Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2019-12-17, n. 201908532

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2019-12-17, n. 201908532
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201908532
Data del deposito : 17 dicembre 2019
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 17/12/2019

N. 08532/2019REG.PROV.COLL.

N. 08221/2010 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 8221 del 2010, proposto da
M P, rappresentato e difeso dagli avvocati G C e L C, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato A C in Roma, via Giulio Cesare, 7;

contro

Regione Toscana, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati G V e F N, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato P M in Roma, corso d’Italia, 102;
Regione Toscana - Direzione Generale Politiche Territoriali e Ambientali - Settore Politiche Abitative e Riqualificazione Insediamenti, Regione Toscana - Direzione Generale Bilancio e Finanze - Settore Contabilità, non costituiti in giudizio;

nei confronti

Comune di Signa, non costituito in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Toscana (Sezione Seconda) n. 00189/2010, resa tra le parti


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 26 settembre 2019 il Cons. Alberto Urso e uditi per le parti gli avvocati Luca Tozzi, in sostituzione dell’avv. Calugi, e Giovanni P. Mosca, su delega dell’avv. Neglia;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. Nell’ambito di un programma di edilizia residenziale agevolata e convenzionata attivato dal Consiglio Regionale della Toscana, Parenti Marco subentrava nella posizione di alcuni originari beneficiari - frattanto rinunciatari - in relazione a un appartamento sito in Signa (FI).

A tal fine il Parenti si qualificava come “nubendo” con tale F.L. (che pure dichiarava la speculare propria qualità) e in tali termini indicava il nucleo familiare ai fini dell’assegnazione dell’alloggio.

2. Con decreto regionale del 28 gennaio 2008 veniva revocato il contributo in conto interessi concesso in favore del Parenti in relazione al suddetto programma di e.r.p., nonché veniva prevista la restituzione delle somme - quantificate in dettaglio, con successiva richiesta del 12 febbraio 2008, nell’importo di € 32.240,12 - corrispondenti al contributo già erogato, maggiorato a sua volta d’interessi.

Il provvedimento era motivato facendo riferimento alla circostanza che la F. non era residente nell’alloggio assegnato ai nubendi, e questi ultimi non risultavano aver costituito il nucleo familiare dichiarato ai fini dell’assegnazione dell’appartamento.

3. Il Parenti impugnava il decreto, la nota recante richiesta di restituzione delle somme e gli atti connessi davanti al Tribunale amministrativo regionale per la Toscana che, nella resistenza della Regione, respingeva il ricorso.

4. Avverso la sentenza il Parenti ha proposto appello coi seguenti motivi:

I) violazione e falsa applicazione della deliberazione del Consiglio regionale n. 356 del 26 luglio 1989;
violazione e falsa applicazione del bando di concorso;
violazione e falsa applicazione dell’art. 5 l.r. n. 25 del 1989;
violazione e falsa applicazione l.r. n. 26 del 1983 e della circolare della Regione Toscana - Servizio edilizia residenziale pubblica del 20 maggio 1992;
violazione dei principi in materia di eccesso di potere, particolarmente sotto il profilo del difetto dei presupposti, del travisamento dei fatti, della contraddittorietà, della perplessità, della illogicità;
violazione e falsa applicazione dell’art. 3 l. n. 241 del 1990;

II) violazione e falsa applicazione della lex specialis di cui alla deliberazione del Consiglio regionale n. 356 del 26 luglio 1989;
violazione e falsa applicazione dell’art. 5 l.r. n. 25 del 1989;
violazione e falsa applicazione l.r. n. 26 del 1983 e della circolare della Regione Toscana - Servizio edilizia residenziale pubblica del 20 maggio 1992;
violazione dei principi di trasparenza e d’imparzialità dell’azione della pubblica amministrazione;
violazione e falsa applicazione degli artt. 13 e 29 Cost.;

III) violazione delle norme e dei principi richiamati nelle censure precedenti: illegittimità derivata;
violazione dei principi in materia di eccesso di potere per difetto dei presupposti;
violazione degli artt. 2946, 2948 e 2935 Cod. civ.;

IV) violazione e falsa applicazione degli artt. 2 e 8 l. n. 241 del 1990;
violazione del principio del giusto procedimento.

