Consiglio di Stato, sez. VII, sentenza 2024-03-07, n. 202402231

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VII, sentenza 2024-03-07, n. 202402231
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202402231
Data del deposito : 7 marzo 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 07/03/2024

N. 02231/2024REG.PROV.COLL.

N. 00742/2023 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Settima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 742 del 2023, proposto da G B, rappresentata e difesa dall'avvocato D T, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia

contro

Ministero dell'Università e della Ricerca, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12

per la riforma della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza) n. 9313/2022


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'Università e della Ricerca;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 21 novembre 2023 il Cons. S Z e udito l’avvocato Valerio Morini in sostituzione dell'avvocato D T per la parte appellante;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. La sentenza impugnata ha rigettato il ricorso con cui la parte appellante aveva chiesto accertarsi il suo diritto al risarcimento del danno subìto per non aver potuto lavorare negli anni accademici 2014/2015 e 2015/2016 e quindi al riconoscimento dei suddetti anni lavorativi sia ai fini giuridici che economici.

A supporto del gravame la parte esponeva le seguenti circostanze in fatto:

- aveva chiesto la condanna del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca al pagamento della somma di euro 50.418,56, pari alla retribuzione persa, oltre rivalutazione monetaria ed interessi legali a decorrere dalle singole scadenze, perché riteneva che i detti anni accademici dovessero essere riconosciuti come da lei svolti a tutti gli effetti, anche ai fini pensionistici, in forza della legge n.128/2013 e del D.M. n.526 del 2014;

- con il D.M. 562/2014 emesso in forza della legge 128 del 2013, il Ministero aveva dettato le modalità di presentazione delle domande per la costituzione di graduatorie nazionali per l’attribuzione di incarichi a tempo determinato per il personale docente delle istituzioni AFAM chiedendo, quali requisiti di ammissione, l’aver svolto almeno tre anni accademici di insegnamento;

- con le linee-guida il Ministero aveva chiarito che il servizio prestato all’estero non era utile al conseguimento del requisito minimo di ammissione, ma sarebbe stato valutato esclusivamente come servizio ulteriore;

- aveva maturato due dei tre anni accademici di insegnamento, richiesti dal D.M. 526, cit., presso un’istituzione pubblica europea di pari livello, e cioè l’istituto di Brema, Hochscule für Kunst und Musik ma veniva esclusa dalla graduatoria perché quell’insegnamento non poteva essere validamente considerato ai fini dei requisiti di ammissione;

- era pertanto costretta ad impugnare il D.M. 526/2014, unitamente alle linee guida M.I.U.R. nella parte in cui, all’art.2, non contemplavano tra i requisiti specifici di ammissione, ai fini della maturazione dei tre anni accademici di docenza, l’insegnamento svolto presso istituzioni estere;

- con sentenza n.13675 del 2015 il TAR Lazio accoglieva il ricorso e, successivamente, con decreto direttoriale n.751 del 22 aprile del 2016, si dava attuazione alla sentenza del TAR inserendo la ricorrente nella graduatoria di “canto rinascimentale barocco”;

- con quella sentenza, il TAR Lazio aveva stigmatizzato il comportamento del Ministero, perché, in occasione di analoga procedura di valutazione precedentemente indetta, ai sensi dell’art.2 bis della legge n.143 del 2004 per la formazione delle graduatorie degli insegnanti a termini degli istituti Alta Formazione Artistica, Musicale e Coreutica (AFAM), aveva considerato utile il servizio prestato all’estero presso istituzioni dell’Unione Europea;

- veniva dunque argomentato in merito alla cd. ‘colpa d’apparato’ del Ministero e al rapporto eziologico tra fatto colposo e danni subìti dalla parte appellante che – come puntualmente documentato – non aveva ricevuto incarichi di docenza nei suddetti due anni accademici;

- veniva altresì dimostrato che, in base al posizionamento in graduatoria, la parte, con assoluta certezza, avrebbe ricevuto incarichi nei suddetti anni accademici.

La sentenza impugnata ha rigettato il ricorso.

Avverso di essa sono dedotti i seguenti motivi di appello:

I Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2043 c.c. e dei principi giurisprudenziali in materia di risarcimento del danno e in particolare della colpa della p.a. (c.d. colpa di apparato), per aver il TAR ritenuto non sussistente l’elemento soggettivo dell’illecito - Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 3 e 97 della costituzione.

