Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2018-08-31, n. 201805129

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2018-08-31, n. 201805129
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201805129
Data del deposito : 31 agosto 2018
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 31/08/2018

N. 05129/2018REG.PROV.COLL.

N. 03550/2017 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3550 del 2017, proposto da:
L G, rappresentato e difeso dall'avvocato M T, con domicilio eletto presso lo studio Barbara Balboni in Roma, via Civitella D'Agliano, 22;

contro

Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;

nei confronti

F A non costituito in giudizio;

per la riforma

della sentenza breve del T.A.R. LAZIO - ROMA: SEZ. II n. 01430/2017, resa tra le parti, concernente annullamento atti della procedura selettiva interna per il passaggio dalla seconda alla terza Area F1 (Regione Campania)


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Agenzia delle Dogane e dei Monopoli;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 19 luglio 2018 il Cons. O F e uditi per le parti gli avvocati Fedeli, per l'avvocatura dello Stato;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1.Con l’appello in esame, il signor L G impugna la sentenza 27 gennaio 2017 n. 1430, con la quale il TAR per il Lazio, sez. II, ha respinto il ricorso proposto avverso una pluralità di atti dell’Agenzia delle dogane e dei Monopoli, ed, in particolare, avverso la determinazione 12 dicembre 2011 prot. n. 5488/R.I., di approvazione della graduatoria regionale definitiva della procedura selettiva interna per la Regione Campania per il passaggio dalla seconda alla terza area F1 (544 posi a livello nazionale, di cui 35 in Campania).

L’attuale appellante è stato escluso dalla graduatoria finale, in quanto in sede di selezione (articolata su valutazione dei titoli di studio e/o culturali ed esperienza professionale e su colloquio su vari argomenti e materie) ha ricevuto il giudizio di “insufficiente”, con l’attribuzione di 38 punti, a fronte di un punteggio costituente soglia minima di superamento pari a 42 punti.

La sentenza impugnata afferma, in particolare:

- poiché “il Presidente della commissione esaminatrice è un dirigente generale dell’agenzia, direttore dell’Ufficio centrale antifrode, ed i due membri effettivi sono dirigenti dell’area legale della Direzione interregionale per la Calabria e la Campania . . . è ragionevole presumere che gli interessati siano esperti nelle materie oggetto di concorso”, e ciò, quindi, rispetta l’art. 9 DPR n. 487/1994, in base al quale “le commissioni sono composte da tecnici esperti nelle materie oggetto di concorso, scelti tra funzionari delle amministrazioni. . . “);

- la Commissione ha proceduto a stabilire i criteri di valutazione ai quali si sarebbe attenuta (verbale 14 luglio 2011 n. 2) e questi sono “sufficientemente precisi per orientare la valutazione della commissione in relazione alla verifica della professionalità richiesta e rendere percepibile l’iter logico seguito nell’attribuzione dei punteggi”;

- “le domande formulate, a prescindere dalla loro prospettata genericità, (sono) state coerenti con le finalità cui è stata preordinata la procedura selettiva”.

Avverso tale decisione vengono proposti i seguenti motivi di appello:

a) error in iudicando et in procedendo ;
motivazione inesistente su un punto essenziale della lite;
violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato;
violazione e/o falsa applicazione art. 9 DPR n. 487/1994, in relazione all’art. 97 Cost;
illogicità e contraddittorietà;
poiché, a fronte della domanda estratta in sede di esame “i poteri dell’amministrazione finanziaria in materia di accise”, risulta che i tre componenti effettivi della Commissione non hanno alcuna competenza in tale materia. E ciò nonostante si sia lamentata “la mancanza in commissione di un esperto in materia di accise”, stante la “specificità e tecnicità” di tale materia;

b) error in iudicando et in procedendo ;
violazione art. 88 lett. d) Cpa;
motivazione inesistente su un punto essenziale della lite;
violazione e falsa applicazione art. 12 DPR n. 487/1994, in relazione all’art. 97 Cost.;
illogicità e contraddittorietà;
ciò in quanto, a fronte di un programma “generico ed amplissimo”, la Commissione “avrebbe dovuto delimitare l’oggetto delle materie, al fine di fornire dei riferimenti per il colloquio e garantire l’oggettività della procedura”;
al contrario, “rispetto alla genericità delle materie oggetto del colloquio, ne consegue che anche i criteri stabiliti , , , non risultano prefissati in maniera dettagliata e specifica, ovverosia in maniera tale da consentire un’adeguata valutazione della preparazione dei singoli candidati”;

