Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2024-07-05, n. 202405966
Sintesi tramite sistema IA Doctrine
L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.
Segnala un errore nella sintesiSul provvedimento
Testo completo
Pubblicato il 05/07/2024
N. 05966/2024REG.PROV.COLL.
N. 03805/2020 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 3805 del 2020, proposto da
BRT s.p.a., in persona del legale rappresentante
pro tempore
, rappresentata e difesa dagli avvocati E F, A M e L S, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato A M in Roma, via Alberico II, n. 33;
contro
Presidenza del Consiglio dei Ministri, Ministero dell'Economia e delle Finanze, Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni - Roma, in persona dei rispettivi legali rappresentanti
pro tempore
, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria
ex lege
in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza) n. 3024/2020, resa tra le parti.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della Presidenza del Consiglio dei Ministri e del Ministero dell'Economia e delle Finanze e dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni - Roma;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 27 giugno 2024 il Cons. Giovanni Pascuzzi e uditi per le parti gli avvocati A M e Beatrice Gaia Fiduccia dell'Avvocatura generale dello Stato;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. Con ricorso del 2018 la società BRT ha chiesto al T per il Lazio l’annullamento:
- della delibera dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni n. 427/17/CONS del 6 novembre 2017 concernente « Misura e modalità di versamento del contributo dovuto all’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni per l’anno 2018 dai soggetti che operano nel settore dei servizi postali », pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale Serie Generale n. 22 del 27 gennaio 2018;
- del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri in data 14 dicembre 2017 (non conosciuto), con cui è stata approvata, ai fini dell’esecutività, la delibera n. 427/17/CONS;
- della delibera dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni n. 61/18/CONS del 14 febbraio 2018 concernente « Modello telematico e istruzioni relativi al contributo dovuto all’Autorità per l’anno 2018 dai soggetti che operano nel settore dei servizi postali », ivi compresi gli allegati A e B, pubblicata sul sito dell’Autorità a decorrere dal 1° marzo 2018;
- ove occorra, della delibera dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni n. 510/17/CONS del 19 dicembre 2017 concernente la « Approvazione del bilancio di previsione per l’esercizio 2018 dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni », pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 13 del 17 gennaio 2018;
- nonché di ogni atto presupposto e connesso agli atti di cui sopra.
1.1 Con un primo ricorso per motivi aggiunti, la società BRT ha chiesto anche l’annullamento:
- della delibera dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni n. 546/18/CONS recante « Diffida alla Società BRT s.p.a. al pagamento del contributo dovuto all’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni per l’anno 2018 »;
- della relazione del Commissario A M (citata nella delibera ma non allegata alla stessa e non conosciuta dalla ricorrente);
- nonché di ogni atto ad essa connesso, presupposto o consequenziale, ivi compreso, per quanto occorrer possa, il sollecito di pagamento prot. n. 0174002 del 29 ottobre 2018, trasmesso in pari data.
1.2 Con un secondo ricorso per motivi aggiunti la società BRT ha chiesto anche l’annullamento:
- della nota del Presidente dell’AGCOM prot. 83041 del 24 novembre 2017, corredata di una Relazione tecnico-finanziaria priva di numero di protocollo, di firma e di data;
- della nota del Capo di Gabinetto del Ministero dell’Economia e delle Finanze prot. 24595 del 14 dicembre 2017, corredata dell’atto del Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato prot. 215283 del 14 dicembre 2017 e dell’atto del Dirigente Generale del Dipartimento del Tesoro prot. DT 101882 del 14 dicembre 2017;
- della nota del Capo del Dipartimento per il coordinamento amministrativo presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri prot. 448 P - 4.8.1.3.5 del 9 gennaio 2018, corredata del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri in data 14 dicembre 2017.
2. Le premesse in fatto possono essere così sintetizzate:
- la società BRT (già Bartolini s.p.a.) è uno dei più importanti corrieri espresso nazionali e svolge l’attività di autotrasporto merci per conto terzi, spedizione, deposito e logistica sotto il marchio “BRT Corriere Espresso”;
- sin dal 2002 essa si è munita dell’autorizzazione generale prevista dall’articolo 6 del decreto legislativo 22 luglio 1999 n. 261, pur dichiarando di aver fatto ciò “cautelativamente” giacché essa ritiene di non svolgere “attività postale” in senso proprio;
- nel presente giudizio viene in esame il contributo che anche i corrieri espressi, quali operatori attivi nel settore postale, sono tenuti a versare annualmente per la copertura degli oneri di funzionamento dell’Autorità nazionale di regolamentazione del settore postale (“ANR”);
- nel tempo è cambiato il soggetto che svolge il ruolo di ANR (attualmente è AGCOM) e sono cambiate le norme che disciplinano il contributo dovuto all’ANR (attualmente: 14DF16AECFDE" data-article-version-id="289b013d-a0a5-5cf3-a7c5-ae4ff8fdb65e::LR41207EAB14DF16AECFDE::2017-04-24" href="/norms/laws/itatexts10awcj1qr2xl/articles/itaartwy958xge25jmcx?version=289b013d-a0a5-5cf3-a7c5-ae4ff8fdb65e::LR41207EAB14DF16AECFDE::2017-04-24">art. 65 del d.l. n.50/2017, convertito in legge n. 96/2017), per effetto del quale « a decorrere dall’anno 2017, alle spese di funzionamento dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni in relazione ai compiti di autorità nazionale di regolamentazione del settore postale, si provvede esclusivamente con le modalità di cui ai commi 65 e 66, secondo periodo, dell’articolo 1 della legge 23 dicembre 2005, n. 266, facendo riferimento ai ricavi maturati dagli operatori nel settore postale… »;
- a seguito delle modifiche legislative introdotte dal citato d.l. n. 50/2017, il Consiglio dell’AGCOM ha adottato la delibera n. 427/17/CONS che, in applicazione dell’art. 1, commi 65 e 66 della legge n. 266 del 2005, dopo avere stimato in 9,3 milioni di euro le spese di funzionamento dell’Autorità onde far fronte ai compiti di autorità nazionale di regolamentazione del settore postale per l’anno 2018, ha fissato le modalità di calcolo e di pagamento del contributo per il 2018.
3. A sostegno dell’impugnativa avverso la delibera da ultimo indicata e le altre prima richiamate sono stati proposti i seguenti motivi:
I. Violazione dell’articolo 65 del decreto legge 24 aprile 2017 n. 50 e della direttiva 97/67/CE del 15 dicembre 1997 - Eccesso di potere sotto il profilo dell’equivocità e del travisamento dei fatti.
Si sosteneva che l’attività di corriere espresso non può essere legittimamente qualificata come “servizio postale”.
II. Violazione dell’articolo 65 del decreto legge 24 aprile 2017 n. 50, dell’articolo 1.9 della legge 31 luglio 1997 n. 249 e dell’articolo 1.65 della legge 23 dicembre 2005 n. 266 - Violazione della direttiva 97/67/CE del 15 dicembre 1997 – Violazione degli artt. 3 e 23 della Costituzione.
Si sosteneva che:
- l’art. 1, comma 65, d.lgs. n. 266 del 2005 prevede una duplice forma di finanziamento dell’Autorità, costituita non solamente dai contributi degli operatori privati, ma anche da risorse statali (espressamente previste anche dall’art. 1, comma 9, legge 249/1997, istitutiva dell’AGCOM);
- al contrario, nella delibera impugnata, l’intero fabbisogno dell’Autorità riferito alle funzioni di regolazione sul settore dei servizi postali, viene finanziato soltanto dagli operatori del mercato di riferimento, senza alcuna forma di cofinanziamento statale (a carico della fiscalità generale);
- la necessità di un concorso statale alle spese di funzionamento dell’Autorità trova conferma nella normativa anteriore, soltanto parzialmente abrogata dal d.l. n. 50 del 2017, la quale prevedeva che le risorse finanziarie del MISE destinate alla funzione di ANR dei servizi postali, fossero trasferite alla neoistituita Agenzia postale di regolamentazione dei servizi postali (v. d.l. n. 201/2011);
- l’entrata in vigore del d.l. n. 50 cit. non avrebbe né abrogato, né modificato, le norme che hanno attribuito all’AGCOM le funzioni della (mai istituita) Agenzia di regolamentazione e l’obbligo di trasferire alla nuova Autorità le risorse finanziarie degli enti soppressi (vale a dire l’art. 21, commi 13-14-15, del d.l. 201/2011 convertito in l. 214/2011);
- un obbligo di finanziamento delle spese di funzionamento dell’AGCOM a carico del bilancio dello Stato è comunque espressamente previsto dalla legge istitutiva della medesima Autorità (legge n. 249/1997, art. 1 comma 9);
- considerato che ai sensi dell’articolo 23 della Costituzione “nessuna prestazione … patrimoniale può essere imposta se non in base alla legge”, la delibera n. 427/17/CONS è illegittima in quanto pone per intero a carico degli operatori del settore le presunte spese di funzionamento dell’AGCOM quale autorità di regolamentazione del settore postale quantificate nell’importo di 9.300.000 euro;
- la delibera n. 510/17/CONS è a sua volta illegittima in quanto approva un bilancio che non contempla alcun tipo di finanziamento da parte dello Stato e conferma nell’importo di 9.300.000 euro l’ammontare del contributo degli operatori del settore postale.