L’appellante ha avanzato anche domanda di risarcimento del danno, già proposta in primo grado.

5. Resiste al gravame la Regione Toscana chiedendo il rigetto dell’appello.

6. Sulla discussione delle parti all’udienza pubblica del 26 settembre 2019, come da relativo verbale, la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. Col primo motivo di gravame l’appellante si duole del rigetto del corrispondente motivo di ricorso in primo grado, con il quale aveva dedotto l’illegittimità del provvedimento impugnato in quanto fondato su elementi inidonei a dar luogo alla revoca del contributo e restituzione delle somme in danno del Parenti.

In particolare, le circostanze poste a fondamento del decreto regionale - i.e. , residenza della F. non collocata presso l’immobile assegnato e conseguente ritenuta mancata costituzione del nucleo familiare fra i due nubendi, risultando il Parenti unico componente del nucleo insediato presso l’alloggio - non varrebbero a legittimare la revoca del contributo, atteso che il possesso dei requisiti andrebbe valutato al tempo di presentazione della domanda di sostituzione dei soci rinunciatari, non già in relazione al periodo successivo preso a riferimento dalla Regione.

Né sussisterebbe in specie - come ritenuto dalla sentenza - un sostanziale mutamento del soggetto beneficiario dell’alloggio, sin dall’origine identificato nel solo Parenti.

2. Col secondo motivo l’appellante si duole del rigetto della doglianza con cui aveva dedotto la lesione del proprio legittimo affidamento a fronte della sostanziale introduzione di requisiti aggiuntivi per il consolidamento del contributo, correlati ad eventi - i.e. , la mancata coabitazione e contrazione di matrimonio con la F. - non previsti dal bando quali cause di revoca.

3. I motivi, che possono essere esaminati congiuntamente per via delle loro stretta connessione, sono infondati.

3.1. Il bando approvato con delibera del Consiglio regionale n. 356 del 26 luglio 1989 relativo al programma integrativo di edilizia residenziale agevolata-convenzionata cui il Parenti ha aderito (“ bando per la formazione di un programma di intervento da finanziare con i fondi non attivati afferenti al V biennio della l. 457/78 ”) prevede una nozione ampia e variabile di “ nucleo familiare ” presupposta alla determinazione dei requisiti soggettivi, anzitutto di ordine reddituale, e all’assegnazione degli immobili. L’art. 7 del bando richiama infatti l’art. 5 l.r. n. 25 del 1989 che individua varie conformazioni del “ nucleo familiare ”.

In tale contesto, il Parenti prendeva parte al programma in qualità di “ nubendo ” con la F., spendendo cioè la qualità di coppia o nucleo familiare in formazione (cfr. in proposito le dichiarazioni rese dal Parenti e dalla F. il 21 marzo 1995, in atti).

Ciò incideva direttamente sul presupposto reddituale (oltreché patrimoniale) per l’assegnazione dell’immobile, atteso che sia il bando (art. 7, par. 2) sia la l.r. n. 25 del 1989 (art. 5, comma 3;
successivamente, cfr. il corrispondente art. 5, comma 4, l.r. n. 96 del 1996 prima alle modifiche introdotte dalla l.r. n. 41 del 2015) prevedono la non applicabilità delle regole generali sulla determinazione del reddito familiare - che impongono di prendere in considerazione anche i redditi della famiglia anagrafica di provenienza - per le « nuove coppie formatesi prima della consegna degli alloggi che partecipano in modo autonomo al bando » (art. 5, comma 3, cit.;
l’art. 7, par. 2 del bando fa riferimento, allo stesso fine, alle “ nuove coppie formatesi entro la data di ultimazione dell’alloggio ”);
e d’altra parte, in termini generali, l’elemento del reddito familiare, determinato muovendo dall’indicazione e perimetrazione del nucleo, incide sia sull’assegnazione dell’alloggio agevolato, sia sull’entità delle agevolazioni riconosciute ai beneficiari (cfr. artt. 5 e 7, par. 2, lett. e del bando).

