Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2021-06-08, n. 202104375

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2021-06-08, n. 202104375
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202104375
Data del deposito : 8 giugno 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 08/06/2021

N. 04375/2021REG.PROV.COLL.

N. 08410/2013 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 8410 del 2013, proposto da Roberto D'Adamo, rappresentato e difeso dall'avvocato F S D, con domicilio eletto presso lo studio Alfredo Placidi in Roma, via Cosseria n. 2;

contro

Comune di Bari, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato A F, con domicilio eletto presso lo studio Roberto Ciociola in Roma, viale delle Milizie, 2;
V D, A D, Loica Costruzioni S.r.l., non costituiti in giudizio.

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Terza) n. 00408/2013, resa tra le parti, concernente il permesso di costruire n. 130/08 e la successiva variante rilasciata il 19-22/04/2010.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Bari;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 18 maggio 2021, tenutasi ex art. 4 del d.l. n. 84 del 2020 e ex art. 25 del d.l. n. 137 del 2020, il Cons. Carmelina Addesso e uditi per le parti gli avvocati F S D per parte appellante e A F per il Comune di Bari;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1.Con l’appello in epigrafe il signor Roberto D’Adamo ha impugnato la sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, sezione terza, n. 408/2013 del 20 marzo 2013 con cui è stato rigettato il ricorso proposto in primo grado avverso il permesso di costruire n. 130/2008 e la successiva variante rilasciata il 22/4/2010 a favore dei signori Vito e A D.

2. L'odierno appellante è proprietario di una villa bifamiliare sita in Bari, via Giulio Petroni 7, nel cui giardino pertinenziale è allocato un vano della consistenza di 22,50 mq circa, adibito a deposito, oggetto di concessione in sanatoria.

2.1 A confine con la predetta proprietà vi è un'area di proprietà dei signori D, tipizzata dal vigente strumento urbanistico generale come zona di espansione C2.

2.2 A seguito dell’avvio, nella suddetta aerea, di attività di scavo, il signor D’Adamo presentava una istanza di accesso agli atti, all’esito della quale apprendeva che il Comune di Bari aveva rilasciato una variante al permesso di costruire precedentemente approvato.

2.3 L’appellante impugnava il permesso di costruire n. 130/08 e la relativa variante mediante riscorso straordinario al Capo dello Stato con atto notificato il 19-20/7/10. A seguito di opposizione dei controinteressati, il gravame veniva trasposto dinanzi al TAR Puglia, sede di Bari.

2.4 Nel frattempo, con atto notarile del 28.10.2010, i signori D vendevano alla società LOI.CA. Costruzioni S.r.l. una porzione della loro proprietà.

3. Il TAR adito, con sentenza n. 408/2013, rigettava il ricorso, compensando integralmente le spese tra le parti.

3.1 In particolare, il TAR rilevava:

- l’irricevibilità del ricorso. I controinteressati avevano dato inizio ai lavori di demolizione e di scavo in data 29.9.2009, avviando successivamente l'attività di edificazione fuori terra, giusta comunicazione dell'8.2.2010, conseguentemente il ricorso straordinario, notificato solo in data 19-20 luglio 2010 risultava tardivo;

-l’inammissibilità del ricorso per difetto di interesse in relazione alla censura della mancata approvazione di un piano di lottizzazione o piano particolareggiato, in quanto il ricorrente non avrebbe tratto alcuna utilità dall’eventuale destinazione di cubatura, da parte dei controinteressati, all’edilizia residenziale pubblica, mentre l’inclusione nella lottizzazione anche del terreno del ricorrente risulterebbe preclusa dalla circostanza dell’essere detto lotto già edificato, nonché addirittura lesiva in quanto, a sua volta, interessato dalla cessione di cubatura per edilizia residenziale pubblica. Inoltre, l'intera maglia interessata dall'intervento risultava edificata per almeno due terzi della superficie e dotata di tutte le infrastrutture e le opere di urbanizzazione primarie, mentre dall'attività istruttoria espletata dal Comune di Bari risultavano rispettati gli standards con riferimento alla viabilità e al rispetto stradale;

-infondatezza nel merito del motivo inerente alla violazione delle distanze minime rispetto al vano deposito di mq 22,50 insistente sulla proprietà del ricorrente, in quanto il permesso di costruire risultava rilasciato con salvezza dei diritti dei terzi, con la possibilità del ricorrente di adire il Giudice Ordinario per la violazione delle distanze minime, ove in grado di provare la legittimità del vano deposito di che trattasi.

