Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2023-12-27, n. 202311168

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2023-12-27, n. 202311168
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202311168
Data del deposito : 27 dicembre 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 27/12/2023

N. 11168/2023REG.PROV.COLL.

N. 03361/2023 REG.RIC.

N. 03413/2023 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3361 del 2023, proposto da
AGEA - Agenzia per le Erogazioni in Agricoltura, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

contro

Società agricola La Sorgente di Moretti Attilio &
Co, non costituita in giudizio;



sul ricorso numero di registro generale 3413 del 2023, proposto da
Società agricola La Sorgente di Moretti Attilio e C. S.S., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Paolo Botasso, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Maurizio Cucciolla Studio Grez &
Associati in Roma, corso Vittorio Emanuele II, n. 18;

contro

AGEA - Agenzia per le Erogazioni in Agricoltura, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;
Agenzia delle Entrate-Riscossione – Agente della Riscossione – Prov. di Cremona, non costituita in giudizio;

per la riforma

quanto al ricorso n. 3361 del 2023 e quanto al ricorso n. 3413 del 2023 della sentenza breve del Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia - Sezione di Brescia (Sezione Seconda) n. 906/2022, resa tra le parti.


Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di AGEA - Agenzia per le Erogazioni in Agricoltura;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 7 novembre 2023 il Cons. Giovanni Pascuzzi e uditi per le parti gli avvocati Paolo Botasso e Massimo Di Benedetto dell'Avvocatura generale dello Stato;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. Con ricorso del 2021 la società agricola La Sorgente di Moretti Attilio e C. s.s. ha chiesto al T per la Lombardia, Sezione di Brescia, l’annullamento:

- dell’intimazione di pagamento 035 2021 90005393 00/000 dell’importo di € 80.216,00 con riferimento all’annata lattiero casearia 1999/2000;

- dell’intimazione di pagamento n. 035 2021 90005392 92/00 dell’importo di 1.531.181,78 con riferimento all’annata lattiero casearia 2005/2006, 2007/2008 e 2008/2009;

- di ogni ulteriore atto antecedente, presupposto, conseguente o comunque connesso al procedimento.

La ricorrente chiedeva in ogni caso l’accertamento dell’intervenuta prescrizione dell’eventuale debito residuo a titolo di prelievo supplementare in capo all’azienda agricola ricorrente con riferimento alle annate 1999/2000, 2005/2006, 2007/2008 e 2008/2009.

1.1 La ricorrente sottolineava, in via di premessa, che l’azione mirava a far accertare il corretto esercizio di poteri amministrativi involgenti la determinazione del quantum debeatur .

2. A sostegno dell’impugnativa venivano formulati i seguenti motivi di ricorso:

I. Eccesso di potere per difetto di istruttoria e ingiustizia manifesta. Inesistenza dell’atto presupposto.

Si sosteneva che l’intimazione era illegittima in quanto emessa sulla base di un provvedimento annullato in via definitiva in sede giurisdizionale.

II. Prescrizione del credito.

Si sosteneva che l’intimazione riguardava “tributi coattivi” riferiti agli anni 1999/2000, 2005/2006, 2007/2008 e 2008/2009. Di conseguenza risultavano trascorsi oltre 10 anni e questo a voler considerare comunque il termine di prescrizione ordinario.

III. Il contrasto tra normativa interna e quella comunitaria in relazione all’intero meccanismo di determinazione del prelievo supplementare.

In subordine al motivo I si sosteneva che:

a) il credito vantato non era certo nella sua esistenza e nemmeno nel suo ammontare;

b) sulla base del principio che obbliga a disapplicare ex officio il diritto interno tutte le volte in cui questo risulti in contrasto con il diritto UE, con specifico riferimento alle quote latte, la medesima tutela deve essere concessa anche in relazione alla campagna 2003-2004 e a quelle successive fino al 2007-2008.

IV. Eccesso di potere per carenza di istruttoria. Eccesso di potere come conseguenza della violazione della legge penale con riferimento agli artt. 479 e 323 c.p.. Violazione dell’art. 13 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo e dell’art. 1 del Protocollo n. 1 della CEDU. Il contrasto con gli esiti dell’istruttoria svolta in sede penale.

Dopo aver richiamato il provvedimento del GIP presso il Tribunale di Roma del 5 giugno 2019 (che avrebbe rilevato "la prova della totale inattendibilità e falsità dei dati del sistema” relativo alle quote latte) si sosteneva che:

- gli importi contenuti nelle cartelle esattoriali impugnate erano frutto di dati e calcoli artefatti e, quindi, sbagliati;

- AGEA non aveva svolto alcuna istruttoria di fronte alla conclamata falsità e erroneità dei dati posti a supporto dei provvedimenti impugnati;

- occorreva verificare preliminarmente la correttezza e la legittimità degli importi di prelievo di cui l’Amministrazione richiedeva il pagamento.

V. Eccesso di potere per difetto di istruttoria e carenza di motivazione sotto molteplici profili. Violazione di legge in relazione agli artt. 8- ter e 8- quinquies del decreto legge 10.2.2009 n. 5, convertito in legge 9.4.2009 n. 33 ed ai principi di buon andamento e trasparenza della P.A. di cui all’art. 97 Cost. Violazione di legge in relazione agli artt. 3 e 10 della legge 7.8.1990 n. 241.

Si sosteneva che:

- nessuna attività di verifica era stata posta in essere dall’Agenzia procedente e da AGEA prima dell’emissione dell’intimazione di pagamento, attività che avrebbe dovuto condurre ad un ricalcolo e ad una verifica degli importi richiesti;

- la ricorrente, in relazione al debito dovuto a titolo di prelievo supplementare, aveva subito la compensazione con i contributi comunitari;

- l’Amministrazione aveva del tutto omesso di accertare preventivamente la sussistenza dei presupposti per procedere alla riscossione, nonché di indicare la ragione posta a fondamento della riscossione a mezzo ruolo.