III. Violazione dell’articolo 9 della direttiva 97/67/CE del 15 dicembre 1997, dell’articolo 65 del decreto legge 24 aprile 2017 n. 50, dell’articolo 1, comma 65, della legge 23 dicembre 2005 n. 266 e dell’articolo 7 della legge 7 agosto 1990 n. 241- Eccesso di potere sotto il profilo della carenza di istruttoria e di motivazione, nonché della violazione del principio di proporzionalità.
Si sosteneva che:
- la delibera n. 427/17/CONS si pone in contrasto con l’art. 9 della direttiva e con le altre disposizioni sopra menzionate per avere quantificato nell’esorbitante importo di 9.300.000 euro il presunto ammontare delle spese che nel 2018 l’AGCOM dovrà sostenere per svolgere la propria attività di regolamentazione del settore postale;
- la delibera non ha però fornito la minima motivazione o documentazione per giustificare tale ammontare;
- detta motivazione e detta documentazione non sono riportate né nel bilancio approvato con la delibera n. 510/17/CPNS, né in alcun altro atto;
- la delibera n. 427/17/CONS è inoltre illegittima in quanto non spiega il percorso logico-giuridico che ha condotto a quantificare l’aliquota contributiva di cui si tratta nell’1,4 per mille;
- la stessa enormità della cifra quantificata è palese sintomo anche della violazione del principio di proporzionalità, che deve ispirare sempre l’operato dei pubblici poteri.
IV. Ulteriore violazione dell’articolo 65 del decreto legge 24 aprile 2017 n. 50 e dell’articolo 1, comma 65, della legge 23 dicembre 2005 n. 266.
Si sosteneva che:
- l’Autorità ha illegittimamente esentato dal pagamento del contributo una fascia di operatori del settore postale (vale a dire quelli il cui imponibile sia pari o inferiore a 100.000 euro e le imprese che hanno iniziato la loro attività nell’anno 2017) che, invece, vi sarebbero obbligati, giacché la normativa di settore non prevede siffatta esenzione;
- conseguentemente tutti gli altri operatori sono assoggettati ad un contributo maggiore di quello dovuto;
- l’esenzione prevista per le imprese in crisi non ha base normativa.
V. Violazione dell’articolo 65 del decreto legge 24 aprile 2017 n. 50.
Si sosteneva che:
- per rispettare l’articolo 65 del decreto-legge n. 50/2017 (necessità che i contributi vadano a coprire le sole spese sostenute dall’Autorità per compititi di regolazione nel settore postale), l’AGCOM avrebbe dovuto prevedere una verifica al termine dell’anno, e ricorrendone le condizioni avrebbe dovuto prevedere la restituzione degli importi eventualmente versati in più dagli operatori;
- in violazione di tale articolo, invece, nulla di tutto ciò è stato previsto dalla delibera n. 427/17/CONS.
VI. Eccesso di potere sotto il profilo dell’illegittimità degli atti presupposti.
Si sosteneva che l’illegittimità della delibera dell’AGCOM n. 427/17/CONS determina inevitabilmente l’illegittimità derivata della delibera dell’AGCOM n.61/18/CONS e di tutti gli ulteriori atti in questa sede impugnati, ivi compreso il d.p.c.m. del 14 dicembre 2017.
VII. Violazione dell’art. 65 del d.l. 24 aprile 2017, n. 50 e dell’art. 1, comma 65, della legge 23 dicembre 2005, n. 266 - Eccesso di potere sotto il profilo della carenza di istruttoria e dei presupposti – Difetto di motivazione - Violazione dell’art. 97 della Costituzione.
Si sosteneva che:
- nelle premesse della delibera n.61/18/CONS si legge: « VISTO il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 14 dicembre 2017 con cui è stata approvata, ai fini dell’esecutività, la delibera n. 427/17/CONS …»;
- la copia del decreto non risulta allegata alla delibera stessa, con la conseguenza che non si può conoscere il suo contenuto;
- in nessuna parte degli atti impugnati si dà conto dell’avvenuta richiesta e dell’avvenuta acquisizione del prescritto parere del Ministro dell’economia e delle finanze, ai fini dell’approvazione della delibera.
VIII. Eccesso di potere sotto il profilo della carenza di motivazione.
La censura è riferita alla delibera n. 510/17/CONS del 19.12.2017, di approvazione del bilancio preventivo dell’AGCOM per il 2018, la quale non avrebbe tenuto conto delle osservazioni contenute nel parere, che ha preceduto l’approvazione della delibera, espresso dalla apposita Commissione di garanzia (la quale ha considerato alcune criticità afferenti a specifiche voci di spesa quali: spese di missione, consulenze e collaborazioni esterne, ore di straordinario).
3.1 Successivamente alla scadenza del termine per il pagamento del contributo, che la delibera 61/18/CONS aveva fissato al 20.4.2018, l’AGCOM ha accertato che la società BRT – pur avendo reso la dichiarazione sul contributo da versare per l’anno 2018, dovuta in base alle istruzioni contenute nella stessa delibera 61/18/CONS – non aveva provveduto all’effettivo versamento. Di conseguenza, l’Autorità ha adottato la delibera 546/18/CONS diffidando la società a versare il contributo per l’anno 2018.
Tale delibera è stata impugnata per i seguenti motivi aggiunti:
IX. Eccesso di potere sotto il profilo dell’illegittimità degli atti presupposti.
Si deduceva l’illegittimità in via derivata dell’atto da ultimo citato.
X. Violazione dell’art. 97 della Costituzione – Violazione del principio del contraddittorio – Eccesso di potere per difetto di motivazione – Carenza dei presupposti – Illogicità – Violazione del principio di trasparenza - Violazione del principio affermato in cause identiche dal giudice amministrativo (ordinanze n. 3218/2018 e n. 2396/2018, Cons. Stato, VI Sezione) - Violazione dell’art. 6 del decreto legislativo n. 261/1999 – Violazione dell’art. 23 della Costituzione - Violazione dell’art. 65 del d.l. n. 50/2017 - Carenza dei presupposti – Illogicità.
Con questo motivo la BRT contestava all’Autorità di aver proceduto a richiedere il pagamento senza attendere la definizione del ricorso (in presenza di pregressi orientamenti giurisprudenziali sempre favorevoli alla tesi della ricorrente con riguardo ai contributi degli anni precedenti) e senza considerare che i servizi prestati nel 2016 non erano qualificabili come servizi postali offerti al pubblico.
3.2 Con un secondo ricorso per motivi aggiunti BRT ha impugnato altri atti richiamati in narrativa. Di seguito la descrizione di questi secondi motivi aggiunti.
XI. Eccesso di potere sotto il profilo dell’illegittimità degli atti presupposti.
Si deduceva l’illegittimità in via derivata degli atti in questione.
XII. Eccesso di potere sotto il profilo della carenza di istruttoria e di motivazione - Violazione dell’articolo 21.7- quinquies del decreto legislativo 22 luglio 1999 n. 261.
Si sosteneva che la Relazione tecnico-finanziaria sarebbe stata predisposta soltanto dopo l’approvazione della delibera stessa e che la stessa Relazione recherebbe mere stime di spesa anziché una quantificazione puntuale dei costi sostenuti.
XIII. Eccesso di potere sotto il profilo dell’illegittimità degli atti presupposti, della carenza di istruttoria e della carenza di motivazione - Violazione dell’articolo 1.65 della legge 23 dicembre 2005 n. 166 – Incompetenza.
Si lamentava l’illegittimità del d.p.c.m. del 14 dicembre 2017 e degli atti connessi per carenza di istruttoria e di motivazione, oltreché per incompetenza.
In particolare, sotto il primo profilo, si sosteneva che i pareri resi dai competenti Dipartimenti del Ministero dell’Economia e delle Finanze non conterrebbero specifiche valutazioni, limitandosi a prendere atto di quanto indicato dall’Autorità nella relazione tecnico-finanziaria di accompagnamento.
Con riferimento al profilo dell’incompetenza, si affermava che il decreto era viziato in quanto firmato dalla Sottosegretaria di Stato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, a ciò delegata dal d.p.c.m. 16 dicembre 2016.
4. Nel giudizio di primo grado si sono costituiti la Presidenza del Consiglio dei Ministri, il Ministero dell'Economia e delle Finanze e l’AGCOM chiedendo il rigetto dei gravami.