c) error in iudicando et in procedendo ;
violazione del principio dispositivo e di corrispondenza tra chiesto e pronunciato;
violazione art. 88, lett. d) Cpa, in relazione artt. 7 e 12 DPR n. 487/1994;
difetto di motivazione;
travisamento dei fatti di causa;
ciò in quanto – fermo che anche la motivazione del giudizio di insufficienza ha formato oggetto di censura – la sentenza “non ha esposto i motivi in fatto e in diritto per i quali la valutazione del colloquio del dott. Grimaldi sarebbe esaustiva e coerente con i criteri di valutazione elaborati dalla Commissione”;
né la sentenza ha chiarito perché le domande formulate risulterebbero “coerenti con le finalità del concorso”;

d) error in iudicando et in procedendo ;
omessa valutazione di motivi di impugnazione;
violazione del principio dispositivo e di corrispondenza tra chiesto e pronunciato;
motivazione inesistente, illogica e contraddittoria;
ciò in quanto “la sentenza appellata ha deciso il ricorso nel merito, ritenendo risolutiva una questione di merito (la valutazione di insufficienza attribuita al candidato), ma ha omesso di pronunciarsi sul III motivo di impugnazione (sulla ripartizione dei punteggi relativi alla valutazione del colloquio) e sul VII motivo di impugnazione (sulla ripetitività delle domande), che il giudice di prime cure avrebbe dovuto esaminare, atteso che gli stesi integrano le censure mosse dall’appellante alla valutazione della prova orale operata dalla Commissione esaminatrice” (motivi che vengono riproposti: v. pagg. 18 – 24 app.).

Si è costituita in giudizio l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli.

All’udienza pubblica di trattazione, la causa è stata riservata in decisione.

DIRITTO

2. L’appello è infondato e deve essere, pertanto, respinto, con conseguente conferma della sentenza impugnata.

2.1. Risulta, innanzi tutto, infondato il primo motivo di appello, con il quale si lamenta, in sostanza, la violazione dell’art. 9 DPR n. 487/1994, per non essere la Commissione di esame composta da esperti, come invece prescritto dalla norma.

L’art. 9 DPR 9 maggio 1994 n. 487 (Regolamento recante norme sull'accesso agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni e le modalità di svolgimento dei concorsi, dei concorsi unici e delle altre forme di assunzione nei pubblici impieghi) prevede, in tema di composizione delle commissioni esaminatrici (co. 2), che le stesse “sono composte da tecnici esperti nelle materie oggetto del concorso, scelti tra funzionari delle amministrazioni, docenti ed estranei alle medesime e non possono farne parte, ai sensi dell'art. 6 del D.Lgs. 23 dicembre 1993, n. 546, i componenti dell'organo di direzione politica dell'amministrazione interessata, coloro che ricoprano cariche politiche o che siano rappresentanti sindacali o designati dalle confederazioni ed organizzazioni sindacali o dalle associazioni professionali. . .”.

Tale disposizione, in attuazione del principio generale di separazione tra indirizzo politico-amministrativo ed attività gestionale, ha inteso ricondurre i procedimenti di concorso alla sfera propria della attività gestionale, e ciò anche per il tramite della esclusione di taluni soggetti dalle commissioni di concorso per l’accesso agli impieghi pubblici,

Al contempo, l’affermazione della “competenza tecnica” dei componenti delle commissioni di concorso è funzionale alla migliore attuazione dei principi di imparzialità dell’attività amministrativa, di cui all’art. 97 Cost., e di eguaglianza nell’accesso agli uffici pubblici, di cui all’art. 51 Cost.

Ciò significa che ogni componente della Commissione deve possedere una propria accertata competenza nelle materie oggetto del concorso, maturata attraverso gli studi compiuti e le proprie esperienze lavorative e/o professionali.