VI. Violazione dell’art. 7 della legge 27.7.2000, n. 212 e dell’art. 3 della legge 7.8.1990 n. 241. Eccesso di potere per carenza di istruttoria e di motivazione.

Si sosteneva che, nel caso di specie, era riportata solo la cifra globale degli interessi dovuti con riferimento alle singole imputazioni di prelievo, senza indicazione alcuna circa le specifiche modalità di calcolo degli stessi, circa il periodo preso in considerazione per il calcolo e le aliquote applicate per le varie annualità.

VII. Violazione di legge in relazione agli artt. art. 3- bis , 6, 6- ter del d.lgs.

7.3.2005 n. 82;
all’art. 16- ter del d.l. 18.10.2012 n. 179 ed all’art. 3- bis della legge 21.1.1994 n. 53: nullità della cartella impugnata per inesistenza ovvero nullità insanabile della notifica.

Si sosteneva che l’intimazione di pagamento risultava notificata a mezzo PEC da un indirizzo che non figura in nessuno degli elenchi ufficiali (Reginde, ipa, pp.aa., ini-pec) di cui all’art. 16- ter , comma 1, del d.l. 179/2012.

3. L’Amministrazione si costituiva nel giudizio di primo grado, chiedendo la reiezione del ricorso.

4. Dopo aver acquisito, in esito ad ordinanza istruttoria a carico dell’AGEA, informazioni relative al contenzioso proposto dall’azienda agricola ricorrente nei confronti degli atti di accertamento o di intimazione del prelievo supplementare per le campagne oggetto del ricorso, con sentenza n. 906/2022 il T per la Lombardia, Sezione di Brescia ha:

(a) dichiarato improcedibile il ricorso per quanto riguarda la campagna 1999-2000;

(b) accolto parzialmente il ricorso per quanto riguarda le campagne 2005-2006 e 2007-2008;

(c) respinto il ricorso relativamente alla campagna 2008-2009.

4.1 Il T ha preliminarmente rilevato che con sentenza n. 401/2020 il T per la Lombardia, Sezione di Brescia, ha annullato la cartella di pagamento relativa alla campagna 1999-2000, atto presupposto della prima intimazione di pagamento impugnata nel presente ricorso, e che la stessa AGEA ha preannunciato un nuovo calcolo del prelievo supplementare secondo i criteri indicati dal T.

Questi ultimi, a loro volta, derivano dalle recenti pronunce della Corte di Giustizia, che il giudice ha esaminato nel prosieguo della motivazione. Secondo il primo giudice, in tale situazione, non si verifica automaticamente l’improcedibilità del ricorso per la suddetta campagna, in quanto un nuovo calcolo corrisponde sostanzialmente a una domanda subordinata. Avendo l’azienda agricola ricorrente formulato anche altri argomenti, che avrebbero determinato, se accolti, l’accertamento dell’inesistenza dell’intero debito, il primo giudice ha ritenuto necessario esaminare per tutte le campagne oggetto del ricorso anche i motivi diversi dalla violazione del diritto europeo, come recentemente interpretato dalla Corte di Giustizia. Solo in caso di reiezione di tali motivi si sarebbe potuto dichiarare l’improcedibilità relativamente alla campagna 1999-2000, in quanto per la suddetta campagna vi è già una sentenza del T che ha recepito il contenuto delle sentenze della Corte di Giustizia. Il primo giudice ha ritenuto rilevanti i motivi focalizzati sulla violazione del diritto europeo per le campagne 2005-2006, 2007-2008, 2008-2009, con riguardo alle quali è stata ritenuta necessaria una pronuncia di merito.

4.2 Il T:

- ha respinto le censure di carattere formale relative alla notifica dell’intimazione e alla carenza di motivazione;

- ha respinto le censure basate sulla asserita inesigibilità del credito, rifacendosi al principio secondo il quale se non adeguatamente documentata, la compensazione con gli aiuti PAC rimane un argomento generico, non opponibile nella procedura di recupero del prelievo supplementare;

- relativamente alla produzione nazionale di latte, ha affermato che le questioni riguardanti la gestione storica delle quote latte in Italia e la coerenza dei dati inseriti nell’anagrafe bovina non possono determinare un dubbio insuperabile circa la quantificazione del prelievo supplementare nei confronti di tutti i produttori, o di classi di produttori;
e che le uniche eccezioni sono quelle recentemente individuate dalla Corte di Giustizia a proposito della compensazione nazionale e del rimborso del prelievo in eccesso, su cui è tornata nel prosieguo;

- per quel che riguarda gli interessi, ha affermato che gli stessi si combinano con il debito principale, e ricadono nella medesima procedura di riscossione coattiva, in quanto accessori dovuti ex lege per una violazione permanente della disciplina europea sulle quote latte;
per quel che riguarda la loro misura, vista la natura permanente dell’inadempimento, ha ritenuto corretta l’applicazione dei tassi stabiliti dal diritto europeo successivamente alla conclusione delle campagne che hanno dato origine al prelievo supplementare.