4.Con atto di appello notificato in data 28 ottobre 2013 il signor D’Adamo contesta la legittimità della sentenza di primo grado, chiedendone la riforma per i seguenti motivi:

1) In merito alla irricevibilità del ricorso, l’edificazione fuori terra è iniziata in data 8 febbraio 2010 ed è plausibile ritenere che nei 120 giorni antecedenti al ricorso straordinario del 19/07/2010 (quindi, nel marzo 2010) le opere realizzate non assumessero consistenza tale da integrare la presunzione di conoscenza del titolo edilizio. L’odierno appellante ha potuto prendere visione del progetto solo a seguito di accesso agli atti in data 20/05/2010 (motivo di appello sub II/A);

2) quanto al profilo relativo al difetto di interesse in merito all’assenza di un piano di lottizzazione, la condizione di proprietario di suolo confinante radica un interesse qualificato a che l’edificazione avvenga nel rispetto della normativa. D'altro canto la mancata predisposizione di un piano attuativo, prescritto dalla normativa locale, ha l'effetto di determinare un edificato "disordinato" e privo di un disegno urbanistico coerente. Inoltre, la residua volumetria di cui gode il suolo dell’odierno appellante ben potrebbe essere sfruttata nell’ambito di uno strumento urbanistico attuativo, mentre nella situazione attuale ciò non è possibile perché l’area ricade all’interno della fascia di rispetto stradale. Né rileva che si tratti di maglia urbanizzata ed edificata per due terzi perché il piano attuativo può rivestire anche la più limitata funzione di armonizzare aree già compromesse ed urbanizzate (motivo di appello sub II/B);

3) il giudice ha completamente omesso l’esame del motivo di impugnazione afferente all’allocazione degli standard nelle aree di rispetto stradale, limitandosi a rilevare che “ dall’attività istruttoria espletata dal comune di Bari risultano rispettati gli standard con riferimento alla viabilità ed al rispetto stradale” (motivo di appello sub II/C);

4) del pari, il giudice non si è pronunciato sulla censura rubricata sub 3 dell’originario ricorso, con cui si è lamentato il mancato rispetto di diversi parametri urbanistici ed edilizi, tra cui la volumetria e le superfici a parcheggio (motivo di appello sub II/D);

5) quanto al mancato rispetto delle distanze, si contesta l’assunto per cui la violazione delle distanze non incide sulla legittimità del titolo edilizio, in quanto il soggetto che si ritiene leso dalla costruzione realizzata dal confinante avrà accesso alla doppia tutela e potrà agire sia dinanzi alla giurisdizione amministrativa per l’annullamento della concessione sia avanti al giudice ordinario per la riduzione in pristino o il risarcimento (motivo di appello sub II/E).

5 Si è costituito in giudizio il Comune di Bari chiedendo la declaratoria di inammissibilità o di infondatezza dell’appello.

5.1 I signori D e la società LOI.CA. Costruzioni S.r.l. non si sono costituiti nel giudizio di appello.

6. Le parti costituite hanno scambiato memorie e depositato documenti.

7. All’udienza del 18 maggio 2021, previa discussione orale, la causa è stata trattenuta in decisione

DIRITTO

8. L’appello è infondato.

9. Con il primo motivo (rubricato sub II/A), l’appellante censura la sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto il ricorso irricevibile in quanto proposto oltre il termine decadenziale di 120 giorni decorrenti dalla conoscenza dell’atto impugnato.

