Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2010-04-13, n. 201002056
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N. 02056/2010 REG.DEC.
N. 09012/2009 REG.RIC.
N. 08827/2009 REG.RIC.
N. 08828/2009 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
DECISIONE
Sul ricorso numero di registro generale 9012 del 2009, proposto da:
Comune di Jesolo, in persona del sindaco e legale rappresentante pt, rappresentato e difeso dagli avv. L M e G S, con domicilio eletto presso lo studio del primo in Roma, via F. Confalonieri, 5;
contro
il Ministero per i beni e le attivita' culturali, in persona del sindaco e legale rappresentante pt, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato e presso la sede di quest’ultima, in Roma, alla via dei Portoghesi, 12 domiciliato ex lege ;
nei confronti di
G F, M Z, S A, Immobiliare Marcon Sas, A F, G R, Andrea Pavan Michielon, C B, C P, A B, M M, A P, V R, E F, T N, L G, rappresentati e difesi dagli avv. M S, P B, con domicilio eletto presso M S in Roma, viale Parioli 180;Silvana Dariol, rappresentato e difeso dagli avv. Daniela B, Maurizio Moro, con domicilio eletto presso Maurizio Moro in Roma, via Fulcieri P. De Calboli N.1;Lia Fossa, Sdra B, Michele Tassello, rappresentati e difesi dagli avv. Daniela B, Maurizio Moro, con domicilio eletto presso lo studio della prima in Roma, via Fulcieri P. de' Calboli, 1;
e con l'intervento di
ad opponendum:
Paola Trento, Ste De Coppi, Lorenza Brusegan, Silvana Biasiotto, Battista Capretta, Mariangela Barlottini, Tiziano Griggio, Mara Borella, Lido Dorato Srl, Jesolo Blu Srl, Consorzio Lido Dorato;
Sul ricorso numero di registro generale 8827 del 2009, proposto da:
Terramare Srl, in persona del legale rappresentante pt, rappresentata e difesa in giudizio dagli avv. Alberto Borella, Stefania Piovesan e Paolo Stella Richter, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Roma, viale G. Mazzini n.11;
contro
Il Ministero per i beni e le attivita' culturali, la Soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici di Venezia e Laguna, in persona dei rispettivi rappresentanti legali, rappresentati e difesi dall'Avvocatura generale dello Stato, e domiciliati ex lege nella sede di quest’ultima in Roma, via dei Portoghesi, 12;
il Comune di Jesolo,nc;;
nei confronti di
Paola Trento;
Sul ricorso numero di registro generale 8828 del 2009, proposto da:
Terramare Srl,in persona del legale rappresentante pt, rappresentato e difeso dagli avvocati Alberto Borella, Stefania Piovesan, Paolo Stella Richter, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Roma, viale G. Mazzini n.11;
contro
Paola Trento, Ste Francesco De Coppi, Lorenza Brusegan, Silvana Biasiotto, Mariangela Barlottini, Luciano Griggio, Maria Borella, In P. E Q.Tit. Hotel Touring Padovani Gigliola, P M, L C, M P;G F, A G M, M Z, S A, S M, A F, P M, G R, M A P, C B, F P, C P, A P, A B, M M, A P, V R, E F, T N, L G, Immobiliare Marcon Sas di Marcon S &C, rappresentati e difesi dagli avv. M S, P B, con domicilio eletto presso lo studio del primo in Roma, viale Parioli 180;
T C, M M, rappresentati e difesi dagli avv. C C e I C, con domicilio eletto presso lo studio della prima in Roma, via Tacito, N.41;
nei confronti di
R G, P S, M A S;il Ministero per i beni e le attivita' culturali, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliato ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;Comune di Jesolo, in persona del sindaco e legale rappresentante pt, rappresentato e difeso dagli avv. S G, E G, con domicilio eletto presso lo studio del primo in Roma, via di Monte Fiore 22;
per la riforma
quanto al ricorso n. 9012 del 2009:
della sentenza del T.a.r. Veneto - Venezia: Sezione II n. 1950/2009, resa tra le parti, recante il rigetto del ricorso avverso il provvedimento della Soprintendenza che evidenzia l’onere di sottoporre ad autorizzazione paesaggistica i progetti edilizi rientranti nella cd zona di ricomposizione spaziale.
