Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2023-04-20, n. 202304009

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2023-04-20, n. 202304009
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202304009
Data del deposito : 20 aprile 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 20/04/2023

N. 04009/2023REG.PROV.COLL.

N. 00404/2011 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 404 del 2011, proposto da F L e F L, rappresentati e difesi dall'avvocato G F, con domicilio eletto presso lo studio Ubicato in Roma, alla via G. Calderini n. 68;

contro

Comune di Villaricca, in persona della Commissione Straordinaria pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati G P, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, corso del Rinascimento 11, ed E F, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per l'ottemperanza della sentenza del Consiglio di Stato, resa tra le parti, - sez. IV n. 4010/2009.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Comune di Villaricca e di Comune di Villaricca;

Visto l'art. 114 cod. proc. amm.;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 23 febbraio 2023 il Cons. Luigi Furno e uditi per le parti gli avvocati G F e G P, come da verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

Il sig. F Livio, nella qualità di comproprietario del fondo ubicato nel Comune di Villaricca, alla via Marchesella, censito nel catasto al foglio 2, particella 1231, impugnava innanzi al Tar per la Campania gli atti inerenti alla procedura espropriativa che aveva interessato il predetto fondo per la esecuzione dei lavori di completamento ed adeguamento della Scuola Elementare “Marchesella”, il cui progetto era stato approvato con delibera della Giunta Comunale n.124 del 1993 e riapprovato, a distanza di nove anni, con delibera n.1 del 2002.

L’adito Tribunale con sentenza n.7988/2003 rigettava il ricorso ritenendolo infondato.

Contro tale decisione F proponeva appello al Consiglio di Stato, il quale, con la sentenza n.4010/2009, accoglieva il ricorso.

Il Consiglio di Stato, in particolare, rilevata l’avvenuta scadenza del termine di completamento dei lavori e delle procedure espropriative fissato dall’art.13 della legge n.2359 del 1865, statuiva:

a) la illegittimità diretta della deliberazione consiliare n.34 dell’11 luglio 2001 (recante l’approvazione del progetto esecutivo dei lavori nonché la dichiarazione di urgenza e indifferibilità dell’opera ex lege n.1/78) e delle deliberazioni della Giunta Comunale nn.1 e 145 del 2002 (aventi ad oggetto rispettivamente l’approvazione dei progetti definitivo ed esecutivo e la rettifica dei termini di esecuzione delle opere);

b) la illegittimità derivata degli atti susseguenti al procedimento di approvazione del progetto dell’opera pubblica di che trattasi e dei lavori di esecuzione.

Il sig. F inoltrava detta sentenza, ai fini dell’esecuzione, al Comune di Villaricca cui notificava altresì formale atto di diffida e messa in mora ex art.90 R.D. n. 642/907. Perdurando l’inerzia dell’amministrazione, F L e F L, successori di F Livio, proponevano ricorso per ottenere l’ottemperanza alla decisione n.4010/2009 affinché, fosse, in particolare, ordinato al Comune di Villaricca di provvedere alla retrocessione del fondo di loro proprietà, previa riduzione in pristino dello stato dei luoghi.

I ricorrenti chiedevano, inoltre:

- che gli venisse accordato un idoneo risarcimento per i danni patiti a causa del ritardo nell’esecuzione della decisione, ravvisabili, in particolare, nel mancato godimento del bene in ragione dell’illegittima occupazione;

- che venisse nominato un Commissario ad acta affinché provvedesse, in via sostitutiva, nell’ ipotesi di ulteriore inerzia del Comune, ad adottare le determinazioni dirette ad eseguire puntualmente il decisum del giudice.

Con sentenza n. 1511 del 2012 questa Sezione, in accoglimento del ricorso per l’ottemperanza, ordinava al Comune di Villaricca di corrispondere al proprietario dei terreni illegittimamente occupati l’indennità di occupazione a partire dal 9 dicembre 2010 e fino al momento in cui sarebbe avvenuta la cessione delle aree al comune con uno strumento idoneo a produrre l’effetto del trasferimento del bene immobile. In alternativa, il comune avrebbe dovuto restituire il terreno previa remissione in pristino.

