivisibile la prospettazione di parte appellante secondo la quale, una volta ordinato lo sgombero, l’amministrazione comunale avrebbe potuto procedere con i rimedi tipici previsti dall’ordinamento.

Né il carattere contingibile ed urgente, da valutarsi al momento dell’adozione dell’ordinanza, può intendersi venuto meno ex post , solo perché l’amministrazione, nell’inottemperanza della parte appellante, non abbia ancora provveduto all’esecuzione in danno.

12.1.1. Del tutto destituita di fondamento è poi la doglianza di parte appellante secondo la quale, essendo l’area interessata da un potenziale crollo interessante la proprietà privata, non sussisterebbero i presupposti per l’adozione dell’ordinanza extra ordinem, in quanto non posta a tutela dalla pubblica incolumità, dovendosi prescindere, nell’ottica di tutela della incolumità della cittadinanza, cui è proposta l’adozione del provvedimento contingibile ed urgente, dalla dominicalità pubblica o privata dell’area interessata, come peraltro è a dirsi per quella parte dell’ordinanza che dell’area in questione – id est delle due abitazioni - il sindaco ha intimato lo sgombero.

12.2. Parimenti da disattendere sono le censure relative al difetto di istruttoria, contenute nel primo e secondo motivo di appello.

Secondo la giurisprudenza infatti le ordinanze contingibili e urgenti, stante l'urgenza di provvedere, prescindono dall'imputabilità delle cause che hanno generato la situazione di pericolo cui si tratta di ovviare.

La giurisprudenza si è infatti attestata sulla posizione per cui l'ordinanza contingibile ed urgente del Sindaco può essere emessa per tutelare il bene supremo della pubblica incolumità, e, di fronte all'urgenza del provvedere all'eliminazione della situazione di pericolo, prescinde dall'accertamento delle cause e dell'eventuale responsabilità della provocazione di quest'ultimo, poiché non ha natura sanzionatoria (Cons. Stato, sez. V, 9/11/1998, n. 1585). Pertanto, ai fini dell'adozione dell'ordinanza, non rileva chi o cosa abbia determinato la situazione di pericolo che il provvedimento è volto ad affrontare (Consiglio di Stato, Sez. V, 26 maggio 2015, n. 2610);
ciò che rileva per contro è che il soggetto destinatario dell’ordinanza sia in rapporto diretto con la res fonte di pericolo e su cui si tratta di intervenire.

Ai fini della legittimità dell’adozione dell’ordinanza extra ordinem rileva pertanto la dimostrazione dell'attualità del pericolo e della idoneità del provvedimento a porvi rimedio, senza dubbio sussistenti nell’ipotesi di specie.

12.2.1. Parimenti da disattendere, avuto riguardo al contenuto dell’ordinanza gravata, primariamente rivolta ad una verifica delle condizioni di stabilità dell'intera vegetazione arborea presente sul costone tufaceo ricadente nella proprietà di parte appellante, e caratterizzata da estrema urgenza nel provvedere – tanto che si è intimato lo sgombero delle due abitazioni eventualmente interessate da un successivo crollo – è la dedotta carenza degli atti istruttori, in disparte dalla evidenziata inammissibilità della doglianza riferita all’incompetenza del funzionario che aveva redatto la relazione di servizio.

Ed infatti, come evincibile dagli atti depositati in prime cure , l’ordinanza gravata è stata preceduta dal sopralluogo del capo IV area Architetto Erasmo de Girolamo, coadiuvato dal personale della Polizia Municipale, il quale accertava il rovesciamento di un albero di alto fusto, ricadente nell’area di proprietà di parte appellante. In prossimità dell’albero rovesciato venivano inoltre riscontrate delle porzioni di rocce tufacee parzialmente distaccate di notevole altezza, tali da rendere necessitato lo sgombero dei luoghi fino alla messa in sicurezza dell’intero compendio immobiliare interessato dalla caduta dell’albero.

Parimenti in atti vi è il fonogramma del 26 novembre 2019 dei vigili del fuoco, che erano intervenuti sul posto, constatando che il costone tufaceo prossimo all’abitazione su cui era intervenuto il crollo mostrava evidenti segni di ammaloramento;
da ciò l’urgenza di provvedere in primo luogo ad una verifica, nonché eventualmente a tutto i lavori di assicurazione, consolidamento e ripristino necessari.

12.3. Parimenti destituite di fondamento sono le ulteriori doglianze articolate nel secondo motivo di appello, posto che la verifica ordinata nell’ordinanza gravata non poteva che sostanziarsi in una verifica da demandare ad un tecnico che avrebbe dovuto accertare anche tutti i lavori all’uopo necessari. Del tutto irrilevante è pertanto la circostanza che solo successivamente l’Amministrazione abbia ritenuto di nominare un tecnico, trattandosi di adempimento necessitato dall’avvio del procedimento di esecuzione in danno, stante la perdurante inottemperanza di parte appellante. La circostanza che l’area fosse gravata da vincolo archeologico e paesaggistico poi non esonerava certamente parte appellante dal nominare un tecnico per procedere alla richiesta verifica e alle opere di messa in sicurezza dallo stesso ritenute necessarie, prima di richiedere eventualmente l’autorizzazione per l’eventuale abbattimento degli alberi.

Alla verifica demandata al tecnico potevano infatti conseguire anche le opere di messa in sicurezza, profilandosi nell’ordinanza impugnata l’abbattimento degli alberi solo come eventuale.

12.4. In considerazione del rilievo che sussistevano i presupposti per l’adozione dell’ordinanza contingibile ed urgente e vi era estrema urgenza nel provvedere, palesata dall’intervenuto crollo, risulta destituito di fondamento anche il terzo motivo di appello, riferito alla violazione delle garanzie partecipative;
ciò in disparte dalla considerazione che solo con l’atto di appello la parte ha dedotto in ordine a quanto avrebbe potuto addurre nel corso del procedimento e che comunque, quanto al riguardo profilato, era inidoneo a determinare un diverso esito del procedimento, posto che l’abbattimento degli alberi nell’ordinanza gravata era considerato come eventuale e che, come innanzi precisato, il vincolo sussistente sull’area non esonerava certo la ricorrente dal procedere all’ordinata verifica tecnica e alle necessarie opere di messa in sicurezza che il tecnico di fiducia avrebbe disposto, eventualmente nelle more del rilascio dell’autorizzazione per il taglio degli alberi pericolanti.

13. In considerazione dell’infondatezza di tutti i motivi l’appello va rigettato.

14. Sussistono nondimeno, ad avviso del collegio, i presupposti per la compensazione delle spese di lite fra tutte le parti, avuto riguardo alla risalenza della vicenda e alla peculiarità della fattispecie.

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