4.3 Con riferimento alla prescrizione, il T ha affermato che:

- la prescrizione applicabile al prelievo supplementare, tanto per il capitale quanto per gli interessi, è quella decennale, trattandosi di somme dovute a seguito di specifici accertamenti, e non periodiche;

- essendo basati sul medesimo inadempimento, gli interessi non sono scindibili dal capitale quanto alla disciplina della prescrizione;

- il vincolo di solidarietà tra produttori e acquirenti impone di considerare interruttivi per i produttori ex art. 1310 c.c. anche gli atti notificati agli acquirenti;

- la prescrizione non decorre nella pendenza di un giudizio, secondo la regola generale dell’art. 2945, comma 2, c.c., anche quando l’iniziativa giudiziale sia stata assunta dal debitore, e indipendentemente dal comportamento processuale di quest’ultimo (rinuncia, perenzione);

- nello specifico, tenendo conto della pendenza del contenzioso sugli atti presupposti, della sospensione dei termini per la rateizzazione e la pandemia, e delle due precedenti intimazioni di pagamento, è evidente che l’azienda agricola ricorrente non poteva invocare la prescrizione del credito dell’AGEA.

4.4 Sul contrasto con il diritto dell’Unione, il T ha ritenuto che le campagne 2005-2006 e 2007-2008 ricadono nelle statuizioni della sentenza C-377/19 della Corte di Giustizia UE, mentre la campagna 2008-2009 è invece esclusa dalla tutela riconosciuta dalla Corte di Giustizia.

4.5 Sulla disapplicazione del diritto interno, il primo giudice ha ritenuto che:

- il contrasto con il diritto dell’Unione, come interpretato dalla Corte di Giustizia, comporta l’obbligo per il giudice nazionale di disapplicare le norme interne anteriori o successive, all’occorrenza anche di propria iniziativa;

- con riguardo alle quote latte, deve essere disapplicata la disciplina relativa alla compensazione nazionale (per le campagne dal 1995-1996 al 2002-2003) e la disciplina relativa al rimborso del prelievo in eccesso (per le campagne seguenti, fino all’annata 2007-2008 compresa);

- l’effetto conformativo della disapplicazione vincola le autorità amministrative a calcolare nuovamente i debiti dei produttori;

- prima di disapplicare il diritto interno occorre verificare se si sia formato un giudicato sull’obbligo di corrispondere il prelievo supplementare;

- al riguardo, si devono tenere distinti i giudicati di merito da quelli in rito: questi ultimi non possono assumere rilievo ai sensi del diritto europeo, consolidando il debito delle aziende agricole a titolo di prelievo supplementare;

- nel caso in esame non essendosi formati giudicati di merito, non vi sono elementi che impediscano di ricalcolare il prelievo supplementare delle campagne 2005-2006 e 2007-2008 secondo le indicazioni della Corte di Giustizia.

4.6 Il primo giudice, sulla scorta delle argomentazioni appena sintetizzate:

- ha considerato improcedibile il ricorso relativamente alla campagna 1999-2000, che sarà sottoposta al nuovo calcolo preannunciato dall’AGEA;

- ha accolto il ricorso relativamente alle campagne 2005-2006 e 2007-2008, e lo ha respinto relativamente alla campagna 2008-2009.

Il primo giudice ha chiarito che l’effetto conformativo della pronuncia implica che anche per le campagne 2005-2006 e 2007-2008 venga rideterminato l’importo del prelievo supplementare incaricando l’AGEA di effettuare un nuovo calcolo per tali annate, disapplicando le norme interne e i provvedimenti amministrativi incompatibili con il diritto europeo, secondo l’interpretazione della Corte di Giustizia.

5. Avverso la sentenza del T per la Lombardia n. 906/2022 ha proposto appello la società agricola La Sorgente di Moretti Attilio e C. s.s.: NRG 3413/2023.

5.1 Nel procedimento si è costituita AGEA proponendo appello incidentale condizionato.

6. Avverso la sentenza del T per la Lombardia n. 906/2022 ha proposto appello anche l’Agenzia per le Erogazioni in Agricoltura (AGEA): NRG 3361/2023.

7. Con ordinanza n. 1902/2023 il Collegio:

(a) ha riunito preliminarmente i ricorsi (n. 3413/2023 e n. 3361/2023) perché proposti avverso la stessa sentenza;

(b) ha respinto l’istanza cautelare presentata da AGEA per difetto del requisito del periculum rilevando al più l’interesse dell’Amministrazione ad una sollecita definizione del merito;

(c) ha accolto l’istanza cautelare presentata dalla società agricola la Sorgente avendo le intimazioni di pagamento impugnate in primo grado ad oggetto importi significativi per una piccola realtà produttiva come è quella della ridetta società agricola;

(d) ha fissato per la trattazione nel merito degli appelli l’udienza pubblica del 7 novembre 2023.

8. All’udienza del 7 novembre 2023 gli appelli riuniti sono stati trattenuti per la decisione.

DIRITTO

1. La società agricola La Sorgente di Moretti Attilio e C. s.s. ha impugnato la sentenza del T per la Lombardia per i seguenti motivi:

I. Prescrizione del credito.

La società agricola la Sorgente sostiene che:

A. Il T ha ritenuto interrotto il decorso della prescrizione del credito – il cui termine è stato individuato dallo stesso in dieci anni – in ragione del fatto che l’azienda agricola ricorrente avrebbe, negli anni, adito l’Autorità Giudiziaria per l’annullamento sia degli atti impositivi del prelievo supplementare relativi alle singole campagne lattiero-casearie;

- a norma dell'art. 2943, comma 2, c.c. l'effetto interruttivo della prescrizione per il periodo di pendenza del giudizio e fino alla sentenza definitiva si produce solo se a proporre la domanda è il creditore e non viceversa;

- posto che i giudizi citati dal giudice di primo grado a dimostrazione dell’interruzione della prescrizione sono stati tutti radicati dall’azienda agricola ricorrente e che non è neppure dato sapere, visto il totale silenzio sul punto da parte tanto dell’AGEA quanto del Giudice di primo grado, se l’Amministrazione si fosse in allora costituita e in che modo si fosse difesa, la documentazione prodotta dalla resistente in primo grado non è idonea a ritenere assolto l’onere probatorio circa l’esistenza di atti interruttivi la prescrizione;

- non potendo ritenere applicabili gli effetti previsti dall’art. 2945, comma 2, c.c. nel periodo di pendenza dei giudizi di impugnazione dei prelievi, il credito vantato da AGEA, risalente alle annate lattiero-casearie 2005/2006, 2006/2007 e 2008/2009 è, quindi, oramai prescritto e ciò a considerare il termine di prescrizione ordinario.

