Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2017-12-15, n. 201705908

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2017-12-15, n. 201705908
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201705908
Data del deposito : 15 dicembre 2017
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 15/12/2017

N. 05908/2017REG.PROV.COLL.

N. 07531/2013 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 7531 del 2013, proposto dalla Signora A S, rappresentata e difesa dall'avvocato G C S, con domicilio eletto presso lo studio Giovanni C. Sciacca in Roma, via di Porta Pinciana 6 e dal Signor F P, rappresentato e difeso dall'avvocato M F I, con domicilio eletto presso lo studio Mario Sanino in Roma, viale Parioli, 180;

contro

Comune di Barletta, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli avvocati D C M, I P, con domicilio eletto presso lo studio Benito Panariti in Roma, via Celimontana N. 38;

nei confronti di

Società Arpex Accessori di Musti Cataldo s.n.c., rappresentato e difeso dagli avvocati Marco Palieri, Pietro Cavasola, con domicilio eletto presso lo studio Alfredo Placidi in Roma, via Barnaba Tortolini 30;

per la riforma

della sentenza del T.a.r. per la Puglia –Sede di Bari- Sezione III, n. 829 del 24 maggio 2013, resa tra le parti, concernente autorizzazione alla realizzazione di viabilità provvisoria su suoli acquisiti al patrimonio comunale a seguito di atto di cessione.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Barletta e della società Arpex Accessori di Musti Cataldo s.n.c.;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 5 dicembre 2017 il consigliere F T e uditi per le parti gli avvocati Sciacca, Cuocci, Palieri e Conticiani su delega di Ingravalle;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. Con la sentenza in epigrafe impugnata n. 829/2013 il Tribunale amministrativo regionale per la Puglia – Sede di Bari – ha scrutinato, previa loro riunione, due ricorsi recanti rispettivamente r.g.n. 1787 del 2010 e r.g.n. 1788 del 2010 (il primo dei quali corredato da quattro ricorsi per motivi aggiunti ed il secondo corredato da due ricorsi per motivi aggiunti) proposti dalla parte odierna appellante A S e F P con i quali, sostanzialmente, era stata contestata l’iniziativa edificatoria assunta dalla società odierna appellata Arpex Accessori di Musti Cataldo s.n.c. (autorizzazione rilasciata alla ditta Arpex con nota prot. n. 35105 del 3 giugno 2010 per la realizzazione di una "viabilità provvisoria a propria cura e spese su una parte dei suoli acquisiti al patrimonio comunale con deliberazione di consiglio comunale n. 30 del 4.8.2009")e gli atti amministrativi precedenti, concomitanti e successivi emessi dall’amministrazione comunale di Barletta.

2. L’odierna parte appellante aveva prospettato plurime censure di violazione di legge ed eccesso di potere.

3. Il Comune di Barletta e la controinteressata società Arpex Accessori di Musti Cataldo s.n.c si erano costituiti chiedendo la reiezione del ricorso in quanto infondato;
la predetta controinteressata società aveva anche spiegato (nell’ambito del ricorso n.r.g. 1787 del 2010) ricorso incidentale volto ad ottenere l’annullamento della delibera n. 51 del 22.12.2011 del Consiglio del Comune di Barletta, avente ad oggetto: “Urbanizzazioni primarie della zona merceologica artigianale di via Foggia. Provvedimenti”, e degli atti e provvedimenti ad essa connessi, con particolare riferimento alla relazione datata 12.12.2011 a firma dell’ing. E B, dirigente del Settore piani e programmi urbani del Comune di Barletta, e, ove occorra, all’art. 1.01, comma 3, delle N.T.A. del P.R.G., già gravata in via principale dai sig.ri S Annina e Parente con ricorso per motivi aggiunti notificato alla ARPEX in data 22.3.2012.

