Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2022-05-30, n. 202204349

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2022-05-30, n. 202204349
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202204349
Data del deposito : 30 maggio 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 30/05/2022

N. 04349/2022REG.PROV.COLL.

N. 05093/2021 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 5093 del 2021, proposto dalla Regione Campania, in persona del Presidente pro tempore , rappresentata e difesa dall’avvocato F N, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia,

contro

Marina di Pinetamare S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati C C e Luigi Maria D’Angiolella, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato C C in Roma, via Pompeo Magno, 23 A,

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania (Sezione Quinta) n. 1327/2021, resa tra le parti.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio di Marina di Pinetamare S.r.l.;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore, nell’udienza pubblica del giorno 11 novembre 2021, il Cons. O F e viste le conclusioni delle parti come da verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1.1. Con l’appello in esame, la Regione Campania impugna la sentenza 1 marzo 2021, n. 1327, con la quale il Tar per la Campania, sez. V, in accoglimento del ricorso proposto dalla società Marina di Pinetamare S.r.l., ha annullato il provvedimento della Giunta Regionale della Campania – Direzione generale per la mobilità 5 febbraio 2020, prot. n. 2020.0076736.

Con tale atto si è ritenuto necessario l’aggiornamento della VIA per la prosecuzione dei lavori di completamento del porto turistico in località Pinetamare.

La presente controversia attiene all’attività di progettazione definitiva ed esecutiva, nonché di costruzione e gestione di un porto turistico e delle relative infrastrutture, strutture ricettive e impianti a sostegno e completamento, da realizzarsi nel Comune di Castelvolturno, località Pinetamare, affidato in concessione dapprima alla Mirabella S.p.a. e successivamente (con atto del 28 aprile 2008) alla società Marina di Pinetamare.

A quest’ultima era altresì affidata in concessione, per la realizzazione del progetto, un’area di mq. 756.500, di cui mq. 220.079 a terra e mq. 536.421 di specchio acqueo.

Il progetto definitivo aveva ottenuto il parere favorevole di compatibilità ambientale, con decreto dirigenziale 24 settembre 2009, n. 769, sia pure con prescrizioni conseguenti ai pareri espressi in sede istruttoria dalla Commissione VIA e dall’Autorità di bacino nord occidentale della Campania.

Dopo l’approvazione del progetto definitivo (2010) e del progetto esecutivo (2011) e dopo l’esecuzione delle attività preliminari di cui alle prescrizioni imposte dal decreto n. 769/2009, i lavori avevano inizio il 3 luglio 2014.

Tuttavia, l’Agenzia del Demanio trasferiva alla Regione Campania la gestione delle aree (non ancora trasferite nonostante l’avvio dei lavori) solo in data 18 settembre 2018 e pertanto la società Marina di Pinetamare richiedeva una proroga di trentasei mesi per la conclusione delle opere, ferma restando la durata di 60 anni della concessione.

La Giunta Regionale della Campania aveva, quindi, condizionato la concessione della proroga dapprima all’aggiornamento del Piano Economico Finanziario (PEF) e poi all’aggiornamento della VIA, ottenuta nel 2009.

Nonostante l’opposizione manifestata dalla società concessionaria, la Regione Campania, con il decreto 5 febbraio 2020 (oggetto del ricorso instaurativo del giudizio di primo grado), ribadiva la necessità di aggiornare la VIA, assegnando al contempo un termine di trenta giorni alla società per far conoscere “ le proprie determinazioni in proposito ”.

1.2. La sentenza impugnata, previa reiezione di una eccezione di inammissibilità del ricorso per difetto di interesse, afferma, in particolare:

- posto che la controversia richiede di “ perimetrare l’ambito temporale di applicazione del limite di efficacia quinquennale posto ai provvedimenti di VIA dall’art. 1, co. 3 d. lgs. n. 4/2008, che ha novellato il precedente testo dell’art. 24, co. 6, d. lgs. 152/2006 ”, “ la verifica dell’assoggettabilità a VIA, pur rappresentando un vero e proprio subprocedimento che si conclude, nel rispetto delle garanzie partecipative, con un atto avente natura provvedimentale, soggetto a pubblicazione, è comunque teleologicamente avvinto alla fase successiva, condizionando il suo esito, a seconda che il progetto sia in grado o meno di produrre significativi impatti ambientali, l’apertura della successiva fase di sottoposizione alla procedura di VIA ”;

- ai sensi dell’art. 26, co. 6, d. lgs. n. 152/2006, come modificato dall’art. 23, co. 21- quinquies , d.l. 1 luglio 2009, n. 78, conv. in l. 3 agosto 2009, n. 102, la realizzazione degli interventi sottoposti a valutazione di impatto ambientale deve avvenire entro il termine quinquennale di adozione della VIA e tale termine trova applicazione esclusivamente per i procedimenti avviati dopo l’entrata in vigore del d. lgs. n. 4/2008;
ciò si spiega anche perché – poiché il termine quinquennale potrebbe essere in sede di rilascio diversamente modulato - è proprio “ la possibilità di diversa modulazione temporale, ora prevista dalla disposizione riformulata, a giustificare l’effetto decadenziale, prima non affatto previsto, e a rendere ragione della diversa efficacia assegnata alle precedenti autorizzazioni ”;

