Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2020-02-18, n. 202001234

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2020-02-18, n. 202001234
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202001234
Data del deposito : 18 febbraio 2020
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 18/02/2020

N. 01234/2020REG.PROV.COLL.

N. 09214/2017 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 9214 del 2017, proposto da -OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato U C, domiciliato presso la Segreteria della IV Sezione del Consiglio di Stato, in Roma, piazza Capo di Ferro, 13;

contro

Ministero dell'interno - Questura Cagliari, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentati e difesi dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliati ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Sardegna (Sezione seconda), n.-OMISSIS-, resa tra le parti.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'interno;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 30 gennaio 2020 il consigliere Roberto Proietti e uditi per le parti l’avvocato U C e l'avvocato dello Stato Fabio Tortora;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. L’oggetto del presente giudizio è costituito dai seguenti atti:

a) decreto del Ministero dell’interno – Dipartimento della Pubblica Sicurezza n. 333-D/6646 del 30 aprile 2009, con cui è stata irrogata all’agente scelto della Polizia di Stato -OMISSIS-, la sanzione disciplinare della sospensione dal servizio per la durata di sei mesi, ai sensi dell’art. 6, comma 3, n. 8, del d.P.R. n. 737/1981;

b) decreto della medesima autorità, in data 26 giugno 2009, recante modificazione e integrazione del precedente atto fini della sua decorrenza (25 maggio 2009), onde tenere conto del periodo di congedo straordinario senza assegni (pari ad anni due) fruito dal condannato.

1.1 Dagli atti di causa emerge che il 23 settembre 2008 il dirigente della Questura di Cagliari ha segnalato l’odierno ricorrente all’Ufficio sanitario provinciale, poiché erano emersi a suo carico elementi di sospetto sull’uso di sostanze stupefacenti (cfr. doc. 5 allegato alla memoria dell’Amministrazione depositata nel giudizio di primo grado).

Il 24 settembre 2008, l’interessato è stato sottoposto ad accertamenti sanitari di laboratorio presso il Dipartimento militare di medicina legale di Cagliari, all’esito dei quali è risultato positivo ai cannabinoidi-metaboliti. Per tale ragione, egli è stato giudicato temporaneamente non idoneo al servizio per 60 giorni (cfr. doc. 7 allegato alla memoria dell’Amministrazione depositata nel giudizio di primo grado).

In considerazione della rilevanza disciplinare di tale condotta, il Questore di Cagliari ha avviato un procedimento disciplinare ai sensi dell’art. 19 del d.P.R. n. 737/1981, nominando, con nota del 6 novembre 2008, il funzionario istruttore il quale, con atto datato e notificato il 14 novembre 2008, ha contestato all’interessato l’infrazione disciplinare.

Il -OMISSIS- ha esercitato il diritto di accesso agli atti in data 19 novembre 2008;
ha ammesso l’episodica situazione di consumo occasionale di cannabinoidi, asseritamente legata ad un grave lutto familiare;
ha chiesto una proroga di 10 giorni del termine per acquisire ulteriore certificazione medica ritenuta indispensabile per comprovare l’unicità dell’episodio contestatogli (cfr. doc. 10 e 11 allegati alla memoria dell’Amministrazione depositata nel giudizio di primo grado);
ha prodotto, con nota del 26 gennaio 2009, gli esiti di alcuni accertamenti sanitari, aventi data 3 dicembre 2008 (cfr. doc. 12 allegato alla memoria dell’Amministrazione depositata nel giudizio di primo grado).

A conclusione dell’inchiesta disciplinare, il funzionario istruttore ha trasmesso la propria relazione al Questore di Cagliari (cfr. doc. 14 allegato alla memoria dell’Amministrazione depositata nel giudizio di primo grado) il quale, con provvedimento del 24 gennaio 2009, ha deferito il -OMISSIS- al giudizio del Consiglio provinciale di disciplina (cfr. doc. 15 allegato alla memoria dell’Amministrazione depositata nel giudizio di primo grado).

Nel corso del procedimento disciplinare svoltosi dinanzi al Consiglio provinciale di disciplina, l’incolpato ha prodotto una memoria del 16 febbraio 2009, negando l’abituale dedizione al consumo di sostanze stupefacenti (cfr. doc. 17 allegato alla memoria dell’Amministrazione depositata nel giudizio di primo grado). Al termine del procedimento, il Consiglio provinciale di disciplina ha proposto l’applicazione della sanzione disciplinare della sospensione dal servizio per la durata di sei mesi, con la seguente motivazione: <<
a seguito di visita collegiale presso la commissione medica del dipartimento Militare di Medicina Legale di Cagliari del 1 ottobre 2008 risultava positivo ai cannabinoidi metaboliti. Lo stesso ammetteva di aver fatto uso solo saltuariamente di sostanze stupefacenti, in relazione a problematiche personali
>>
(cfr. doc. 2 depositato dall’Amministrazione nel giudizio d’appello).