Non essendo intervenuto alcun adempimento rispetto alle statuizioni della sentenza n. 1511 del 2012, gli odierni ricorrenti, in data 2 marzo 2022, depositavano un’istanza per la nomina di un commissario ad acta .

Il Comune di Villaricca, con memoria rappresentava di trovarsi in amministrazione straordinaria per essere stato sciolto il Consiglio comunale con d.P.R. 8 giugno 2021.

In merito alle richieste delle controparti, faceva presente che l’area era stata irreversibilmente trasformata, essendo stata realizzata l’opera pubblica, e che, pertanto, appariva necessario avviare il procedimento finalizzato all’adozione del provvedimento di cui all’art. 42 bis del d.P.R. 327 del 2001.

Faceva, altresì, presente che, prima dello scioglimento, il Consiglio comunale, con delibera n. 19 del 18 maggio 2018, aveva dichiarato il dissesto finanziario del Comune e con successivo decreto era stata nominata la Commissione Straordinaria di Liquidazione, la quale avrebbe dovuto occuparsi di tutte le obbligazioni che costituissero la conseguenza diretta ed immediata di “atti e fatti di gestione” pregressi rispetto alla dichiarazione di dissesto anche se sorte in seguito a detta dichiarazione. Concludeva, proponendo di nominare come commissario ad acta uno dei membri dell’Organismo Straordinario di Liquidazione.

Questa Sezione, quindi, con la sentenza n. 7169 del 17.08.2022 stabiliva:

- di non poter nominare come ausiliario del giudice un appartenente ad un organo straordinario di gestione di una delle parti in causa;

- indicava la necessità di nominare quale commissario ad acta un funzionario pubblico neutrale, che individuava nel Prefetto di Napoli o in un funzionario da questi delegato,

- che il commissario ad acta nominato si sarebbe dovuto interfacciare con l’Organismo Straordinario di Liquidazione;

- che l’Organismo Straordinario di Liquidazione avrebbe conservato fino al completamento dell’intervento del commissario ad acta tutti i poteri amministrativi finalizzati ad adottare un provvedimento ex art. 42 bis d.P.R. 327 del 2001.

In data 7.10.2022, la Commissione Straordinaria di Liquidazione del Comune di Villaricca con le Delibere nn. 73 e 75 del 9.11.2022 disponeva l’acquisizione ex art. 42 bis, D.P.R. n. 327/2001, delle aree di proprietà degli odierni ricorrenti.

Contro queste determinazioni F L e F L hanno depositato, in data 14.11.2022, un atto denominato “incidente di esecuzione” con il quale hanno lamentato:

- la nullità delle Delibere nn. 73 del 7.10.2022 e 75 del 9.11.2022 con le quali è stata disposta l’acquisizione ex art. 42 bis del D.P.R. n. 327/2001 delle aree di loro proprietà da parte della Commissione Straordinaria di Liquidazione del Comune di Villaricca, in quanto affette da “ non conformità, alla normativa applicabile ed alle pronunce giurisdizionali di cui si chiede l’ottemperanza, degli atti e dei criteri coi quali sono stati effettuati i calcoli di acquisizione ”;

- la violazione del giudicato recato dalla sentenza n. 1511 del 2012, la quale aveva stabilito che il risarcimento del danno avrebbe dovuto calcolarsi nella misura del 5% del valore venale del suolo al momento della cessione dello stesso al Comune;

- la mancata comunicazione di avvio del procedimento finalizzato all’adozione del provvedimento ex art. 42 bis, D.P.R. n. 327/2001.

In data 20.12.2022 si è costituito nel presente giudizio il Comune di Villaricca, chiedendo di dichiarare il presente ricorso inammissibile e, in ogni caso, infondato.

In vista della Camera di consiglio del 23 febbraio 2023, le parti hanno depositato memorie e repliche con le quali hanno ribadito e ulteriormente argomentato le ragioni poste a sostegno delle rispettive posizioni.

La causa è stata trattenuta in decisione in data 23 febbraio 2023.

All’udienza odierna, il Presidente ha avvisato le parti, ai sensi dell’art. 73, co. 3 c.p.a.. dandone atto a verbale, della possibilità che il ricorso fosse dichiarato inammissibile per difetto di specificità dei motivi di ricorso.