La previsione speciale relativa alle “nuove coppie” è volta a far sì che, pur in presenza di un nucleo familiare non ancora costituito, la sua prossima formazione possa essere valorizzata ai fini dell’apprezzamento dei requisiti soggettivi, reddituali e patrimoniali per l’assegnazione dell’alloggio, considerando in specie quale effettivo e autonomo nucleo quello (in realtà non ancora esistente, ma) dichiarato e in fase di realizzazione dai nubendi (in tal senso, cfr. anche la circolare n. 55/C del 1° aprile 1982 del Ministero dei Lavori Pubblici, recante direttive alle Regioni per la determinazione dei requisiti soggettivi per l’edilizia agevolata ai sensi della suddetta l. n. 457 del 1978, legge alla quale peraltro sia il bando, sia l’art. 5, comma 1, lett. f , l.r. n. 25 del 1989 rinviano per la determinazione dell’elemento reddituale).

L’individuazione del nucleo familiare con la F. nei termini suindicati ( i.e. , nucleo in formazione, avendo gli interessati speso la loro affermata qualità di “ nubendi ”) s’è posta dunque a fondamento della richiesta e dell’assegnazione dell’alloggio al Parenti, i cui requisiti soggettivi, reddituali e patrimoniali sono stati considerati proprio in funzione del suddetto costituendo nucleo familiare (cfr. in proposito la comunicazione di avvio del procedimento di revoca, ove si evidenzia che gli interessati “ hanno potuto presentare istanza e accedere ai benefici di cui al programma… in ragione del fatto che si sono avvalsi della facoltà di qualificarsi come nubendi ovvero coppia in formazione ”;
v. anche la nota interna della Regione dell’11 giugno 2008, ove si pone in risalto, ad esempio, che se l’appellante avesse presentato domanda autonoma, al di fuori del nucleo con la F., sarebbe risultato privo del requisito reddituale minimo prescritto dall’art. 7, lett. e del bando).

3.2. A fronte del nucleo familiare così definito ed enunciato ai fini dell’assegnazione dell’alloggio, l’amministrazione s’è limitata a verificare in via successiva - nell’ambito del procedimento esitato nel provvedimento controverso - l’effettiva costituzione del siffatto affermato nucleo, i cui requisiti soggettivi e reddituali erano stati posti a fondamento della richiesta e della stessa assegnazione dell’appartamento.

Alla luce di ciò, non è condivisibile la doglianza con cui l’appellante deduce l’illegittimità del provvedimento di revoca sostenendo che il solo momento rilevante ai fini della verifica del possesso dei requisiti sarebbe quello della “ data di assunzione al protocollo regionale della richiesta di sostituzione dei soci rinunciatari presentata dalla cooperativa ”, secondo quanto previsto da circolare regionale del 20 maggio 1992, data coincidente in specie con il 6 maggio 1994.

Né rileva che la Regione avesse accertato, alla data del 31 gennaio 1996, la sussistenza dei presupposti per l’assegnazione dell’alloggio, attestando in quella sede il “ possesso dei requisiti previsti per fruire dei benefici di cui agli artt. 36 - 41 della Legge 457/78 e successive modificazioni e della L.R. N. 48/88 ”.

Ciò che viene infatti specificamente contestato al Parenti è di aver richiesto e ottenuto l’alloggio agevolato in relazione al nucleo familiare in fase di costituzione con la F., nucleo tuttavia non venuto a effettiva esistenza, così come concretamente accertato dall’amministrazione.

Il che vale a legittimare la revoca del contributo, proprio perché - al di là dell’originaria integrazione dei presupposti per potere ricevere in assegnazione l’appartamento e delle corrispondenti attestazioni da parte della Regione (elementi tutti fondati sulla qualità di “nubendi” dichiarata dagli interessati) - non risulta formata la specifica unità familiare spesa per l’attribuzione e fruizione dell’immobile;
ciò che peraltro l’amministrazione era ben legittimata a verificare successivamente, essendo la stessa conformazione del nucleo familiare invocata dagli interessati (“nubendi”) correlata a una futura stabilizzazione.

In tale contesto, neppure è invocabile una qualche violazione del diritto di autodeterminazione personale in relazione alla valutazione eseguita dall’amministrazione circa la condizione familiare dell’appellante, atteso che proprio detta condizione - secondo quanto spontaneamente affermato dallo stesso Parenti - si poneva alla base dell’assegnazione dell’alloggio.

