Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2023-11-03, n. 202309531

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2023-11-03, n. 202309531
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202309531
Data del deposito : 3 novembre 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 03/11/2023

N. 09531/2023REG.PROV.COLL.

N. 06951/2018 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso in appello numero di registro generale 6951 del 2018, proposto da
F T, rappresentata e difesa dall’avvocato V O, con domicilio digitale come da PEC Registri di Giustizia;

contro

Comune di Gricignano di Aversa, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall’avvocato A C, con domicilio digitale come da PEC Registri di Giustizia;
A B e Assunta Di Foggia, rappresentate e difese dall’avvocato Luigi Maria D’Angiolella, con domicilio digitale come da PEC Registri di Giustizia;

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Campania (Sezione quinta) n. 1013/2018, resa tra le parti.


Visto il ricorso in appello;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Gricignano di Aversa;

Visto l’atto di costituzione in giudizio di A B;

Visto l’atto di costituzione in giudizio di Assunta Di Foggia;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del 6 giugno 2023 il Cons. A B e viste le conclusioni delle parti come da verbale;

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.


FATTO

Con la sentenza in epigrafe il Tribunale amministrativo regionale per la Campania, nella resistenza del Comune di Gricignano di Aversa e delle due

contro

-interessate signore A B e Assunta Di Foggia, respingeva il ricorso proposto dalla signora F T avverso gli atti del concorso pubblico, per titoli ed esami, indetto nel 2014 dal predetto Comune per la copertura di n. 2 posti di istruttore direttivo, categoria D1, da inquadrare nell’area finanziaria, nel cui ambito la ricorrente non è stata ammessa alla prova orale per non aver conseguito nella prima prova scritta il punteggio minimo previsto (21/30). Compensava le spese del giudizio.

L’interessata ha proposto appello. Ha dedotto: 1) In ordine alla mancata osservanza del criterio della media aritmetica e all’errato procedimento di attribuzione del voto numerico: error in iudicando ;
violazione e falsa applicazione dell’art. 8 del bando di concorso e della collegata regola procedimentale;
violazione e falsa applicazione dell’art. 34 comma 6 del regolamento dei concorsi del Comune di Gricignano di Aversa;
violazione e falsa applicazione della restante normativa di cui al ricorso di primo grado;
omessa motivazione sul punto;
difetto di istruttoria;
2) Violazione del principio dell’anonimato. Ha concluso per la riforma della sentenza, anche previo accoglimento delle istanze istruttorie formulate in primo grado e reiterate in appello (riconvocazione della commissione valutatrice del concorso de quo , anche previo deposito della documentazione mancante in atti, per la rivalutazione del suo operato e per fornire chiarimenti e prove circa la scelta del sistema di votazione adottato;
ferma restando l’efficacia probatoria del parere tecnico versato in atti, nomina di un esperto per la rivalutazione della prima prova scritta dell’interessata;
ogni altro provvedimento utile di giustizia), con conseguente annullamento degli atti impugnati e consequenziali determinazioni.

Il Comune di Gricignano di Aversa si è costituito in resistenza. Ha domandato la reiezione del gravame, di cui ha illustrato l’infondatezza.

Anche le due

contro

-interessate, con atti separati, si sono costituite in giudizio insistendo per la reiezione dell’appello, entrambe rappresentando di avere superato la prova orale e di essere state immesse nel ruolo di concorso e di esercitare le relative funzioni dal 31 dicembre 2015. La

contro

-interessata Bfiore ha altresì rilevato che il T ha omesso di pronunciarsi in ordine all’eccezione circa la sua carenza di legittimazione passiva, derivante dall’avere essa concorso per il posto riservato agli interni all’amministrazione laddove l’appellante ha presentato domanda di partecipazione come candidata esterna. Ha quindi chiesto di essere estromessa dal giudizio.

Alla camera di consiglio del 4 ottobre 2018, su accordo delle parti, la domanda cautelare formulata in appello è stata abbinata al merito.