quanto al ricorso n. 8827 del 2009:
della sentenza del T.a.r. Veneto - Venezia: Sezione II n. 1952/2009, resa tra le parti, recante il rigetto del ricorso avverso il provvedimento della Soprintendenza di inibizione dei lavori di costruzione conseguenti all’approvazione del piano di recupero <Terramare>nonché avverso il permesso di costruire nella parte in cui subordina l’efficacia dello stesso al parere della Soprintendenza, in caso di esito sfavorevole della impugnazione proposta avverso il provvedimento soprintendentizio.
quanto al ricorso n. 8828 del 2009:
della sentenza del T.a.r. Veneto - Venezia: Sezione II n. 1951/2009, resa tra le parti, recante l’accoglimento del ricorso avverso l’approvazione del piano di recupero di iniziativa privata denominato <Terramare>ed i provvedimenti conseguenti
Visti i ricorsi in appello con i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero per i beni e le attivita' culturali nonché di: G F, M Z, S A, A F, G R, Andrea Pavan Michielon, C B, C P, A B, M M, A P, V R, E F, T N, Silvana Dariol, Lia Fossa, Sdra B, Michele Tassello, L G, Soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici di Venezia e Laguna, G F, A G M, M Z, S A, S M, A F P M G R , M A P , C B , F P, C P ,A P, A B, M M, A P, V R, E F, T N, L G,T C, M M, Comune di Jesolo e di Immobiliare Marcon Sas di Marcon S &C;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 16 febbraio 2010 il consigliere Giulio Castriota Scanderbeg e uditi per le parti gli avvocati Andrea Manzi per delega di L M, l’avv. S, l’avv. Sino, l’avv. Bologna, l’avv. B e l'Avv. dello Stato Gentili;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Con il primo dei ricorsi in epigrafe ( RG n. 9012/09) il Comune di Jesolo impugna la sentenza del Tar del Veneto n. 4950 del 26 giugno 2009 con la quale è stato respinto il ricorso avverso la nota soprintendentizia n. 11895 del 29.9.2008 a mezzo della quale la Soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici della città di Venezia e della Laguna ha chiesto alla amministrazione comunale di esaminare tutti i progetti edilizi programmati in zona di <ricomposizione spaziale>posti entro la fascia di 300 mt dal lido del mare.
Assume l’ente comunale appellante la erroneità della gravata sentenza per aver questa sostanzialmente validato la pretesa dell’Amministrazione preposta alla tutela dei beni culturali e del paesaggio volta ad esaminare la compatibilità paesaggistica di tutti i progetti ricadenti nella fascia costiera posta entro i 300 metri dal mare, ed in particolare quelli ad iniziativa della società Terramare compresi in una zona del territorio comunale qualificata nel PRG vigente nel Comune di Jesolo come <zona di ricomposizione spaziale>.
Assume l’appellante amministrazione che il preteso scrutinio in funzione autorizzatoria, ad opera della autorità preposta alla tutela del vincolo paesaggistico, dovrebbe invece nella specie ritenersi escluso, attesa la inesistenza di un vincolo paesaggistico sull’area oggetto del programmato intervento edilizio, data la sicura aggregazione della predetta parte del territorio comunale alle zone omogenee di tipo <B>( secondo l’ordine classificatorio contenuto nel DM 1444/68), e quindi la inoperatività del vincolo paesaggistico in forza delle previsioni derogatorie di cui all’art. 142 secondo comma del d.lgs. 42/04. Il che peraltro sarebbe pienamente conforme, sempre a dire dell’appellante, a quanto costantemente riconosciuto nella prassi amministrativa comunale consolidatasi a partire dal 1985 e fino al 2008 nonché a quanto espressamente previsto da apposita delibera adottata nel 1980 dal Consiglio comunale di Jesolo.
Di qui i motivi di appello e la richiesta consequenziale di annullamento, in riforma della impugnata sentenza ed in accoglimento del ricorso di primo grado, del provvedimento in tale ultima sede gravato. Si è costituita in giudizio l’intimata amministrazione centrale nonché le parti private controinteressate per resistere al ricorso e per chiederne la reiezione.