II - Sul nesso eziologico e sul danno conseguente alla condotta illegittima della p.a. e sulla quantificazione dello stesso.

2. Si è costituito in giudizio il Ministero dell’Università e Ricerca, contestando l’avverso dedotto e chiedendo il rigetto del gravame.

DIRITTO

3. Per integrare la fattispecie di illecito extra-contrattuale da provvedimento illegittimo, ai sensi dell’art.2043 del c.c. devono ricorrere, oltre alla prova del danno subìto dal richiedente, anche il rapporto di causalità tra detto danno e la condotta colpevole dell’amministrazione nella forma cd. della “colpa d’apparato”.

Per configurare quest’ultima è necessario “accertare la violazione dei canoni di imparzialità, correttezza e buona amministrazione, ovvero negligenza, omissioni o errori interpretativi di norme, ritenuti non scusabili, in ragione dell'interesse giuridicamente protetto di colui che instaura un rapporto con l'amministrazione;
viceversa, la responsabilità deve essere negata quando l'indagine conduce al riconoscimento dell'errore scusabile per la sussistenza di contrasti giudiziari, per l'incertezza del quadro normativo di riferimento o per la complessità della situazione di fatto.”
Consiglio di Stato sez. III, 31 dicembre 2021, n.8762.

La decisione gravata ha ritenuto che l’errore compiuto dall’amministrazione in quest’occasione, consistente nell’emissione di atti illegittimi, poi annullati, fosse scusabile, sulla base di due elementi, primo dei quali era la constatazione che, su di un caso analogo, con l’ordinanza n.12862 del 13 dicembre del 2021, il TAR del Lazio aveva disposto il rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia U.E., chiedendole di pronunciarsi sulla conformità al diritto unionale di una previsione che escludesse, dai precari “storici”, i docenti che avevano prestato servizio presso istituzioni estere. Secondo il giudice di prime cure, l’incertezza dello stesso giudice dotato di giurisdizione sulla questione, dimostrerebbe a fortiori la scusabilità dell’errore dell’amministrazione.

Il secondo elemento dimostrativo della scusabilità dell’errore, secondo la sentenza impugnata emergerebbe dalla stessa legge n.128 del 2013, di conversione del d.l. n.104 del 2013 che, all’art.19 comma 2, non contempla, fra gli aventi diritto all’inserimento in graduatoria, i docenti che abbiano prestato servizio in altro stato membro presso istituti equivalenti agli AFAM.

Di tal che, ne deduce, il D.M. n.526 del 2014 che, di quella legge era attuazione, non avrebbe potuto modificare la platea degli interessati.

4. Il primo motivo d’appello contesta entrambi i postulati sui quali la sentenza ha fondato la sua decisione. In subordine, sostiene che comunque con le sue scelte, l’amministrazione avrebbe violato i principi costituzionali di imparzialità e di non discriminazione, il che comunque configurerebbe condotta negligente.

4.1. Quanto alla rimessione in via pregiudiziale alla Corte U.E., la parte appellante sostiene che essa è intervenuta molto dopo la decisione del TAR che ha annullato i provvedimenti illegittimi, che sono ancor più risalenti, di conseguenza non dimostra che, nel momento in cui venne cagionato il danno, vi fosse effettiva incertezza in ordine alla questione controversa.

D’altronde, sostiene ancora il motivo, quel dato non avrebbe comunque la rilevanza che la sentenza gli ha attribuito perché la rimessione aveva ad oggetto un’altra legge, la n. 205 del 2017, che, diversamente da quella n.128 del 2013 aveva il dichiarato fine – comma 653 art.1 l. 205 citata - di riassorbire il precariato storico nazionale, ed era dunque inequivoca sul punto.

4.2. La parte appellante contesta anche la portata meramente attuativa attribuita dal TAR al D.M. 526 del 2014. Al contrario, sostiene, proprio il silenzio della legge sul punto, avrebbe dovuto indurre il Ministero, nel dettare la regolazione attuativa, ad ammettere, nel rispetto dei principi europei, l’inserimento nelle graduatorie dei docenti che avevano svolto servizio in uno stato U.E. .