B. Nel caso oggetto d’attenzione avrebbe dovuto applicarsi il Regolamento CE 2988/95 che prevede all’art. 3, comma 1, un termine di prescrizione quadriennale.

C. Per quel che riguarda gli interessi, la tesi accolta dal T secondo la quale la prescrizione sarebbe decennale, contrasta espressamente con l’art. 2948, n. 4, c.c. che, peraltro, non prevede alcuna deroga laddove capitale ed interessi si riferiscano ad “un medesimo adempimento”.

II. Il contrasto tra normativa interna e quella comunitaria in materia di “quote latte” con riferimento all’annata 2008/2009.

La società agricola la Sorgente sostiene che:

- il T, pur accogliendo il motivo di ricorso, riguardante il contrasto tra la normativa interna e quella comunitaria, con riferimento alle annate lattiero casearie 2005/2006 e 2007/2008, non è giunto alla medesima conclusione con riferimento alla campagna 2008/2009;

- esiste un contrasto tra la normativa interna e quella comunitaria anche con riferimento alla campagna lattiero casearia 2008/2009 da cui discende, quindi, l’obbligo di disapplicazione della stessa e di ricalcolo degli importi (se) effettivamente dovuti.

III. Sulla produzione nazionale di latte.

La società agricola la Sorgente sostiene che:

- il T ha erroneamente rigettato il quarto motivo di ricorso in primo grado;

- alla luce del provvedimento del GIP presso il Tribunale di Roma del 5.6.2019, gli importi contenuti nelle intimazioni impugnate sono pacificamente frutto di dati e calcoli artefatti e, quindi, sbagliati;

- rileva in questa sede la totale assenza di istruttoria da parte di AGEA di fronte alla conclamata falsità e erroneità dei dati posti a supporto dei provvedimenti impugnati.

IV. Sull’esigibilità del credito.

La società agricola la Sorgente sostiene che:

- non possono essere condivise le statuizioni della sentenza impugnata circa la compensazione della frazione di prelievo supplementare con gli aiuti PAC, ovvero che se non adeguatamente documentata, la compensazione con gli aiuti PAC rimane un argomento generico, non opponibile nella procedura di recupero del prelievo supplementare;

- le trattenute dei contribuiti PAC risultano contabilizzate sulle poste dell’azienda agricola contenuta nel SIAN con riferimento alle singole annate lattiero casearie, quindi, AGEA (e conseguentemente ADER) avrebbe dovuto prendere atto e tener conto di quanto incassato;

- la cartella esattoriale impugnata non tiene conto degli ingenti importi che l’azienda agricola ricorrente ha già corrisposto mediante la compensazione con la PAC, come risulta dalle attestazioni comprovanti le somme già incassate da AGEA a titolo di prelievo supplementare che non sono state conteggiate e avrebbero dovuto essere detratte dall’importo indicato nell’intimazione di pagamento.

V. Sulle censure di carattere formale.

La società agricola la Sorgente rinnova l’eccezione di nullità dell’intimazione di pagamento in quanto notificata a mezzo PEC da un indirizzo che non figura in nessuno degli elenchi ufficiali di cui all’art. 16- ter , comma 1, d.l. n. 179/2012, cosi come invece prescritto dall’art. 3- bis , comma 1, della l. n. 53/1994.

L’appellante rinnova la richiesta di verificazione e di consulenza tecnica d’ufficio volta ad accertare la reale incidenza dell’inserimento di dati falsi e le concrete ricadute sulla determinazione del prelievo supplementare imputato con le cartelle esattoriali qui impugnate.

2. L’AGEA - Agenzia per le Erogazioni in Agricoltura ha impugnato la sentenza del T per la Lombardia unicamente per quel che riguarda le annualità decise dal T in senso sfavorevole all’AGEA (e, pertanto, l’annualità 2005-2006 e l’annualità 2007-2008).

L’appello si basa sui seguenti motivi:

I. Erroneità in diritto della sentenza di prime cure per avere il T ritenuto (in parte implicitamente ma univocamente) che la violazione del diritto UE implichi una nullità sempre rilevabile d’ufficio, se del caso recuperabile con la disapplicabilità di atti a monte anche inoppugnabili, e deducibile anche nei giudizi avverso gli atti a valle;
laddove, invece, il vizio di violazione del diritto UE, al pari del vizio di violazione domestica, concreta una mera annullabilità, da far valere tempestivamente con specifico motivo di impugnazione, pena l’inoppugnabilità del provvedimento, e comunque non spendibile anche nei giudizi avverso gli atti a valle allorché l’atto a monte sia inoppugnabile (o perché non impugnato o perché, come nel caso di specie, il relativo giudizio di annullamento si è estinto per perenzione, con conseguente consolidamento del provvedimento) - Violazione del principio, costituzionale, eurounionale e convenzionale, di certezza del diritto.