4. Il T.a.r. con la sentenza impugnata ha riunito i suindicati ricorsi e li ha dichiarati inammissibili (in accoglimento della eccezione di inammissibilità di entrambi i ricorsi introduttivi per carenza di interesse a ricorrere dei sig.ri S e Parente, sollevata dalla società controinteressata Arpex Accessori di Musti Cataldo s.n.c.) deducendo che:

a) il nucleo centrale della controversia era rappresentato dall’atto di cessione n. 64115, stipulato con atto per notar Di Fazio di Barletta in data 5 marzo 1985, e dalla questione della destinazione del suolo di cui all’atto stesso;

b) risultava dagli atti di causa (specificatamente dall’atto di cessione n. 64115 del 5 marzo 1985, regolarmente trascritto nella Conservatoria dei Registri Immobiliari di Trani in data 7 maggio 1985, e dalla delibera del Consiglio Comunale di Barletta n. 152 del 29 giugno 1987, avente ad oggetto “Accettazione cessione suolo da parte della sig/ra S Annina ved. Parente”) che:

I) la Signora S Annina, vedova Parente (co-ricorrente di primo grado unitamente al proprio figlio, F P cui nel 1995 ha donato il terreno per cui è causa) in qualità di proprietaria di un suolo ubicato nel Comune di Barletta in contrada Torre Tonda o Parrilli della superficie di mq. 17652, aveva presentato un progetto per la recinzione dei predetti suoli e che tale progetto era stato approvato dalla locale Commissione edilizia in data 19 dicembre 1984;

II) nel suddetto atto di cessione era stato specificato che, “per quanto sopra” si rendeva necessario cedere gratuitamente al Comune di Barletta, come in effetti risulta ceduto con tale atto, la minore superficie di mq. 2194, staccata dalla precedente superficie, “per la formazione della Nuova Strada di Piano Regolatore Generale;” e che “il possesso legale e materiale delle zone di suolo sopra cedute passerà al Comune di Barletta al momento in cui il Comune stesso dovrà dare materialmente corso alla realizzazione del manufatto stradale”;

III) alla Signora S Annina, vedova Parente era stata rilasciata la concessione edilizia n. 51/85 del 3 maggio 1985 per la recinzione del predetto suolo;

IV) il rilascio della concessione era “subordinato alla trascrizione nei Pubblici Registri Immobiliari del Vincolo di asservimento dell’intera superficie del predetto suolo alla costruzione a realizzarsi”.

4.1. Muovendo da tali dati, non contestati in punto di fatto, il T.a.r. ha quindi espresso il convincimento per cui:

a) detto atto unilaterale di cessione del 1985 integrava un accordo endoprocedimentale strettamente funzionale e parte integrante del provvedimento amministrativo conclusivo;

b) sussisteva un necessario collegamento fra l’atto unilaterale di cessione delle aree al Comune ed il conseguente procedimento amministrativo per il rilascio della concessione edilizia,

c) tale accordo, divenendo efficace con il rilascio della licenza, restava insensibile all'eventuale mancata utilizzazione dell'area ceduta in conformità degli scopi programmati (ancorché il cedente avesse interesse alla costruzione di quelle opere);

d) la circostanza che, dopo tale rilascio, la prevista opera di urbanizzazione non era stata attuata da parte dell’Amministrazione non poteva essere, per il proprietario dell’area ceduta, fonte di diritti, e non lo abilitava a rimettere in discussione l'intero rapporto ed a sostenere che sarebbe stata priva di causa giuridica l'attuata cessione dell'area.

4.2. Applicando tali principi alla fattispecie per cui è causa, il T.a.r. ne ha fatto discendere i seguenti corollari:

a) in considerazione della circostanza che la Signora S aveva ottenuto in data 3 maggio 1985 la concessione edilizia n. 51/85 per la recinzione del suolo ubicato nel Comune di Barletta in contrada Torre Tonda o Parrilli della superficie di mq. 17652, per la quale aveva ceduto gratuitamente al Comune di Barletta la superficie di mq. 2194, con atto di cessione n. 64115 del 5 marzo 1985, regolarmente trascritto nella Conservatoria dei Registri Immobiliari di Trani in data 7 maggio 1985 e considerato che la cessione della area era correlativa al rilascio della licenza edilizia, la circostanza che, dopo tale rilascio, la Nuova Strada di Piano Regolatore Generale non fosse stata attuata da parte dell’amministrazione comunale, non legittimava gli aventi causa della cedente ed originarii ricorrenti a rimettere in discussione l'intero rapporto, né a proporre gli odierni ricorsi, non avendo più titolo ad interloquire sulla sorte del bene, che risultava definitivamente ceduto;

b) peraltro la Signora S al momento del perfezionarsi della fattispecie complessa dell’atto di cessione gratuita e del procedimento amministrativo di concessione edilizia non aveva manifestato alcun dubbio in ordine a una tale interpretazione della legge e del sistema, tanto che, all'atto di richiedere la licenza edilizia, cedette volontariamente e gratuitamente al Comune una parte della propria area;