Con il ricorso in appello RG n. 8828/09 la società Terramare srl impugna la sentenza di accoglimento resa dal medesimo Tar sul ricorso di alcuni proprietari di immobili posti nelle vicinanze dell’area inclusa nel piano di recupero di iniziativa della appellante avverso gli atti ( tutti meglio descritti nella sentenza impugnata) assentivi dell’intervento edilizio programmato dalla predetta società immobiliare.
Deduce la società appellante la erroneità in rito della gravata pronuncia che avrebbe accolto una censura dal contenuto difforme ( nella sua articolazione ) da quella asseritamente esaminata, non avendo gli interessati dedotto il vizio di violazione dell’art. 142 d.lgs. 42/04 nell’ambito nel nono motivo di doglianza dedotto avverso l’approvazione del piano di recupero (ove piuttosto la doglianza era quella di mancata acquisizione del parere della Soprintendenza) sebbene con l’articolazione della censura n.4 bis dedotta nei motivi aggiunti avverso il permesso di costruire. Nel merito l’appellante società stigmatizza la erroneità della decisione sulla questione principale dedotta, afferente la insussistenza di un vincolo paesaggistico ex lege sull’area oggetto dell’intervento edilizio e quindi sulla inesistenza di un potere autorizzatorio in capo alla stessa autorità soprintendentizia. Si è costituito il Comune di Jesolo per resistere al ricorso e per proporre appello incidentale avverso la medesima sentenza, e per chiederne la riforma limitatamente al capo recante la condanna dell’amministrazione comunale alla rifusione delle spese di lite.
Nel ricorso RG n.8827/09 la medesima società Terramare srl grava la sentenza del Tar Veneto n. 1952.09 recante il rigetto del ricorso proposto avverso il provvedimento della Soprintendenza di inibizione dei lavori di costruzione dell’edificio già indicato, nonché avverso la condizione apposta nel permesso di costruire rilasciato dal Comune di Jesolo, nella parte in cui subordina l’efficacia dello stesso al parere della Soprintendenza in caso di esito sfavorevole del giudizio. Deduce l’appellante le medesime censure già sviluppate nel precedente ricorso ed insiste per l’accoglimento dell’appello e, in riforma della gravata sentenza, per l’accoglimento del ricorso di primo grado, con la caducazione degli atti ivi gravati.
All’udienza del 16 febbraio 2010 gli epigrafati ricorsi in appello sono stati trattenuti per la decisione.
Anzitutto va disposta la riunione dei ricorsi in appello di cui in epigrafe. Ancorchè rivolti avverso distinte sentenze, gli stessi presentano evidenti profili di connessione oggettiva (e parzialmente soggettiva) che ne consigliano la trattazione unitaria e la loro definizione nell’ambito di un’unica decisione.
Va altresì disattesa, preliminarmente, la eccezione ( svolta nel ricorso RG n.8828/09) di non coincidenza del capo di sentenza oggetto di accoglimento con il motivo dedotto dagli originari ricorrenti dato che non è dubitabile ch,e anche nei motivi di ricorso avverso l’approvazione del piano di recupero, sussisteva il profilo di censura in ordine alla ritenuta illegittimità dell’iter approvativo per il mancato coinvolgimento dell’autorità preposta alla tutela del vincolo, censura d’altronde sviluppata negli altri ricorsi ( e cioè nel ricorso di primo grado del Comune di Jesolo e nel ricorso della società Terramare), donde l’ineludibilità della assorbente questione ( tutta incentrata sull’art. 142 del d.lgs. 42/04) in ordine alla ammissibilità nella specie di un regime derogatorio alla disciplina vincolistica.
Nel merito, la questione principale, comune ai ricorsi in appello in oggetto, attiene alla verifica della legittimità della pretesa della intimata Soprintendenza veneziana di sottoporre al proprio scrutinio i progetti edilizi che rientrano nella zona classificata come di <ricomposizione spaziale>nell’ambito dello strumento urbanistico vigente nel Comune di Jesolo;in particolare, detta pretesa è stata manifestata, per quel che rileva nel presente giudizio, con riguardo al progetto prodotto dalla società Terramare, assentito dalla Amministrazione comunale, previa l’approvazione di un piano di recupero, ma senza il coinvolgimento dell’autorità preposta alla tutela del vincolo paesaggistico.