5. Con sentenza n. 3024/2020 il T per il Lazio ha rigettato il ricorso principale e i ricorsi per motivi aggiunti.
5.1 Il T ha ricostruito la normativa in materia di finanziamento dell’ANR e la giurisprudenza che si è formata sulle discipline previgenti a quella del 2017 su cui, viceversa, si fondano gli atti impugnati in questa sede.
5.2 Il T ha respinto il secondo motivo di gravame articolato da BRT con il quale la società lamentava l’illegittimità dei provvedimenti impugnati per avere l’Amministrazione imposto ai soli operatori postali (ed ai corrieri, ad essi assimilabili) il finanziamento delle attività dell’AGCOM afferenti al settore postale, senza prevedere anche un’adeguata quota di finanziamento pubblico.
Secondo il primo giudice:
- con il 2017 il quadro di riferimento normativo è radicalmente cambiato a seguito dell’avvenuta abrogazione, ad opera dell’art. 65 del d.l. n. 50 del 2017, delle norme contenute nel d.lgs. n. 261 del 1999;
- la vicenda per cui è causa deve dunque inquadrarsi nel nuovo sistema disciplinato dai soli commi 65 e 66 dell’art. 1 del d.lgs. n. 266/2005 ove non vige più l’obbligatorietà del cofinanziamento statale delle attività della ANR, poiché è soltanto previsto che le spese delle autorità di regolazione sono finanziate dal mercato di competenza “per la parte non coperta da finanziamento a carico del bilancio dello Stato” (comma 65);
- la parte coperta dal finanziamento statale può anche essere, per ciascuna annualità considerata, pari a zero, secondo quanto previsto dalla legge di bilancio annuale, senza che ciò possa determinare vizio dell’atto amministrativo adottato dall’Autorità, atteso che non vi era, per l’anno in esame, alcuna norma di legge che imponesse o autorizzasse l’Amministrazione a fissare una ipotetica quota a carico dello Stato e a quantificarne l’entità;
- il citato comma 65 si limita a parlare di un finanziamento a carico del mercato di competenza (c.d. auto-finanziamento) per la parte non coperta da fondi statali, ma non fissa né percentuali di ammontare né criteri o procedure di quantificazione di quest’ultima fonte, sicché si deve anche ammettere la possibilità e la legittimità di un finanziamento pubblico (a carico della fiscalità generale) pari a zero;
- una diversa soluzione al riguardo non può certo collocarsi a livello dell’azione e delle scelte dell’Amministrazione (necessariamente sottoposta ai vincoli legislativi di spesa), dovendo, viceversa, essere rimessa a scelte politico-legislative.
5.3 Il T ha respinto il primo motivo di ricorso (basato sulla premessa che l’attività di corriere espresso non può essere legittimamente qualificata come “servizio postale”) richiamando quanto statuito nelle pronunce della CGUE del 16 novembre 2016 nella causa C-2/15 e del 31 maggio 2018, nelle cause riunite C259/16 e C 260/16.
5.4 Il T ha respinto il motivo con il quale si lamentava la mancanza di una istruttoria verificabile nella determinazione del contributo e la carenza delle motivazioni sulla base delle quali il contributo è stato determinato nella misura dell’1,4 per mille. Secondo il primo giudice:
- la documentazione prodotta dimostra come la delibera sia stata oggetto di vaglio favorevole e sostanziale da parte del MEF e come, all’esito delle positive valutazioni degli stessi, la Presidenza del Consiglio dei Ministri ne abbia ammesso l’esecutività;
- l’importo quantificato appare congruo;
- la Ragioneria ha osservato che la stima della spesa per il settore postale è stata elaborata sulla base dei costi diretti, relativi alle strutture operative (“core”), precipuamente dedicate allo svolgimento dei compiti (regolatori, di vigilanza e di controllo) afferenti al mercato dei servizi postali, quantificati in euro 5,6 milioni;nonché sulla base dei “costi indiretti” sostenuti dalle “strutture trasversali”, amministrative e di indirizzo, la cui attività è funzionale allo svolgimento di tutte le competenze istituzionali, valutate in 3,7 milioni di euro (totale euro 9,3 milioni).
5.5 Il T ha quindi respinto il quarto motivo con il quale si contestava l’esonero dalla contribuzione stabilito a favore delle imprese in crisi e di quelle con fatturato inferiore ad euro centomila sostenendo che:
- l’art. 1, comma 66, della legge n. 266/2005 demanda all’Autorità le eventuali variazioni della misura e delle modalità della contribuzione;alla stessa Autorità debbono riconoscersi dei margini discrezionali di manovra sulle modalità di riscossione, finalizzati alla semplificazione delle procedure;
- si deve inoltre tener conto della necessaria correlazione tra l’obbligazione contributiva di natura impositiva per cui è causa ed il ruolo dell’AGCOM quale garante della concorrenzialità del mercato, elemento che giustifica, sul piano della proporzionalità e della ragionevolezza, la scelta dell’Autorità di far gravare le spese finalizzate al corretto funzionamento del mercato sulle sole imprese caratterizzate da presenza significativa nel mercato stesso e dotate di significativa capacità di incidenza sui movimenti delle relative attività economiche (cfr. Corte Costituzionale n. 269/2017).
5.6 Il T ha ritenuto infondato il quinto motivo di ricorso in quanto, come eccepito dalla difesa erariale, il meccanismo di restituzione al mercato delle eventuali eccedenze contributive è disciplinato dall’art. 34, comma 2- ter , del d.lgs. n.259/2003, secondo la stessa procedura disciplinata per il mercato delle comunicazioni elettroniche che trova applicazione anche per il mercato postale.
5.7 Il sesto motivo lamentava l’illegittimità derivata che però il T ha escluso per l’infondatezza dei precedenti motivi di ricorso.
5.8 Il T ha quindi respinto i restanti motivi settimo e ottavo.
5.9 Sul primo ricorso per motivi aggiunti il T ha rilevato che:
- (decimo motivo) non vi era alcun dovere, per l’AGCOM, di attendere la definizione del ricorso prima di poter intimare il pagamento delle somme da essa accertate come dovute dalla BRT;
- tanto meno la richiesta di pagamento poteva essere ostacolata a causa della differenza, dedotta da parte ricorrente, tra servizio di corriere espresso e servizi postali.
A quest’ultimo riguardo il T ha richiamato quanto esposto ai fini del rigetto del primo motivo di impugnazione.
5.10 Sul secondo ricorso per motivi aggiunti il T ha rilevato che:
- (motivo dodicesimo) la quantificazione dei costi da finanziare, per il settore postale, si basa su una stima dei costi futuri;
- le censure di parte ricorrente si limitano ad esporre dei generici dubbi di congruenza su di una serie di voci, senza però pervenire alla allegazione di elementi probatori a supporto di quanto dedotto a sostegno del motivo;
- (motivo tredicesimo) non sono stati forniti dalla società ricorrente elementi atti a smentire la correttezza dei dati contabili forniti (sui quali, peraltro, vigila la Corte dei conti) mentre i Dipartimenti statali intervenuti nel controllo del bilancio e della relazione dell’AGCOM dimostrano di avere compiuto una disamina effettiva e sostanziale sull’attendibilità delle cifre e sui criteri impiegati dall’Autorità ai fini della quantificazione dei costi riferibili alla propria attività nel settore postale;
- quanto alla eccepita incompetenza della Sottosegretaria di Stato che ha firmato il d.p.c.m. di approvazione dell’esecutività della delibera impugnata, l’Amministrazione resistente ha dimostrato che l’ambito delle deleghe di firma conferite a e il riferimento esplicito ai “compiti relativi alle autorità amministrative indipendenti” consentivano pienamente l’intervento espletato.
6. Avverso la sentenza n. 3024/2020 del T per il Lazio ha proposto appello la società BRT per i motivi che saranno più avanti esaminati.
7 Si sono costituiti in giudizio la Presidenza del Consiglio dei ministri, il Ministero dell'Economia e delle Finanze, il Ministero dello Sviluppo Economico e l’AGCOM chiedendo il rigetto dell’appello.