Gli elementi di fatto richiamati a tal riguardo dalla Regione per giungere ad affermare la mancata costituzione del suddetto nucleo familiare risultano peraltro ragionevoli e adeguati;
né essi configurano nuovi requisiti pretesi dall’amministrazione successivamente alla richiesta di assegnazione: si tratta, più semplicemente, di indici fattuali dai quali l’amministrazione correttamente inferisce la mancata costituzione del nucleo familiare speso dal Parenti ai fini del riconoscimento dell’alloggio.

In tal senso, al di là del dato dell’intestazione formale dell’immobile, ben vale a confermare la mancata venuta ad esistenza del suddetto nucleo familiare l’omessa collocazione della residenza della F. presso l’appartamento assegnato, in specie nella prospettiva del difetto di coabitazione e convivenza fra gli originari “nubendi” (ciò peraltro in assenza di deduzione o prova contraria dell’appellante, il quale afferma anzi che “ i signori Parenti e F. non intendevano coabitare… prima di essersi sposati ”);
è inoltre confermato, ed emerge dagli atti, che i due interessati, pur qualificatisi come “nubendi”, non contrassero matrimonio, risultando anzi la F. coniugata con altra persona già dal 3 febbraio 1998 (in ordine agli elementi utili a comprovare la sussistenza del nucleo familiare, cfr. Cons. Stato, V, 16 gennaio 2015, n. 64, con particolare riguardo al nesso rinvenibile, a tali fini, fra la residenza e la stabile convivenza, segnatamente per le convivenze more uxorio ).

Né rileva, in senso opposto, che il soggetto indicato quale assegnatario dell’alloggio (tanto dalla cooperativa edilizia coinvolta quanto dall’attestazione regionale) fosse il solo Parenti, atteso che non è in dubbio come il nucleo familiare da questi dichiarato e fatto valere - dunque considerato e valutato nel riconoscimento delle agevolazioni da parte dell’amministrazione, in conformità al bando - fosse quello in fase di formazione con la F., nella reciproca qualità di nubendi rivestita dagli interessati.

3.3 Per tali ragioni non è dato ravvisare i denunciati profili d’illegittimità del provvedimento di revoca - rientrante nell’esercizio dell’autotutela rimesso alla Regione, alla luce degli specifici presupposti previsti per poter beneficiare delle agevolazioni - stante la mancata formazione del nucleo familiare in relazione al quale il contributo era stato concesso;
ciò in un contesto, peraltro, nel quale la stessa l.r. n. 25 del 1989 stabilisce che « i requisiti debbono essere posseduti (…) alla data di pubblicazione del bando nonché al momento dell’assegnazione » precisando che « debbono sempre permanere in costanza di rapporto » (art. 5, comma 4;
nello stesso senso cfr. anche il successivo art. 5, comma 5, l.r. n. 96 del 1996, prima dell’intervento di cui alla l.r. n. 41 del 2015).

Non è del resto condivisibile l’opposta interpretazione proposta dall’appellante, che si risolverebbe nel far discendere la spettanza del contributo dalla mera dichiarazione di essere “nubendi”, a prescindere da qualsivoglia elemento materiale (quali ad esempio la convivenza o la contrazione del matrimonio, oltre alla cointestazione dell’immobile) in grado di confermare l’evoluzione del rapporto sino alla formazione dell’effettivo nucleo familiare (per la nozione sostanziale di nucleo familiare qui rilevante, cfr. Cons. Stato, V, 5 maggio 2016, n. 1791).

Infondata si rivela poi la doglianza con cui viene lamentata la violazione del legittimo affidamento del Parenti, atteso che in realtà le condizioni per poter fruire dell’assegnazione dell’alloggio agevolato erano ben note sin dall’origine all’appellante, il quale aveva peraltro espressamente e spontaneamente enunciato la composizione del proprio nucleo familiare con la F., poi non venuto ad esistenza (cfr. in proposito Cons. Stato, n. 64 del 2015, cit., che afferma l’infondatezza delle censure incentrate “ sull’ingenerarsi nell’assegnatario di un legittimo affidamento posto che, come ribadito da consolidata giurisprudenza, il beneficiario di contributi per l’edilizia economica e popolare deve conoscere quali siano i requisiti necessari per mantenerli ”;
v. anche Cons. Stato, V, 3 agosto 2012, n. 4434).