AGEA sostiene che:

- è pacifico inter partes (lo stesso T dà contezza della circostanza) che le intimazioni oggetto del presente processo sono state procedute da atti a monte tempestivamente impugnate dalla società agricola;

- le intimazioni oggetto del presente processo sono state precedute da atti a monte ormai inoppugnabili in quanto la società agricola li ha fatti consolidare, lasciando estinguere per perenzione i relativi giudizi di annullamento;

- contrariamente a quanto ritenuto dal T, allorché un provvedimento amministrativo si consolidi perché non impugnato (o perché, dopo l’impugnazione, il ricorrente lascia estinguere per perenzione il giudizio di annullamento da lui attivato), eventuali suoi vizi (fossero anche violazioni del diritto UE, o addirittura casi di provvedimenti c.d. incostituzionali) non possono più essere fatti valere giudizialmente dal privato;
men che meno può immaginarsi che l’amministrato si rimetta in termini da solo per gravare l’atto a monte con l’occasione dell’impugnazione dell’atto a valle;

- il T ha errato allorché, pur attestando l’inoppugnabilità degli atti a monte rispetto alle intimazioni oggetto del presente processo, ha ritenuto di poter entrare nel merito della pretesa creditoria veicolata da quelli (e poi dalle intimazioni oggetto del presente processo);

- un supposto vizio di violazione del diritto UE non è sempre e in ogni tempo deducibile/rilevabile d’ufficio, non concreta una nullità;
per converso, esso concreta un mero vizio di illegittimità, come tale non più rilevabile se non fatto tempestivamente valere con rituale impugnazione (al pari del vizio da violazione di legge domestica), e comunque non rilevabile gravando gli atti a valle;

- andando a sussumere il caso concreto nell’alveo concettual-normativo appena delineato, si impone l’accoglimento dell’appello proposto da AGEA e, di riflesso, la reiezione del ricorso proposto in prime cure anche per la parte in cui esso è stato accolto: è infatti certezza processuale (addirittura confermata espressamente dal giudice di prime cure) che le intimazioni oggetto del presente processo portino un credito precedentemente veicolato a mezzo di altri provvedimenti a monte, che sono ormai inoppugnabili siccome la società agricola ha fatto estinguere il relativo giudizio di annullamento;

- nel merito, la statuizione del T non è corretta, in quanto la supposta violazione del diritto UE non sussiste.

II. Erroneità in diritto e comunque ingiustizia della sentenza di prime cure per avere il T ritenuto che nel caso che ne occupi non vi sia un giudicato favorevole invocabile dall’AGEA, ma solamente provvedimenti amministrativi inoppugnabili (mezzo d’appello relativo alla campagna 2005/2006) – contraddittorietà e comunque carenza motivazionale.

AGEA sostiene che:

- il T, pur sancendo (non correttamente;
v. primo mezzo di gravame) che l’inoppugnabilità di un provvedimento a monte non impedirebbe al giudice di recuperare il sindacato sul vizio di anticomunitarietà con l’occasione dell’impugnazione del provvedimento a valle, comunque espressamente ammette (almeno) che l’eventuale violazione del diritto dell’UE non possa essere rimossa allorché essa sia schermata da un giudicato non di rito;

- il giudice di prime cure scrive « … 37. Nel caso in esame, pertanto, non essendosi formati giudicati di merito, non vi sono elementi che impediscano di ricalcolare il prelievo supplementare delle campagne 2005-2006 e 2007-2008 secondo le indicazioni della Corte di Giustizia »;

- e tuttavia, lo stesso T, in precedenza sempre nella sentenza impugnata, aveva espressamente dato conto della circostanza che « (e) per quanto riguarda la campagna 2005-2006, una prima intimazione di pagamento è stata notificata all’azienda agricola ricorrente il 28 luglio 2009. Con riguardo a tale intimazione l’azienda agricola ricorrente ha chiesto la rateizzazione, che è stata concessa. Contro l’accoglimento della rateizzazione l’azienda agricola ricorrente ha proposto impugnazione davanti al TAR Lazio, che però ha respinto il ricorso con sentenza n. 3738 del 4 aprile 2018. L’appello è stato respinto dal Consiglio di Stato con sentenza n. 4309 del 24 giugno 2019 (oltretutto, l’azienda agricola ricorrente non compare tra gli appellanti) … »;

- è di palmare evidenza l’errore in cui è incorso il primo giudice: il Consiglio di Stato con sentenza n. 4309 del 2019 confermava il rigetto nel merito del ricorso allora proposto in primo grado anche dall’odierna appellata avverso le comunicazioni del Commissario Straordinario nominato ai sensi dell’art.8- quinquies , comma 6 della legge n. 33 del 2009 avente ad oggetto “accoglimento della domanda di rateizzazione”;

- il T per il Lazio con la pronuncia n. 3738/18, rigettava nel merito il prefato ricorso espressamente affrontando, tra l’altro, anche questioni di supposta incompatibilità col diritto eurounionale (cfr., tra l’altro, § 1.1. della prefata sentenza);

- conseguentemente, quanto meno in relazione alla campagna 2005/2006, il T avrebbe dovuto astenersi dall’esaminare il merito delle doglianze agitate dalla società agricola perché non soltanto l’intimazione che porta il credito relativo a tale campagna è stata proceduta da provvedimento inoppugnabile, ma vi è anche un giudicato (non di mero rito) a schermare l’agere amministrativo relativo alla ridetta campagna.

3. Occorre preliminarmente affrontare l’eccezione di improcedibilità sollevata dalla difesa della società agricola nella memoria depositata in vista dell’udienza, eccezione ribadita in sede di udienza di discussione.