L’incidente di esecuzione è inammissibile a causa del fatto che nel ricorso non si distingue chiaramente la parte in fatto da quella in diritto e conseguentemente non si individuano esattamente le specifiche censure proposte.

In ordine alla natura, al fondamento ed alla consistenza dei doveri di chiarezza e specificità (degli scritti delle parti e in particolare degli atti di impugnazione), ed alle conseguenze discendenti dalla loro violazione, la Sezione non intende discostarsi dai principi elaborati dalla giurisprudenza civile ed amministrativa (da ultimo esaustivamente, anche per i richiami ivi contenuti, cfr. Cons. Stato, sez. IV, n. 4413/2018;
sez. IV n. 247/2019), secondo i quali:

a) gli artt. 3, 40 e 101 c.p.a. intendono definire gli elementi essenziali del ricorso, con riferimento alla causa petendi (i motivi di gravame) ed al petitum, cioè la concreta e specifica decisione richiesta al giudice;
con particolare riguardo alla stesura dei motivi, lo scopo delle disposizioni è quello di incentivare la redazione di ricorsi dal contenuto chiaro e di porre argine ad una prassi in cui i ricorsi, oltre ad essere poco sintetici non contengono una esatta suddivisione tra fatto e motivi, con il conseguente rischio che trovino ingresso i c.d. “motivi intrusi”, ossia i motivi inseriti nelle parti del ricorso dedicate al fatto, che, a loro volta, ingenerano il rischio della pronuncia di sentenze che non esaminano tutti i motivi per la difficoltà di individuarli in modo chiaro e univoco e, di conseguenza, incorrano nel rischio di revocazione;

b) la chiarezza e specificità degli scritti difensivi (ed in particolare dei motivi) si riferiscono all’ordine delle questioni, al linguaggio da usare, alla correlazione logica con l’atto impugnato (sentenza o provvedimento che sia), alle difese delle controparti;
ne consegue che è onere della parte ricorrente operare una sintesi del fatto sostanziale e processuale, funzionale alla piena comprensione e valutazione delle censure, così evitando la prolissità e la contraddittoria commistione fra argomenti, domande, eccezioni e richieste istruttorie;

c) l’inammissibilità dei motivi di appello non consegue solo al difetto di specificità di cui all’art. 101, co. 1, c.p.a., ma anche alla loro mancata “distinta” indicazione in apposita parte del ricorso a loro dedicata, come imposto dall’art. 40 c.p.a. applicabile a giudizi di impugnazione in forza del rinvio interno operato dall’art. 38 c.p.a.;

d) gli oneri di specificità e chiarezza incombenti sulla parte ricorrente (e sul suo difensore, che tecnicamente la assiste in giudizio) trovano il loro fondamento:

I) nell’art. 24 Cost., posto che solo una esposizione chiara dei morivi di ricorso o, comunque, delle ragioni che sorreggono la domanda consente l’esplicazione del diritto di difesa delle altre parti evocate in giudizio;

II) nella loro strumentalità alla attuazione del principio di ragionevole durata del processo, ex art. 111, comma secondo, Cost., poiché un giudizio impostato in modo chiaro e sintetico, quanto alla causa petendi ed al petitum, rende più immediata ed agevole la decisione del giudice, evita l’attardarsi delle parti su argomentazioni ed eccezioni proposte a mero scopo tuzioristico, rende meno probabile il ricorso ai mezzi di impugnazione e, tra questi, in particolare al ricorso per revocazione, a maggior ragione se proposto con finalità meramente dilatorie del passaggio in giudicato della decisione;

III) nella necessità della difesa “tecnica”, il che contribuisce a rendere evidente la natura della professione legale quale “professione protetta”, ai sensi dell’art. 33, quinto comma, Cost. e degli artt. 2229 e seguenti del codice civile (cfr. Corte cost., 17 marzo 2010 n. 106);

IV) nella necessità di consentire alla controparte e al giudice di individuare chiaramente le censure proposte e conseguentemente consentire alla parte privata di approntare le relative difese nonchè al giudice di delimitare correttamente l’oggetto del giudizio;

e) in definitiva, lungi dal porsi come un “ostacolo” alla esplicazione del diritto alla tutela giurisdizionale, i principi di specificità chiarezza e sinteticità sono funzionali alla più piena e complessiva realizzazione del diritto di difesa in giudizio di tutte le parti del processo, in attuazione degli artt. 24 e 111 Cost., e sostengono, una volta di più, le ragioni della necessità di difesa tecnica e, dunque, della natura “protetta” della professione intellettuale legale.