E’ evidente, tuttavia, che il requisito di “competenza” richiesto dalla norma non può essere inteso quale possesso da parte di ciascun componente di cognizioni in tutte le materie oggetto del concorso (ben potendo un commissario, pur non estraneo al “settore” dello scibile cui si riferisce il concorso, essere esperto in una delle materie oggetto di prova concorsuale e non in altre: ad esempio, un professore di diritto penale sarà certamente esperto di tale materia sulla quale verte una delle prove e, al tempo stesso, in possesso di più generali cognizioni giuridiche, ma non necessariamente esperto anche di diritto commerciale).

Al tempo stesso, la relazione tra competenza tecnica e “materia oggetto del concorso” deve ritenersi sussistente ogni qualvolta il commissario, sulla base del proprio pregresso compendio di studi e attività lavorative/professionali, abbia maturato una obiettiva esperienza nella materia intesa in generale, e non necessariamente in specifiche e specialistiche articolazioni della medesima (in tal senso, se la “materia” oggetto di prova concorsuale è il diritto penale, non è necessariamente richiesto che il commissario abbia una specifica competenza in materia di reati societari, essendo sufficiente la propria accertata e generale competenza nel settore penalistico).

In definitiva, nel prevedere che i commissari siano “tecnici esperti nelle materie del concorso”, la norma non intende riferirsi alla necessità di acquisire esasperati “specialismi”, ma, più in generale, ritiene sufficiente che vi sia competenza tecnica in una determinata materia, in relazione alla quale vertono una o più prove del concorso.

D’altra parte, se si ritenesse che la competenza deve essere valutata con riferimento allo specifico argomento oggetto di una prova scritta o di una domanda della prova orale, ciò, per un verso, renderebbe praticamente impossibile la formazione delle commissioni di concorso e, per altro verso, costituirebbe una sostanziale negazione del bando stesso di concorso, poiché la prova non si sarebbe svolta su una materia ma solo su un profilo di essa, cui corrisponderebbe la (limitata) competenza del commissario, ma anche la altrettanto limitata valutazione della preparazione del candidato.

Fermo ciò, rientra ovviamente nella valutazione discrezionale dell’amministrazione scegliere, tra più soggetti esperti della materia ed in considerazione dell’attività che il concorrente, ove positivamente selezionato, andrà a svolgere, quel commissario che, per la particolarità del proprio curriculum, eventualmente presenti una più spiccata competenza in un determinato profilo della materia, ma, ove ciò non avvenga, non può per ciò solo affermarsi che sussista una violazione dell’art. 9 DPR n. 487/1994, e ciò proprio perché il criterio di competenza – valutato in generale secondo i criteri innanzi esposti – risulta soddisfatto.

2.2, Nel caso di specie, i componenti della commissione della procedura selettiva oggetto del presente giudizio (per il passaggio dalla seconda alla terza area F1 dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli) sono, rispettivamente, un dirigente generale dell’Agenzia (con funzioni di presidente) e due dirigenti dell’area legale della Direzione interregionale per la Calabria e la Campania (quali membri effettivi), il che li rende certamente rispondenti al requisito richiesto dall’art. 9, co. 2, cit.

Stante la competenza dei commissari nella materia oggetto di concorso, ed alla luce di quanto innanzi esposto, non assume alcun rilievo che gli stessi, nel corso della loro attività lavorativa, non si siano specificamente dedicati alle “accise” (cui ineriva la domanda estratta dall’appellante), poiché tale specifico aspetto rientra certamente nella più generale materia di loro competenza.

Per le ragioni esposte, il primo motivo di appello deve essere rigettato.

3. Anche il secondo ed il terzo motivo di appello sono infondati.

3.1. Occorre innanzi tutto osservare che, contrariamente a quanto sostenuto dall’appellante (v., in particolare, pag. 9 appello), l’oggetto del colloquio, come definito dal bando di concorso, non appare affatto “generico ed amplissimo”, poiché vengono indicati quali argomenti sia l’attività e l’organizzazione dell’agenzia, sia la normativa in materia di dogane ed accise, sia le norme generali regolatrici del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche, ai sensi del d.lgs. n. 165/2001.