c) tale atto di cessione non era stato mai annullato per vizio del consenso;

d) neppure gli eredi della Signora S potevano dolersi della circostanza che, per l’intervento effettuato (recinzione), non occorresse la concessione bensì una semplice autorizzazione, in quanto (in disparte la questione che per alcune tipologie di recinzioni era necessario il permesso di costruire), essa aveva prestato acquiescenza al titolo edilizio rilasciato in suo favore né poteva avere in concreto alcun interesse a che venisse messo in discussione l’atto di cessione in quanto tale circostanza si sarebbe riverberata sul titolo concessorio n. 51/85 di cui essa era in possesso, comportandone la relativa caducazione, attesa la unicità ed inscindibilità del titolo edilizio medesimo.

4.3. Escluso quindi che la legittimazione a ricorrere potesse discendere dalla pregressa qualità di cedente dell’area, il T.a.r. ha esplorato il ricorrere di una legittimazione della parte originaria ricorrente ed odierna appellante principale fondata sulla “ordinaria” vicinitas, escludendone la sussistenza, in quanto:

a) la parte originaria ricorrente non aveva dedotto, né documentato, alcuna specifica lesione o pregiudizio che in via diretta e immediata incidesse sulle facoltà dominicali;

b) l’unico pregiudizio rappresentato era riconducibile unicamente alla proprietà o al possesso di cui all’atto di cessione n. 64115 del 5 marzo 1985;

c) la parte originaria ricorrente aveva proposto in via principale azioni giudiziarie a tutela della proprietà e del possesso della medesima area oggetto del suddetto atto di cessione dinanzi al giudice ordinario.

5. L’ originaria parte ricorrente rimasta soccombente ha impugnato (ricorso in appello depositato il 18.10.2013) la suindicata decisione criticandola sotto numerosi angoli prospettici, chiedendone la riforma e riproponendo integralmente le censure disattese in primo grado.

Più in dettaglio, l’appellante ha rilevato che la sentenza impugnata aveva affermato taluni principi generali astraendosi dal caso concreto e richiamando elementi distonici rispetto alle censure proposte.

6. In data 22.11.2013 il Comune di Barletta ha depositato un controricorso chiedendo la reiezione dell’appello perché infondato.

7. In data 27.11.2013 la controinteressata società Arpex Accessori di Musti Cataldo s.n.c si è costituita depositando atto di stile e chiedendo la reiezione dell’appello perché infondato.

8. In data 27.11.2013 la controinteressata società Arpex Accessori di Musti Cataldo s.n.c ha depositato un articolato appello incidentale riproponendo le censure già incidentalmente proposte in primo grado e dichiarate improcedibili dal T.a.r..

9. In data 19.11.2016 la controinteressata società Arpex Accessori di Musti Cataldo s.n.c ha depositato atto di nomina di nuovo difensore.

10. In data 19.11.2016 la parte appellante principale ha depositato una articolata memoria puntualizzando e ribadendo le proprie doglianze.

11. In data 19.11.2016 la controinteressata società Arpex Accessori di Musti Cataldo s.n.c ha depositato una articolata memoria puntualizzando e ribadendo le proprie tesi.

12. In data 29.11. 2016 il Comune di Barletta ha depositato una articolata memoria di replica puntualizzando e ribadendo le proprie tesi.

13. In data 29.11. 2016 la parte appellante principale ha depositato una articolata memoria puntualizzando e ribadendo le proprie doglianze.

14. In data 29.11. 2016 la controinteressata società Arpex Accessori di Musti Cataldo s.n.c ha depositato una articolata memoria puntualizzando e ribadendo le proprie doglianze.

15.In data 17.12.2016 la odierna parte appellante ha depositato una nota nell’ambito della quale ha fatto presente che la co-ricorrente signora S era deceduta in data 4 dicembre 2016 ed ha conseguentemente chiesto che il processo venga interrotto.

16. Alla pubblica udienza del 20 dicembre 2016 la causa è stata trattenuta in decisione e la Sezione ha emesso l’ordinanza collegiale n. 47 dell’ 11.1.2017, mercè la quale ha dato atto dell'interruzione del processo, ai sensi dell'art. 79, comma 2, cod. proc. amm., a far tempo dal 17.12.2016 a cagione della circostanza che la originaria co-ricorrente signora S era deceduta in data 4 dicembre 2016 ed ha al contempo precisato che non poteva essere accolta la richiesta, formulata dalla difesa della società appellata ed osteggiata da controparte, di differenziare la posizione dell’altro co-appellante (onde consentire la prosecuzione della causa nei suoi soli confronti dal momento che non ha subito alcun evento interruttivo), ostandovi ragioni di economia processuale che depongono nel senso di assicurare l’unitarietà del giudizio.

17. In data 16.3.2017 il Signor Parente ha depositato atto di riassunzione del processo esi è costituito con un nuovo difensore.

18. In data 13.4.2017 il comune di Barletta ha depositato un controricorso ribadendo le proprie difese.

19. In data 4.10.2017 e 24.10.2017 la società Arpex ha depositato documentazione relativa ai fatti di causa.

20.In data 2.11.2017 il comune di Barletta ha depositato una memoria puntualizzando e ribadendo le proprie difese.

21. In data 2.11.2017 il Signor Parente F ha depositato una breve memoria richiamando le pregresse difese.

22. In data 2.11.2017 il comune di Barletta ha depositato una memoria puntualizzando e ribadendo le proprie difese, e deducendo che:

a) i procedimenti civili pendenti erano stati interrotti, non erano stati tempestivamente riassunti, e pertanto erano ormai estinti;

b) essi erano strumentali alla dimostrazione del permanente dominio della parte appellante sul fondo, ma una volta estinti non era contestabile l’atto di cessione n. 64115 del 5.3.1985;

c) le stesse considerazioni involgevano la tutela del possesso, stante la ordinanza collegiale del Tribunale di Trani n. 1958/2011, le cui resultanze erano ormai immodificabili, stante l’estinzione del processo di merito;

d) l’appello era quindi ab origine inammissibile od infondato, e comunque, a tutto concedere doveva essere dichiarato tale per sopravvenuto difetto di legittimazione a ricorrere;

e) in ogni caso, l’atto di cessione n. 64115 del 5.3.1985 era perfettamente valido ed efficace, come desumibile dalla decisione dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 24 del 7.12.2016

23. In data 3.11.2017 la società Arpex ha depositato una memoria puntualizzando e ribadendo le proprie difese, ed ha fatto presente che l’appello era improcedibile, in quanto le deliberazioni del comune di Barletta (CC n. 32/2015) e della Giuta regionale (GR 263/2016) di rettifica delle tavole di PRG erano state sì impugnate (ricc. 912/2015 e 646/2016) ma l’appellante aveva rinunciato alla sospensiva: le medesime erano quindi valide, efficaci, ed esecutive;

in ogni caso giammai l’appellante avrebbe potuto ottenere la restituzione del fondo, in quanto per due terzi la strada era stata realizzata.

24. Alla odierna pubblica udienza del 5 dicembre 2017 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. L’appello principale è infondato e va respinto, nei sensi di cui alla motivazione che segue. L’appello incidentale è conseguentemente improcedibile, e la sentenza impugnata merita pertanto integrale conferma.

1.1. Preliminarmente il Collegio evidenzia che a mente del combinato disposto degli artt. artt. 91, 92 e 101, co. 1, c.p.a., farà esclusivo riferimento ai mezzi di gravame posti a sostegno del ricorso in appello, e del ricorso incidentale senza tenere conto di ulteriori censure sviluppate nelle memorie difensive successivamente depositate, in quanto intempestive, violative del principio di tassatività dei mezzi di impugnazione e della natura puramente illustrativa delle comparse conclusionali (cfr. ex plurimis Cons. Stato Sez. V, n. 5865 del 2015);
neppure verranno prese in considerazioni circostanze successive alla proposizione dell’appello (quali quelle prospettate nelle memorie in ultimo depositate dalle parti appellate) in quanto sussistono ragioni assorbenti che militano per la reiezione dell’appello.

1.2. Seguendo la tassonomia propria delle questioni (secondo le coordinate ermeneutiche dettate dall’Adunanza plenaria n. 5 del 2015), in ordine logico è prioritaria la disamina del capo di sentenza che ha dichiarato inammissibili per carenza di interesse i ricorsi di primo grado: soltanto laddove detta statuizione venga rimossa sarebbe possibile scrutinare le censure di merito che attingono gli atti impugnati in primo grado (e del pari logicamente successiva sarebbe la disamina della sopravvenuta causa di improcedibilità dedotta dalla parte appellata, a cagione della asserita avvenuta estinzione dei giudizi civili pendenti).

1.2.1. Anticipa il Collegio il proprio convincimento secondo cui l’appello è, in parte qua , certamente infondato, e che pertanto la sentenza debba essere confermata, e debba essere ribadita la originaria inammissibilità dei ricorsi di primo in quanto:

a) la sentenza del T.a.r. ha svolto una accurata disamina nell’ambito della quale ha esplorato tutti i possibili profili in forza dei quali sarebbe stato in via teorica possibile riconoscere la legittimazione ad agire e l’interesse a ricorrere in capo all’odierna parte appellante principale, ed in particolare:

I) ha esaminato le vicissitudini di una porzione del compendio immobiliare originariamente di pertinenza della odierna parte appellante, ritenendo, all’evidenza, tale profilo di nodale importanza al fine di accertare il soggetto cui apparteneva, allo stato, la titolarità dell’area;

II) ha poi tenuto conto della circostanza che, comunque, quanto ad una porzione dell’originario compendio immobiliare posseduto dalla odierna parte appellante, non v’era alcun dubbio che essa appartenesse ancora alla medesima, e che questa quindi rivestisse la qualità di confinante rispetto all’area ove avrebbe dovuto avere luogo l’avversato intervento edificatorio;

III) ha escluso, anche sotto tale angolo prospettico in ultimo enunciato, la legittimazione ed interesse a ricorrere di parte appellante principale.

1.2.2. Le conclusioni cui è pervenuto il T.a.r. sono assolutamente condivisibili –ad avviso del Collegio- per le ragioni che si illustrano di seguito:

a) la circostanza che la parte originaria ricorrente abbia dato prova di essere proprietaria di una porzione di terreno confinante con quello dei controinteressati e con l’area ove dovrebbe essere eseguito il contestato intervento edificatorio non è dirimente al fine di affermare la legittimazione ed interesse a ricorrere della odierna parte appellante principale, sia per ragioni di natura sostanziale, che per motivi di carattere squisitamente processuale in quanto:

I) sotto il profilo processuale è sufficiente compulsare il ricorso introduttivo del giudizio di primo grado per rendersi persuasi della circostanza che l’intero impianto ricorsuale si è fondato sulla affermata circostanza della permanente titolarità della striscia dell’area in passato “ceduta” al Comune in capo alla parte originaria ricorrente;

II) ciò è evincibile con chiarezza, tenuto conto della circostanza che soltanto incidentalmente, ed in sede di illustrazione dell’assetto catastale e proprietario dei luoghi nel ricorso introduttivo del giudizio di primo grado si è fatto riferimento alla circostanza che una parte del compendio immobiliare in parola è rimasto nella titolarità della parte odierna appellante;

III) ma soprattutto, ciò si ricava con evidenza tenuto conto della circostanza che giammai la odierna parte appellante ha fondato la propria legittimazione ad agire su tale elemento e che, ancor di più, giammai essa ha speso anche una sola parola per asserire o dimostrare che il proprio fondo avrebbe ricevuto danno o nocumento alcuno dal contestato intervento;

b) correttamente, pertanto, il T.a.r. ha escluso che tale semplice circostanza radicasse l’interesse a ricorrere in capo alla odierna appellante;

c) in disparte tale rilievo processuale, il T.a.r. ha esplorato la sfaccettatura sostanziale dell’argomento predetto, dando per incontestata (come in effetti è) la sussistenza di un rapporto di contiguità spaziale tra la porzione di fondo che ancora certamente appartiene alla odierna parte appellante principale, e quella ove dovrebbero effettuarsi gli avversati interventi edificatori;

d) anche di tale argomento, però, è stata correttamente esclusa la rilevanza, in relazione al condivisibile rilievo per cui la sussistenza del requisito della mera vicinitas - in caso di impugnazione di titoli edilizi – non costituisce elemento sufficiente a comprovare la legittimazione a ricorrere e l'interesse al ricorso, occorrendo invece la positiva dimostrazione di un danno che attingerebbe la posizione di colui il quale insorge giudizialmente;

e) invero, la condivisibile giurisprudenza amministrativa ha in proposito posto in luce che (tra le tante si veda in passato Consiglio di Stato, sez. V. 16 aprile 2013, n. 2108 e più di recente Consiglio di Stato, sez. V, 22 marzo 2016, n. 1182) “il mero criterio della vicinitas di un fondo o di una abitazione all'area oggetto dell'intervento urbanistico-edilizio non può ex se radicare la legittimazione al ricorso, dovendo sempre il ricorrente fornire la prova concreta del vulnus specifico inferto dagli atti impugnati alla propria sfera giuridica, quali il deprezzamento del valore del bene o la concreta compromissione del diritto alla salute ed all'ambiente”, tanto che, si è affermato nella detta decisione, “ la mera vicinanza di un fondo ad una cava non legittima per ciò solo ed automaticamente il proprietario frontista ad insorgere avverso il provvedimento autorizzativo dell'opera, essendo necessaria, al riguardo, anche la prova del danno che egli da questa possa ricevere” );

f) il Collegio condivide pienamente tale approdo: invero il criterio della vicinitas se è idoneo a definire la sussistenza di una posizione giuridica qualificata e differenziata in astratto configurabile come interesse legittimo, tuttavia non esaurisce le condizioni necessarie cui è subordinata la legittimazione al ricorso, dovendosi da parte di chi ricorre fornire invece la prova del concreto pregiudizio patito e patiendo (sia esso di carattere patrimoniale o di deterioramento delle condizioni di vita o di peggioramento dei caratteri urbanistici che connotano l'area) a cagione dell’intervento edificatorio;

g) il sistema così disegnato è armonico rispetto alla disciplina disegnata anche dal codice civile e dalle leggi speciali succedutesi: a ben guardare, il vicino vede protetta la propria sfera giuridica attraverso la inderogabile disciplina dettata in materia di distanze;
ma laddove ipotizzi in suo danno un pregiudizio discendente da altre violazioni ha il dovere di dedurlo e provarlo;

h) nel caso di specie la parte originaria ricorrente non soltanto non ha provato alcunchè, ma a ben guardare non ha neppure labialmente dedotto alcun pregiudizio, e pertanto correttamente il T.a.r ha escluso che dal mero rapporto di contiguità spaziale tra fondi potesse ricavarsi la legittimazione a ricorrere e l'interesse al ricorso in capo alla odierna parte appellante principale.

1.3. In più, può aggiungersi che:

a) il contestato intervento era di portata modestissima, e si strutturava, in sostanza, nella creazione di un’apertura;

b) la parte odierna appellante principale neppure ha dimostrato di risiedere nell’area limitrofa a quella ove doveva essere eseguito l’intervento, (si veda Consiglio di Stato, sez. IV, 11 aprile 2007, n. 1672 e, di recente, Consiglio di Stato, sez. IV, 6 agosto 2013, n. 4148 Consiglio di Stato, sez.III 4 febbraio 2016 n. 441).



1.4. Escluso quindi il rilievo della vicinitas al fine di supportare l’interesse a ricorrere (si veda in proposito, ulteriormente, Consiglio di Stato, sez. IV 19 novembre 2015 n.5278, in particolare ultimo capoverso del considerando 3.3.) risulta a questo punto nodale esaminare la correttezza della soluzione fornita nella sentenza impugnata alla questione esaminata in prima battuta dal T.a.r. (avvenuto - o meno - passaggio nella proprietà del comune della porzione del compendio immobiliare originariamente di pertinenza della odierna parte appellante interessata dalle contestate iniziative edificatorie).

1.4.1. Anche in questo caso, il Collegio è persuaso della esattezza della soluzione prescelta dal T.a.r., in quanto:

a) è incontestato che il P.r.g. del Comune di Barletta del 1971 prevedesse che su una striscia di terreno in origine di pertinenza della odierna parte appellante dovesse sorgere una strada;

b) è parimenti incontestabile che il 5 marzo 1985 la Signora S cedette al comune detta striscia di terreno con atto di cessione n. 64115 del 5 marzo 1985, regolarmente trascritto nella Conservatoria dei Registri Immobiliari di Trani in data 7 maggio 1985, e che con la delibera del Consiglio Comunale di Barletta n. 152 del 29 giugno 1987 detta cessione venne accettata (la delibera aveva ad oggetto “Accettazione cessione suolo da parte della sig/ra S Annina ved. Perente”);