Successivamente, il 26 aprile 2023, l’appellante ha depositato documenti e una memoria difensiva con cui, nel rimandare alle difese svolte, ha rinunziato a una “diversa graduatoria delle tre partecipanti al concorso, eventualmente a sé favorevole”, rappresentando di non voler mettere in discussione la posizione delle

contro

-interessate bensì di mirare, quale unica delle tre concorrenti rimasta esclusa, a ottenere una valutazione di idoneità.

Il Comune di Gricignano di Aversa ha depositato una memoria difensiva insistendo nelle conclusioni già rassegnate.

A loro volta, le due

contro

-interessate hanno depositato una memoria difensiva sostenendo che il mutamento della domanda giudiziale di cui sopra costituisce di fatto rinunzia all’intero appello, essendo ormai scaduto il termine di validità della graduatoria concorsuale e non essendovi alcuna disposizione a tutela degli idonei a distanza di 8 anni dal concorso. Hanno quindi eccepito la sopravvenuta carenza di interesse alla decisione del gravame e l’inammissibilità dei nuovi documenti depositati dall’appellante ai sensi degli artt. 104 comma 2 Cod. proc. amm. e 345 Cod. proc. civ..

La causa è stata trattenuta in decisione alla pubblica udienza del 6 giugno 2023.

DIRITTO

1. Il ricorso è maturo per la decisione e non è meritevole di positiva considerazione.

Pertanto non vi è luogo per disporre gli incombenti istruttori richiesti dall’appellante e le questioni preliminari spiegate dalle controparti possono restare assorbite.

2. Il T ha respinto la censura dell’interessata secondo cui la commissione valutatrice avrebbe dovuto attribuire il punteggio per le prove scritte con il metodo della media aritmetica dei voti dei singoli componenti e non con il metodo della collegialità.

Il T è pervenuto a tale conclusione osservando che l’art. 34 comma 6 del regolamento dei concorsi del Comune di Gricignano di Aversa stabilisce che “ Qualora la valutazione dei titoli e delle prove non ottenga voto unanime da parte di tutti i commissari, ognuno di essi esprime il proprio voto e viene assegnato al concorrente per ciascun titolo e ciascuna prova d’esame, il punteggio risultante dalla media dei voti espressi da ciascun commissario ”.

Da questa previsione il T ha tratto la regola che “il criterio della media aritmetica dei voti espressi dai singoli commissari ha natura sussidiaria e viene in rilievo per l’ipotesi in cui la commissione esaminatrice non sia unanime nella valutazione dei titoli e delle prove”.

Ha soggiunto il T che “i n ogni caso, del tutto indimostrata e priva di supporto motivazionale è l’affermazione secondo la quale l’utilizzazione del diverso criterio della media aritmetica avrebbe consentito alla ricorrente il conseguimento di un maggiore punteggio ”.

3. Con la prima censura del primo motivo l’appellante avversa il predetto capo di sentenza sostenendo che:

- la commissione valutatrice non avrebbe mai abbandonato il metodo, più volte ribadito in atti, della media aritmetica, in quanto l’utilizzo del metodo collegiale non significherebbe sic et simpliciter la scelta della votazione unanime e del resto la stessa commissione non avrebbe mai indicato espressamente o implicitamente, nel corso del procedimento de quo , di voler utilizzare il metodo dell’unanimità, come invece ha fatto nel verbale n. 3 del 4 marzo 2015, a seguito della revoca della prima procedura preselettiva del concorso in questione;

- sussisterebbero quindi i vizi di eccesso di potere per travisamento e perplessità denunziati in ricorso, in quanto con la scelta del metodo collegiale, effettuata senza ribadire quello della media aritmetica, la commissione avrebbe creato surrettiziamente un metodo ambiguo, mai chiarito nel corso del giudizio di primo grado a mezzo di spiegazioni o di documentazione avente a oggetto il sistema di votazione utilizzato, da cui l’impossibilità di conoscere se l’attribuzione di punteggio sia avvenuta mediante media aritmetica, unanimità o altro sistema di votazione;