1.2. L’interessato ha impugnato tali atti con ricorso dinanzi al T.a.r. per la Sardegna il quale, con sentenza n. -OMISSIS-, lo ha respinto.

2. Avverso tale sentenza, il -OMISSIS- ha proposto appello dinanzi al Consiglio di Stato, deducendo i seguenti motivi di ricorso:

a) violazione dell’art. 6, comma 3, del d.P.R. n. 737/1981 e dell’art. 3, della legge n. 241/1990;
eccesso di potere per carenza dei presupposti, difetto di motivazione e di istruttoria, travisamento dei fatti;

b) violazione degli artt. 1 e 13 del d.P.R. n. 737/1981 e degli artt. 1 e 3 della legge n. 241/1990;
eccesso di potere per violazione dei principi di proporzionalità e gradualità della sanzione, travisamento dei fatti, difetto di motivazione, irragionevolezza e ingiustizia manifesta.

2.1. Il Ministero dell’interno si è costituito nel giudizio di secondo grado chiedendo il rigetto del ricorso.

2.2. All’udienza del 30 gennaio 2020 la causa è stata trattenuta per la decisione.

3. L’appello è infondato e deve essere respinto.

3.1. Con il primo motivo di ricorso, è stata evidenziata l’erroneità della decisione del giudice di primo grado nella parte in cui sarebbe stata erroneamente affermata la correttezza dell’operato dell’Amministrazione, omettendo di considerare che la positività ai cannabinoidi era stata accertata solamente dal test di primo livello (c.d. test di screening ) del 24/9/2008, mentre identico test svolto a distanza di breve periodo di tempo (5/12/2008) e quello di conferma effettuato con tecnica gascromatografica (3/12/2008) presso il Centro Studi e Ricerche di Sanità e Veterinaria del Policlinico Militare di Roma, avevano dato esito negativo per cannabinoidi (7 nanogrammi/ml), a fronte del limite di sensibilità pari a 15 nanogrammi/ml. Del resto, in entrambi i verbali dei test di primo livello era riportato che l’accertamento era in attesa di conferma con tecnica gascromatografica.

In sostanza, si lamenta che l’infrazione disciplinare contestata ai sensi del menzionato art. 6, comma 3, n. 8, sarebbe da considerare carente di uno dei requisiti previsti dalla fattispecie astratta ove, in assenza di un adeguato referto medico legale di conferma, non potrebbe considerarsi attestato l’uso di sostanze stupefacenti o psicotrope.

Inoltre, sempre secondo l’appellante, risulterebbe erronea l’affermazione del giudice di primo grado secondo cui l’assunzione di cannabinoidi da parte dell’agente sarebbe stata confermata dal medesimo interessato, il quale avrebbe dichiarato di averne fatto uso solo occasionalmente, in relazione ad un recente lutto familiare, come risulterebbe dal verbale del 1 ottobre 2008 del Settore dati anamnestici.

Secondo l’appellante, tale circostanza non potrebbe essere ritenuta un elemento idoneo a dimostrare che l’interessato era solito assumere sostanze stupefacenti, tanto più che gli esiti degli esami strumentali avevano dimostrato un’incertezza in ordine al fatto che fosse stata assunta una quantità di cannabinoidi rilevante ai fini del procedimento disciplinare.

3.1.1. Le censure in esame sono inaccoglibili.

Come correttamente affermato dal giudice di primo grado e dall’Amministrazione appellata, il procedimento disciplinare è stato legittimamente avviato a seguito dell’esito del verbale del 1 ottobre 2008 della Commissione medica del Dipartimento militare legale di Cagliari, la quale ha riscontrato (mediante test di screening ) la positività del -OMISSIS- ai cannabinoidi metaboliti, accertando un dosaggio parti a <<69 ng/ml su un valore soglia (altrimenti detto “cutt-off”) di 50 ng/ml>>.

Nel caso di specie, quindi, l’esame di screening effettuato sull’appellante, consistito nell’analisi sull’urina, ha rivelato un valore superiore al limite soglia.