8. Con ordinanza n. 4634/2020 la Sezione ha sospeso l’esecutività della sentenza impugnata.
9. Con ordinanza n. 2066/2022 la Sezione ha sollevato questione di pregiudizialità invitando la Corte di Giustizia dell’Unione europea, ai sensi dell’art. 267 TFUE, a pronunciarsi sui seguenti quesiti:
I. « se l’articolo 9, paragrafo 2, secondo comma, quarto trattino, e paragrafo 3, nonché l’articolo 22 della direttiva 97/67/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 15 dicembre 1997, concernente regole comuni per lo sviluppo del mercato interno dei servizi postali comunitari e il miglioramento della qualità del servizio, come modificata dalla direttiva 2008/6/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 febbraio 2008, che modifica la direttiva 97/67/CE per quanto riguarda il pieno completamento del mercato interno dei servizi postali comunitari, devono essere interpretati nel senso che ostano a una normativa nazionale, quale quella rilevante nell’ordinamento italiano (espressa dagli articoli 1, commi 65 e 66, della legge 23 dicembre 2005, n. 266 e 65 decreto legge 24 aprile 2017, n. 50 convertito, con modificazioni, dalla Legge 21 giugno 2017, n. 96), che consente di porre esclusivamente a carico dei fornitori del settore postale, inclusi quelli che non forniscono servizi che rientrano nell’ambito di applicazione del servizio universale, l’obbligo di contribuire finanziariamente ai costi operativi dell’autorità di regolamentazione per il settore postale, in tale modo ammettendo la possibilità di escludere qualsiasi forma di cofinanziamento pubblico a carico del bilancio statale »;
II. « se l’articolo 9, paragrafo 2, secondo comma, quarto trattino, e l’articolo 22 della direttiva 97/67/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 15 dicembre 1997, concernente regole comuni per lo sviluppo del mercato interno dei servizi postali comunitari e il miglioramento della qualità del servizio, come modificata dalla direttiva 2008/6/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 febbraio 2008, che modifica la direttiva 97/67/CE per quanto riguarda il pieno completamento del mercato interno dei servizi postali comunitari, devono essere interpretati nel senso di consentire di annoverare tra i costi operativi finanziabili dai fornitori di servizi postali anche i costi da sostenere per attività di regolamentazione riguardanti servizi postali esulanti dall’ambito di applicazione del servizio universale, nonché i costi per strutture amministrative e di indirizzo politico (c.d. strutture “trasversali”) la cui attività, pur non essendo direttamente destinata alla regolamentazione dei mercati dei servizi postali, risulta comunque funzionale allo svolgimento di tutte le competenze istituzionali dell’Autorità, con conseguente possibilità di una sua attribuzione in via indiretta e parziale (pro quota) al settore dei servizi postali »;
III. « se il principio di proporzionalità, il principio di non discriminazione, l’articolo 9, paragrafo 2, secondo comma, quarto trattino, e terzo comma, nonché l’articolo 22 della direttiva 97/67/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 15 dicembre 1997, concernente regole comuni per lo sviluppo del mercato interno dei servizi postali comunitari e il miglioramento della qualità del servizio, come modificata dalla direttiva 2008/6/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 febbraio 2008, che modifica la direttiva 97/67/CE per quanto riguarda il pieno completamento del mercato interno dei servizi postali comunitari, ostino ad una normativa nazionale, quale quella italiana (espressa dagli articoli 1, commi 65 e 66, della legge 23 dicembre 2005, n. 266 e 65 decreto legge 24 aprile 2017, n. 50 convertito, con modificazioni, dalla Legge 21 giugno 2017, n. 96), che impone di porre a carico dei fornitori del settore postale l’obbligo di contribuire al finanziamento dell’autorità di regolamentazione per il settore postale, senza possibilità di distinguere la posizione dei fornitori dei servizi di corriere espresso dalla posizione dei fornitori del servizio universale e, dunque, senza possibilità di valorizzare la diversa intensità dell’attività di regolamentazione svolta dall’ANR in relazione alle differenti tipologie di servizi postali ».
10. Con sentenza del 7 settembre 2023, nella causa C-226/22 la Corte di Giustizia UE ha statuito quanto segue:
« I. L’articolo 9, paragrafo 2, secondo comma, quarto trattino, e paragrafo 3, della direttiva 97/67/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 15 dicembre 1997concernente regole comuni per lo sviluppo del mercato interno dei servizi postali comunitari e il miglioramento della qualità del servizio, come modificata dalla direttiva 2008/6/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 febbraio 2008, in combinato disposto con l’articolo 22 della direttiva 97/67, come modificata, deve essere interpretato nel senso che:
esso non osta a che uno Stato membro opti per un meccanismo di finanziamento dell’autorità nazionale di regolamentazione responsabile del settore postale alimentato esclusivamente mediante contributi imposti agli operatori di tale settore ai sensi dell’articolo 9, paragrafo 2, secondo comma, quarto trattino, di tale direttiva, come modificata, ad esclusione di qualsiasi finanziamento da parte del bilancio dello Stato, purché tale sistema garantisca che l’autorità nazionale di regolamentazione interessata disponga effettivamente delle risorse indispensabili per assicurare il suo buon funzionamento e l’adempimento, in piena indipendenza, dei suoi compiti di regolamentazione del settore postale o dei mezzi giuridici che le consentano di acquisire tali risorse.
II. L’articolo 9, paragrafo 2, secondo comma, quarto trattino, della direttiva 97/67, come modificata dalla direttiva 2008/6, in combinato disposto con l’articolo 22 della direttiva 97/67, come modificata, deve essere interpretato nel senso che:
la nozione di «costi operativi» di cui alla prima di tali disposizioni comprende, da un lato, i costi sostenuti dalle autorità nazionali di regolamentazione del settore postale per le loro attività di regolamentazione relative ai servizi postali esulanti dall’ambito di applicazione del servizio universale e, dall’altro, i costi generati dalle attività di tali autorità che, pur non essendo direttamente connesse ai compiti di regolamentazione di queste ultime, sono funzionali all’esercizio delle loro competenze di regolamentazione del settore postale.
III. Il diritto dell’Unione, e in particolare i principi di proporzionalità e di non discriminazione nonché l’articolo 9, paragrafo 2, secondo comma, quarto trattino, della direttiva 97/67, come modificata dalla direttiva 2008/6, devono essere interpretati nel senso che:
essi non ostano a una normativa nazionale la quale, al fine di garantire all’autorità nazionale di regolamentazione responsabile del settore postale un finanziamento idoneo a consentirle di adempiere in piena indipendenza i suoi compiti relativi alla regolamentazione di tale settore, impone, in modo uniforme, all’insieme degli operatori di detto settore un obbligo di contribuire al finanziamento dei costi operativi di tale autorità senza tener conto dell’intensità delle attività di regolamentazione e di monitoraggio svolte in relazione ai diversi tipi di servizi postali e senza operare alcuna distinzione, a tal fine, tra fornitori del servizio postale universale e operatori di corriere espresso, purché l’obbligo imposto da tale normativa a detti operatori sia, peraltro, trasparente, accessibile, preciso e univoco, e purché esso sia reso pubblico anticipatamente e sia basato su criteri oggettivi ».
11. All’udienza del 27 giugno 2024 l’appello è stato trattenuto in decisione.
DIRITTO
1. Il primo motivo di appello è rubricato: Error in iudicando sul secondo motivo dell’impugnazione di primo grado, recante violazione dell’articolo 65 del decreto legge 24 aprile 2017 n. 50, dell’articolo 1.9 della legge 31 luglio 1997 n. 249 e dell’articolo 1.65 della legge 23 dicembre 2005 n. 266 - Violazione della direttiva 97/67/CE del 15 dicembre 1997 – Violazione degli artt. 3 e 23 della Costituzione.
Dopo aver (i) premesso che l’appello segue l’ordine dei motivi così come esaminati nella sentenza impugnata e (ii) precisato di aver interesse primario ad una pronuncia favorevole sul secondo motivo, l’appellante sostiene che:
- il T ha respinto il secondo motivo di ricorso, con il quale la ricorrente aveva lamentato l’illegittimità dei provvedimenti principalmente impugnati per avere essi imposto ai soli operatori postali (ed ai corrieri espresso, ad essi assimilati) l'intero finanziamento delle attività di AGCOM afferenti al settore postale, senza prevedere anche un’adeguata quota di finanziamento pubblico;
- ma anche alla luce del d.l. 50/2017 le spese relative alle attività esercitate dall’AGCOM per il settore postale non devono essere interamente finanziate dagli operatori di detto settore per varie ragioni;
- (i) l’articolo 1.65 della legge n. 266/2005, espressamente richiamato dalla normativa del 2017, stabilisce in maniera assolutamente chiara che le spese relative alle attività esercitate dall’AGCOM per il settore postale sono finanziate dal mercato di competenza, solamente “per la parte non coperta da finanziamento a carico del bilancio dello Stato”: tale norma dà per presupposto il finanziamento statale determinandone, quindi, l’obbligatorietà;
- ritenere che per la singola annualità considerata la parte coperta dal finanziamento statale possa anche essere pari a zero darebbe luogo ad un’inammissibile interpretazione contraria alla lettera e, vieppiù, alla stessa ratio della disposizione;
(ii) gli articoli 9, comma 2 e 22 della direttiva comunitaria 15 dicembre 1997 n. 97/67 confortano la tesi propugnata perché: a. prevedono solo una forma di compartecipazione degli operatori al finanziamento degli oneri relativi al funzionamento dell’Autorità;e b. l’indipendenza dell’Autorità non sarebbe garantita se fosse finanziata solo (ovvero in misura preponderante) dagli operatori;
- l’argomento, speso dal T, secondo il quale «il sistema di “auto-finanziamento” integrale attuato dal legislatore italiano non costituisce una anomalia ma, al contrario, appare logicamente in linea con il normale evolversi delle attività di una ANR chiamata a regolare un mercato che deve ancora aprirsi alla piena concorrenza » non regge se si considera che altre Autorità sono destinatarie di finanziamenti statali;
- ne deriva il contrasto con l’articolo 3 della Costituzione, sotto il profilo dell'ingiustificata maggiore onerosità del trattamento riservato agli operatori del settore postale rispetto a quello riservato agli operatori soggetti all’attività di altre Autorità di regolamentazione;
(iii) il finanziamento statale è previsto dall’articolo 1, comma 9, della legge n. 249/1997 di cui non è stata disposta l’abrogazione e che non è superata come affermato dal T (la tesi è sostenuta argomentando da un parere della Commissione di Garanzia).