c) proprio la previsione relativa all’utilizzo cui era preordinata detta striscia di terreno, avvalora l’intuizione del T.a.r. secondo la quale, (in disparte la indicazione esplicita contenuta nella citata delibera del Consiglio Comunale di Barletta n. 152 del 29 giugno 1987di ciò che ci si accinge ad esporre) v’era un legame sinallagmatico tra il progetto presentato dalla sig. ra S Annina, vedova Parente, in qualità di proprietaria di un suolo ubicato nel Comune di Barletta in contrada Torre Tonda o Parrilli della superficie di mq. 17652 per la recinzione dei predetti suoli (approvato dalla locale Commissione edilizia in data 19 dicembre 1984) e la cessione gratuita al Comune di Barletta della minore superficie di mq. 2194, staccata dalla precedente superficie, “per la formazione della Nuova Strada di Piano Regolatore Generale”;

d) sia la espressa indicazione contenuta nell’atto di cessione, che la delibera consiliare, che infine, l’atto di trascrizione congiurano nel ritenere pienamente provata tale circostanza.

1.4.2. Fermandosi per un attimo a soppesare le conseguenze di quanto si è sino a questo momento evidenziato, tutte le censure di parte appellante volte ad avversare la conclusione secondo cui il comune fosse divenuto proprietario dell’area sono inaccoglibili, in quanto:

a) nessuna sentenza del giudice civile ha mai posto nel nulla detto atto di cessione;

b) la tesi secondo cui esso sarebbe stato invalido in quanto non sarebbe stata necessaria la concessione per procedere alla recinzione dell’area, è apoditticamente affermata, e non è neppure esatta in quanto collide con la consolidata giurisprudenza secondo la quale (tra le tante Consiglio di Stato, sez. V, 26 ottobre 1998, n. 1537 “la concessione edilizia non è necessaria per modeste recinzioni di fondi rustici senza opere murarie, e cioè per la mera recinzione con rete metallica sorretta da paletti di ferro o di legno senza muretto di sostegno), in quanto entro tali limiti la recinzione rientra solo tra le manifestazioni del diritto di proprietà, che comprende lo "jus excludendi alios";
occorre, invece, la concessione, quando la recinzione è costituita da un muretto di sostegno in calcestruzzo con sovrastante rete metallica.”
);

c) in disparte il nomen iuris impresso al titolo abilitativo, non v’è contezza della tipologia di recinzione realizzata a quel tempo, ed in ogni caso, ed a tutto concedere, tale tesi non potrebbe in alcun modo giovare all’appellante: l’atecnico richiamo al concetto di “nullità” è errato: semmai, dovrebbe dirsi, a tutto concedere, che la parte sarebbe incorsa in un errore essenziale in ordine alla doverosità della cessione dell’area, in quanto finalizzata ad ottenere la concessione per la realizzazione della recinzione: vi sarebbe quindi un negozio viziato da errore (in tesi essenziale, ai sensi del disposto di cui all'art. 1429, n. 3 c.c.): ma tale vizio del consenso non è mai stato fatto valere nei termini di legge attraverso un’azione volta alla annullabilità della pattuizione, e la stessa è ormai improponibile;

c) per altro verso, ad abundantiam l’appellante non ha contestato né smentito la deduzione secondo cui la “recinzione” realizzata consisteva in un muro, per cui la concessione edilizia si appalesava necessaria, ed il diverso nomen attribuito al provvedimento abilitativo rilasciato alla odierna appellante non rileva affatto;

d) tale tipologia di negozio era perfettamente consentita dalla antevigente legislazione -e lo è tuttora- come riconosciuto dalla giurisprudenza ordinaria di legittimità (si veda Cassazione civile, sez. I, 20 luglio 1988 n. 4715 sulla quale di seguito ci si soffermerà più approfonditamente);

e) per completezza si rileva altresì che è certamente irricevibile l’impugnazione “diretta” della citata delibera consiliare n. 152 del 29 giugno 1987 , per le considerazioni a più riprese affermate dalla giurisprudenza amministrativa (si veda, di recente, Consiglio di Stato, sez. IV 8 settembre 2016 n. 3825, considerando 2.3.).

1.3.4. La parte odierna appellante principale contrasta poi l’approdo del T.a.r. sotto altro angolo prospettico, ed ipotizza che, in virtù della clausola contenuta nel negozio di cessione (“il possesso legale e materiale delle zone di suolo sopra cedute passerà al Comune di Barletta al momento in cui il Comune stesso dovrà dare materialmente corso alla realizzazione del manufatto stradale”) e della circostanza che non si sia poi dato corso alla edificazione della strada, a tutto concedere l’atto di cessione non avrebbe prodotto gli effetti cui era preordinato, e che, pertanto, essa sarebbe rimasta proprietaria dell’area e potrebbe oggi opporsi alla iniziativa del comune e della parte controinteressata, da ciò facendo discendere la propria legittimazione attiva e l’interesse a ricorrere.