9.1 Il motivo è infondato.

9.2 Dagli atti di causa emerge quanto segue:

1) in data 23.09.2008 il comune di Bari rilasciava il permesso di costruire n. 130/08 con cui si autorizzava la realizzazione delle opere nella proprietà dei signori D;

2) a seguito di comunicazione del 29.09.2009, gli appellati iniziavano le attività in relazione alla “ preparazione e recinzione del cantiere, alla demolizione dei corpi di fabbrica esistenti, alla realizzazione dello scavo di fondazione e alle prove geognostiche in sito ”;

3) in data 8.02.2010 gli appellati inviavano al Comune di Bari una seconda comunicazione relativa all’avvio delle opere strutturali del P.d.C. 130/08;

4) in data 23.03.2010 il signor D’Adamo presentava istanza di accesso agli atti, a cui l’amministrazione forniva riscontro con la consegna della documentazione richiesta il 20.05.2010;

5) il 22.04.2010 veniva rilasciato il P.d.C. in variante n. 407/09 che prevedeva “ un diverso assetto architettonico degli immobili e lo spostamento delle superfici a parcheggio e autorimessa nei piani interrati”;

6) in data 19.07.2010 il signor D’Adamo proponeva ricorso straordinario al Capo dello Stato.

9.3 Così ricostruita la cronologia dei fatti, occorre rilevare che l’appellante contesta, in primo luogo, la realizzabilità dell’intervento edificatorio, in quanto, interessando un’area di espansione di tipo C2, avrebbe dovuto essere preceduto dall’approvazione di un piano particolareggiato o di un piano di lottizzazione, ai sensi dell’art 51 delle NTA del PRG di Bari.

La censura investe, pertanto, la possibilità di consentire l’attività edilizia direttamente con permesso di costruire ed in assenza di uno strumento urbanistico attuativo. Il motivo è stato riproposto nell’atto di appello ove, al punto II/B, si afferma la titolarità in capo al ricorrente, in qualità di proprietario di suolo confinante, di un interesse qualificato a che l’edificazione sull’area avvenga nel rispetto della normativa che impone l’adozione del piano attuativo.

9.4 Viene pertanto censurata, in primo luogo, l’ an dell’edificazione in assenza di piano attuativo, in quanto i controinteressati avevano chiesto ed ottenuto un permesso per l’edificazione diretta e non avevano presentato un PUE come prescritto, in zona di espansione di tipo C2, dall’art 51 NTA del PRG di Bari.

9.5 Per giurisprudenza costante, ai fini della decorrenza del termine di impugnazione di un permesso di costruire da parte di terzi, l'effetto lesivo si atteggia diversamente a seconda che si contesti l'illegittimità del titolo per il solo fatto che esso sia stato rilasciato (ad esempio, per contrasto con l'inedificabilità assoluta dell'area) ovvero che si contesti il contenuto specifico del permesso, ad esempio, per eccesso di volumetria o per violazione delle distanze minime tra fabbricati (Cons. Stato Sez. IV, 21-09-2018, n. 5483).

9.6 Nel caso di specie, il ricorrente contesta l’inedificabilità dell’area per l’asserita assenza di un presupposto necessario (lo strumento attuativo), sicché il termine per l’impugnazione non può che decorrere dall’inizio dei lavori. Già successivamente all’inizio dell’attività con l’allestimento del cantiere di cui alla comunicazione del 29.09.2009 il D’Adamo, residente nell’immobile confinante, avrebbe potuto (e dovuto) esperire istanza di accesso agli atti al fine di una tempestiva impugnazione del titolo edilizio.

9.7 Non può essere consentita, mediante il differimento dell’accesso, una dilazione del termine per contestare il permesso di costruire, perché ciò si tradurrebbe in una elusione del termine decadenziale.

9.8 Sul punto la giurisprudenza amministrativa ha enucleato i seguenti principi: “ l’inizio dei lavori segna il dies a quo per la tempestiva proposizione del ricorso laddove si contesti l’an dell’edificazione ;

- dal momento della constatazione della presenza dello scavo, è ben possibile ricorrere enucleando le censure (ivi comprese quelle in ordine all'asserito divieto di nuova edificazione) senza differire il termine di proposizione del ricorso all'avvenuto positivo disbrigo della pratica di accesso agli atti avviata né, a monte, che si possa differire quest'ultima;

- la richiesta di accesso non è idonea ex se a far differire i termini di proposizione del ricorso, perché se, da un lato, deve essere assicurata al vicino la tutela in sede giurisdizionale dei propri interessi nei confronti di un intervento edilizio ritenuto illegittimo, dall'altro lato, deve parimenti essere salvaguardato l'interesse del titolare del permesso di costruire a che l'esercizio di detta tutela venga attivato senza indugio e non irragionevolmente differito nel tempo, determinando una situazione di incertezza delle situazioni giuridiche contraria ai principi ordinamentali ” (Consiglio di Stato sez. IV, 22/11/2019 n. 7966, Consiglio di Stato sez. II, 05/10/2020, n.5864;
Consiglio di Stato, Sez. VI, 18 luglio 2016, n. 3191).