- del resto, il T non avrebbe indicato, neppure presuntivamente, in quale atto del procedimento sarebbe stato adottato il metodo dell’unanimità, così commettendo “un evidente errore di qualificazione degli atti procedimentali, con una sovrapposizione del metodo collegiale con quello dell’unanimità”;

- l’adozione del metodo dell’unanimità di giudizio sarebbe poi smentita dagli stessi atti della commissione, che hanno attribuito voti all’appellante e alle altre candidate singolarmente disomogenei, che non potrebbero ritenersi espressione di un giudizio unanime bensì sarebbero frutto di diverse valutazione da parte dei commissari, e ciò senza offrire al riguardo un atto trasparente, in violazione anche della regola di cui al verbale n. 4 del 16 ottobre 2015, ove la commissione indicava che sarebbero state esternate le eventuali difformità di valutazione da parte dei singoli commissari;

- la “deduzione pratico-giuridica errata a cui conduce la presunta unanimità del voto”, insussistente, sarebbe quindi quella “di una votazione unanime anche con voto difforme”;

- l’operato della commissione risulterebbe indi illogico e fuorviante, mentre il contestato passaggio motivazionale del T sarebbe errato per non avere “offerto alcun elemento chiaro e legittimo” e per avere adottato la decisione impugnata a seguito di una “errata interpretazione e qualificazione del sistema di votazione adottato dalla commissione”, che avrebbe condizionato l’esito del ricorso;

- anche l’affermazione del T circa la mancata dimostrazione che l’utilizzo del criterio della media aritmetica avrebbe consentito alla ricorrente un maggiore punteggio sarebbe illogica, in quanto la commissione avrebbe violato una regola di condotta che essa stessa si è data, ciò che causerebbe ex se un pregiudizio all’interessata “nel senso che l’omessa osservanza della media aritmetica quale sintesi di ciascun voto di ogni commissario, conduce a ritenere che i componenti della commissione esaminatrice non ebbero a dare le loro singole valutazioni e votazioni e che in effetti il procedimento de quo fu sostanzialmente di natura monocratica”;

- la sentenza impugnata sarebbe pertanto carente di motivazione su un punto cardine del ricorso, non avendo T Campania chiarito la fonte, anche presuntiva, della votazione unanime al posto di quella della media aritmetica, nonché viziata per difetto di istruttoria, non avendo il T, pur sollecitato dall’interessata, ordinato all’Ente resistente di depositare al fascicolo di causa tutti gli atti del procedimento concorsuale concernenti la verbalizzazione del punteggio finale della commissione e il sistema di votazione.

3.1. Le censure sopra rassegnate sono prive di pregio.

Il T ha correttamente rilevato che le modalità di attribuzione dei voti nel procedimento selettivo per cui è causa erano regolate dall’art. 34 comma 6 del regolamento comunale sui concorsi, in cui, con ogni chiarezza, il primo criterio individuato è quello dell’unanimità, e, solo in caso di valutazione dei titoli e delle prove non unanime da parte di tutti i commissari, è previsto il criterio della media aritmetica, il quale, pertanto, come pure osservato dal T, ha carattere meramente sussidiario, essendo utilizzabile solo in caso di impossibilità per la commissione valutatrice di esprimere un voto unanime.

La commissione, astretta dal predetto vincolo regolamentare nell’individuazione delle modalità del suo funzionamento quanto ai due criteri alternativi (principale e sussidiario) di valutazione delle prove, non era pertanto tenuta a indicare il metodo prescelto, questo discendendo in maniera del tutto automatica da scelte di carattere generale e astratto effettuate dall’Ente comunale a monte della procedura mediante il ridetto regolamento, che è stato anche richiamato sia nella determina di bandire il concorso, che ne ha anche sottolineato la valenza di atto “integrante e sostanziale” del bando (art. 1), sia nel bando stesso.

La mancata esternazione del metodo valutativo da parte della commissione non può pertanto assurgere a vizio della valutazione delle prove, considerato che l’organo era, sul punto, privo di spazi residui lasciati alla sua discrezionalità.