1.3.5. Anche tali argomenti critici non possono essere favorevolmente scrutinati in quanto:

a) a fronte della espressa previsione contenuta nella delibera consiliare n. 152 del 29 giugno 1987 e nell’atto abilitativo n. 51/85 del 3 maggio 1985 per la recinzione del suolo di pertinenza della parte appellante (“che il rilascio della concessione era subordinato alla trascrizione nei Pubblici Registri Immobiliari del Vincolo di asservimento dell’intera superficie del predetto suolo alla costruzione a realizzarsi”.”) il richiamo al perdurante “possesso” in capo all’appellante medesima appare innanzitutto atecnicamente riferirsi al concetto di mera detenzione;

b) ma in ogni caso, né tale circostanza giova a parte appellante, né le è utile l’insistito richiamo alla mancata realizzazione della strada da parte del Comune (ed alla supposta irrealizzabilità della medesima) in quanto, per la giurisprudenza di legittimità (si veda nuovamente Cassazione civile, sez. I, 20 luglio 1988 n. 4715 prima menzionata) “il privato che nel vigore della l. 6 agosto 1967 n. 765 abbia ceduto gratuitamente al comune un suolo quale condizione del rilascio (in seguito regolarmente avvenuto) della licenza edilizia, non può pretendere la restituzione dell'area ove la p.a. non ne abbia fatto l'uso che era stato originariamente previsto.”;

c) la condivisibile decisione dianzi richiamata, è perentoria nell’affermare che “se si ritiene, allora, che la cessione della area è correlativa al rilascio della licenza edilizia, la circostanza che, dopo tale rilascio, la prevista opera di urbanizzazione non venga attuata, da parte della P.A. che ha ricevuta l'area predetta, non può essere, per il proprietario, fonte di diritti, ed in particolare non lo abilita certo a rimettere in discussione l'intero rapporto, cioè, in definitiva, a sostenere che sarebbe priva di causa giuridica l'attuata cessione dell'are. In senso traslato e a solo titolo esemplificativo, si potrebbe dire che se il rilascio della licenza ha avuto come "corrispettivo" la cessione dell'area, il titolare della licenza non può pretendere la restituzione di quel "corrispettivo" solo perché la P.A. ricevente non ne ha fatto l'uso ch'era stato originariamente previsto “ : la premessa maggiore da cui muove la Corte di Cassazione nella richiamata decisione, è certamente traslabile alla fattispecie: per le parti in causa, la cessione dell’area era correlativa ad rilascio del titolo abilitativo edilizio;
muovendo da tale caposaldo, è evidente che anche alla controversia in esame vada applicato il corollario di tale presupposto, e che, quindi, la parte odierna appellante né è rimasta proprietaria dell’area, né lo è ridiventata, ed in conseguenza di ciò non ha legittimazione né interesse a dolersi dell’utilizzo che ne voglia fare il comune, né dell’attività edilizia intrapresa dal vicino su area limitrofa a quest’ultima;

d)la giurisprudenza di merito civile, condivide tale approdo, ed addirittura lo trasla all’ipotesi di inadempimento da parte dell’Amministrazione all’obbligo di eseguire opere di urbanizzazione a seguito di concessione, (Tribunale Chieti, 24/02/2006, n. 90 “la cessione gratuita di un'area all'Amministrazione concedente per l'esecuzione di opere di urbanizzazione trova il suo corrispettivo nel rilascio della concessione edilizia, ma non anche nella effettiva realizzazione delle opere di urbanizzazione. Per tale motivo, il privato stipulante non potrà pretendere l'annullamento dell'atto di cessione qualora l'Amministrazione concedente decida una diversa utilizzazione dell'area.”).

2. Conclusivamente, alla stregua delle superiori assorbenti considerazioni, l’appello principale va respinto, e l’appello incidentale va dichiarato improcedibile, dal che consegue l’integrale conferma dell’impugnata decisione.

3. Quanto alle spese processuali del grado, esse seguono la soccombenza, e pertanto la parte appellante deve essere condannata a corrisponderle in favore del comune e della società appellata nella misura che appare equo determinare in euro millecinquecento (€ 1500//00) per ciascuna, oltre oneri accessori, se dovuti.

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