In particolare la difesa della società ha affermato che:

- AGEA ha ottemperato alla sentenza impugnata con la comunicazione 6.6.2023 prot. n. AGEA.AGA.2023.45630 avente ad oggetto “Regime quote latte – esecuzione sentenza/e dell’Autorità Giudiziaria. Ricalcolo del prelievo supplementare imputato”, con riferimento ai periodi 1996/1997, 1999/2000, 2001/2002, 2002/2003, 2003/2004, 2004/2005, 2005/2006 e 2007/2008;

- tale provvedimento è stato impugnato dinanzi al T per il Lazio, Sezione V- ter , con ricorso R.G. n. 12753/2023, tuttora pendente;

- il ricalcolo effettuato da AGEA sostituisce i precedenti provvedimenti di imputazione del prelievo supplementare, quindi, l’Amministrazione non ha più alcun interesse all’impugnazione e il ricorso incidentale e quello principale devono essere dichiarati improcedibili;

- viceversa permane in capo alla società appellante l’interesse alla decisione con riferimento alla intervenuta prescrizione del debito e, comunque, in relazione all’annata lattiero casearia 2008/2009, non oggetto del provvedimento di ricalcolo.

Sulla scorta di tali elementi, la difesa della società agricola chiede che l’appello principale e l’appello incidentale proposti da AGEA vengano dichiarati improcedibili.

3.1 L’eccezione non può essere accolta.

AGEA, con il provvedimento dianzi citato, ha proceduto al ricalcolo dei prelievi supplementari dovuti in espressa ottemperanza della sentenza del T per la Lombardia, Sezione di Brescia, n. 906/2022 impugnata in questa sede.

L'esecuzione della sentenza di primo grado da parte dell'Amministrazione soccombente non fa venir meno l'interesse della stessa all'appello, poiché si tratta della mera (e doverosa) ottemperanza ad un ordine giudiziale provvisoriamente esecutivo;
secondo questo indirizzo - applicativo dell'effetto espansivo esterno della sentenza di riforma in appello previsto dall'art. 336, comma 2, c.p.c. - solo nel caso in cui emerga in modo esplicito la volontà dell'Amministrazione di accettare l'assetto di interessi conseguente alla sentenza di primo grado potrebbe ipotizzarsi un interesse contrario a quello palesato con la proposizione dell'appello (Cons. Stato, sez. V, 11/06/2019, n. 3911).

Nella specie l’Amministrazione si è limitata a dare doverosamente esecuzione alla sentenza impugnata, ma non ha in alcun modo manifestato la volontà di accettare le statuizioni in essa contenute.

Al contrario, appare palese la volontà di AGEA di coltivare l’appello che se venisse accolto farebbe decadere il provvedimento di ricalcolo. L’interesse alla decisione sull’appello e sull’appello incidentale persiste.

4. L’appello della società agricola La Sorgente di Moretti Attilio e C. s.s. è destituito di fondamento, anche sulla scorta dei precedenti resi da questo Consiglio (cfr. ex multis sentenze nn. 9772\2023 e 7609\2023).

4.1 Conviene preliminarmente premettere che l’impugnativa in esame ha ad oggetto non l’atto di accertamento del prelievo supplementare – provvedimento tipicamente amministrativo – ma un atto (l’intimazione di pagamento) riguardante la fase esecutiva della riscossione del prelievo dovuto. Ebbene, gli atti inerenti a tale seconda fase (cartella esattoriale, intimazione di pagamento), pur devoluti alla giurisdizione esclusiva amministrativa ai sensi dell’art. 133 cod. proc. amm., sono soggetti alle disposizioni, alle preclusioni ed ai principi regolanti la procedura esecutiva della riscossione mediante ruolo. L’art. 8- quinquies del decreto legge 10 febbraio 2009 n. 5 – convertito con legge 9 aprile 2009, n. 33 – ha stabilito che, a decorrere dal 1° aprile 2019, la riscossione coattiva degli importi dovuti relativi al prelievo supplementare latte, nei casi di mancata adesione alla rateizzazione e in quelli di decadenza dal beneficio della dilazione di cui al presente articolo, è effettuata ai sensi degli articoli 17, comma 1, e 18, del decreto legislativo 26 febbraio 1999, n. 46 (decreto, quest’ultimo, recante il “Riordino della disciplina della riscossione mediante ruolo”). Nel caso di specie, oggetto dell’impugnazione sono intimazioni di pagamento riferite a pregresse debenze già accertate, vale a dire non già un autonomo atto impositivo, bensì un invito prodromico all’esecuzione forzata, impugnabile unicamente per vizi propri. Di contro, i profili asseritamente vizianti l’atto di intimazione sono stati dedotti dalla parte ricorrente, anche invocando le due note sentenze della Corte di giustizia UE del 27.6.2019, n. 348/18 e dell’11.9.2019, n. 46/18, come l’effetto derivato di improprie modalità applicative della quota supplementare e di un errato calcolo delle quote di prelievo e, comunque, come frutto di aspetti relativi a tematiche concernenti la determinazione sostanziale del debito, non già ad irregolarità proprie della fase esecutiva di competenza del soggetto esattore (cfr., ex plurimis , Cons. Stato, Sez. III, 14 dicembre 2022;
Cons. Stato, Sez. III, 17 maggio 2022, n. 3910).