2. Il secondo motivo di appello è rubricato: Error in iudicando e carenza di motivazione sul primo motivo dell’impugnazione di primo grado, recante violazione dell’articolo 65 del decreto legge 24 aprile 2017 n. 50 e della direttiva 97/67/CE del 15 dicembre 1997 - Eccesso di potere sotto il profilo dell’equivocità e del travisamento dei fatti – Violazione dell’art. 6 e dell’art. 22 del decreto legislativo 261/1999.
L’appellante chiede la riforma della sentenza impugnata nella parte in cui ha respinto il primo motivo del ricorso proposto da BRT, sancendo di fatto l’assoggettamento dell'appellante stessa all'obbligo contributivo in favore di AGCOM ed implicitamente ritenendo che l'attività dell'odierna appellante sia assimilabile al modello dell'offerta al pubblico di servizi postali, senza peraltro tenere in alcun conto, né operando il ben che minimo cenno a quanto diffusamente esposto dalla odierna appellante al riguardo nel corso del primo grado di giudizio.
Dopo aver sostenuto che le sentenze richiamate dal primo giudice non sono dirimenti, l’appellante sostiene che:
- in base all’art. 6 del decreto legislativo n. 261/99 più volte citato, sono soggetti ad autorizzazione unicamente coloro i quali “offrano al pubblico” servizi postali;
- per “offerta al pubblico” deve intendersi l’offerta generalizzata di un servizio standardizzato secondo il modello previsto dall’articolo 1336 del Codice Civile;
- il legislatore nell’esercitare la facoltà d’introdurre l’autorizzazione generale ha individuato, in piena coerenza con le direttive europee, nella contrattazione standard il minimo comune denominatore afferente i fornitori postali (rientrino essi nel servizio universale o meno) e perciò previsto l’offerta al pubblico tecnicamente intesa ex art. 1336 c.c. quale presupposto indefettibile dell’autorizzazione generale;
- vero è che BRT ha a suo tempo richiesto l’autorizzazione generale, ma è del pari vero che lo ha fatto in via meramente cautelativa, come da sempre dichiarato, fin dal ricorso introduttivo, e ciò in considerazione dell’incertezza della portata del quadro normativo;
- l’attività svolta da BRT non si è mai configurata quale offerta al pubblico di servizi postali, ove per tale deve intendersi all’evidenza l’offerta generalizzata di un servizio standardizzato e predeterminato unilateralmente in tutti i suoi contenuti essenziali, ivi compreso il prezzo;
- si devono considerare le seguenti circostanze: (i) i contenuti dei contratti stipulati da BRT, compresi i corrispettivi, sono sempre stati il frutto di pattuizioni specifiche con i propri contraenti;(ii) BRT non ha alcuna tariffa univoca né di condizioni né di contenuti contrattuali standard;(iii) i contratti stipulati da BRT sono sempre molto diversificati fra loro per quel che riguarda: tariffe;tempi e modalità di raccolta;quantità massime giornaliere di merce movimentate;processo di consegna e di gestione dei pacchi;gestione dei reclami;gestione dei resi;previsione di un servizio clienti ad hoc per i destinatari;
- detti contratti non sono mai stati il frutto di una mera adesione del cliente ad un’ipotetica offerta al pubblico di servizi postali, paradigma del tutto estraneo al tradizionale modus operandi di BRT;
- i contratti stipulati da BRT con la propria clientela avevano sempre costituito il risultato di una libera trattativa di mercato (sia per quel che concerne le caratteristiche dei servizi, sia per quel che concerne i corrispettivi), svolta nell’ambito della piena autonomia contrattuale delle parti e del tutto avulsa, sia in astratto che in concreto, da qualsivoglia esigenza regolatoria di AGCOM;
- di tal che, considerato che il presupposto per l’assoggettamento all’obbligo di contribuzione a favore dell’Autorità di Regolamentazione è lo svolgimento dell’attività di “offerta al pubblico” di servizi non rientranti nel servizio universale” (cfr. artt. 1 e 2 della delibera n. 427/17/CONS dell’Autorità), è giocoforza concludere che, non essendosi mai concretizzata in un’offerta al pubblico di servizi postali, l’attività svolta dall'appellante non può rientrare fra quelle assoggettabili a contributo;
- il legislatore italiano ha fatto ricorso all’espressione “offerta al pubblico”, non atecnicamente, ma bensì proprio per indicare il modello di cui all’art. 1336 c.c.;
- i contratti conclusi da BRT non presentano invece alcuna delle connotazioni di detta fattispecie: difatti nella politica commerciale di BRT non sono contemplate una parte contraente forte, da un lato (operatore) e una parte contraente debole, dall’altro (cliente), ma vi sono due soggetti che nell’ambito della rispettiva autonomia contrattuale trattano e definiscono in contradditorio le condizioni di fornitura del servizio (a conferma di quanto affermato vengono riprodotti i contenuti di alcuni contratti utilizzati da BRT con la clientela e alcuni passaggi della delibera dell’AGCOM n. 413/14/CONS dettata per i “fornitori dei servizi postali”).
3. Il terzo motivo di appello è rubricato: Error in iudicando e carenza di motivazione sul terzo motivo dell’impugnazione di primo grado, recante violazione dell’articolo 9 della direttiva 97/67/CE del 15 dicembre 1997, dell’articolo 65 del decreto legge 24 aprile 2017 n. 50, dell’articolo 1, comma 65, della legge 23 dicembre 2005 n. 266 e dell’articolo 7 della legge 7 agosto 1990 n. 241- Eccesso di potere sotto il profilo della carenza di istruttoria e di motivazione, nonché della violazione del principio di proporzionalità.
L’appellante chiede la riforma della sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto adeguate ed esaurienti l'istruttoria e la motivazione che sorreggono la delibera 427/17/CONS e ha conseguentemente respinto il terzo motivo del ricorso proposto da BRT avverso la delibera medesima.
L’appellante ricorda gli argomenti esposti per fondare il terzo motivo di ricorso relativamente alla determinazione del contributo nella misura dell’1,4 per mille:
- gli operatori del settore, in quanto chiamati a “contribuire” alle spese di funzionamento dell’AGCOM nel settore postale, devono essere necessariamente posti nella condizione di conoscere le voci che costituiscono la stima complessiva di tali spese;
- la delibera n. 427/17/CONS ha quantificato nell’esorbitante importo di 9.300.000 euro il presunto ammontare delle spese per lo svolgimento dell'attività di regolamentazione del settore postale da svolgersi ad opera di AGCOM nel 2018, senza fornire la minima motivazione, senza produrre la minima documentazione per giustificare tale ammontare, e senza che detta motivazione e detta documentazione siano riportate né nel bilancio approvato con la delibera n. 510/17/CONS, né in alcun altro atto;
- una motivazione sarebbe stata necessaria perché: (i) l’importo previsto era di gran lunga superiore a quello degli anni precedenti;e (ii) l’AGCOM non ha mai svolto alcuna concreta attività regolatoria con riferimento allo specifico settore dei corrieri espresso;
- la delibera n. 427/17/CONS non ha in alcun modo spiegato il percorso logico-giuridico che ha condotto a quantificare l’aliquota contributiva di cui si tratta nell’1,4 per mille dei ricavi realizzati dalla vendita dei servizi postali risultanti dal bilancio 2016 (il che si sarebbe reso tanto più necessario, in quanto trattasi di aliquota più che raddoppiata rispetto a quelle relative al 2014 ed al 2016 (0,68 per mille) e quasi triplicata rispetto a quelle relative al 2012 (0,55 per mille ) ed al 2013 (0,56 per mille);
- per evitare di quantificare un contributo sovradimensionato rispetto agli effettivi oneri da coprire, l’Autorità avrebbe dovuto (sempre secondo BRT): a) indicare, previa attenta verifica, l’ammontare presunto delle spese derivanti dal funzionamento dell’Autorità per la regolamentazione del settore postale, per il 2018;b) individuare la parte di tali oneri coperta dal finanziamento previsto dalla legge a carico del bilancio dello Stato;c) per differenza, individuare la parte delle predette spese da coprire mediante il contributo degli operatori del settore postale;d) accertare ed indicare espressamente i ricavi complessivi conseguiti dagli operatori del settore postale nell’esercizio finanziario 2016, con riferimento all’attività svolta nel settore postale;e) ed, infine, calcolare le percentuali da applicare a quest’ultimo dato per ottenere un importo sufficiente a coprire unicamente gli oneri di cui alla precedente lettera “c”;
- gli atti impugnati risultano affetti, oltreché da palesi violazioni della normativa di settore, da evidenti carenze di istruttoria e di motivazione, carenze che sono tanto più gravi in quanto alla ricorrente non è stato mai comunicato l’avvio del procedimento che ha condotto all’approvazione della predetta delibera, con la conseguenza che essa non ha potuto esercitare i propri diritti partecipativi intervenendo nel procedimento stesso, prendendo visione degli atti relativi, e presentando memorie e documenti che l’Autorità avrebbe dovuto tenere in considerazione;
- l’entità macroscopica della stima è palese sintomo della violazione del principio di proporzionalità: l’AGCOM avrebbe dovuto fare di tutto per contenere tali oneri il più possibile, dando adeguata dimostrazione di aver scelto la strada implicante il minor sacrificio economico possibile da porre a carico degli operatori;
- - tutti questi argomenti sono stati liquidati con poche non condivisibili parole dal primo giudice.