I primi due argomenti appaiono essere perfettamente coerenti con una procedura di selezione nell’ambito dell’Agenzia delle dogane e monopoli, così come il terzo argomento, lungi dall’essere “generico ed amplissimo”, richiede al candidato una preparazione ed orientamento sui “principi generali” del rapporto di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni (cosa che, come è evidente, attiene allo status giuridico-economico non solo futuro ma anche attuale del concorrente).

A fronte di ciò, concordando con quanto affermato dalla sentenza impugnata, i criteri di valutazione dei colloqui preventivamente indicati dalla commissione (capacità di inquadrare l’argomento, conoscenza e padronanza dell’argomento, capacità di analisi, capacità di collegamento e di approfondimento, chiarezza espositiva, capacità di sintesi, proprietà di linguaggio, uso di linguaggio specifico e tecnico) appaiono essere “sufficientemente specifici per orientare le valutazioni” (v. pag. 6 sentenza).

A fronte di argomenti del tutto ragionevoli e coerenti con la specificità della selezione, la commissione ha elaborato criteri di valutazione che non appaiono affatto “tautologici”, ovvero “illogici, incongruenti e contraddittori tra loro”, ma che rappresentano, al contrario, proprio ciò che una commissione, attraverso le risposte fornite, deve valutare onde inquadrare e correttamente giudicare sia la preparazione, sia la maturità ed attitudine del candidato.

In tale contesto, è appena il caso di osservare come capacità di analisi e capacità di sintesi (criteri indicati dall’appellante come esempio della denunciata contraddittorietà) non sono affatto criteri antitetici, ma indicatori che si cumulano al fine di vagliare la capacità del candidato sia di sottoporre la materia o una sua parte a verifica ed ostensione mediante scomposizione dei suoi elementi o aspetti, sia di ricavare, attraverso un processo di individuazione/astrazione, i profili principali ed unificanti (e come tali qualificanti) ai fini della definizione ed esposizione di un aspetto o problema.

3.2. Nel contesto innanzi descritto, la motivazione del giudizio di insufficienza dell’appellante (con attribuzione del punteggio di 38), cui è pervenuta la commissione, non appare né inesistente o insufficiente, né irragionevole e/o illogica.

Giova, innanzi tutto, ricordare, come in sede di sindacato di legittimità del giudice amministrativo i giudizi espressi dalle commissioni di concorso nelle procedure di valutazione, in quanto espressione di discrezionalità tecnica, possono essere oggetto di sindacato (onde non sconfinare nella sfera riservata del cd. “merito amministrativo”) nei limiti del travisamento dei presupposti di fatto, dell'illogicità e della manifesta irragionevolezza o della non congruenza delle valutazioni operate con le risultanze di fatto (Cons. Stato, sez. VI, 19 gennaio 2018 n. 352).

Nel caso di specie, in presenza di criteri che – in relazione alla indicazione degli argomenti della prova/colloquio – sono stati già innanzi ritenuti del tutto ragionevoli e coerenti con la specificità della selezione, l’attribuzione di un punteggio numerico indicatore di insufficienza già avrebbe ex se soddisfatto l’obbligo di motivazione, di cui all’art. 3 l. n. 241/1990 (da ultimo, Cons. Stato, Ad. Plen., 20 settembre 2017 n. 7).

A ciò la commissione ha aggiunto un giudizio più ampio, con il quale ha indicato i profili della prova del candidato tali da far definire la stessa insufficiente.

Orbene, la motivazione del giudizio sull’esito della prova di concorso, formulata in modo sintetico, soddisfa certamente le esigenze di cui all’art. 3 l. n. 241/1990, con l’indicare gli aspetti salienti che hanno condotto la commissione ad attribuire un esito attraverso espressioni verbali (sufficiente/insufficiente e simili), ovvero numerico (il punteggio), fermo restando, per quest’ultimo, in relazione ai criteri previamente elaborati dalla commissione, la idoneità a contenere intrinsecamente e ad esprimere la motivazione del giudizio.

