Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2014-08-06, n. 201404207

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2014-08-06, n. 201404207
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201404207
Data del deposito : 6 agosto 2014
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 05227/2011 REG.RIC.

N. 04207/2014REG.PROV.COLL.

N. 05227/2011 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 5227 del 2011, proposto da:
SAPIR - Società Appalti Pulizie Immobili Roma S.r.l., con sede in Roma, in persona dell'Amministratore unico pro-tempore , rappresentata e difesa dall'avv. A P, e presso lo studio di questi elettivamente domiciliata in Roma, alla via Alessandria n. 128, per mandato in calce all'appello;

contro

- Presidenza del Consiglio dei Ministri, in persona del Presidente del Consiglio in carica;
- Ministero dell'Economia e delle Finanze, in persona del Ministro in carica;
- Ministero per i Beni e le Attività Culturali, in persona del Ministro in carica;
tutti rappresentati e difesi ex lege dall'Avvocatura generale dello Stato, e presso gli uffici della medesima domiciliati per legge in Roma, alla via dei Portoghesi n. 12

per la riforma

della sentenza del T.A.R. per il Lazio, Sede di Roma, Sez. II quater, n. 36571 del 14 dicembre 2010, non notificata, resa tra le parti, con cui è stato dichiarato inammissibile il ricorso in primo grado n.r. 2036/2004, proposto per l'accertamento ex art. 6 comma 4 della legge n. 537/1993 del diritto alla revisione del prezzo annuo relativo all'appalto dei servizi di pulizia di locali della Presidenza del Consiglio dei Ministri, con compensazione delle spese del giudizio di primo grado


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della Presidenza del Consiglio dei Ministri, del Ministero dell'Economia e delle Finanze e del Ministero per i Beni e le Attività Culturali;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 27 maggio 2014 il Cons. L S e uditi l'avv. Antonio Piro per l'appellante SAPIR S.r.l. e l'avvocato di Stato Roberto Palasciano per le Autorità statali appellate;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1.) SAPIR - Società Appalti Pulizie Immobili Roma S.r.l., con sede in Roma, a seguito di aggiudicazione del relativo appalto, ha svolto il servizio di pulizia relativo a diversi immobili destinati a uffici della Presidenza del Consiglio dei Ministri, e suoi dipartimenti, dal 1 agosto 1998 e sino a varie scadenze nel 2002 (30 settembre 2002, 30 novembre 2002) e nel 2003 (31 gennaio 2003, 31 marzo 2003), anche in virtù di proroghe differenziate.

Con atto di diffida e messa in mora notificato il 3 dicembre 2003, l'interessata ha chiesto la liquidazione della revisione del prezzo del canone annuo, ai sensi dell'art. 6 comma 4 della legge n. 537/1993, come modificato dall'art. 44 della legge n. 724/1994, senza ottenere riscontro.

Con il ricorso in primo grado n.r. 2036/2004 l'interessata ha quindi proposto cumulative domande di accertamento e condanna riferite al compenso revisionale dovuto, indicato in complessivi € 167.501,03, oltre interessi di mora e rivalutazione monetaria.

Le Autorità statali intimate si sono costituite nel giudizio di primo grado con atto di stile.

Con sentenza n. 36571 del 14 dicembre 2010 il T.A.R. per il Lazio, Sezione II quater, riconosciuta la giurisdizione amministrativa sulla controversia, ha nondimeno dichiarato inammissibile il ricorso, sul rilievo che l'interessata non avesse formulato in modo tempestivo la domanda di revisione prezzi alla data di cessazione del rapporto contrattuale, ritenendo applicabile, in via analogica, e sulla base della " eadem ratio ", l'art. 2 del d.lgt.C.P.S. n. 1501/1947, relativo alla decadenza ivi prevista per le domande di revisione relative agli appalti pubblici di lavori.

2.) Con appello notificato il 14 giugno 2011 e depositato il 23 giugno 2011 la sentenza in epigrafe è stata impugnata deducendo, con unico motivo articolato:

Violazione e falsa applicazione di norme di diritto , perché la decadenza prevista dall'art. 2 del d.lgt.C.P.S. n. 1501/1947 è istituto relativo ai soli appalti di lavori pubblici come peraltro chiarito da invocata giurisprudenza del Consiglio di Stato, con la conseguenza che, con riferimento a domande di accertamento e condanna concernenti il compenso revisionale negli appalti di servizi (e forniture) può assumere rilievo soltanto l'ordinario termine prescrizionale quinquennale ex art. 2948 cod.civ., nella specie non spirato, insistendosi quindi per l'accoglimento delle domande proposte col ricorso in primo grado, salva eventuale consulenza tecnica d'ufficio.

Le Autorità statali appellate si sono costituite in giudizio con atto di stile.

Con memoria depositata il 24 aprile 2014 l'appellante ha insistito per l'accoglimento del gravame, evidenziando come il termine prescrizionale, decorrente dalla cessazione del rapporto contrattuale, avvenuta nel marzo 2003, non fosse spirato al momento della prima richiesta del compenso revisionale, effettuata nel luglio 2003.

All'udienza pubblica del 27 maggio 2014 l'appello è stato discusso e riservato per la decisione.

3.) L'appello in epigrafe è fondato, onde, in riforma della sentenza impugnata, devono essere accolte le domande di accertamento e condanna proposte con il ricorso in primo grado.

3.1) Com'è noto, l'art. 6 comma 4 della legge 24 dicembre 1993, n. 537 (c.d. legge finanziaria 1994), nel testo sostituito dall'art. 44 comma 1 della legge 23 dicembre 1994, n. 724 (c.d. legge finanziaria 1995), poi abrogato , con decorrenza 1° luglio 2006, dall'art. 256 del d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, e tuttavia applicabile al rapporto contrattuale de quo ratione temporis , prevedeva che:

"Tutti i contratti ad esecuzione periodica o continuativa debbono recare una clausola di revisione periodica del prezzo. La revisione viene operata sulla base di una istruttoria condotta dai dirigenti responsabili della acquisizione di beni e servizi sulla base dei dati di cui al comma 6", demandando le relative controversie alla giurisdizione amministrativa esclusiva, secondo il successivo comma 19 della disposizione, in ragione della natura autoritativa delle determinazioni concernenti il riconoscimento del compenso revisionale (cfr. tra le più recenti, Cass., SS.UU. civili, 15 marzo 2011, n. 6016, 17 aprile 2009, n. 9152 e 8 ottobre 2008, 24785;
vedi anche Cons. Stato, Sez. V, 24 gennaio 2013, n. 465 e 1 ottobre 2010, n. 7254).

3.2) La sentenza del T.A.R. per il Lazio si fonda sul richiamo e sulla ritenuta applicazione, in via di analogia legis , dell'art. 2 comma 1 del d.lgs. C.P.S. 6 dicembre 1947, n. 1501, a tenore del quale:

" Le domande di revisione devono, a pena di decadenza, essere presentate prima della firma del certificato di collaudo dei lavori" (abrogata dall'art. 24 del d.l. 25 giugno 2008, n.112, convertito, con modificazioni, nella legge 6 agosto 2008, n. 133, con decorrenza dal centottantesimo giorno dall'entrata in vigore del decreto legge, unitamente a tutte le disposizioni di cui all'allegato A della medesima).

3.3) O, già sotto un primo piano profilo esegetico è agevole osservare che il suddetto d.lgs.C.P.S. n. 1501/1947 disciplina(va) appunto la "...revisione dei prezzi contrattuali degli appalti di opere pubbliche", come reso manifesto sin dalla sua intitolazione.

Sotto altro aspetto, poi, la correlazione del termine decadenziale alla firma di un atto finale, proprio e tipico dei soli appalti di lavori (il certificato di collaudo), ne circoscrive senza alcuna incertezza la portata applicativa.

Trattandosi, peraltro, di disposizione speciale, che introduce una deroga, collegata all'adempimento di un onere, rispetto alla regola generale costituita dall'applicazione del termine prescrizionale ordinario quinquennale, non può ritenersi consentita alcuna sua applicazione analogica.

In tal senso si è espressa la giurisprudenza di questo Consiglio (cfr. Sez., V, 10 settembre 2012, n. 4783, vedi anche Sez. III, 19 luglio 2011, n. 4362), con orientamento affatto condivisibile.

E' evidente, infatti, che, esclusa l'applicazione della citata disposizione, il diritto al compenso revisionale deve essere riconosciuto salva l'intervenuta prescrizione, che nel caso di specie non è stata opposta dalle Autorità statali intimate, costituitesi con atti di mero stile, non essendo stata contestata nemmeno la misura del medesimo, come indicata dall'interessata in € 167.501,03, oltre interessi di mora e rivalutazione monetaria.

4.) In conclusione, l'appello deve essere accolto e, in riforma della sentenza gravata, deve riconoscersi il diritto dell'interessata al compenso revisionale, con condanna delle Autorità statali appellate al pagamento della complessiva somma di € 167.501,03, oltre interessi di mora e rivalutazione monetaria, nella misura dovuta.

5.) Il regolamento delle spese del doppio grado di giudizio, liquidate come da dispositivo, segue la soccombenza.

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