L’appellante ripropone gli argomenti che, a suo dire, dimostrerebbero il difetto di istruttoria e di motivazione degli atti della procedura.
4. Il quarto motivo di appello è rubricato: Error in iudicando sul quarto motivo dell’impugnazione di primo grado, recante ulteriore violazione dell’articolo 65 del decreto legge 24 aprile 2017 n. 50 e dell’articolo 1, comma 65, della legge 23 dicembre 2005 n. 266.
L’appellante chiede la riforma della sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto legittimo l’esonero dalla contribuzione in favore dell'Autorità per le imprese in crisi e per quelle con fatturato inferiore a 100.000,00 euro e ha conseguentemente respinto il quarto motivo di ricorso.
In particolare si sostiene che:
-non sono state contestate presunte "variazioni della misura e delle modalità della contribuzione", ma il fatto che l'AGCOM abbia esentato dal pagamento del contributo intere categorie di imprese;
- la sentenza della Corte costituzionale n. 269/2017 in realtà conforta le tesi di parte appellante;
- anche alla contribuzione prevista dalla legge in favore dell'AGCOM deve essere riconosciuta natura tributaria, con conseguente applicazione delle garanzie stabilite dagli articoli 3 e 53, nonché della riserva di legge di cui all'articolo 23 della Costituzione;
- a differenza del caso del contributo AGCM, dove la scelta di imporre la contribuzione in esame esclusivamente a carico di determinate categorie di imprese è prevista dalla legge, nel caso del contributo AGCOM, tale scelta non è stata operata dal legislatore ma è stata operata dall'Autorità e pertanto la scelta medesima è senz'altro illegittima;
- dal momento che nella fattispecie oggetto del presente giudizio la scelta di imporre la contribuzione in favore dell'AGCOM esclusivamente a carico di determinate categorie di imprese è stata operata con delibera dell'Autorità, tale delibera viola la riserva stabilita all’art. 23 Cost., essendo onere per il legislatore di indicare compiutamente il soggetto e l’oggetto della prestazione imposta, mentre l’intervento complementare ed integrativo da parte della Pubblica Amministrazione deve rimanere circoscritto alla specificazione quantitativa (e qualche volta, anche qualitativa) della prestazione medesima.
5. Il quinto motivo di appello è rubricato: Error in iudicando sul sesto e sull'undicesimo motivo dell’impugnazione di primo grado, recante eccesso di potere sotto il profilo dell’illegittimità degli atti presupposti.
Si sostiene che la fondatezza, per le ragioni dianzi esplicitate, delle censure presupposte, afferenti alla delibera n. 427/17/CONS, comporta la fondatezza del sesto e dell'undicesimo motivo di ricorso e la necessità che la sentenza impugnata sia riformata in parte qua.
6. Il sesto motivo di appello è rubricato: Error in iudicando sull'ottavo motivo dell’impugnazione di primo grado, recante eccesso di potere sotto il profilo della carenza di motivazione.
L’appellante sostiene che:
- con l’ottavo motivo di ricorso era stata criticata l’approvazione del bilancio di previsione da parte dell’AGCOM, avvenuta con la delibera n. 510/17/CONS, avendo tale delibera omesso di considerare i rilievi negativi contenuti nel parere reso dalla Commissione di Garanzia in data 14.12.2017;
- a differenza di quanto sostiene la sentenza impugnata, la Commissione incaricata ha inserito nel parere medesimo indicazioni che avrebbero presupposto l'adozione di "rettifiche" ed "integrazioni";
- si pensi in particolare all'indicazione sub 1), che reca un esplicito invito a ridurre la posta delle missioni, oppure all'indicazione sub 2), che invita ad un contenimento delle spese per forniture esterne di servizi;
- con la delibera 510/17/CONS, pur richiamando espressamente il riportato parere, l’AGCOM ha invece approvato il bilancio 2018 senza apportarvi alcuna modifica, disattendendo così tutte queste richieste senza fornire in proposito alcuna motivazione.
7. Il settimo motivo di appello è rubricato: Error in iudicando e carenza di motivazione sul dodicesimo motivo dell’impugnazione di primo grado, recante eccesso di potere sotto il profilo della carenza di istruttoria e di motivazione - Violazione dell’articolo 21.7- quinquies del decreto legislativo 22 luglio 1999 n. 261.
L’appellante sostiene che:
- le argomentazioni usate dal T per respingere il dodicesimo motivo di ricorso non sono né pertinenti né esaurienti;
- l’appellante, nell'ambito del secondo atto di motivi aggiunti, aveva contestato l'attendibilità della “Relazione tecnico-finanziaria” allegata alla nota prot. 83041 del 24 novembre 2017 mediante la quale la delibera n. 427/17/CONS era stata trasmessa dal Presidente dell’AGCOM alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, per il fatto di essere risalente ad un momento successivo all’approvazione della delibera n. 427 (essa infatti esordisce dando atto che “l’Autorità ha adottato, lo scorso 6 novembre 2017, la delibera n. 427/17/CONS”) ed aveva inoltre eccepito come tale circostanza dimostrasse altresì l'alto grado di approssimazione dell'operato dell'Autorità;
- riguardo ai contenuti della citata Relazione, BRT aveva rilevato che, per quanto riguarda la stima delle spese che presumibilmente l’Autorità avrebbe sostenuto nel 2018, quest'ultima si era limitata a formulare una serie di affermazioni e ad elencare una serie di cifre, senza suffragarle con alcun supporto probatorio e senza sorreggerle con la benché minima motivazione;
- per quanto riguarda, invece, la quantificazione della base imponibile, BRT aveva evidenziato come anche per tale voce l'AGCOM avesse proceduto ad una mera “stima” anziché ad una quantificazione puntuale della stessa e come tale modus operandi fosse da ritenersi illegittimo, tenuto conto che in questo caso non si trattava di prevedere spese future, ma piuttosto di sommare le cifre risultanti dai bilanci relativi al 2016, di cui il 6 novembre 2017 l’Autorità poteva sicuramente avere la disponibilità;
- il T non ha esaminato nessuno di tali aspetti.
8. L’ottavo motivo di appello è rubricato: Error in iudicando sul tredicesimo motivo dell’impugnazione di primo grado, recante eccesso di potere sotto il profilo dell’illegittimità degli atti presupposti, della carenza di istruttoria e della carenza di motivazione - Violazione dell’articolo 1.65 della legge 23 dicembre 2005 n. 166 – Incompetenza.
Si chiede la riforma della sentenza impugnata, anche nella parte in cui ha respinto il tredicesimo motivo sollevato con il secondo ricorso per motivi aggiunti presentati avverso la documentazione istruttoria depositata da AGCOM successivamente all’instaurazione del giudizio.