Nel caso di specie, la Sezione rileva che i singoli motivi non sono articolati distintamente, ma esposti confusamente con commistione di considerazioni in fatto, con il conseguente rischio di dare ingresso ai c.d. ‘motivi intrusi’, ossia a motivi inseriti nelle parti del ricorso dedicate al fatto che, a loro volta, ingenerano il rischio della pronuncia di sentenze che non esaminino tutti i motivi per la difficoltà di individuarli in modo chiaro e univoco e, di conseguenza, incorrano in un vizio revocatorio (v. sul punto, ex plurimis, Cons. Stato, Sez. VI, 4 gennaio 2016, n. 8).

Il ricorso è peraltro affetto da un’ulteriore causa di inammissibilità, in ragione del fatto che con esso è stato impugnato il provvedimento ex art. 42 bis d.P.R. 327 del 2001, della cui legittimità l’odierno ricorrente avrebbe, semmai, dovuto dolersi per il tramite di un’azione di annullamento proposta in sede di cognizione ordinaria.

Come chiarito dall’ Adunanza Plenaria di questo Consiglio di Stato, con la decisione n. 8 del 2022, la nomina del Commissario ad acta non determina di per sé l’esaurimento della competenza della p.a. sostituita a provvedere all’ottemperanza al giudicato, in quanto il venir meno dell’inerzia della p.a. stessa, pur dopo la scadenza del termine assegnatole, rende priva di causa la nomina e la funzione del Commissario, secondo i principi di economicità e buon andamento dell’azione amministrativa, non smentiti dalla legge o dalla pronuncia del giudice dell’ottemperanza ed essendo indifferente per il privato che il giudicato sia eseguito dall’Amministrazione, piuttosto che dal Commissario, perché l’attività di entrambi resta comunque egualmente soggetta al controllo del giudice.

Come, peraltro, ulteriormente osservato dall’Adunanza Plenaria, nella sentenza menzionata, la duplice possibilità di ottenere l’ottemperanza alla decisione sia da parte dell’amministrazione, sia da parte del commissario ad acta, rafforza la posizione della parte già vittoriosa in sede di cognizione.

Ne consegue, in tale prospettiva, che la concorrenza della competenza del commissario ad acta e dell’amministrazione ha termine allorché uno dei due soggetti dà attuazione alla decisione del giudice.

D’altra parte, come osserva la Plenaria, non vi è alcun dato normativo che consenta di affermare con certezza la perdita del potere dell’amministrazione di provvedere per effetto della nomina o dell’insediamento del commissario ad acta.

Inoltre, laddove non si ammettesse il potere dell’amministrazione di dare attuazione alla decisione del giudice, la stessa rimarrebbe senza rimedio esposta, oltre che ai costi derivanti dall’intervento dell’ausiliario, anche alla “azione di risarcimento dei danni connessi all'impossibilità o comunque alla mancata esecuzione in forma specifica, totale o parziale, del giudicato. . .”, di cui all’art. 112, co. 3, c.p.a..

Da quanto innanzi, sinteticamente, riassunto, la citata Adunanza Plenaria ricava i seguenti principi di diritto, rilevanti nel caso di specie:

a) gli atti emanati dall’amministrazione, pur in presenza della nomina e dell’insediamento del commissario ad acta, non possono essere considerati affetti da nullità, poiché essi sono adottati da un soggetto nella pienezza dei propri poteri, a nulla rilevando a tal fine la nomina o l’insediamento del commissario medesimo. Tali atti potranno essere, ricorrendone le condizioni, dichiarati nulli dal giudice per la diversa ipotesi di violazione o elusione del giudicato (art. 21-septies, l. n. 241/1990), ovvero annullati perché ritenuti illegittimi all’esito di domanda di annullamento in un ordinario giudizio di cognizione, ma non possono in ogni caso essere considerati emanati in difetto assoluto di attribuzione e, per questa ragione, ritenuti affetti da nullità;

b) il commissario ad acta nominato dal giudice potrà esercitare il proprio potere fintanto che l’amministrazione non abbia eventualmente provveduto. Qualora persista il dubbio del commissario in ordine all’esaurimento del proprio potere per intervenuta attuazione della decisione (poiché, ad esempio, questa è reputata dal commissario parziale o incompleta), lo stesso potrà rivolgersi al giudice che lo ha nominato, ai sensi dell’art. 114, co. 7 c.p.a..