- “ la norma di diritto intertemporale (ha) inteso consolidare senza limiti di tempo il decreto di VIA e tutti gli atti sullo stesso basati ”;

- “ la fattispecie in esame non ricade nelle ipotesi escluse da tale effetto consolidativo, in quanto il contestato provvedimento di VIA era stato adottato successivamente al termine di recepimento della Direttiva 85/337/CEE, cosicché proprio i parametri elaborati dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea come linee-guida per regolare la fase transitoria tra la disciplina anteriore e quella, più recente, di maggiore rigore consentono di ritenere che la situazione dell’opera autorizzata sia ormai del tutto consolidata, atteso che la procedura di VIA, iniziata nell’anno 2005, si è conclusa con il D.D. n. 769/2009 in modo conforme alle direttive comunitarie ”;

- “ tenendo conto che la complessità del progetto renderebbe molto gravosa la ripetizione all’attualità della valutazione di compatibilità ambientale, particolarmente dopo la dilatazione dei tempi per l’integrale trasferimento delle aree oggetto di concessione, sussistono le condizioni per considerare l’opera definitivamente protetta dal principio di certezza del diritto ”.

2.1. Avverso tale decisione, la Regione Campania ha proposto i seguenti motivi di appello (pagg. 11 – 26 ric.):

a ) violazione articoli 26, co. 6, d. lgs. n. 152/2006, 4 d. lgs. n. 4/2008, 23, co. 221- quinquies , d.l. n. 78/2009, conv. in l. n. 102/2009;
ciò in quanto si deve “ escludere la sovrapponibilità sostanziale tra la verifica di assoggettabilità (screening) e la VIA ”, poiché i due procedimenti “ pur inserendosi sempre all’interno del più ampio procedimento di realizzazione di un’opera o di un intervento, sono da considerarsi come dotati di autonomia, in quanto destinati a tutelare un interesse specifico (quello della tutela dell’ambiente) e ad esprimere al riguardo, specie in ipotesi di esito negativo, una valutazione definitiva ”. Pertanto, “ è irrilevante la mancata indicazione della data di scadenza nel provvedimento favorevole di VIA (il DD n. 769 del 24 settembre 2009), atteso che il termine di efficacia della VIA . . . opera de iure ed in via imperativa, integrando ope legis il provvedimento che non ne faccia espresso richiamo ”;
e “ in considerazione dell’autonomia evidente dei due sub-procedimenti (screening e VIA) e dell’opinione massiva della giurisprudenza sulla rilevanza direttamente lesiva del provvedimento che delimita la fase di screening, sarebbe irragionevole ritenere che l’art. 26 del TUA nella versione introdotta dal d. lgs. n. 4/2008 non si applichi all’istanza del 18 settembre 2008 ”.

Inoltre, la Regione ha sostenuto l’inammissibilità e l’infondatezza delle ulteriori censure rimaste assorbite (v. pagg. 22 – 26 app.).

2.2. Si è costituita in giudizio la società Marina di Pinetamare, che ha concluso per il rigetto dell’appello, stante la sua infondatezza.

L’appellata ha altresì riproposto i motivi assorbiti dalla sentenza impugnata:

a1 ) violazione e falsa applicazione art. 26, co. 6, d. lgs. n. 152/2006, nel testo applicabile ratione temporis ;
travisamento dei presupposti di fatto e di diritto;
ciò in quanto, anche a volere per ipotesi accedere alla tesi secondo la quale al parere VIA di cui al D.D. n. 769/2009 troverebbe applicazione il termine quinquennale di validità, occorre ritenere che questo “ non solo non si sia consumato ma, invero, non abbia neanche iniziato a decorrere ”, poiché il citato art. 26 prevede che il termine comincia a decorrere dalla data di pubblicazione del provvedimento di valutazione di impatto ambientale e “ non risulta che l’amministrazione regionale abbia proceduto alla pubblicazione del decreto VIA, specie nel BURC ”;

b1 ) medesimi vizi di legittimità sub a1 ), sotto diverso profilo: la VIA è tuttora valida ed efficace in quanto “ in considerazione del rischio connesso alla sopravvenienza di necessari interventi di modifica del progetto, deve ritenersi fondamentale la caratterizzazione dei sedimenti e pertanto è agevole concludere che (seppure questa si ritenesse sussistente) la decorrenza effettiva dell’efficacia del provvedimento VIA avesse come decorrenza la validazione della caratterizzazione da parte dell’ente preposto, nello specifico caso dal Dipartimento provinciale di Caserta dell’ARPA avvenuta solo in data 9 dicembre 2013 e senza che mai la concessionaria sia stata inerte ”.