L’appellante critica le statuizioni del T con riferimento al profilo della carenza di istruttoria e di motivazione affermando che:
- nell'ambito del giudizio di primo grado l'Autorità non ha affatto dimostrato "di avere compiuto una disamina effettiva e sostanziale";
- di contro è documentato per tabulas che il Presidente del Consiglio dei Ministri ed il Ministro dell’economia e delle finanze, chiamati dall’ordinamento ad “arginare” la discrezionalità dell’AGCOM in sede di determinazione del citato contributo, di fatto abbiano omesso del tutto ogni necessaria verifica;
- in base ai principi espressi dalla Corte Costituzionale con la citata sentenza 7 aprile 2017 n. 69, i provvedimenti ministeriali non possono risolversi in pure e semplici “prese d’atto” delle decisioni dell’Autorità, ma debbano essere il frutto di un’attenta ed approfondita istruttoria e debbano essere sorrette da una puntuale motivazione;
- dai documenti depositati dalle Amministrazioni resistenti solo in data 4 marzo 2019 emerge la conferma della fondatezza dei vizi di legittimità lamentati da BRT;
- le voci di costo esposte dall’AGCOM, lungi dall’essere “sobrie”, “trasparenti”, “proporzionate”, “precise ed univoche”, sono macroscopiche, oltreché del tutto ingiustificate ed indimostrate;
- basti pensare, a mero titolo esemplificativo, agli importi esposti con riferimento al costo per il personale;
- tanto il Presidente del Consiglio dei Ministri quanto il Ministero dell’economia e delle finanze avrebbero dovuto compiere ogni più opportuna indagine circa la pretesa esattezza e la pretesa congruità di tale importo: ma nulla di tutto ciò è stato fatto;
- la contribuzione degli operatori del settore dovrebbe atteggiarsi quale puro atto di fede;
- risulta confermata la totale carenza di istruttoria e di motivazione, nonché la lamentata violazione del principio di proporzionalità: proprio perché gli oneri relativi sono posti, sia pur illegittimamente, a carico dei privati, infatti, l’Autorità avrebbe dovuto fare di tutto per contenerli il più possibile;
- quanto all'assunto del giudice a quo per cui non sarebbero stati forniti dalla società elementi atti a smentire la correttezza dei dati contabili forniti dall'AGCOM, nel secondo atto di motivi aggiunti l'odierna appellante aveva rilevato la mancata considerazione da parte dell’AGCOM delle entrate che nell’anno di riferimento sarebbero prevedibilmente derivate dall’applicazione delle sanzioni di competenza dell’Autorità;
- i proventi di una delle fondamentali attività (quella sanzionatoria) che sono esercitate da AGCOM grazie al contributo degli operatori del settore postale devono confluire direttamente o indirettamente nel bilancio della stessa AGCOM ed alleviare così gli oneri posti a carico di detti operatori;
- per cui AGCOM deve tenere conto anche dei relativi probabili proventi al momento di determinare l’entità del contributo da chiedere agli operatori del settore postale: cosa che nel caso di specie non si è affatto verificata.
Con riferimento all'eccepita incompetenza della Sottosegretaria di Stato che ha firmato il d.p.c.m. di approvazione dell’esecutività della delibera impugnata si sostiene che:
- secondo il giudice a quo l’Amministrazione resistente avrebbe dimostrato "che l’ambito delle deleghe di firma conferite a e il riferimento esplicito ai “compiti relativi alle Autorità amministrative indipendenti” consentivano pienamente l’intervento espletato";
- nelle difese avversarie non vi è traccia della dimostrazione cui fa riferimento il giudice a quo , essendosi l'Avvocatura limitata ad asserire, nella memoria depositata in occasione dell'udienza pubblica del 20 novembre 2019, che la Sottosegretaria di Stato non avrebbe avuto "una delega “in bianco” rispetto a tutti gli atti da adottarsi da parte del Presidente del Consiglio dei Ministri riferiti alle Autorità indipendenti, ma piuttosto, come fosse delegata al compimento di atti aventi natura meramente amministrativa" e ciò in quanto nel d.p.c.m. del dicembre 2016 alla Sottosegretaria medesima era stata "delegata la firma dei decreti, degli atti e dei provvedimenti di competenza del Presidente del Consiglio dei ministri, ad esclusione di quelli che richiedono una preventiva deliberazione del Consiglio dei ministri";
- tale assunto non è affatto dirimente tenuto conto che la delega di tutti “i compiti relativi alle autorità Amministrative indipendenti” non ha alcuna base normativa e di fatto comporta la totale abdicazione da parte del Presidente del Consiglio dei Ministri di ogni funzione attribuitagli dalla legge in un campo (quello delle Autorità indipendenti appunto) particolarmente delicato e sensibile;- per essere legittima la delega nella specie avrebbe dovuto essere conferita ad hoc , con specifico riferimento alla funzione attribuita dalla disposizione sopra richiamata.
9. L’Avvocatura dello Stato ha eccepito, in via preliminare, l’inammissibilità dell’appello per difetto di specificità dei motivi.
Si sostiene che il gravame pare risolversi nella mera non condivisione della decisione del T da parte dell’operatore, limitatosi a riproporre pedissequamente le identiche doglianze di primo grado con le medesime argomentazioni e tesi, imputando al giudice di prime cure un generico error in iudicando di cui non viene tuttavia illustrata la riferibilità specifica alle singole statuizioni, né vengono dedotte le specifiche ragioni in cui si sostanzierebbe.
9.1 L’eccezione non merita accoglimento.
Affinché sia soddisfatto il requisito di specificità dell'impugnazione di cui all' art. 101, comma 1, c.p.a., non occorre che l'atto di appello contesti analiticamente ogni singolo passaggio argomentativo in cui si articola la trama motivazionale della sentenza appellata, laddove dal complessivo contenuto dell'appello si evincano le ragioni essenziali per le quali il ragionamento posto dal T a fondamento della statuizione gravata non possa ritenersi, dal punto di vista dell'appellante, condivisibile, ciò anche attraverso la contrapposizione, al filo argomentativo che attraversa la sentenza appellata, di una diversa chiave di lettura del materiale istruttorio raccolto dall'Amministrazione (Cons. Stato, sez. III, 28/11/2023, n. 10201).
Nel caso di specie l’appello contiene una critica specifica ai diversi capi della sentenza impugnata.
10. L’appello è infondato.
11. È utile premettere alcune considerazioni di ordine generale al fine di perimetrare l’oggetto, la natura e i confini del sindacato di questo Collegio.
Nel presente giudizio viene in esame il contributo che gli operatori attivi nel settore postale sono tenuti a versare annualmente per la copertura degli oneri di funzionamento dell’Autorità nazionale di regolamentazione del settore postale.
Come ricordato in narrativa, la Sezione (con ordinanza n. 2066/2022) ha investito la Corte di Giustizia UE di alcune questioni interpretative pregiudiziali necessarie per valutare il fondamento almeno di parte dei motivi di appello.
Con sentenza del 7 settembre 2023, nella causa C-226/22 (più diffusamente richiamata in narrativa) la Corte di Giustizia UE ha canonizzato i seguenti principi:
a) il finanziamento dell’Autorità di regolazione ben può essere alimentato facendo leva esclusivamente sui contributi imposti agli operatori di tale settore
b) i costi operativi citati nell’art. 9, paragrafo 2, secondo comma, quarto trattino, della direttiva 97/67 comprendono i costi per le attività relative a servizi postali diversi dal servizio universale e i costi generati dalle attività di tali autorità che sono funzionali all’esercizio delle loro competenze di regolamentazione del settore postale;
c) è possibile imporre l’obbligo di contribuzione in modo uniforme a tutti gli operatori del settore senza operare alcuna distinzione, a tal fine, tra fornitori del servizio postale universale e operatori di corriere espresso.
Alla luce dei ridetti principi il Collegio è chiamato a valutare della legittimità dell’atto generale di imposizione del contributo da versare, per un determinato anno, all’Autorità di regolazione del settore postale, ovvero se ci sia stato un esercizio corretto del potere nel determinare l’ammontare del ridetto contributo.
La fonte del potere dell’AGCOM di fissare il contributo dovuto dai soggetti che operano nel settore dei servizi postali è rappresentata dall’art. 65 del d.l. 24 aprile 2017, n. 50, convertito in l. 21 giugno 2017, n. 96, in cui è stabilito che «[a] decorrere dall’anno 2017, alle spese di funzionamento dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni in relazione ai compiti di autorità nazionale di regolamentazione del settore postale, si provvede esclusivamente con le modalità di cui ai commi 65 e 66, secondo periodo, dell’articolo 1 della legge 23 dicembre 2005, n. 266, facendo riferimento ai ricavi maturati dagli operatori nel settore postale. Sono abrogate le norme di cui all’articolo 2, commi da 6 a 21, e di cui all’art. 15, comma 2-bis, del decreto legislativo 22 luglio 1999 n. 261 ».
Tale contributo (argomentando dai principi sanciti dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 269/2017) ha natura tributaria.
Il provvedimento con il quale l’Autorità fissa l’ammontare del contributo (impugnato in questa sede) ha natura di atto amministrativo generale attuativo di norme impositive di tributi (si veda Cons. Stato, Sez. VI, 21 novembre 2023 n. 9956, anche per i richiami alle pronunce della Corte di Cassazione emesse in relazione alla portata dell’art. 7 del d.lgs. 546/1992, che confortano tale affermazione).
Come previsto dall’articolo 3 della legge 241/1990 per gli atti a contenuto generale non è richiesta una specifica motivazione. È nondimeno necessario che l’ammontare del contributo dovuto all’Autorità venga definito sulla base di criteri proporzionati, obiettivi e trasparenti.