Per tali ragioni i primi due motivi di gravame risultano infondati e vanno respinti, con le precisazioni motivazionali che precedono.

4. Col terzo motivo il Parenti censura il mancato accoglimento dell’eccezione di prescrizione sollevata in relazione alla richiesta dell’amministrazione di restituzione delle somme erogate e relativi interessi, deducendo altresì l’illegittimità derivata della siffatta richiesta inoltrata dalla Regione con nota del 12 febbraio 2008.

4.1. Neanche tale doglianza è condivisibile.

L’obbligazione da cui il Parenti è gravato è riconducibile al provvedimento di revoca che, facendo venir meno il contributo concesso riconosciuto indebito, produce l’effetto di necessitata restituzione degli importi erogati dall’amministrazione.

In tale contesto, la prescrizione del diritto della Regione non può che decorrere da tale momento, a far data dal quale il diritto di credito può essere fatto valere dall’amministrazione, in specie all’esito dall’intervenuta revoca del contributo oggetto di ripetizione (cfr. Cons. Stato, IV, 20 luglio 2016, n. 3254;
v. anche, per fattispecie correlata ad accertamento in sede penale, Cons. Stato, V, 19 ottobre 2011, n. 5620).

In senso inverso neanche può rilevare la circostanza che il provvedimento di revoca e le attività di controllo a tal fine eseguite promanano dalla stessa amministrazione titolare del credito, così da ravvisare nel caso di specie - secondo l’appellante - una mera impossibilità de facto all’esercizio anteriore del diritto, priva di rilievo ai fini del decorso della prescrizione: ciò costituisce, per converso, nient’altro che espressione delle prerogative di autotutela decisoria o di adozione di provvedimenti di secondo grado insite nell’esercizio del potere pubblico, e non incide di per sé sul regime della prescrizione e sul suo decorso dal tempo in cui il diritto venuto ad esistenza può essere fatto valere, in specie all’esito della revoca del contributo da ripetere.

Né, ancora, è ammissibile la censura di tardività del provvedimento di revoca in sé, sollevata dall’appellante solo in corso del giudizio (in particolare, con repliche del 5 settembre 2019, par. 2.4, e accenno in memoria del 26 luglio 2019) e non anche per il tramite dell’atto d’appello e già del ricorso di primo grado, in cui veniva eccepita la sola prescrizione del diritto di credito della Regione (cfr. il terzo motivo dell’appello e del ricorso di primo grado).

Sotto altro profilo, la confermata legittimità del provvedimento di revoca (su cui v. retro , sub § 3-3.3) esclude senz’altro il presupposto della dedotta illegittimità derivata della nota del 12 febbraio 2008 relativa alla richiesta di restituzione delle somme.

Di qui la complessiva infondatezza del motivo di gravame.

5. Con l’ultimo motivo il Parenti si duole del rigetto della doglianza con cui in primo grado aveva dedotto la tardiva conclusione del procedimento, intervenuta oltre il termine di 60 giorni che la stessa Regione si era auto-imposto con nota endoprocedimentale del 31 luglio 2007.

5.1. Neanche tale motivo è condivisibile.

Il termine per la conclusione del procedimento amministrativo, quand’anche fissato dalla stessa amministrazione, non incide infatti sulla legittimità dello stesso procedimento e del provvedimento finale che vi deriva, salva l’ipotesi - qui non riscontrabile - in cui sia la stessa legge a stabilire la perentorietà del detto termine o a ricondurre effetti decadenziali alla relativa violazione.

6. In conclusione, alla luce delle suindicate ragioni e precisazioni motivazionali, l’appello va respinto, con conseguente conferma della sentenza impugnata.

Al rigetto dell’appello in relazione alle domande caducatorie segue la reiezione della richiesta di risarcimento del danno, stante il difetto della dedotta condotta illecita dell’amministrazione.

7. Le spese di lite sono poste a carico dell’appellante, secondo criterio di soccombenza, e determinate nella misura di cui in dispositivo.

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