La pretesa soprintendentizia è fondata sulla natura dei terreni oggetti del programmato intervento edilizio, astretti al regime del vincolo paesaggistico derivante direttamente dalla legge in quanto <territori costieri compresi in una fascia della profondità di 300 metri dalla linea di battigia>( art. 142, comma 1 d.lgs. 42/04, che reitera le previsioni già contenute nella legge n.431/85));sempre a parere della autorità preposta alla tutela del paesaggio nella specie non potrebbe operare nessuna delle ipotesi derogatorie all’applicabilità del regime vincolistico ( art. 142, comma 2)
vigente alla data del 6 settembre 1985
Il Tar ha validato l’interpretazione restrittiva delle disposizioni richiamate fatta propria dalla Soprintendenza, disattendendo le contrarie posizioni dell’Amministrazione comunale di Jesolo e della società Terramare, che hanno insistito anche in questo grado nel sostenere la pacifica assimilazione alle zone <B>del territorio comunale ( se non proprio la stessa natura originaria di zone <B>) delle zone di ricomposizione spaziale, e quindi la sottrazione di tali aree al regime vincolistico proprio dei territori costieri, in virtù della richiamata disposizione derogatoria contenuta nell’art. 142, comma 2, del testo unico dei beni culturali.
Il Collegio è del parere che le gravate decisioni meritano di essere integralmente confermate.
Anzitutto, sul piano formale, rileva il dato obiettivo, già messo in luce dal Tar secondo cui, nel caso che ci occupa, nessuna delle ipotesi derogatorie espressamente contemplate dal richiamato art. 142 2° comma può dirsi in concreto sussistente ( in fatto la circostanza è incontestata, essendo controverso soltanto il profilo qualificatorio).
Ora, poiché le eccezioni alla regola generale ( i.e. la disapplicazione del regime vincolistico) vanno sempre interpretate restrittivamente ( dato che nel dubbio prevale la regola e non l’eccezione), i primi giudici hanno avuto buon gioco nel sostenere che l’area oggetto dell’intervento non era stata qualificata come zona omogenea di tipo <B> ( né tantomeno come zona <A>) dallo strumento urbanistico del Comune di Jesolo vigente al 6 settembre 1985 ( data prevista dalla legge quale discrimen temporale per l’applicazione del regime derogatorio), né rientrava – sempre a tale data - in un piano di attuazione le cui previsioni fossero già state realizzate ( ipotesi derogatoria di cui alla lett. b) del medesimo art. 142, 2° comma). Di qui la pacifica assoggettabilità delle zone di ricomposizione spaziale al regime vincolistico imposto dalla normativa a protezione del paesaggio, risultando ardita e al postutto non consentita ogni operazione ermeneutica volta ad attrarre ( in via estensiva o analogica) le aree di ricomposizione spaziale in una diversa categoria normativa.
Ma, a parere del Collegio, a corroborare la soluzione della inconfigurabilità della possibilità di sottrarre gli interventi edilizi da realizzarsi nelle zone di ricomposizione spaziale all’autorizzazione previa della autorità preposta alla tutela del vincolo paesaggistico soccorre un argomento ulteriore, di carattere sostanziale, afferente la specifica natura delle aree rientranti nella suddetta zonizzazione.
La questione non assume quindi valenza meramente nominalistica e non rileva soltanto sul piano logico-formale, ma involge la stessa ratio del regime di deroga all’applicazione della disciplina vincolistica.
La ragione della esclusione del vincolo paesaggistico legale, in relazione alle aree di tipo omogeneo <A >e <B>di cui al d.m. 1444/68, è da cogliere nell’assetto tendenzialmente stabile, sul piano urbanistico, di tali aree, requisito pacificamente non predicabile a proposito delle zone di ricomposizione spaziale.
Oltre che la stessa suggestione lessicale ( che già evoca il carattere radicale degli interventi a farsi nelle aree del territorio qualificate come di ricomposizione spaziale), è a dirsi che tali zone sono ontologicamente vocate, secondo le espresse previsioni pianificatorie, a significative manipolazioni urbanistiche ed edilizie, tant’è vero che lo stesso strumento urbanistico ne prevedeva ( e ne prevede) la utilizzabilità soltanto a seguito della adozione di un piano di recupero, e cioè di uno strumento urbanistico di terzo grado capace di dare un nuovo ordine urbanistico a dette aree ( fortemente compromesse e degradate e perciò bisognevoli di interventi di riqualificazione urbana).
Se ciò è vero, ne consegue che a ragione la Soprintendenza veneziana ha ritenuto che tali zone non possono essere aggregate a quelle omogenee di tipo <B>ai fini dell’applicabilità del regime derogatorio (come detto, di stretta interpretazione) rispetto alla disciplina vincolistica impressa dalla stessa legge alle aree in oggetto.
Alla luce di tali rilievi, peraltro, perdono vieppiù consistenza, sul piano giuridico, gli argomenti difensivi messi in campo dal Comune di Jesolo e dalla società Terramare per addivenire, obliquo modo, alla ricomprensione delle ridette aree nella ipotesi derogatoria tassativamente prevista per le zone <B>.
Il riferimento, in particolare, è all’argomento fondato sulla asserita aggregazione delle aree di ricomposizione spaziale alle zone <B>per come già fatto dal Comune di Jesolo nella delibera di Consiglio comunale ( n. 56 del 1980), adottata ai fini della determinazione degli oneri di urbanizzazione dovuti dai soggetti attuatori degli interventi edilizi in applicazione della legge n.10 del 1977.
Senonchè, a ben vedere, tale assimilazione non può sortire, neppure sul piano interpretativo, alcun effetto utile alle ragioni fatte valere in giudizio dalla Amministrazione comunale e dalla predetta società promotrice dell’intervento edilizio. Si tratta, infatti, di una aggregazione delle zone di ricomposizione spaziale alle zone B operata dalla delibera appena richiamata ai soli e limitati fini della determinazione degli oneri di urbanizzazione e, come tale, non può certo valere ad elidere l’argomento formale (né tampoco quello sostanziale afferente la distinzione ontologica delle due categorie di aree territoriali) riguardo al diverso inquadramento qualificatorio delle aree predette rispetto alle zone <B>( non a caso disgiuntamente contemplate nella predetta delibera, sia pur nell’unitaria previsione del regime degli oneri di urbanizzazione) nell’ambito del PRG vigente nel Comune di Jesolo.
Né a diversa conclusione può condurre il rilievo secondo cui le arre di ricomposizione spaziale sarebbero qualificate come zone <sature>dallo strumento urbanistico comunale ovvero come zone <edificate>nell’ambito di un piano pluriennale di attuazione approvato nel 1981: si tratta di elementi che riflettono indubbiamente il dato inequivoco dell’essere tali aree già compromesse dalla edificazione e già espressive di significativa volumetria, ma che non elidono certo il dato sostanziale inerente la diversità ( rispetto alle zone <B>) della loro disciplina urbanistica e quindi la loro piena assoggettabilità al regime vincolistico ( non potendo, per quanto detto, trovare applicazione le tassative ipotesi derogatorie previste dalla legge).
In definitiva, alla luce dell’assorbente profilo che precede, afferente il necessario esercizio delle prerogative proprie dell’autorità preposta alla tutela del vincolo paesaggistico in ordine agli interventi edilizi incidenti nelle zone di ricomposizione spaziale, i ricorsi in appello principale devono essere respinti, e devono per l’effetto trovare integrale conferma le impugnate sentenze.
Da ultimo, va osservato che non può trovare accoglimento l’appello incidentale proposto nel ricorso n.8828/09 dal Comune di Jesolo avverso la statuizione sulle spese di lite contenuta nella sentenza n. 1951/09 e motivato sulla base del richiamo alla prassi amministrativa costantemente seguita dal Comune nel rilascio dei titoli abilitativi in zona di ricomposizione spaziale ( e quindi sulla scusabilità dell’eventuale errore interpretativo nella lettura della disciplina derogatoria al regime vincolistico).Si tratta, infatti, all’evidenza, di pronuncia in sé incensurabile, nella misura in cui fa corretta applicazione del principio normativo ( art. 91 cpc) di soccombenza processuale ( principio di per sé scevro da disapplicazioni in ragione di prassi amministrative che si assumono costanti, ma che -alla luce di quanto fin qui esposto- non potrebbero per ciò solo dirsi legittime).
Quanto alle spese del presente grado, le stesse possono essere compensate tra tutte le parti del giudizio, in considerazione della particolarità della controversia trattata.