9.9 Ai fini del decorso del termine sopra indicato, risulta, inoltre, irrilevante il rilascio della variante del 19.04.2010, atteso che, a prescindere dal fatto che la medesima era limitata a mere modifiche architettoniche degli immobili e spostamento di superfici a parcheggio ed autorimessa nei piani interrati, l’ an dell’edificazione era già nota con l’avvio dei lavori e l’allestimento del cantiere o, al più tardi, con l’inizio delle opere strutturali in data 8 febbraio 2010.

9.10 L’applicazione dei sopra richiamati principi giurisprudenziali alla fattispecie per cui è causa conduce alla declaratoria di irricevibilità per tardività del ricorso di primo grado ed al conseguente rigetto del motivo di appello rubricato sub II/A.

10. Con il secondo motivo (rubricato sub II/B) l’appellante censura la sentenza impugnata nella parte in cui ha sancito l’inammissibilità del ricorso per difetto di interesse. Deduce il signor D’Adamo di avere un interesse differenziato e qualificato a che l’edificazione avvenga sulla base di un piano urbanistico attuativo, sia in quanto proprietario confinante, sia in quanto l’adozione dello strumento attuativo gli consentirebbe l’utilizzazione edificatoria del terreno di sua proprietà, attualmente destinato a zona di rispetto stradale.

10.1 Il motivo è infondato.

10.2 Il ricorrente in primo grado ha censurato la mancata adozione di un piano di lottizzazione o un piano particolareggiato, sostenendo che lo stesso avrebbe, da un lato, imposto ai lottizzanti, la cessione del 40% della volumetria ad essi spettante per l’edilizia residenziale pubblica e, dall’altro lato, consentito di fruire di una ulteriore potenzialità edificatoria sul terreno di sua proprietà.

10.3 Il giudice di primo grado si è pronunciato sui motivi di ricorso sopra richiamati, rilevando che:

a) in via meramente ipotetica, il ricorrente non potrebbe trarre alcuna utilità né dall’eventuale cessione di cubatura all’edilizia residenziale pubblica da parte dei controinteressati né dall’inclusione nella lottizzazione del terreno di sua proprietà, essendo la stessa preclusa dall’essere il lotto già edificato;

b) in concreto, l’area è stata già oggetto di pianificazione urbanistica attuativa, risultando interessata dal piano di zona Carbonara approvato nel 1982, dal quale sono stati stralciati i lotti già edificati quali quelli di proprietà dei signori D e del signor D’Adamo. L’intera maglia, inoltre, è edificata per almeno due terzi della superficie e dotata di tutte le infrastrutture e le opere di urbanizzazione primarie.

10.4 Il ragionamento del giudice appare immune da censure e trova riscontro negli atti del giudizio.

La maglia urbanistica in cui ricade il suolo interessato dall’intervento edilizio in questione, tipizzata “C/2” dal P.R.G. approvato nel 1976, è stata oggetto di “pianificazione esecutiva ” da parte del Comune di Bari con l’approvazione del Piano di Zona denominato “P.E.E.P. di Carbonara Zona C2” (approvato con delibera di Consiglio Comunale del 25/01/1985). Dal suddetto piano vennero esclusi i suoli su cui insistevano fabbricati edificati precedentemente all’entrata in vigore del P.R.G. (compreso quello di proprietà dei signori D), con conseguente “stralcio” degli stessi dal P.E.E.P. Tali suoli restavano “ vincolati con la tipologia per essi prevista dal vigente strumento urbanistico ” (pag. 2 della relazione tecnica allegata al P.E.E.P.). Al momento della presentazione dell’istanza di rilascio del permesso di costruire n. 130/2008, pertanto, il suolo dei controinteressati costituiva un “relitto” della originaria “maglia” di P.R.G., ormai pressoché totalmente urbanizzata ed edificata in esecuzione dell’approvato ed attuato Piano di Zona, non necessitante, per la sua trasformazione edilizia, di un piano esecutivo.