La determinazione dell’ammontare del contributo dovuto per ciascun anno costituisce una delle voci delle entrate del bilancio di previsione di AGCOM, bilancio che viene redatto secondo la normativa di riferimento (non impugnata in questa sede).
La legge prescrive anche la procedura per l’approvazione della delibera con la quale AGCOM definisce il proprio fabbisogno (e, quindi, l’ammontare dei contributi richiesti agli operatori). In particolare la procedura è descritta dall’art. 1, comma 65, della legge 23 dicembre 2005, n. 266 (espressamente richiamato dall’art. 65 del d.l. 50/2017 più sopra citato) che così recita: « A decorrere dall’anno 2007 le spese di funzionamento (omissis) dell’Autorità per la vigilanza sui lavori pubblici, dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (omissis) sono finanziate dal mercato di competenza, per la parte non coperta da finanziamento a carico del bilancio dello Stato, secondo modalità previste dalla normativa vigente ed entità di contribuzione determinate con propria deliberazione da ciascuna Autorità, nel rispetto dei limiti massimi previsti per legge, versate direttamente alle medesime Autorità. Le deliberazioni, con le quali sono fissati anche i termini e le modalità di versamento, sono sottoposte al Presidente del Consiglio dei ministri, sentito il Ministro dell’economia e delle finanze, per l’approvazione con proprio decreto entro venti giorni dal ricevimento. Decorso il termine di venti giorni dal ricevimento senza che siano state formulate osservazioni, le deliberazioni adottate dagli organismi ai sensi del presente comma divengono esecutive ».
In altre parole l’approvazione (a) del bilancio dell’AGCOM e (b) del fabbisogno di AGCOM (in quest’ultimo caso con l’intervento Presidente del Consiglio dei ministri, sentito il Ministro dell’economia e delle finanze che però possono anche mancare con il risultato che le delibere AGCOM diventano esecutive) sono dei procedimenti tipizzati. Al giudice spetta verificare se il procedimento sia stato osservato e se i soggetti coinvolti abbiano espresso ritualmente le proprie determinazioni per quanto di competenza.
Chi è soggetto a contributo non può sindacare come è strutturato il bilancio (peraltro, nella specie, come detto, non sono state neanche impugnate le norme che disciplinano le modalità di redazione del bilancio AGCOM sotto il profilo del tipo di spese ammissibili). E non può neanche sindacare (se non sotto il profilo della manifesta sproporzione) aspetti quale la dimensione dell’Autorità, il numero di risorse umane necessarie e simili. Al più si dovrebbe dimostrare che ci sono somme non dedicate all’attività dell’Autorità. Ma questo, nella specie, non è stato né addotto né provato. Peraltro alla luce della pronuncia della Corte di giustizia nella causa C-226/22 dianzi citata non è necessario che ci sia un criterio di stretta correlazione tra entità del contributo e singola funzione esercitata (cfr. punto 57 « Pertanto, alla luce del margine di discrezionalità menzionato al punto 38 della presente sentenza, il principio di proporzionalità nonché l’articolo 9, paragrafo 2, secondo comma, quarto trattino, e paragrafo 3, della direttiva 97/67 non possono essere interpretati nel senso che debba esistere una correlazione precisa tra l’importo del contributo imposto a un operatore e i costi effettivamente sostenuti dall’ANR interessata per la sua attività di regolamentazione nei confronti di tale operatore ».
I motivi di appello verranno esaminati alla luce di queste premesse generali.
Il tema del finanziamento dell’AGCOM è un tema di natura politica. Gli interessi che gli operatori hanno cercato di far valere in questa sede per molti versi danno corpo ad istanze che possono trovare reale ascolto solo dal legislatore.
Un esempio tra tutti. La legge vigente non esclude che possa esistere un finanziamento dell’Autorità anche ad opera della fiscalità generale. Ma che questo avvenga in concreto, ogni singolo anno, è una decisione che spetta al legislatore: quando le condizioni della finanza pubblica lo permetteranno, ben potrà il Parlamento permettere che il finanziamento dell’Autorità sia assicurato dallo Stato (anche per scongiurare in maniera più incisiva quel rischio di “cattura” del controllore da parte del controllato paventato dalla Corte costituzionale nella citata sentenza n. 269/2017).
12 È infondato il primo motivo di appello che fa leva sulla tesi secondo la quale sarebbe illegittimo far ricadere sui soli operatori il finanziamento dell’Autorità.
Rispondendo alla specifico quesito posto da questa Sezione, la Corte di Giustizia UE (con sentenza del 7 settembre 2023, nella causa C-226/22) ha chiarito uno Stato membro può optare per un meccanismo di finanziamento dell’Autorità nazionale di regolamentazione responsabile del settore postale alimentato esclusivamente mediante contributi imposti agli operatori di tale settore escludendo qualsiasi finanziamento da parte del bilancio dello Stato (purché tale sistema garantisca che l’Autorità nazionale di regolamentazione interessata disponga effettivamente delle risorse indispensabili per assicurare il suo buon funzionamento e l’adempimento, in piena indipendenza, dei suoi compiti di regolamentazione del settore postale o dei mezzi giuridici che le consentano di acquisire tali risorse).
12.1 Non ha pregio sostenere che le norme nazionali, anche dopo il 2017, continuano a disciplinare la materia delineando un sistema di finanziamento “misto”, cioè alimentato con contributi degli operatori di settore e con contributi statali.
Il fatto che l’art. 1, comma 65, della legge n. 266/2005 (richiamato dall’art. 65 della l. 50/2017) menzioni la parte delle spese di funzionamento « non coperta da finanziamento a carico del bilancio dello Stato », non può essere interpretato nel senso di ritenere che una parte finanziata dallo Stato debba necessariamente esserci.
La Sezione, nell’ordinanza n. 2066/2022 con cui sono stati proposti i quesiti interpretativi alla Corte di Giustizia UE ha affermato quanto segue: « 56. Con la riforma del 2017 (d.l. 24 aprile 2017, n. 50 cit.) il legislatore ha inteso superare la necessaria duplicità delle fonti di finanziamento, rendendo il cofinanziamento statale eventuale e rimesso a decisioni future da assumere dagli organi politici, di regola nell’ambito della legge di bilancio, in relazione a ciascuno degli esercizi annuali presi in considerazione. Una diversa interpretazione, volta a riaffermare la necessaria duplicità delle forme di finanziamento anche per il periodo successivo al 2017, priverebbe, dunque, la riforma normativa del suo effetto utile, volto, come emergente dall’evoluzione storica della disciplina positiva, ad assicurare la transizione da un sistema di contribuzione incentrato su una compartecipazione statale obbligatoria ad uno fondato su una compartecipazione statale meramente eventuale ».
13. È infondato il secondo motivo di appello che fa leva sulla asserita non assoggettabilità di BRT al contributo attesa la peculiarità della sua posizione non riconducibile all’ambito di applicazione dell’art. 6 del d.lgs. 261/1999 (secondo l’appellante il contributo deve essere versato solo da chi svolge attività di offerta al pubblico).
La Corte di Giustizia UE (sempre con la sentenza del 7 settembre 2023, nella causa C-226/22) ha chiarito che è ben possibile imporre in modo uniforme, all’insieme degli operatori del settore postale un obbligo di contribuire al finanziamento dei costi operativi dell’Autorità di regolazione senza tener conto dell’intensità delle attività di regolamentazione e di monitoraggio svolte in relazione ai diversi tipi di servizi postali e senza operare alcuna distinzione, a tal fine, tra fornitori del servizio postale universale e operatori di corriere espresso, purché l’obbligo imposto da tale normativa a detti operatori sia trasparente, accessibile, preciso e univoco, e purché esso sia reso pubblico anticipatamente e sia basato su criteri oggettivi.
La Corte ha precisato che proprio un’imposizione uniforme consente di preservare la garanzia del finanziamento.
Ai fini della assoggettabilità al contributo, pertanto, non è rilevante distinguere tra fornitori del servizio postale universale e operatori di corriere espresso (e, all’interno di questi ultimi, tra operatori che svolgono attività di offerta al pubblico e operatori che non svolgono attività di offerta al pubblico): tutti indistintamente sono soggetti al contributo.
Mette conto notare, peraltro, che al contrario di quanto sostenuto dall’appellante, la giurisprudenza non riserva una posizione particolare agli operatori che non svolgono attività di offerta al pubblico: cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 14 settembre 2022 n. 7980.
14. È infondato il terzo motivo di appello con il quale si chiede la riforma della sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto adeguate ed esaurienti l'istruttoria e la motivazione che sorreggono la delibera 427/17/CONS.
L’appellante ritiene che l’Autorità debba dare agli operatori del settore una analitica dimostrazione delle singole voci di costo: BRT si spinge ad elencare tutte le attività che AGCOM dovrebbe porre in essere quando formula un bilancio di previsione.
Ma non esiste una base normativa che fondi queste argomentazioni.
Esistono precise normative (si veda la delibera