La suddetta indicazione, onde soddisfare un criterio di congruità della motivazione, a maggior ragione con riferimento ad una prova orale, non deve consistere in una dettagliata esposizione di errori, imprecisioni, anacoluti o assenza e/o superficialità di singoli aspetti in relazione alle domande poste, ma deve consistere in una indicazione di quegli aspetti, emersi dalla prova, che conducono, valutati unitariamente, alla espressione di un determinato giudizio.

Nel caso di specie, la indicazione degli elementi della prova sostenuta che hanno condotto la commissione (all’unanimità) ad esprimere una valutazione del candidato attuale appellante sono stati, contrariamente a quanto da questi sostenuto, effettivamente “esaustivi e coerenti” (v. pag. 6 sentenza), essendosi evidenziato “una conoscenza confusa e superficiale”, “linguaggio generalmente impreciso e poco appropriato”, esposizione “povera e fragile”, incapacità di “elaborazione dei concetti di base”;
e ciò non abbisogna, al fine di soddisfare la necessità di una congrua motivazione, stante il criterio di sinteticità, di puntuali indicazioni di risposte inesatte o incerte o di passaggi logici confusi.

Per le ragioni esposte, il secondo ed il terzo motivo di appello (sub lett. b) e c) dell’esposizione in fatto, devono essere respinti, stante la loro infondatezza.

4. Alla luce di quanto innanzi rappresentato, deve essere respinto anche il quarto motivo di appello, con il quale si censura la sentenza nella parte in cui la stessa ha ritenuto che “in ragione della valutazione di insufficienza attribuita al candidato, le altre doglianze, relative alla logicità della ripartizione dei punteggi attribuibili ed alla ripetitività delle domande, si rivelano inammissibili per carenza di interesse”.

Occorre, innanzi tutto, osservare che, contrariamente a quanto dedotto dall’appellante, la sentenza non ha omesso di esaminare uno o più motivi di ricorso, ma, nell’esaminarli alla luce dell’esito riservato ad altri motivi logicamente assorbenti, ha giudicato insussistente, in relazione ai medesimi, una delle condizioni dell’azione (interesse ad agire).

In ogni caso, anche a voler considerare i motivi (che l’appellante ripropone) tali da integrare “le censure mosse dall’appellante alla valutazione della prova orale operata dalla Commissione”, resta confermato il giudizio di infondatezza dei medesimi.

4.1. Quanto al motivo relativo alla logicità della ripartizione dei punteggi attribuibili, ed a prescindere dai calcoli aritmetici apprestati, non appare dimostrato come la presunta illogicità della ripartizione abbia influito sul voto conclusivamente espresso in ordine alla prova del candidato/appellante.

Più in particolare, non risulta sussistere una “incoerenza” tra voto numerico e giudizio scritto: mentre il primo esprime la somma e sintesi delle singole attribuzioni di punteggio da parte dei commissari, il giudizio scritto espone sinteticamente le ragioni che, riferite ai criteri preventivamente definiti, hanno condotto al giudizio finale;
giudizio che, in ambedue le “formule” consiste nell’insufficienza (e ciò a prescindere da ogni valutazione in ordine all’inerenza di tale argomentazione alla denunciata illogicità del metodo di ripartizione dei punteggi).

4.2. Quanto al motivo riferito alla cd. ripetitività delle domande, i casi segnalati dall’appellante attengono a domande che, in quanto inerenti ad un medesimo testo legislativo, mostrano certamente collegamenti o un rapporto di continenza, ma non per questo possono essere ritenute “ripetitive” e, dunque, tali da diminuire il numero complessivo delle domande estraibili.

D’altra parte, in disparte la considerazione che la censura di una eventuale ripetitività delle domande mal si concilia con la doglianza riferita ad un programma invece imputato d’essere “generico e amplissimo”, l’appellante non ha dimostrato come la citata supposta “ripetitività” delle domande abbia influito sulla definizione del giudizio di insufficienza.

5. Per tutte le ragioni esposte, l’appello deve essere rigettato, con conseguente conferma della sentenza impugnata.

Stante la natura delle questioni trattate, sussistono giusti motivi per compensare tra le parti spese ed onorari del giudizio.

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