Tanto chiarito, non è assistito da alcun principio di prova l’affermazione che la commissione si sia discostata dalla norma regolamentare di cui all’art. 34 comma 6 utilizzando, come sembra sostenere l’appellante, arbitrariamente e alternativamente, entrambi i criteri dell’unanimità e della media aritmetica ovvero sovrapponendoli con l’effetto di dare vita a un terzo e indeterminato criterio di valutazione.

In particolare tale principio di prova non è costituito:

- dal fatto che i candidati, ivi compresa l’appellante, abbiano conseguito voti non omogenei, essendo questo un evento ordinario nei concorsi pubblici, in ragione dell’autonomia delle singole prove, ognuna finalizzata a dimostrare la competenza del candidato in specifiche materie o in diversi ambiti del sapere;

- dal fatto che verbali diversi da quelli di interesse della causa (n. 3/2015) possano avere richiamato il criterio dell’unanimità, rimando che, non essendo necessario, non vincolava la commissione alla sua reiterazione;

- dal verbale n. 4 del 16 ottobre 2015, che pure richiama il regolamento comunale sui concorsi ed esprime la determinazione della commissione di “ attenersi strettamente alle disposizioni del succitato vigente regolamento ”, e che, nello stabilire di dare atto delle eventuali difformità di valutazione delle prove scritte da parte dei singoli componenti, si riferisce evidentemente all’astratta ipotesi della necessità di fare ricorso al criterio sussidiario e quindi di dover esporre i presupposti della sua applicazione.

Il capo di sentenza in esame risulta pertanto indenne dalle denunziate mende: gli atti di causa non evidenziano la necessità di alcuna istruttoria sul punto in contestazione, e le conclusioni ivi assunte sono assistite da una motivazione che, ancorchè sintetica, si profila esaustiva nonché logica e coerente nell’operare il confronto tra le censure formulate e le norme e gli atti di riferimento della procedura selettiva.

La conferma della principale linea argomentativa dello stesso capo di sentenza consente di assorbire ogni questione sollevata dall’appellante in ordine alla mancata dimostrazione da parte dell’interessata della “prova di resistenza”, pure sottolineata dal T.

4. L’interessata ha sostenuto in primo grado la violazione dell’art. 12 del d.P.R. 487/94 stante la genericità dei criteri di valutazione predeterminati con il già citato verbale n. 4 del 16 ottobre 2015, e l’omessa o insufficiente motivazione delle valutazioni conseguite nelle prove scritte, non avendo rinvenuto nel corpo dei suoi elaborati alcun segno grafico attestante gli apprezzamenti e le censure della commissione.

Il T ha escluso la fondatezza delle predette censure osservando che la commissione valutatrice aveva predeterminato i criteri di valutazione delle prove scritte e della prova orale in maniera sufficientemente specifica, e che il punteggio attribuito alla prima prova scritta dell’interessata, che le ha precluso l’ammissione alla prova orale, è stato supportato anche da una concisa motivazione risultata coerente con i predetti criteri e con il contenuto della prova stessa.

5. Le altre censure del primo motivo si dirigono avverso tali statuizioni, osservandosi dall’appellante che:

- alla ricorrente sono stati assegnati punteggi “secchi”, privi di collegamento con i criteri di giudizio e generici per mancata indicazione del percorso qualitativo e quantitativo che ha condotto al voto finale attraverso i singoli voti dati per ciascun criterio di massima;

- gli stessi criteri sarebbero generici per mancata indicazione del punteggio utile per procedere “al calcolo finale della media oggettiva dei singoli criteri di collegamento”;

- la mancata indicazione dei punteggi per ogni criterio predefinito non permetterebbe all’interessata di conoscere la rispondenza o meno delle risposte date ai singoli criteri di massima;

- il T avrebbe respinto tali censure limitandosi a richiamare la giurisprudenza secondo cui il voto numerico sintetizza il giudizio tecnico della commissione, senza considerare che la stessa giurisprudenza richiede che i criteri predefiniti siano sufficientemente specifici e rigorosi e non generici come quelli adottati nella fattispecie;