Applicando tali coordinate al caso qui in esame, la Sezione osserva che la sentenza n. 7169/2022 ha stabilito che l’Organismo Straordinario di Liquidazione conservasse fino al completamento dell’intervento del commissario ad acta “tutti i poteri amministrativi per eventualmente adottare un provvedimento ex art. 42 bis d.P.R. 327 del 2001”.

La riconosciuta permanenza, in capo all’Organismo Straordinario di Liquidazione, dello potere di emanare il provvedimento ex art. 42 bis, d.P.R. 327 del 2001, esclude in radice la possibilità che il suo concreto esercizio possa integrare, così come assumono gli odierni ricorrenti, il vizio di violazione o elusione del giudicato (art. 21-septies, l. n. 241/1990).

Nel caso di adozione del provvedimento ex art. 42-bis, D.P.R. 327 del 2001 da parte dell’Amministrazione, in esecuzione di un giudicato che lascia aperte, come nella specie, una serie di alternative per fare cessare l’illecito (42 bis d.P.R. 327 del 2001, transazione, restituzione. Cfr. Cons. Stato, sez. IV, n. 5703 del 2019), la contestazione del provvedimento, che rappresenta esercizio dei tratti liberi della funzione pubblica, segue le regole ordinarie ovvero:

-il giudizio deve essere proposto davanti al G.A. di primo grado per i vizi della funzione pubblica;

-il giudizio deve essere proposto davanti al G.O. per le contestazioni indennitarie (Cass. civ., sez. un., n. 2583 del 2018;
sez. un., n. 15283 del 2016;
Cons. Stato, sez. IV, n. 4125 del 2018;
sez. IV, n. 3105 del 2018);

Né miglior sorte può avere il motivo con il quale gli odierni ricorrenti lamentano la violazione del giudicato scaturente dalla sentenza n. 1511/2012 di questa Sezione, la quale aveva stabilito che il risarcimento del danno avrebbe dovuto calcolarsi nella misura del 5% del valore venale del suolo al momento della cessione dello stesso al Comune.

In senso contrario, il Collegio rileva che la statuizione giudiziale n. 1511/2012, congruente con quello che allora appariva il vigente quadro normativo e giurisprudenziale, è stata superata dalla successiva pronuncia n. 7169/2022 con cui questa Sezione ha espressamente stabilito che l’Organismo Straordinario di Liquidazione conservasse fino al completamento dell’intervento del commissario ad acta “tutti i poteri amministrativi per eventualmente adottare un provvedimento ex art. 42 bis d.P.R. 327 del 2001”.

Alla luce delle osservazioni che precedono, reputa la Sezione che il provvedimento ex art. 42 bis d.P.R. 327 del 2001, adottato dall’Organismo Straordinario di Liquidazione, nel pieno esercizio dei suoi poteri, avrebbe dovuto essere impugnato per il tramite di un’azione di cognizione ordinaria.

Una terza ragione di inammissibilità rinviene la propria causa nel difetto di giurisdizione di questo Giudice in relazione al motivo di ricorso con il quale gli odierni ricorrenti assumono l’erroneità del calcolo con il quale è stata determinata l’indennità ex art. 42 bis d.P.R. 327 del 2001.