2.3. All’udienza pubblica di trattazione, la causa è stata riservata in decisione.

DIRITTO

3. L’appello è fondato e deve essere, pertanto, accolto, con conseguente riforma della sentenza impugnata.

3.1. Il problema in diritto posto dalla presente controversia è rappresentato dallo stabilire – in relazione alle questioni di diritto intertemporale sollecitate dai successivi interventi del legislatore sull’art. 26 del d. lgs. 3 aprile 2006, n. 152, recante “ Norme in materia ambientale ” (cd. Codice dell’ambiente) - se il procedimento di verifica di assoggettabilità a V.I.A. (cd. screening ) e quello di valutazione di impatto ambientale (VIA) costituiscano un unico procedimento ovvero due distinti e separati procedimenti. Difatti, per quel che riguarda il caso di specie,

- qualora li si ritenga un unico procedimento – sia pure caratterizzato dall’esistenza di un subprocedimento di screening – allora questo deve ritenersi iniziato (come sostiene la società appellata e come ha affermato la sentenza impugnata) con l’istanza presentata in data 28 dicembre 2005 e concluso con il provvedimento di VIA di cui al decreto n 769/2009: e da ciò consegue che, essendosi iniziato l’ “unico” procedimento prima dell’entrata in vigore del d.lgs. n. 4/2008, non vi sarebbe la necessità di rinnovo della VIA per superamento del termine quinquennale;

- se, invece, si ritiene che il procedimento di VIA costituisca procedimento autonomo (ed eventuale) rispetto a quello di screening , ancorché da quest’ultimo sollecitato, allora lo stesso deve ritenersi avviato in data 22 settembre 2008, e dunque successivamente all’entrata in vigore del d.lgs. n. 4/2008, di modo che il procedimento ricade tutto sotto l’egida della nuova disciplina, con conseguente necessità (come sostenuto dall’appellante Regione Campania) di rinnovo della VIA per superamento del prescritto termine quinquennale.

3.2. La sentenza impugnata afferma che il procedimento di assoggettabilità a VIA ed il procedimento di VIA costituiscono un unico procedimento, del quale rappresenterebbero due “ fasi ”, il cui rapporto “ appare configurabile graficamente in termini di cerchi concentrici caratterizzati da un nucleo comune rappresentato dalla valutazione della progettualità proposta in termini di negativa incidenza sull’ambiente, nel primo caso in via sommaria e appunto preliminare, nel secondo in via definitiva ”.

In tale contesto, “ la verifica di assoggettabilità, come positivamente normata, anticipa sostanzialmente la valutazione di impatto, delibandone l’opportunità ” e, in definitiva, essa “ pur rappresentando un vero e proprio subprocedimento che si conclude, nel rispetto delle garanzie partecipative, con un atto avente natura provvedimentale, soggetto a pubblicazione, è comunque teleologicamente avvinto alla fase successiva, condizionando il suo esito, a seconda che il progetto sia in grado o meno di produrre significativi impatti ambientali, l’apertura della successiva fase d sottoposizione alla procedura di VIA ”.

Il Collegio non condivide le conclusioni cui perviene la sentenza impugnata:

- sia in quanto le stesse non trovano conforto nel dato letterale della disciplina applicabile al caso di specie;

- sia in quanto esse si pongono in contrasto con i principi generali in tema di procedimento amministrativo, desumibili dalla legge 7 agosto 1990, n. 241, e dunque con la “forma-procedimento” da tale legge desumibile.

4.1. Quanto al primo degli aspetti innanzi evidenziati, appare necessario ripercorrere succintamente (e nei limiti di interesse per la presente decisione) la disciplina in tema di provvedimento di V.I.A. e della sua efficacia, non del tutto completamente esposta negli atti di causa.

L’art. 26 d. lgs. n. 152/2006, nel suo testo originario di soli quattro commi, disciplinava la “ fase introduttiva del procedimento ” (di VIA).

Successivamente, l’art. 1, comma 3, d. lgs. 16 gennaio 2008, n. 4, sostituiva (in particolare, per quel che qui interessa) anche l’art. 26, la cui rubrica viene modificata in “ decisione ” (della VIA) – invero, con tecnica legislativa poco sorvegliata (in quanto mentre da un lato l’art 4, co. 2, d. lgs. n. 4/2008 abrogava l’art. 26, dall’altro il citato art. 1, co. 3, ne sostituiva il contenuto, laddove sarebbe stata sufficiente una mera novellazione) – e il comma 6 del nuovo testo dell’art. 26 prevedeva: “ I progetti sottoposti alla fase di valutazione devono essere realizzati entro cinque anni dalla pubblicazione del provvedimento di valutazione dell’impatto ambientale. Tenuto conto delle caratteristiche del progetto il provvedimento può stabilire un periodo più lungo. Trascorso detto periodo, salvo proroga concessa, su istanza del proponente, dall’autorità che ha emanato il provvedimento, la procedura di valutazione dell’impatto ambientale deve essere reiterata ”.

Tale testo della disposizione è stato in vigore dal 13 febbraio 2008 al 4 agosto 2009.

Giova osservare che l’art. 4, co. 1, del medesimo d.lgs. n. 4/2008 (contestualmente alla modifica dell’art. 26, co. 6) prevede:

Ai progetti per i quali alla data di entrata in vigore del presente decreto, la VIA è in corso, con l’eventuale presentazione del progetto e dello studio di impatto ambientale, si applicano le norme vigenti al momento dell’avvio del relativo procedimento ”.

L’art. 23, co. 21- quinquies d.l. 1 luglio 2009, n. 78 (nel testo risultante dalla legge di conversione 2 agosto 2009, n. 102), ha aggiunto un ulteriore e ultimo periodo al comma 6 del citato art. 26, che prevede:

I termini di cui al presente comma si applicano ai procedimenti avviati successivamente alla data di entrata in vigore del decreto legislativo 16 gennaio 2008 n. 4 ”.

Nessuna modificazione riceve l’art. 26, co. 6, dai successivi interventi legislativi di cui al d. lgs. 29 giugno 2010, n. 128, ed alla l. 28 dicembre 2015, n. 221, che hanno interessato altri commi del medesimo art. 26.

Infine, l’articolo 26 è stato integralmente sostituito dall’art. 15, co. 1, d. lgs. 16 giugno 2017, n. 104;
la sua rubrica indica ora “ integrazione del provvedimento di VIA negli atti autorizzatori ”.

A fronte di ciò, l’attuale art. 25 (nel testo introdotto dall’art. 14, co. 1, d. lgs. n. 104/2017 cit.;
non più, dunque, l’art. 26, al quale pure è spesso fatto riferimento in atti), la cui rubrica indica “ valutazione degli impatti ambientali e provvedimento di VIA ”, prevede al comma 5 (non più comma 6):

Il provvedimento di VIA è immediatamente pubblicato sul sito web dell’autorità competente e ha l’efficacia temporale, comunque non inferiore a cinque anni, definita nel provvedimento stesso, tenuto conto dei tempi previsti per la realizzazione del progetto, dei procedimenti autorizzatori necessari, nonché dell’eventuale proposta formulata dal proponente e inserita nella documentazione a corredo dell’istanza di VIA. Decorsa l’efficacia temporale indicata nel provvedimento di VIA senza che il progetto sia stato realizzato, il procedimento di VIA deve essere reiterato, fatta salva la concessione, su istanza del proponente, di specifica proroga da parte dell’autorità competente ”.

Giova osservare che l’art. 23, co. 1, del d lgs. 16 giugno 2017, n. 104 prevede, per quel che qui interessa: “ le disposizioni del presente decreto si applicano ai procedimenti di verifica di assoggettabilità a VIA e ai procedimenti di VIA avviati dal 16 maggio 2017 ”.

4.2.. Dall’esame della disciplina relativa alla VIA innanzi riportata (e rilevante nel caso di specie), può dunque ricavarsi:

- in un primo periodo (dal d.lgs. n. 152/2006 fino al d. lgs. 16 gennaio 2008, n. 4) non era previsto alcun termine di efficacia della VIA;

- in un secondo periodo (dal d.lgs. n. 4/2008 fino al d.lgs. n. 104/2017), è stato previsto un termine di efficacia di cinque anni della VIA, salvo termine più lungo previsto dallo stesso provvedimento, con possibilità di proroga concessa dall’autorità emanante su richiesta dell’interessato;

- in un terzo periodo (a decorrere dal d.lgs. n. 104/2017), l’efficacia temporale della VIA è di volta in volta stabilita dal provvedimento stesso, in una misura che non può comunque essere inferiore a cinque anni;
il termine di efficacia previsto può comunque essere prorogato dall’autorità emanante.

L’efficacia temporale quinquennale della VIA, come innanzi precisata nelle distinte previsioni normative, non si applica, per effetto dell’art. 4, co. 1, del d. lgs. n. 4/2008 (decreto legislativo che tale efficacia quinquennale ha introdotto), “ ai progetti per i quali alla data di entrata in vigore del presente decreto, la VIA è in corso, con l’eventuale presentazione del progetto e dello studio di impatto ambientale ”, progetti per i quali trovano invece applicazione “ le norme vigenti al momento dell’avvio del relativo procedimento ”.

L’ambito di applicazione dell’introdotta efficacia quinquennale del provvedimento di VIA è stata ulteriormente ribadita (non “introdotta” ma ribadita) dall’’art. 23, co. 21- quinquies, d.l. 1 luglio 2009, n. 78 (nel testo risultante dalla legge di conversione 2 agosto 2009, n. 102), il quale, nell’aggiungere un ulteriore e ultimo periodo al comma 6 del citato art. 26, ha previsto:

I termini di cui al presente comma si applicano ai procedimenti avviati successivamente alla data di entrata in vigore del decreto legislativo 16 gennaio 2008 n. 4 ”.

Da un lato, dunque (e fin dal d.lgs. n. 4/2008), l’efficacia quinquennale della VIA è esclusa per i “ progetti per i quali alla data di entrata in vigore del presente decreto, la VIA è in corso, con l’eventuale presentazione del progetto e dello studio di impatto ambientale ”;
dall’altro lato si chiarisce che il termine quinquennale di efficacia si applica solo “ ai procedimenti avviati successivamente alla data di entrata in vigore del decreto legislativo 16 gennaio 2008 n. 4 ”.

In definitiva, due disposizioni speculari e convergenti, la prima delle quali nega l’applicazione ai procedimenti di VIA già avviati e l’altra che, positivamente, invece afferma l’applicazione delle nuove norme ai procedimenti avviati dopo l’entrata in vigore del d. lgs. n. 4/2008.

4.3. Tanto chiarito sul piano della disciplina relativa al caso di specie, l’applicabilità del termine di efficacia quinquennale della VIA ai procedimenti avviati “dopo” l’entrata in vigore del d. lgs. n. 4/2008 (indipendentemente, cioè, dal già intervenuto procedimento di screening ) si desume dalla stessa disciplina innanzi riportata, ed in particolare da quella di diritto intertemporale.

In tal senso, assume rilievo il testo dell’art. 4, co. 1, d. lgs. n. 4/2008, laddove esclude l’applicabilità delle disposizioni introdotte dal decreto (e, dunque, anche l’efficacia quinquennale della VIA), ai progetti per i quali la VIA sia già in corso “ con l’eventuale presentazione del progetto e dello studio di impatto ambientale ”.

La norma – mediante l’espresso riferimento alla “ VIA già in corso ” esclude a tutta evidenza i casi in cui sia semplicemente in corso il procedimento di screening , ovvero questo si sia concluso ma non sia stato ancora avviato il procedimento di VIA.

In conclusione, se qualche dubbio interpretativo può eventualmente sorgere con riferimento al testo dell’ultimo periodo del comma 6 dell’art. 26 d. lgs. n. 152/2006 (introdotto dal d.l. n. 78/2009) - stante il suo (generico) riferimento ai “ procedimenti avviati successivamente alla data di entrata in vigore del decreto legislativo 16 gennaio 2008 n. 4 ” - tale dubbio interpretativo è chiarito dalla lettura del (già vigente) art. 4, co. 1, d, lgs. n. 4/2008, che invece fa chiaro riferimento al solo procedimento di VIA già in corso, onde escludere la sottoposizione del provvedimento di VIA alla nuova disciplina dell’efficacia quinquennale del provvedimento.

4.4. D’altra parte, il legislatore mostra chiaramente di ritenere quali due procedimenti distinti il procedimento di verifica di assoggettabilità a V.I.A. (cd. screening ) e quello di valutazione di impatto ambientale (VIA).

In tal senso (e facendo riferimento ai testi vigenti delle disposizioni), l’art. 5 d. lgs. n. 152/2006 definisce:

- al comma 1, lett. m ), la “ verifica di assoggettabilità a VIA di un progetto ”, qualificandola come “ la verifica attivata allo scopo di valutare, ove previsto, se un progetto determina potenziali impatti ambientali significativi e negativi e deve essere quindi sottoposta al procedimento di VIA… .”;

- al comma1, lett. b ), la “ valutazione di impatto ambientale ” (VIA), intesa come “ il processo che comprende … l’elaborazione e la presentazione dello studio di impatto ambientale da parte del proponente, lo svolgimento delle consultazioni, la valutazione dello studio di impatto ambientale, delle eventuali informazioni supplementari fornite dal proponente e dagli esiti delle consultazioni, l’adozione del provvedimento di VIA in merito agli impatti ambientali del progetto, l’integrazione del provvedimento di VIA nel provvedimento di approvazione o autorizzazione del progetto ”.

Inoltre, l’art. 19 d. lgs. n. 152/2006 disciplina il “ procedimento di verifica di assoggettabilità a VIA ” (tale definito nella rubrica dell’articolo), mentre l’art. 23 disciplina la “ presentazione dell’istanza, avvio del procedimento di VIA e pubblicazione degli atti ” (il che, come è evidente, fa desumere che fino alla presentazione della specifica istanza il procedimento di VIA non si è ancora formalmente avviato).

Come è dato osservare, il legislatore mostra espressamente di considerare il procedimento di verifica di assoggettabilità a VIA ed il procedimento di VIA come due distinti procedimenti, e ciò non solo nella disciplina oggi vigente (e che comunque illumina retrospettivamente le norme previgenti) ma sin dalle prime formulazioni delle relative discipline.

E’ appena il caso di osservare – a supporto di quanto sin qui considerato – che nel fornire la definizione del procedimento di VIA il legislatore, con esposizione singolarmente dettagliata, giunge ad elencare le singole fasi del procedimento, ma, significativamente, tra queste non è compresa la “fase” di screening .

Da ultimo, l’art. 23, co. 1, del d lgs. 16 giugno 2017, n. 104, nel delimitare l’ambito di applicabilità delle proprie disposizioni, afferma che le stesse “ si applicano ai procedimenti di verifica di assoggettabilità a VIA e ai procedimenti di VIA avviati dal 16 maggio 2017 ”, con ciò evidenziando (una volta di più) come i due procedimenti siano da intendersi come distinti e non già come un unico procedimento (il che avrebbe reso sufficiente il solo riferimento ai “procedimenti VIA”).

In conclusione, appare evidente come i due procedimenti in esame (di screening e di VIA) sono considerati come due procedimenti autonomi dal legislatore, destinati a concludersi con due distinti provvedimenti.

E di tale autonomia il legislatore mostra ancora una volta consapevolezza allorché disciplina, come innanzi richiamato, l’efficacia intertemporale delle disposizioni in tema di efficacia quinquennale del provvedimento di VIA.

4.5. In tale contesto, non assumono particolare significato (nel senso di validare la tesi dell’unicità del procedimento) i richiami effettuati in sentenza alla Direttiva 85/337/CEE ed alla Direttiva 2014/52/UE.

Se è vero, come affermato in sentenza (che richiama anche Corte di Giustizia UE, sez. VI, 18 giugno 1998 C-81/96) che “ la stessa legislazione dell’Unione in materia di VIA ha focalizzato l’attenzione sulla certezza del diritto, prevedendo espressamente l’applicazione della disciplina anteriore, sia sostanziale sia procedurale ” (v. pag. 15 sent.), è altrettanto vero che - posto che il “discrimine” è dato dall’essere i procedimenti di VIA in corso alla data di entrata in vigore della nuova disciplina, pertanto da intendersi in questi casi come non applicabile – occorre comunque stabilire cosa si intenda per procedimento di VIA in corso: di modo che la disciplina e la giurisprudenza europea richiamate, lungi dall’essere risolutive, lasciano impregiudicato il problema dell’unicità o dualità dei procedimenti di screening e di VIA.

Allo stesso modo, non appare utile – al fine di validare la distinzione dei due procedimenti – il richiamo ad un precedente di questo Consiglio di Stato (sez. II, 7 settembre 2020, n. 5379), che, anzi, afferma chiaramente la distinzione ed autonomia dei due procedimenti.

Si afferma in sentenza:

Lo screening, dunque, data la sua complessità e l’autonomia riconosciutagli dallo stesso Codice ambientale che all’art. 20 (e, più di recente, all’art. art. 9, d.lgs. del 16 giugno 2017, n. 104) ne disciplina lo svolgimento, è esso stesso una procedura di valutazione di impatto ambientale, meno complessa della V.I.A., la cui previsione risponde a motivazioni comprensibilmente diverse. Per questo motivo è spesso definito in maniera impropria come un subprocedimento della V.I.A., pur non essendo necessariamente tale. Esso è qualificato altresì come preliminare alla V.I.A., dizione questa da intendere solo in senso cronologico, stante che è realizzato preventivamente, ma solo con riguardo a determinate tipologie di progetto rispetto alle quali alla valutazione vera e propria si arriva in via eventuale, in base cioè proprio all’esito in tal senso della verifica di assoggettabilità ”.

Aggiunge ancora, condivisibilmente, la citata sentenza n. 5379/2020:

La verifica di assoggettabilità, dunque, non può essere considerata una fase costitutiva ed imprescindibile della V.I.A., perché essa non deve essere esperita sempre, ma solo rispetto ai progetti appena elencati. Ne costituisce pertanto un elemento aggiuntivo eccezionale rispetto al normale iter, che per gli altri progetti prende avvio con la presentazione della relativa istanza.

Quanto detto rende evidente la peculiarità dell’autonomia del procedimento di screening, che non si conclude mai con un diniego di V.I.A., bensì con un giudizio di necessità di sostanziale approfondimento. In altre parole, il rapporto tra i due procedimenti appare configurabile graficamente in termini di cerchi concentrici caratterizzati da un nucleo comune rappresentato dalla valutazione della progettualità proposta in termini di negativa incidenza sull’ambiente, nel primo caso in via sommaria e, appunto, preliminare, nel secondo in via definitiva, con conseguente formalizzazione del provvedimento di avallo o meno della stessa ” (nei sensi dell’autonomia dei due procedimenti, si veda anche Cons. Stato, sez. VI, 14 ottobre 2014, n. 5092).

Si tratta, dunque, di due distinti procedimenti, dei quali il secondo (il procedimento di VIA) solo eventuale e si afferma la “ peculiarità dell’autonomia del procedimento di screening ”, definito “ in maniera impropria come un subprocedimento della VIA ”.

5.1. La ricostruzione in termini di “unicità” dei due procedimenti (di screening e di VIA) contrasta anche con la configurazione generale del procedimento amministrativo, come delineata dalla legge n. 241/1990.

E’ noto come il procedimento amministrativo costituisca la “forma” dell’attività amministrativa volta alla cura, tutela e perseguimento dell’interesse pubblico con esercizio di potere.

La legge n. 241/1990 tipizza sia l’avvio del procedimento amministrativo (che può iniziare di ufficio o su istanza di parte), sia la conclusione dello stesso, che può avvenire sia, in via principale, “ mediante provvedimento espresso ”, sia attraverso la conclusione di un accordo sostitutivo di provvedimento (art. 11), sia, per i casi in cui il provvedimento non venga adottato, attraverso la tipizzazione del silenzio serbato dalla pubblica amministrazione, cui la legge attribuisce “ significato ”.

Ciò che, dunque, caratterizza il procedimento amministrativo, definendone i confini, è, da un lato, un atto di avvio dell’amministrazione (comunicato ai sensi dell’art. 7) o del privato;
dall’altro, l’adozione di un provvedimento espresso, che ne costituisce la doverosa conclusione.

Ciò significa che, una volta che un atto con valore provvedimentale venga adottato, secondo le previsioni normative regolanti la specifica attività procedimentalizzata della pubblica amministrazione, non può che verificarsi la conclusione del procedimento amministrativo a suo tempo avviato.

In tale contesto, la nozione di “subprocedimento”, priva di riconoscimento positivo, se pure può avere una sua valenza descrittiva al fine di porre in rilievo quelle scansioni dell’attività amministrativa procedimentalizzata dotate di una loro specifica evidenza (come nel caso delle “ fasi di integrazione dell’efficacia dell’atto ”), non può assumere, tuttavia, autonomia e rilevanza giuridica, poiché:

- o tale segmento definito “subprocedimento” si conclude con un atto finalizzato all’adozione del provvedimento conclusivo del più generale procedimento, ed allora ciò che si definisce subprocedimento altro non è che una fase (anche dotata di specificità e/o esternalizzata rispetto all’amministrazione procedente) dell’unico procedimento amministrativo a suo tempo avviato;

- oppure si conclude con l’adozione di un atto al quale si riconosce natura provvedimentale (e dunque lesività potenziale delle posizioni giuridiche di terzi e quindi assoggettamento ad impugnazione da parte di chi postula tutela per una propria situazione soggettiva), ma in questo caso non già di subprocedimento occorre parlare, bensì di vero e proprio (ed autonomo) procedimento amministrativo, risultando al contrario la definizione di subprocedimento riduttiva e fuorviante.

Ciò che si intende affermare, in buona sostanza, è che la legge n. 241/1990 ha provveduto, sia pure talora in via indiretta, alla formalizzazione del “ procedimento amministrativo ”, di modo che, tutte le volte che una attività amministrativa si conclude con un atto al quale è attribuita natura provvedimentale (dunque considerato lesivo e impugnabile), tale attività si presenta come “ procedimento ”.

In tale contesto, la nozione di subprocedimento può avere valenza chiarificatoria a fini classificatori e/o didattico/espositivi, ma non ha una sua autonomia né una possibile distinzione dalla nozione di procedimento amministrativo.

5.2. Nel caso di specie, è del tutto pacifico, nella giurisprudenza del giudice amministrativo (si veda, ex plurimis , Cons. Stato, sez. VI, 14 ottobre 2014, n. 5092;
sez. IV, 3 marzo 2009, n. 1213) che l’atto di conclusione del procedimento di assoggettabilità a VIA costituisca provvedimento immediatamente impugnabile.

Anche per questo aspetto, dunque, ed in ragione di quanto innanzi esposto (anche in riferimento al dettato della l. n. 241/1990), non può che concludersi per il riconoscimento della natura di autonomo procedimento amministrativo al procedimento di screening .

6. Per tutte le considerazioni sin qui rappresentate, deve trovare accoglimento il primo motivo di appello proposto dalla Regione Campania ( sub lett. a ) dell’esposizione in fatto).

Poiché il procedimento di VIA costituisce procedimento autonomo (ed eventuale) rispetto a quello di screening , ancorché da quest’ultimo sollecitato, nel caso di specie lo stesso deve ritenersi avviato in data 22 settembre 2008, e dunque successivamente all’entrata in vigore del d.lgs. n. 4/2008, di modo che il procedimento ricade tutto sotto l’egida della nuova disciplina, con conseguente necessità (come sostenuto dall’appellante Regione Campania) di rinnovo della VIA per superamento del prescritto termine quinquennale.

7. L’accoglimento dell’appello della Regione Campania comporta la necessità di esaminare i motivi assorbiti dalla sentenza impugnata e riproposti dall’appellata società Marina di Pinetamare nel presente grado di giudizio.

7.1. E’ infondato il motivo ( sub lett. a1 ) dell’esposizione in fatto) con il quale si deduce che, anche a volere per ipotesi accedere alla tesi secondo la quale al parere VIA di cui al D.D. n. 769/2009 troverebbe applicazione il termine quinquennale di validità, occorre ritenere che questo “ non solo non si sia consumato ma, invero, non abbia neanche iniziato a decorrere ”, poiché il citato art. 26 prevede che il termine comincia a decorrere dalla data di pubblicazione del provvedimento di valutazione di impatto ambientale e “ non risulta che l’amministrazione regionale abbia proceduto alla pubblicazione del decreto VIA, specie nel BURC ”.

Come si è già avuto modo di riportare, l’art. 26, co. 6, d.lgs. n. 152/2006 (nel testo introdotto dall’art. 1, comma 3, d. lgs. 16 gennaio 2008, n. 4) prevedeva:

I progetti sottoposti alla fase di valutazione devono essere realizzati entro cinque anni dalla pubblicazione del provvedimento di valutazione dell’impatto ambientale. Tenuto conto delle caratteristiche del progetto il provvedimento può stabilire un periodo più lungo. Trascorso detto periodo, salvo proroga concessa, su istanza del proponente, dall’autorità che ha emanato il provvedimento, la procedura di valutazione dell’impatto ambientale deve essere reiterata ”.

La norma, come è dato osservare, non collega in via diretta la reiterazione della procedura di valutazione al decorso del termine di cinque anni dalla pubblicazione del decreto di VIA, ma prescrive che la realizzazione del progetto debba avvenire entro il predetto termine. Solo nel caso in cui il progetto non sia stato realizzato (in tutto o in parte) entro il termine predetto, occorrerà ripetere la procedura di VIA.

Orbene, poiché la perdita di efficacia del provvedimento di VIA non dipende in via diretta dalla data di sua pubblicazione, bensì dal fatto che entro il termine quinquennale i lavori non siano completati, ciò che rileva non è (come non condivisibilmente sostenuto dall’appellante incidentale) il dato formale della intervenuta pubblicazione, bensì il dato sostanziale della realizzazione del progetto. Ne consegue che, in tutti i casi nei quali risulti la consapevolezza nel destinatario dell’emissione del decreto, ed a maggior ragione laddove venga da questi svolta attività il cui svolgimento presuppone il provvedimento di VIA, il termine quinquennale comincia a decorrere.

Diversamente opinando, si perverrebbe ad affermare (come rileva la Regione), che il destinatario del provvedimento di VIA avrebbe operato in “assenza” della medesima, il che appare privo di ragionevolezza. In buona sostanza, non può ritenersi il provvedimento di VIA efficace quanto alla possibilità di realizzare il progetto e comunque agire (anche) in base ad esso, ma non ritenerlo altrettanto efficace ai fini della decorrenza del termine quinquennale (nei sensi “mediati” innanzi esposti).

Nel caso di specie, la stessa società (v. pag. 3 memoria del 5 luglio 2021) espone le attività svolte sulla base del già emanato e conosciuto (e dunque efficace) provvedimento di VIA.

7.2. Quanto esposto al precedente punto 7.1 è sufficiente a sorreggere la reiezione anche dell’ulteriore motivo riproposto ( sub lett. b1 ) dell’esposizione in fatto), con il quale si deduce che la VIA deve ritenersi tuttora valida ed efficace in quanto “ in considerazione del rischio connesso alla sopravvenienza di necessari interventi di modifica del progetto, deve ritenersi fondamentale la caratterizzazione dei sedimenti e pertanto è agevole concludere che (seppure questa si ritenesse sussistente) la decorrenza effettiva dell’efficacia del provvedimento VIA avesse come decorrenza la validazione della caratterizzazione da parte dell’ente preposto, nello specifico caso dal Dipartimento provinciale di Caserta dell’ARPA avvenuta solo in data 9 dicembre 2013 e senza che mai la concessionaria sia stata inerte ”.

Tale prospettazione non trova riscontro nella disciplina della VIA e richiederebbe (in contrasto con la normativa all’epoca vigente) una (auto)determinazione dell’efficacia del provvedimento VIA, dipendente caso per caso dalle fasi individuate o dal verificarsi delle condizioni eventualmente prescritte.

8. In conclusione, per tutte le ragioni sin qui esposte l’appello proposto dalla Regione Campania deve essere accolto, mentre devono essere rigettati i motivi riproposti dall’appellata società Marina di Pinetamare nel presente grado di giudizio.

Per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, deve essere rigettato il ricorso instaurativo del giudizio di primo grado.

Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate come in dispositivo.

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