- il voto che i singoli commissari avrebbero dovuto verbalizzare, anche in forma non personalizzata, rappresenterebbe la “giusta regola di trasparenza e di giudizio equilibrato” nella specie violata tramite un procedimento “sommario e approssimativo”;

- anche su questo punto il T, ritenendo la coerenza dei punteggi attribuiti in carenza di “chiari riferimenti probatori” non emergenti dal fascicolo di primo grado e non acquisiti autoritativamente al giudizio, avrebbe “omesso di rispondere alle legittime domande e relative istanze istruttorie” formulate in ricorso;

- la sentenza sarebbe omissiva anche per non essersi pronunziata sul parere tecnico di parte depositato nel giudizio di primo grado, ove sono state esaminate e positivamente valutate le risposte date dalla ricorrente ai quesiti, e sulla richiesta dell’interessata di nominare un esperto professionista per acquisire un giudizio oggettivamente imparziale sulle sue prove o di ordinare alla commissione la loro rivalutazione al fine di ottenere un nuovo giudizio maggiormente obiettivo e trasparente;

- il T non si sarebbe avveduto delle oggettive incongruenze logico-probatorie dei criteri di massima, quale la valutazione di insufficienza correlata alla forma espressiva in sé delle risposte errate o insufficienti a prescindere da un minimo giudizio e correzione, e dell’apprezzamento approssimativo effettuato dalla commissione, che oltre a non osservare la regola procedimentale secondo cui il voto finale avrebbe dovuto essere espressione della media aritmetica soggettiva, avrebbe omesso anche di “operare correttamente e motivatamente attraverso la media oggettiva del punteggio dato per ciascun criterio di massima”;

- il T avrebbe omesso di pronunziare sulla censura relativa alla errata valutazione della risposta data dalla ricorrente al quesito n. 4 della prima prova scritta (contratti in economia), giudicata totalmente erronea ancorchè contenente elementi attinenti alla materia, che impedirebbero di considerarla come tale;

- il voto “secco” finale in forma numerica espresso dalla commissione sarebbe privo di elementi minimi di correttezza e trasparenza e imporrebbe la rivalutazione della prova valutata come insufficiente con il punteggio di 17,60/30, che in ogni caso avrebbe dovuto essere arrotondato per eccesso a 18/30. Anche il mancato arrotondamento sarebbe significativo della scarsa attenzione che avrebbe caratterizzato la condotta della commissione all’atto dell’attribuzione dei voti e contribuirebbe a giustificare la revisione del suo operato.

Tanto esposto, l’appellante domanda la rivalutazione della sua prima prova scritta, eventualmente previa modifica della composizione della commissione valutatrice, con ricalcolo del voto numerico finale mediante il criterio della media aritmetica dei singoli voti dei commissari e l’utilizzazione della media oggettiva dei criteri di massima, ovvero anche con il criterio dell’unanimità purchè verbalizzato in atti. In subordine, chiede di affidare la rivalutazione a un tecnico esperto della materia.

5.1. Le esposte censure non sono meritevoli di positiva considerazione.

In particolare, alcune di esse risentono della convinzione dell’appellante circa la doverosità dell’applicazione del criterio della media aritmetica e sono quindi infondate per le stesse ragioni di cui al capo che precede.

Quanto alle restanti, si rammenta che in materia di concorsi pubblici la giurisprudenza amministrativa è costante nel riconoscere alle commissioni valutatrici ampia discrezionalità nell’esercizio dell’attività di individuazione dei criteri di valutazione, con conseguente limitazione del sindacato di legittimità del giudice amministrativo alle sole ipotesi di manifesta irragionevolezza, illogicità od abnormità dei criteri e delle valutazioni, nonché per travisamento di fatto od errore procedurale commesso nella formulazione di queste (tra tante, Cons. Stato, II, 27 aprile 2023, n.4247;
26 aprile 2023, n. 4188;
VI, 26 novembre 2021, n. 7917;
V, 26 agosto 2020, n. 5208;
24 settembre 2019, n. 6358).