10.5 Proprio in considerazione della completa urbanizzazione dell’area, il coordinamento tecnico interno del comune rilasciava parere favorevole all’intervento in data 21.05.2008.

10.6 A fronte delle circostanze sopra indicate ed emergenti dagli atti di causa, parte appellante si limita ad affermare che lo strumento urbanistico attuativo sarebbe in ogni caso necessario per armonizzare le aree già compromesse ed urbanizzate nonché per l’indubbio vantaggio che ne deriverebbe, in quanto “ la volumetria residua di cui gode il suolo dell’odierno appellante ben potrebbe essere sfruttata nell’ambito di uno strumento urbanistico attuativo ”.

10.7 Si tratta di affermazioni che rimangono su un piano eccessivamente astratto, non essendo supportate da elementi di fatto atti a dimostrare il concreto vantaggio che discenderebbe all’appellante dall’adozione dello strumento attuativo. Per contro, come sopra chiarito, dai documenti versati in atti risulta che sia il suolo di proprietà D’Adamo che il suolo di proprietà D costituivano un “relitto” della originaria “maglia” di P.R.G., ormai pressoché totalmente urbanizzata ed edificata in esecuzione dell’approvato ed attuato Piano di Zona.

10.8 La motivazione posta alla base dell’atto di atto di assenso all’edificazione diretta, pertanto, non è né illogica né irrazionale, risultando immune da profili di illegittimità

10.9 La superfluità della pianificazione di dettaglio consegue alla constatazione dell'oggettiva inutilità della stessa, a motivo della già intervenuta saturazione edilizia e dell'integrale soddisfacimento degli standard urbanistici è un giudizio che “compete all'Amministrazione ed il relativo sindacato giurisdizionale è limitato alla verifica della logicità, della non contraddittorietà, della completezza istruttoria, della rispondenza fattuale alla situazione dei luoghi, ma non può spingersi sino alla sostituzione della valutazione amministrativa, che, in quanto espressione della potestà di governo del territorio, è riservata al Comune ” (Cons. Stato Sez. IV, 06/11/2017, n. 5119).

10.10 Siffatte conclusioni non mutano nemmeno considerando la posizione di proprietario confinante del signor D’Adamo, in quanto tale situazione non è corroborata da nessun elemento atto a dimostrare il pregiudizio diretto alla sfera soggettiva derivante dall’edificazione, come, invece, richiesto dai più recenti arresti giurisprudenziali.

10.11 Il mero criterio della vicinitas di un fondo o di una abitazione all'area oggetto dell'intervento urbanistico-edilizio, infatti, non può ex se radicare la legittimazione al ricorso, dovendo sempre il ricorrente fornire la prova concreta del vulnus specifico inferto dagli atti impugnati alla propria sfera giuridica, quali il deprezzamento del valore del bene o la concreta compromissione del diritto alla salute ed all'ambiente. “ Ciò in quanto il criterio della vicinitas, se è idoneo a definire la sussistenza di una posizione giuridica qualificata e differenziata in astratto configurabile come interesse legittimo, tuttavia non esaurisce le condizioni necessarie cui è subordinata la legittimazione al ricorso, dovendosi da parte di chi ricorre fornire invece la prova del concreto pregiudizio patito e patiendo (sia esso di carattere patrimoniale o di deterioramento delle condizioni di vita o di peggioramento dei caratteri urbanistici che connotano l'area) a cagione dell'intervento edificatorio ”(cfr. Consiglio di Stato sez. IV - 15/12/2017, n. 5908)

10.12 Ai suddetti principi si è conformata la sentenza impugnata, non avendo parte appellante dimostrato il concreto pregiudizio derivante dall’intervento assentito.