4.2 Sulla prescrizione. Non può essere accolta la tesi della intervenuta prescrizione del credito.

4.2.1 La difesa di AGEA ha prodotto in giudizio le intimazioni ex art. 8- quinques , comma 1, l. 33/09 ritualmente notificate all’azienda agricola:

- n. AGEA.AGA.2009.33418 del 19 giugno 2009, spedita a mezzo racc. a/r il 21 luglio 2009, relativa, tra le altre, alle campagne 2005/06 e 2006/07, alla quale è seguita in data 5 ottobre 2009 la presentazione da parte del produttore della richiesta di rateizzazione, in data 28 febbraio 2012 la comunicazione da parte di AGEA della presa d'atto della mancata accettazione della rateizzazione e del mancato pagamento del prelievo intimato ed in data 4 dicembre 2014 la presa d’atto della mancata adesione alla rateizzazione e del mancato versamento del prelievo;

- n. AGEA.AGA.2010.33147 del 8 luglio 2010, relativa alle campagne 2007/08 e 2008/09, alla quale è seguita in data 30 settembre 2010 la presentazione da parte del produttore della richiesta di rateizzazione, in data 28 febbraio 2012 la comunicazione da parte di AGEA della presa d'atto della mancata accettazione della rateizzazione e del mancato pagamento del prelievo intimato ed in data 4 dicembre 2014 la presa d’atto della mancata adesione alla rateizzazione e del mancato versamento del prelievo;

- n. AGEA.AGA.2015.0086872 del 19 ottobre 2015, spedita a mezzo racc. a/r il 22 ottobre 2015, relativa alla campagna 1999/00, alla quale è seguita la richiesta di rateizzazione spedita a mezzo PEC in data 18 dicembre 2015, in data 22 dicembre 2015 la comunicazione da parte di AGEA dell’accoglimento della domanda di rateizzazione, spedita in data 22 gennaio 2016 ed in data 2 maggio 2016 la presa d’ atto della mancata adesione alla rateizzazione e del mancato versamento del prelievo.

Sono atti che dimostrano l’esistenza di atti interruttivi della prescrizione e che (come ribadito, ex multis , da Cons. Stato. Sez. VI, 23 giugno 2023 n. 6194) possono essere ammessi ai sensi dell’art. 104 c.p.a., in questo grado di giudizio essendo essi indispensabili ai fini della decisione della causa (Cons. Stato, sez. IV, n. 7052/2020;
Cass., Sez. VI, ordinanza 29 novembre 2021, n. 37220), che, avendo ad oggetto provviste finanziarie di derivazione eurounionale, impegna direttamente lo Stato nei confronti dell’Unione al recupero dell’indebito.

4.2.2 In ogni caso è da considerare condivisibile il ragionamento seguito, sul punto, dal primo giudice.

Il T ha correttamente rilevato che «(b) il TAR Lazio, con decreto presidenziale n. 6664 del 17 novembre 2016, ha dichiarato perento il ricorso proposto dall’azienda agricola ricorrente contro l’imputazione di prelievo supplementare per la campagna 2005-2006;
(c) il TAR Lazio, con decreto presidenziale n. 5615 del 19 settembre 2017, ha dichiarato perento il ricorso proposto dall’azienda agricola ricorrente contro l’imputazione di prelievo supplementare per la campagna 2007-2008;
(d) è ancora pendente il ricorso proposto dall’azienda agricola ricorrente davanti al TAR Lazio (n. 10525/2009) contro l’imputazione di prelievo supplementare per la campagna 2008-2009
». È quindi circostanza pacifica che le intimazioni oggetto del presente processo sono state precedute da atti a monte ormai inoppugnabili, in quanto la società agricola li ha fatti consolidare, lasciando estinguere per perenzione i relativi giudizi di annullamento.

4.2.3 Essendo acclarata l’esistenza di atti interruttivi della prescrizione, risultano assorbite le argomentazioni sollevate dalla società agricola circa l’applicabilità degli effetti previsti dall’art. 2945 co. 2 c.c. nel periodo di pendenza dei giudizi di impugnazione dei prelievi. In ogni caso non possono essere condivise le tesi proposte a riguardo dalla società agricola.

Il T ha correttamente rilevato che la prescrizione non decorre nella pendenza di un giudizio, secondo la regola generale dell’art. 2945, comma 2, c.c., anche quando l’iniziativa giudiziale sia stata assunta dal debitore, e indipendentemente dal comportamento processuale di quest’ultimo (rinuncia, perenzione).

La difesa della società agricola, invece, sostiene che i processi avrebbero efficacia interruttivo-sospensiva della prescrizione soltanto se è il creditore a formulare la domanda introduttiva del processo. Come detto, tale tesi non può essere condivisa.

Allorché sia attivato dal privato debitore un giudizio impugnatorio innanzi alla magistratura amministrativa che abbia direttamente ad oggetto (o comunque si ricolleghi con stretto nesso di causalità ad) un credito della p.a. resistente, la prescrizione di questo diritto è interrotta e permanentemente sospesa sino al termine del giudizio amministrativo, e solo da questo momento ricomincia a decorrere;
e ciò anche nei casi in cui il giudizio amministrativo non si concluda con una decisione sul merito, ma con una dichiarazione di estinzione per perenzione (che il ricorrente solo poteva evitare;
art. 82 c.p.a.), non potendosi applicare in questo caso l’art. 2945, comma 3, c.c. giacché, tra l’altro, il procedimento analogico richiede la coincidenza di ratio nelle due fattispecie considerate, e la ratio della citata norma è, indiscutibilmente, quella di non favorire il creditore inerte – senza contare che solo il ricorrente può evitare la perenzione. La logica dell’art. 2945, comma 3, c.c. è quella di non avvantaggiare il creditore inerte che attivi un giudizio e poi, potendolo evitare, lo fa estinguere.