Sotto il profilo della intellegibilità e trasparenza dei criteri e delle valutazioni, la stessa giurisprudenza sottolinea che, in linea con l’ineludibile principio di trasparenza, le commissioni esaminatrici devono rendere percepibile l’ iter logico seguito nell’attribuzione del punteggio non necessariamente mediante diffuse esternazioni verbali relative al contenuto delle prove, essendo sufficiente l’indicazione del punteggio numerico, che sintetizza le ragioni dell’apprezzamento laddove, a monte, siano stati predeterminati criteri idonei a permettere la ricostruzione dell’andamento della valutazione.

In altre parole, il voto numerico attribuito dalle competenti commissioni alle prove o ai titoli nell’ambito di un concorso pubblico o di un esame - in mancanza di una contraria disposizione di legge - esprime e sintetizza il giudizio tecnico discrezionale della commissione stessa, contenendo in sé stesso la motivazione, senza bisogno di ulteriori spiegazioni, quale principio di economicità amministrativa di valutazione, ma la sufficienza motivazionale è correlata alla predeterminazione, da parte della stessa commissione esaminatrice, di criteri di massima di valutazione, che soprassiedono all’attribuzione del voto, da cui desumere con evidenza la graduazione e l’omogeneità delle valutazioni effettuate mediante l’espressione della cifra del voto, sicchè solo la carenza di criteri di massima e precisi parametri di riferimento cui raccordare il punteggio assegnato rende illegittima la valutazione dei titoli in forma numerica (Cons. Stato, V, 23 aprile 2019, n. 2573;
III, 29 aprile 2019, n. 2775).

Nel caso di specie, con il già citato verbale n. 4/2015 la commissione del concorso de quo , rilevato in linea generale che “ tutte le prove d’esame tendono ad accertare il possesso delle competenze richieste per lo svolgimento delle mansioni proprie della posizione da ricoprire, oltre che il grado di conoscenza delle materie oggetto d’esame, nonché, eventualmente, la capacità di risolvere casi concreti ”, in relazione alla prima prova scritta non superata dall’appellante, consistente in una serie di quesiti a risposta sintetica riguardanti le materie indicate nell’art. 8 del bando, ha stabilito di tenere conto per ogni quesito della traccia estratta dei seguenti elementi: “ completezza e pertinenza delle risposte ”;
adeguata proprietà espressiva ”;
capacità di collegare l’aspetto tecnico della materia con i processi organizzativi/amministrativi tipici del Servizio Finanziario ”;
correttezza formale e proprietà di linguaggio ” dell’esposizione.

Ha inoltre stabilito di determinare il punteggio della prova valutando le risposte date ai singoli quesiti nel seguente modo: “ risposte mancanti: zero punti;
risposte insufficienti: fino a 20 punti;
risposte sufficienti: fino a 23 punti;
risposte discrete: fino a 26 punti;
risposte buone: fino a 28 punti;
risposte ottime: fino a 30 punti
”.

Detti criteri sfuggono alle censure di genericità e indeterminatezza avanzate dall’appellante, in quanto logiche e coerenti con la prova in questione e idonei a dare conto dell’ iter logico che la commissione avrebbe seguito nella valutazione della stessa, né offrono profili di incongruità in relazione alla prevista rilevanza della correttezza formale e della proprietà di linguaggio, che costituiscono aspetti di rilievo nell’apprezzamento di qualsiasi prova scritta, in cui la dimostrazione della conoscenza della materia che ne forma oggetto avviene necessariamente per il tramite della sua corretta esposizione sotto il profilo grammaticale e sintattico.

Stabilito come sopra la validità dei criteri di valutazione della prima prova scritta di cui trattasi, non vi è alcuna ragione per ritenere viziato il punteggio numerico assegnato dalla commissione all’elaborato dell’appellante.