10.13 Per le ragioni sopra esposte il motivo rubricato sub II/B è infondato e deve essere respinto.

11. Con il terzo motivo e quarto motivo (rubricati rispettivamente sub II/C e II/D), che possono essere esaminati congiuntamente, l’appellante censura la sentenza impugnata nella parte in cui non ha esaminato i profili di ricorso afferenti al mancato rispetto degli standards relativi alla viabilità ed al rispetto stradale nonché al mancato rispetto di diversi parametri urbanistici ed edilizi, tra cui la volumetria e le superfici a parcheggio.

11.1. Con riferimento al motivo sub II/C, il TAR si è limitato a rilevare che dall’attività istruttoria espletata dal Comune di Bari risultano rispettati gli standards di viabilità e rispetto stradale, mentre nulla ha osservato circa il motivo sub II/D.

11.2 Osserva il Collegio che la motivazione della sentenza afferente alle censure sopra dedotte, obiettivamente sintetica, non riveste rilevanza autonoma ai fini della decisione, avendo il giudice di primo grado sancito l’inammissibilità del ricorso per difetto di interesse.

11.3 Sul punto, è sufficiente osservare che il mancato esame dei due motivi trova giustificazione e fondamento nella dichiarazione di irricevibilità ed inammissibilità del ricorso di primo grado, entrambe preclusive dell’esame nel merito.

Non sussiste, pertanto, alcun vizio di omessa pronuncia, in quanto il TAR, una volta rilevato il difetto dei presupposti processuali e delle condizioni dell’azione, correttamente non ha approfondito i profili di merito ai sensi del combinato disposto degli artt. 76 comma 4 c.p.a. e 276 comma 2 c.p.c (Adunanza Plenaria 5/2015).

11.4 Ciò a prescindere dalla circostanza che il comune di Bari (memoria del 23 marzo 2013), con deduzione non smentita da controparte, ha riferito che la superficie ceduta a standards al di là di quella destinata al rispetto stradale è, in ogni caso, superiore a quanto disposto dal PRG.

12. Con il quinto motivo (rubricato sub II/E), l’appellante censura il capo della sentenza che ha ritenuto infondato il motivo di ricorso afferente alla violazione delle distanze legali.

12.1 Il ricorrente, in particolare, osserva, che contrariamente a quanto statuito dal TAR, la violazione delle distanze legali può essere scrutinata anche dal giudice amministrativo, oltre che dal giudice ordinario, in quanto, essendo poste a tutela del corretto assetto urbanistico, la loro violazione inficia la legittimità del titolo edilizio.

12.2 L’assunto dell’appellante è corretto laddove afferma la sussistenza della giurisdizione amministrativa in merito all’illegittimità del permesso di costruire per violazione delle distanze legali, ma non tiene in considerazione quanto rilevato dal giudice di primo grado in relazione al difetto di prova e di allegazione.

12.3 Il TAR, infatti, non ha declinato la giurisdizione sul motivo in esame, ma lo ha dichiarato ricevibile, in quanto non è certo che dall’avvio dell’attività edificatoria il ricorrente possa aver potuto inferire la violazione delle distanze minime, rigettandolo, tuttavia, nel merito anche per difetto di prova e di allegazione.

12.4 Dagli atti di causa, infatti, emerge che l’art 51 NTA del PRG del Comune di Bari (a seguito di modifica introdotta con delibera di Consiglio Comunale n. 181/2000) consente la costruzione sul confine in aderenza alla parte cieca di fabbricato esistente. Con la variante permesso di costruire n. 407/09 è stata prevista la realizzazione di un blocco di villette a schiera con un porticato che è in aderenza alla proprietà dell’appellante (comprensivo del muro posto sul confine a cui è aderente il manufatto del signor D’Adamo). L’intercapedine a cui si riferisce l’appellante, invece, è determinata dalla ringhiera sovrastante il muro di confine.

12.5 Alla luce di quanto emerso dalla documentazione in atti, pertanto, il giudice correttamente ha escluso ogni profilo di illegittimità del permesso di costruire per violazione delle distanze.

12.6 Per le ragioni sopra esposte, anche il motivo rubricato sub II/E deve essere rigettato.

13. Conclusivamente l’appello è infondato e deve essere rigettato.

14. Sussistono giustificati motivi, tante la peculiarità della controversia discendente dalla particolare conformazione dello stato dei luoghi, per compensare le spese di giudizio tra le parti costituite.

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