In merito all’esito di tale accertamento, l’Amministrazione appellata ha correttamente rilevato che i tempi per l’individuazione delle sostanze stupefacenti di tipo cannabinoide nelle urine variano da 1 a 30 giorni e, quindi, non può ritenersi che il successivo test di conferma del 3 dicembre 2008 possa indurre a disattendere gli esiti dell’accertamento espletato il 1° ottobre 2008, considerato che il secondo test è stato effettuato oltre 60 giorni dopo il primo accertamento.

A ciò va aggiunto che l’assunzione di sostanze cannabinoidi è stata confermata dall’interessato in sede di colloquio (ove egli ha riferito alla psichiatra la <<saltuaria assunzione di cannabis che non interferisce con la sua attività lavorativa né con la famiglia >>: cfr. doc. 6 prodotto dall’Amministrazione nel giudizio di primo grado) e nel corso del procedimento disciplinare (ove ha riferito che l'uso della sostanza in questione era avvenuta in via << occasionale ed episodica >>: pag. 7 del ricorso proposto dal -OMISSIS-).

3.2. Con il secondo motivo d’appello, è stata affermata l’erroneità della sentenza impugnata nella parte in cui il giudice di primo grado ha ritenuto non sussistente la violazione del principio di proporzionalità tra il fatto contestato all’incolpato e la sanzione irrogata.

Al riguardo, l’appellante ha affermato che l'Amministrazione dispone di un ampio margine di discrezionalità nell'apprezzamento della gravità dei fatti e nella graduazione della sanzione in sede disciplinare, ma, nel caso di specie, la scelta della misura afflittiva non sarebbe stata operata nel rispetto dei parametri di ragionevolezza e di proporzionalità rispetto alla consistenza dell’illecito ascritto all’interessato, considerato che – avuto riguardo a quanto stabilito dagli articoli 6 e 13 del d.P.R. n. 737/81 – l’Amministrazione non avrebbe potuto irrogare immotivatamente la sanzione massima prevista, pari a sei mesi di sospensione dal servizio, anche tenuto conto del fatto che si è trattato di un singolo episodio di assunzione di stupefacenti e che l’interessato era stato in precedenza oggetto di giudizi positivi e non gli era mai stato contestato alcunché.

3.2.1. Anche il secondo motivo di appello non può essere accolto in quanto l’assunzione di sostanze stupefacenti, anche in modo occasionale ed episodico, determina la violazione dei doveri di correttezza e di lealtà assunti dall’appartenente ad una forza di polizia con il giuramento (Cons. Stato, Sez. IV, sentenze n. 2464 del 2019, n. 1086 del 2017, n. 2273 del 2012).

Tale principio è stato ritenuto valido persino per gli aspiranti appartenenti alle forze di polizia (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, n. 2464 del 2019).

Pertanto, in una situazione del genere, l’Amministrazione risulta aver correttamente irrogato la sanzione massima prevista - pari a sei mesi di sospensione dal servizio - a prescindere dalla singolarità dell’episodio di assunzione di stupefacenti, dai precedenti riguardanti l’interessato e dall’assenza di precedenti contestazioni.

Del resto in vicende come quelle oggetto del presente giudizio il sindacato di legittimità del G.A. sulla lamentata sproporzione della sanzione incontra limiti stringenti (Cons. Stato, sez. IV, n. 381 del 2020).

4. Alla luce delle considerazioni che precedono il Collegio ritiene che l’appello sia infondato e debba essere respinto con il carico delle spese di giudizio liquidate in dispositivo secondo i criteri sanciti dall’art. 26, comma 1, c.p.a. e dal regolamento n. 55 del 2014.

5. Il Collegio rileva che l’infondatezza del ricorso in appello si fonda su ragioni manifeste in modo da integrare i presupposti applicativi dell’art. 26, comma 2, c.p.a. secondo l’interpretazione che ne è stata data dalla giurisprudenza di questo Consiglio (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 2205 del 2018;
n. 2879 del 2017;
5497 del 2016, cui si rinvia ai sensi dell’art. 88, comma 2, lettera d), c.p.a. anche in ordine alle modalità applicative ed alla determinazione della sanzione), conformemente ai principi elaborati dalla Corte di cassazione (cfr. Sez. VI, n. 11939 del 2017;
n. 22150 del 2016).

A tanto consegue il pagamento della sanzione nella misura di € 2.000..

6. La condanna dell’appellante, ai sensi dell’art. 26, comma 2, c.p.a. rileva, infine, anche agli effetti di cui all’art. 2, comma 2-quinquies, lettere a) e d), della legge 24 marzo 2001, nr. 89, come da ultimo modificato dalla legge 28 dicembre 2015, n. 208.

7.

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