La motivazione di questo punteggio emerge infatti dall’allegato B al verbale n. 5 del 5 novembre 2015, versato in atti di primo grado dalla stessa appellante, costituito da una tabella riportante la votazione numerica di ogni singola risposta ai quesiti posti dalla prova in correlazione ai criteri di valutazione predeterminati, accompagnata, come rilevato dal T, anche da una concisa indicazione verbale delle ragioni del giudizio, e il punteggio complessivo, rappresentato dalla media di tali votazioni: l’appellante pertanto è stata posta in condizione di conoscere come e in che misura la commissione ha valutato la rispondenza delle sue risposte ai quesiti in forza dei criteri predeterminati.

Tanto chiarito, e ulteriormente considerato che, contrariamente a quanto sembra ritenere l’appellante, l’attinenza di una risposta alla materia oggetto del quesito non si traduce per ciò solo nella sua oggettiva sufficienza, non si ravvisa alcuna ragione per cui il T dovesse tenere conto della consulenza tecnica di parte depositata in primo grado o comunque disporre la rivalutazione della prova in questione con le modalità indicate in ricorso.

Si rammenta al riguardo che in materia di pubblici concorsi, le commissioni esaminatrici, cui compete prima fissare i parametri di valutazione e, poi, giudicare le prove svolte dai candidati in coerenza con i predetti parametri, non effettuano una ponderazione di interessi, bensì esercitano una attività di giudizio avvalendosi di un’ampia discrezionalità tecnica, rispetto alla quale il sindacato di legittimità del giudice amministrativo è limitato al riscontro dell’eventuale sussistenza del vizio di eccesso di potere in peculiari ipotesi, riscontrabili dall’esterno e con immediatezza sulla base della sola lettura degli atti (tra altre, da ultimo, Cons. Stato, III, 13 aprile 2023 n. 3733).

Tale condizione, per le ragioni sopra indicate, non è ravvisabile nel caso di specie, in cui i vizi denunziati non si rivelano idonei a inficiare la valutazione della prova scritta per cui è causa: diviene pertanto irrilevante la presentazione di un parere pro veritate , non essendo consentito al giudice amministrativo sovrapporre alle determinazioni della commissione il parere reso da un soggetto terzo, quale che sia la sua qualifica professionale e il livello di conoscenze e di esperienze acquisite nella materia oggetto di prova (tra tante, Cons. Stato, II, 24 maggio 2021, n. 4018).

E’ infine infondata la pretesa dell’appellante all’arrotondamento del voto conseguito nella prova scritta in parola, dal momento che non viene indicata la fonte che giustificherebbe l’operazione, né si assume che altre votazioni siano state arrotondate, e, in ogni caso, anche l’eventuale arrotondamento a 18/30 non le avrebbe consentito di accedere alla prova orale, per cui era necessario conseguire il voto minimo di 21/30.

6. Con il secondo motivo la ricorrente attacca il capo della sentenza gravata che ha respinto la censura di violazione del principio dell’anonimato rilevandone la genericità per mancata indicazione degli asseriti segni di riconoscimento delle prove scritte.

L’appellante espone di avere dato dimostrazione dei segni di riconoscimento mediante la proposizione della censura, formulata a pagina 11 del ricorso, e il deposito degli scritti che li contenevano, rappresentati dalle espressioni “194 1474 regolarità tecnica ed altro” e “parere di revisione necessario”, ritenute manifestazioni più “vistose” del vizio, che le difese delle controparti non hanno contestato.

6.1. Il motivo è completamente destituito di fondamento.

Bene ha fatto il T a ritenere la genericità della censura, atteso che la qui richiamata pagina 11 dell’atto introduttivo del giudizio non specificava quali fossero gli asseriti segni di riconoscimento delle prove scritte, a quale candidata essi si riferissero e in che misura avrebbero violato il principio dell’anonimato.

Tale carenza non può evidentemente essere colmata in questa sede di appello, né di fatto lo è stata attesa la evidente genericità che affligge anche il motivo in esame.

7. Per tutto quanto precede, l’appello va respinto.

Le spese del grado, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

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