Secondo il consolidato indirizzo giurisprudenziale delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione e di questo Consiglio di Stato, sussiste infatti la giurisdizione del giudice civile per tutte le controversie riguardanti la determinazione e la corresponsione di quanto è dovuto dall’Autorità che utilizza senza titolo un’area altrui ed emana l’atto di acquisizione, previsto dall’art. 42 bis del Testo unico sugli espropri (Sez. Un., Sez. Un., 21 febbraio 2019, n. 5201;
12 giugno 2018, n. 15343;
Cons. Stato, Sez. IV, 8 febbraio 2021, n. 1169;
Sez. IV, 28 gennaio 2021, n. 845;
Sez. IV, 3 settembre 2019, n. 6074;
Sez. VI, 15 marzo 2012, n. 1438).

Il principio è stato recentemente ribadito dalla Cassazione a Sezioni Unite, 20 luglio 2021, n. 20691, secondo la quale “sono devolute al giudice ordinario e alla corte di appello, in unico grado, secondo una regola generale dell’ordinamento di settore per la determinazione giudiziale delle indennità espropriative, le controversie sulla determinazione e corresponsione dell’indennizzo dovuto per l’acquisizione del bene utilizzato dall’autorità amministrativa per scopi di pubblica utilità ex art. 42 bis del d.P.R. n. 327 del 2001, in considerazione della natura intrinsecamente indennitaria del credito vantato dal proprietario del bene e globalmente inteso dal legislatore, come un «unicum» non scomponibile nelle diverse voci, con l’effetto non consentito di attribuire una diversa e autonoma natura e funzione a ciascuna di esse”.

Con la medesima decisione le Sezioni Unite hanno avuto cura di chiarire che analoga natura indennitaria è riconosciuta anche alla voce relativa al 5% di cui al terzo comma del richiamato 42 bis, oggetto di censura da parte degli odierni ricorrenti.

In particolare, le Sezioni Unite, nella decisione in esame, hanno, sotto quest’ultimo profilo, evidenziato che “ l’attribuzione di una somma forfettariamente determinata a «titolo risarcitorio» (pari all’interesse del cinque per cento annuo sul valore venale del bene, a norma del terzo comma dell’art. 42 bis) vale unicamente a far luce sulla genesi di uno degli elementi (il mancato godimento del bene per essere il cespite occupato «senza titolo» dall’amministrazione) che vengono in considerazione per la determinazione dell’indennizzo in favore del proprietario, il quale non fa valere una duplice legittimazione, cioè di soggetto avente titolo ora a un «indennizzo» (quando agisce per il pregiudizio patrimoniale, e non patrimoniale, conseguente alla perdita della proprietà del bene), ora a un «risarcimento» di un danno scaturito da un comportamento originariamente con tra jus dell’amministrazione;
appartengono invece alla giurisdizione del giudice amministrativo le controversie nelle quali sia dedotta la illegittimità in sé del provvedimento di acquisizione, per insussistenza dei requisiti previsti dalla legge, anche ai fini della valutazione delle attuali ed eccezionali ragioni di interesse pubblico che ne giustificano l’emanazione, in relazione ai contrapposti interessi privati e all’assenza di ragionevoli alternative alla sua adozione.

del bene per essere il cespite occupato senza titolo dall'Amministrazione) che vengono in considerazione per la determinazione dell'indennizzo in favore del proprietario, il quale non fa valere una duplice legittimazione, cioè di soggetto avente titolo ora a un indennizzo (quando agisce per il pregiudizio patrimoniale, e non patrimoniale, conseguente alla perdita della proprietà del bene), ora a un risarcimento di un danno scaturito da un comportamento originariamente contra jus dell'Amministrazione ”.

Né è possibile seguire, per giungere a diverse conclusioni, la prospettazione dei ricorrenti secondo cui i provvedimenti acquisitivi avrebbero eluso “ il disposto di un facere (restituzione del terreno) di cui alla sentenza n. 1511/2012 del Consiglio di Stato, nonché dall’art. 42 bis del D.P.R. n. 327/2001 non applicando(volutamente?) i criteri previsti da quest’ultima norma ”.

In senso opposto, va, ancora una volta, ribadito che la sentenza n. 7169/2022 di questa Sezione ha stabilito che l’Organismo Straordinario di Liquidazione conservasse fino al completamento dell’intervento del commissario ad acta “tutti i poteri amministrativi per eventualmente adottare un provvedimento ex art. 42 bis d.P.R. 327 del 2001”.

Sulla base del complesso delle osservazioni che precedono il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

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