A conforto di quanto appena affermato si possono citare alcuni principi sanciti dalla giurisprudenza del Consiglio di Stato e dalla giurisprudenza della Cassazione civile:

- non è ipotizzabile che la durata dei giudizi relativi ai crediti contestati non debba essere considerata ai sensi dell’art. 2945 cc. e che la costituzione in giudizio dell’Amministrazione con conseguente richiesta di rigetto del ricorso non possa essere considerata atto idoneo alla interruzione della prescrizione ai sensi dell’art. 2943 c.c. (Cons. Stato, Sez. VI, 7 agosto 2023, n. 7609);

- la disposizione dettata dal secondo comma dell'art. 2945 c.c., intesa a non far correre la prescrizione nel tempo richiesto per la realizzazione del diritto in via giurisdizionale, non può trovare applicazione quando lo stesso creditore, dopo aver proposto in giudizio una domanda, la abbandoni, così impedendo che sulla stessa intervenga la sentenza definitiva da cui possa iniziare il nuovo periodo di prescrizione previsto dalla legge, senza che possa rilevare che il giudizio prosegua e giunga a definizione relativamente ad altre e diverse pretese avanzate contestualmente a quella abbandonata (Cass. civile, sez. I, 23 novembre 2015, n. 23867).

4.2.4 Del pari assorbita è la questione circa l’applicabilità della prescrizione quadriennale prevista dal Regolamento CE 2988/95. In ogni caso la giurisprudenza amministrativa si è reiteratamente pronunciata nel senso del carattere ordinario/decennale della prescrizione applicabile alla materia di cui si discute (Cons. Stato. Sez. VI, 14 dicembre 2023 n. 10778).

4.2.5 Assorbita è anche la questione relativa alla prescrizione degli interessi, vista l’esistenza degli atti interruttivi della prescrizione stessa.

4.3 Sul contrasto tra normativa interna e quella comunitaria in materia di “quote latte” con riferimento all’annata 2008/2009.

Non può essere accolta la tesi circa gli effetti che deriverebbero dal contrasto tra la normativa comunitaria e quella interna (nello specifico, relativamente all’annata 2008/2009).

4.3.1 Come ribadito, di recente, anche da Cons. Stato, Sez., VI, 29/11/2023 n. 10303, in ordine al regime dei provvedimenti amministrativi nazionali assunti in violazione del diritto europeo, la giurisprudenza ampiamente prevalente ha evidenziato che il contrasto di un atto amministrativo con il diritto europeo costituisce sempre e solo motivo di annullabilità e non di nullità.

In altri termini, fermo restando che il contrasto tra un provvedimento amministrativo nazionale e il diritto dell’Unione europea debba generare qualche forma d’invalidità dell’atto in questione, il Consiglio di Stato, almeno a far tempo dalla sentenza di questa Sezione 31 marzo 2011, n. 1983, ha affermato che l’atto amministrativo che viola il diritto dell’Unione europea è affetto da annullabilità per vizio di illegittimità sotto forma di violazione di legge e non da nullità, atteso che l’art. 21- septies della l. 7.8.1990, n. 241, ha codificato in numero chiuso le ipotesi di nullità del provvedimento amministrativo e tra queste ipotesi non rientra il contrasto con il diritto dell’Unione europea.

Ne consegue che la nullità è configurabile nella sola ipotesi in cui il provvedimento amministrativo nazionale sia stato adottato sulla base di una norma interna attributiva del potere incompatibile con il diritto europeo e quindi disapplicabile, la cui ipotesi non ricorre nella fattispecie in esame.

La violazione del diritto europeo, quindi, implica un vizio d’illegittimità con conseguente annullabilità dell’atto amministrativo con esso contrastante e da ciò discende un duplice ordine di conseguenze: sul piano processuale l’onere dell’impugnazione del provvedimento contrastante con il diritto europeo davanti al giudice amministrativo entro il termine di decadenza di sessanta giorni, pena l’inoppugnabilità del provvedimento stesso;
sul piano sostanziale, l’obbligo per l’Amministrazione di dar corso all’applicazione dell’atto, fatto salvo l’esercizio del potere di autotutela.

La natura autoritativa di un provvedimento amministrativo, infatti, non viene meno se la disposizione attributiva di potere è poi dichiarata incostituzionale o si manifesta in contrasto con il diritto europeo (Cons. Stato, sez. III, 29 settembre 2022, n. 8380;
Cons. Stato, sez. II, 7 aprile 2022, n. 2580;
id. 25 marzo 2022, n. 2194;
id. 16 marzo 2022, n. 1920), a maggior ragione quando, come nel caso di specie in materia di quote latte, il contrasto con il diritto europeo non ha riguardato la disposizione attributiva del potere, ma una regola sui criteri da seguire per il legittimo esercizio del potere (Cons. Stato, sez. III, 20 luglio 2022, n. 6333);
più nel dettaglio, le due sentenze della Corte di giustizia sopra richiamate hanno accertato l’incompatibilità della normativa interna concernente (non già il prelievo supplementare a monte, ma) i criteri di riassegnazione dei quantitativi inutilizzati ovvero i (criteri relativi ai) rimborsi delle eccedenze dei prelievi supplementari.

La giurisprudenza europea, nell’esercizio della sua funzione nomofilattica, ha posto ugualmente in rilievo che la certezza del diritto è inclusa tra i principi generali riconosciuti nel diritto comunitario, sicché « il carattere definitivo di una decisione amministrativa, acquisito alla scadenza dei termini ragionevoli di ricorso in seguito all’esaurimento dei mezzi di tutela giurisdizionale, contribuisce a tale certezza e da ciò deriva che il diritto comunitario non esige che un organo amministrativo sia in linea di principio, obbligato a riesaminare una decisione amministrativa che ha acquisito tale carattere definitivo » (cfr. sentenza Kuhne &
Heitz del 13 gennaio 2004).

Nello stesso senso, la giurisprudenza europea successiva ha evidenziato come, nel rispetto dei principi di equivalenza ed effettività, il principio della certezza nei rapporti giuridici non determina che gli stessi, una volta esauriti, debbano essere messi nuovamente e continuamente in discussione per effetto di una sentenza della Corte di Giustizia che sancisca la sostanziale incompatibilità di un determinato atto con la normativa europea (le stesse recenti sentenze della

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