D’altronde, in occasione del precedente riordino delle graduatorie, malgrado il d.l. n. 97/2004 convertito con la L.143 del 2004 non contemplasse espressamente detta categoria di aspiranti, il D.M. attuativo, n.51 del 2005, ne aveva espressamente consentito l’inserimento.

5. Il motivo nella sua triplice articolazione è infondato.

5.1. La distanza temporale tra momento nel quale la questione pregiudiziale è stata rimessa alla Corte UE e momento di emanazione degli atti controversi, conferma semmai e non smentisce come, dopo sei anni, ancora perdurasse l’incertezza in ordine alla legittimità dell’esclusione dei “supplenti esteri”. Infatti dimostra come tali dubbi si siano prolungati nel tempo, senza risolversi, dunque confuta l’osservazione della parte che esclude sussistesse questa incertezza al momento delle decisioni contestate.

In altre parole, dal fatto che, ancora nel 2021 un’autorità giudiziaria munita di giurisdizione e specializzata nel settore abbia ritenuto di sollevare la relativa questione in ambito europeo, ossia nel contesto giuridico con cui le suddette determinazioni sarebbero in contrasto, dimostra che, almeno fino a quella data, era tutt’altro che pacifico che detta esclusione fosse indebita.

Il che, pacificamente e di converso, esclude l’addebitabilità del relativo errore alla Pubblica Amministrazione operante.

5.2. Quanto all’oggetto di quella rimessione, ossia la legge n.205 del 2017, diversamente da quanto opinato dal motivo in esame, non si ravvisa una significativa differenza tra le finalità dei due interventi normativi, dal momento che entrambi, nella parte di interesse, disciplinavano le graduatorie nazionali per i contratti AFAM. Si consideri, inoltre, che il testo del comma 655 dell’art.1 della legge n.205 è quasi del tutto sovrapponibile al comma 3 dell’art.19 della l. 128 del 2013

5.3. Al contrario vi sono elementi di difformità tra l’art.2 bis del d.l. n. 97 del 2004, convertito in legge n. 143 del 2004 e i due testi di legge appena indicati, che escludono che il primo possa valere quale tertium comparationis, in particolare con riferimento alle competenze attribuite al Decreto Ministeriale.

A quest’ultimo, infatti, la legge del 2004 attribuiva la competenza a disciplinare le modalità di valutazione dei titoli artistico-professionali e culturali di coloro che aspiravano ad essere inseriti in graduatoria, così dilatando significativamente i poteri del ministero, relegati negli altri due testi di legge, e, in particolare nel D.M. n.526/2014 a compiti meramente attuativi, come denota il fatto che l’ultima parte del comma 2 dell’art.19 delega al D.M. la funzione di dettagliare le sole modalità dell’inserimento, e non i criteri per valutarne l’ammissibilità.

Il che dequota anche l’ulteriore doglianza della parte che sostiene che il ministero avrebbe potuto ampliare la platea degli aventi diritto all’inserimento.

5.4. Infatti non può fondatamente sostenersi che la legge n. 128 del 2013, che riferiva l’eccezionale possibilità di iscriversi alle graduatorie ad esaurimento in modo espresso ai soli supplenti storici AFAM, ammettesse un’interpretazione estensiva, che sarebbe stata evidentemente contraria al senso fatto palese delle parole ed alla stessa intentio legis.

5.5. Né tale scelta può essere tacciata di irragionevolezza o accusata di avere portata discriminatoria. Invero, nella logica del riassorbimento del precariato, non è dis-funzionale la decisione di restringere la portata dell’intervento solo a coloro che hanno prestato servizio in istituzioni statali, preferendoli a docenti che abbiano lavorato all’estero o presso istituti privati.

6. Il secondo motivo d’appello – dando la prova della certezza matematica che, se tempestivamente ammessa, la parte avrebbe insegnato negli anni accademici 2014-2015 e 2015-2016 – intende dimostrare la sussistenza del nesso eziologico tra condotta illegittima dell’amministrazione e danni cagionati.

6.1. È tuttavia superfluo esaminare questo motivo, dal momento che la carenza della colpevolezza dell’amministrazione nella fattispecie esaminata, esclude comunque che quei danni, quand’anche fossero conseguenza diretta dell’azione amministrativa, possano essere risarciti.

7. Conclusivamente questi motivi inducono al rigetto del gravame. Le ragioni dello stesso giustificano la compensazione integrale delle spese di giudizio.

Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi